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Autore: Anna Santarello

L’Afghanistan dopo Karzai.

Un articolo di di Gwynne Dyer* (26 ottobre 2014) – Internazionale – Giovedì 2 ottobre 2014

images“Dobbiamo ammettere che l’Afghanistan non sarà un posto perfetto e che non è compito degli Stati Uniti renderlo tale”, ha dichiarato Barack Obama a maggio. Il presidente statunitense ha ragione. L’Afghanistan è una società decisamente imperfetta sotto ogni aspetto: politica, economia, sicurezza e diritti umani. Ma non è nemmeno una causa persa.

Il presidente Hamid Karzai, che dopo l’invasione americana del 2001 era stato posto alla guida del paese e aveva poi vinto le discusse elezioni del 2004 e del 2009, ha lasciato l’incarico lunedì scorso, anche se in realtà non si è allontanato più di tanto (la sua nuova residenza privata si trova alle spalle del palazzo presidenziale). Prima di andarsene, però, Karzai ha trovato il tempo di mordere per l’ultima volta la mano che lo ha nutrito per tanto tempo.

“La guerra in Afghanistan fa gli interessi degli stranieri”, ha dichiarato. “Gli afgani di entrambi gli schieramenti sono le vittime di questa guerra”. L’ambasciatore statunitense James Cunnigham ha risposto che “le dichiarazioni inappropriate [di Karzai] screditano tutti i sacrifici che gli statunitensi hanno fatto per questo paese.” Ma ovviamente Karzai ha ragione.

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Afghanistan, infine il dopo Karzai: 
governo bicefalo, cittadini disillusi

Giuliano Battiston – 26 settembre 2014 – Reset.org

John Kerry shakes hands with Afghan presidential candidates Abdullah Abdullah and Ashraf Ghani August 2014 1John Kerry con Ashraf Ghani (destra) e Abdullah Abdullah (sinistra)

Lunedì 29 settembre si chiuderà il sipario sul lungo governo di Hamid Karzai, al potere dal 2001. Al suo posto, nell’ampia residenza dell’Arg, il palazzo presidenziale di Kabul, si insedierà Ashraf Ghani, la cui nomina verrà suggellata con una cerimonia solenne ma meno festosa del previsto. Gli afghani e la comunità internazionale avrebbero voluto celebrare “il primo trasferimento pacifico e democratico di potere nella storia recente” del paese centroasiatico, ma le cose non sono andate per il verso giusto.

La transizione è avvenuta in modo perlopiù pacifico (per gli standard afghani), ma tutt’altro che democratico (perfino per quegli standard). Ashraf Ghani, ex ministro delle Finanze e rettore dell’università di Kabul, già alto funzionario della Banca mondiale e docente in prestigiose università degli Stati Uniti, è il nuovo presidente della Repubblica islamica d’Afghanistan, ma nessuno può dire con certezza quanto abbiano contribuito le frodi nel determinare la sconfitta dello sfidante, l’ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah.

Dalle urne al negoziato politico

Più che il legittimo risultato del voto, l’elezione di Ashraf Ghani è infatti il frutto di un lungo e defatigante negoziato politico che si è protratto per mesi.
Subito dopo il ballottaggio del 14 giugno, Abdullah Abdullah ha denunciato le frodi su “scala industriale” che sarebbero state commesse a suo danno con la complicità di alcuni esponenti della Commissione elettorale indipendente, i quali avrebbero aiutato il tecnocrate Ghani a recuperare il distacco del primo turno, quando tra otto candidati Abdullah Abdullah ottenne il 45% dei voti (2 milioni e 970mila), e Ghani soltanto il 31.5% (circa 2 milioni).

All’annuncio dei risultati preliminari del ballottaggio – che attribuivano a Ghani 1 milione di voti in più rispetto ad Abdullah – l’ex consigliere del comandante Massud ha pensato di forzare la mano, mobilitando i suoi sostenitori, organizzando proteste, manifestazioni, picchetti per le strade di Kabul, mentre alcuni membri del suo staff lasciavano trapelare l’ipotesi minacciosa di un governo parallelo e, quindi, di una frattura del paese per linee etniche (tagiki versus pashtun), preludio di una nuova guerra civile.

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Nella provincia afghana l’80% delle scuole femminili restano chiuse.

Mohammad Halim Karimi – 22 settembre 2014 – Rawa News

ghor school no buildingIl dipartimento dell’Istruzione aveva detto che l’insicurezza e l’esistenza di uomini armati illegalmente erano l’ostacolo principale al processo educativo.

Svariati fattori non previsti hanno portato alla chiusura di più dell’80% di scuole femminili nella parte occidentale della provincia di Ghor.

Ghor ha registrate 8000 scuole, incluse 190 scuole per ragazze. Vi studiano più di 125.000 ragazzi e 83.000 ragazze.

La Commissione Indipendente per i Diritti Umani (AIHRC) della provincia ha espresso grave preoccupazione per la chiusura di così tante scuole in Ghor.

Jawad Razai, responsabile in Ghjor del AIHRC ha dichiarato al Notiziario Pajhwok che le scuole chiuse negli ultimi tre anni sono nei distretti di  Pasaband, Taywara, Shahrak, Du Layna, Chaharsada e Tulak, dove le ragazze devono affrontare grossi problemi per ottenere l’istruzione.

Molte classi , come questa nella foto nel distretto di Doliana nella provincia di Ghor, fanno lezione all’aperto. (foto di Obaid Ali per Al Jazeera)

Razai ha dichiarato che negare l’istruzione alle ragazze è una grave violazione dei diritti umani. Inoltre ha detto che il numero di ragazze che frequentano la scuola nel distretti di  Dawlatyar e Lal Wa Sarjangal è soddisfacente, sebbene alcune scuole femminili non siano realmente funzionanti, ma solo sulla carta per motivi di denaro e privilegi.

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“Questa è Kabul”: il video-racconto di tre ragazze

Anna Toro – 22 Settembre 2014 – Osservatorio Iraq

Per due anni hanno filmato la loro vita quotidiana nella capitale afghana, sfidando convenzioni e stereotipi di genere.

Si chiamano Nargis, Sadaf e Sahar e sono tre adolescenti come tante, con la particolarità di essere nate in uno dei luoghi più conservatori al mondo.

Armate di una piccola videocamera e dello spirito ribelle tipico delle ragazze della loro età, girano per la Kabul di oggi, rispondendo a tono a chi continuamente le critica perché camminano a volto scoperto o perché guidano l’auto nelle rumorose e trafficate vie della capitale, o anche perché semplicemente se ne stanno a bighellonare per il parco dell’università.

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Rifinanziamento missione militare in Afghanistan

Paolo Ferrero – 17 settembre 2014 – Controlacrisi.org

NEWS 87078 300x200La Camera ha dato via libera al rifinanziamento delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia tra cui la missione militare in Afghanistan per la quale sono stanziati ben 185 milioni di euro.

In Afghanistan la situazione è sempre più drammatica e la presenza delle truppe occidentali non ha fatto altro che peggiorare la situazione.

Al contrario di quanto ci chiede il guerrafondaio Obama, occorre ridurre le spese militari a partire dal ritiro delle truppe in Afghanistan: bisogna lavorare per la pace, non alimentare le guerre.

BUONE NOTIZIE DA FAHIM

Fahim letter 300x213Fahim Khala Seema 150x150Spero che questa email riesca a raggiungervi tutti. Vorrei darvi un altro aggiornamento sulle condizioni di Fahim. Dopo essere stato in Pakistan le sue condizioni sono migliorate. In ogni caso, dovrà rimanere a casa per riposare e potrà mangiare solo cibi adatti ai diabetici. Sembra comunque tornato alla sua vita di sempre. Tornerà a scuola e potrà fare esercizi fisici ed anche giocare coi suoi amici.

Dovrà tornare in Pakistan per alcuni controlli nei prossimi giorni e naturalmente questo processo continuerà fino a quando si sarà ristabilito. Dovrà fare controlli regolari, come prescritto dal suo dottore.

Fahim e sua madre vogliono ringraziare tutti quelli che li hanno sostenuti, quindi ha scritto lui stesso un messaggio. L’ho allegato a questa email assieme alle sue foto.

Vorrei esprimere personalmente la mia più profonda gratitudine a tutti voi, non solo per aver aiutato Fahim in questo momento davvero critico, ma anche per aver restituito la speranza ad una vedova, sua madre, che sta facendo tutto il possibile per dare ai figli una vita migliore.

Ancora grazie e non esitate a contattarmi per qualsiasi domanda o curiosità.

Tanti saluti,
Mahbooba

Chi volesse continuare ad aiutare AFCECO e Fahim può inviare una donazione sul conto del

CISDA – COORDINAMENTO ITALIANO SOSTEGNO DONNE AFGHANE Onlus presso la BANCA POPOLARE ETICA – Agenzia Via Melzo, 34 – Milano
IBAN: IT64U0501801600000000113666
inserndo come casuale “Aiuto per Fahim”

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Afghanistan: giornalista uccisa a Balkh

di ‌Zabihullah Ihsas – 17.9.2014 – RawaNews

palwasha journalist stabbed to deathL’aggressore non identificato è riuscito a fuggire dopo aver ucciso Palwasha con un coltello

Una giornalista radiofonica è stata accoltellata a morte in pieno giorno a Mazar-i-Sharif, la capitale della provincia settentrionale di Balkh, hanno detto i funzionari.

Palwasha Tokhi, che ha lavorato per la stazione di Bayan Radio in Balkh, è stata accoltellata dentro la sua casa vicino al mausoleo Hazrat Ali (RA) nel 3 ° distretto di polizia

Il portavoce della polizia Col. Abdur Raziq Qadiri ha riferito a Pajhwok Afghan News che l’aggressore è riuscito a fuggire dopo aver ucciso Palwasha con un coltello. La polizia darà inizio le ricerche per trovare l’assassino.

Hafiz Majidi, direttore di radio Bayan Shamal, ha confermato l’incidente ma ha riferito che Palwasha aveva lavorato con la radio per sei anni prima di lasciare il suo lavoro nel 2012 per finiziare il suo masters.

Ha detto che l’attaccante ha finto di consegnare a Palwasha un invito a una festa di matrimonio. Lei è stata accoltellata alla testa e al torace subito dopo aver aperto la porta di casa.

Un giorno prima dell’incidente, Palwasha era stata minacciata di morte, secondo Majidi, che ha chiesto agli organi di sicurezza di indagare sull’omicidio. Circa un mese fa, un giornalista radiofonico è stato ucciso nella sua casa a Balkh.

Malalai ricorda Bibi Gul

dalla pagina facebook di Malalai joya

10686972 10152697954166271 2309122057924853442 nOggi ho avuto una notizia che mi ha profondamente addolorata, perché abbiamo perso una donna che è stata una vera fonte di ispirazione per me. Bibi Gul è morta oggi (14 settembre 2014) a Kabul, a causa di una grave forma di cancro.

Bibi Gul è un simbolo della sofferenza di tutte le madri afghane. Ha perso sei figli negli ultimi tre decenni di guerra e di conflitto in Afghanistan.

Ha cresciuto i suoi figli come veri difensori della giustizia e della democrazia in Afghanistan. Due dei suoi figli sono stati uccisi dal regime fantoccio sovietico nei primi anni ’80.

Altri quattro figli di Bibi Gul sono “scomparsi” in Pakistan, ma in seguito si è scoperto che furono rapiti e uccisi dai fondamentalisti islamici.
Durante la resistenza contro l’invasione russa, il Pakistan era il paese dove uccidere impunemente gli intellettuali afgani progressisti e anti-fondamentalisti.

I suoi figli sono stati tra le decine di questi afghani intellettuali di sinistra brutalmente uccisi dai gruppi fondamentalisti appoggiati dagli USA.

Tra i figli di Bibi Gul barabaramente uccisi, Mahmood e Mirwais avevano solo 13 e 16 anni quando venero rapiti dalle bande terroriste di Gulbuddin Hekmatyar a Peshawar, con l’aiuto diretto dei servizi segreti pachistani, i famigerati ISI.

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Afghanistan, Abdullah rivendica di nuovo vittoria alle elezioni

Internazionale – 8.9.2014

abdullah2 807Si ridimensionano speranze di accordo pacifico con Ashraf Ghani (ASCA). Il candidato Abdullah Abdullah ha di nuovo rivendicato la vittoria alle elezioni presidenziali in Afghanistan, ridimensionando le speranze che la verifica delle schede di voto in corso sotto la supervisione delle Nazioni Unite permetta di superare rapidamente lo stallo nel processo elettorale.

Quasi tre mesi dopo il ballottaggio, Abdullah e il rivale Ashraf Ghani – indicato come vincitore della commissione elettorale – continuano ciascuno a rivendicare la vittoria, impedendo all’Afghanistan di procedere verso la sua prima transizione democratica.

Non accettiamo i risultati di elezioni fraudolente e non accetteremo per un solo giorno un governo fraudolento, ha detto Abdullah, ribadendo le accuse che elezioni contraddistinte da brogli gli abbiano negato la vittoria alle elezioni di giugno.

Terza Nato, continuità imperialista

Dal blog di Enrico Campofreda – 6.9.2014

obamaDisquisire se la Nato del Terzo Millennio sia diversa da quelle del secondo, concentrate entrambe in uno spazio temporale ridotto, il cinquantennio che va dalla sua creazione (1949) alla caduta del Muro di Berlino (1989), pare un esercizio accademico di forma più che di sostanza.

La “terza Nato” scaturita dal summit di Newport rievoca tutte le manìe originarie consolidate nei decenni: l’attuazione dei piani di controllo e dominio statunitense con uso strumentale e univoco degli alleati considerati, secondo il rango, propri sodali (britannici e francesi) o meri esecutori (aggregati vecchi e nuovi).

Il nostro Paese è da sempre nella seconda schiera e viene ora chiamato con Germania, Danimarca, Polonia, Turchia, Canada e Australia ad attrezzarsi per attuare i nuovi piani della rilanciata “sicurezza globale” targata Pentagono. Archiviato (ma non è detta l’ultima parola) il braccio di ferro con Putin sull’Ucraina, questi piani vedono nel pericolo del Califfato del Levante il nemico da battere.

Tralasciamo ciò che da tempo anche il più americanista fra gli occidentalisti sa: certo jihadismo tattico è stato coccolato, foraggiato, addestrato per i suoi intrighi dalla prima della classe fra le Intelligence mondiali.

Si sono aggiunti contributo di Servizi e petrodollari di alcuni alleati locali che, mirando alla supremazia nel Medio Oriente, ne stuprano genti e futuro. Eppure riascoltare le pianificazioni di Barack Obama, uno fra i più fallimentari presidenti statunitensi, produce quantomeno sconforto. Ricucire con interventi armati il tessuto socio-politico attualmente in mano al fondamentalismo jihadista dello Stato Islamico può voler dire che altri spazi regionali proseguiranno a essere terre di tutti e di nessuno.

Sicuramente terre di chi ha le armi e la forza di usarle e luoghi nei quali la gente comune deve subìre o fuggire. L’Afghanistan l’insegna. Lì teoricamente i talebani furono sconfitti e scacciati da Kabul.

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