Rawa, la lotta all’egemonia imperialista
da Kabul Enrico Campofreda – 19 marzo 2013 – Contropiano
Il 1977 fu un anno simbolico anche per l’Afghanistan. In quel periodo un pugno di attiviste coordinate da Meena Kamal diede vitaal Revolutionary Association Women of Afghanistan, un movimento passato attraverso i quarant’anni di totale instabilità del Paese e delle sue guerre provocate e subìte.
Tramontati regimi e governi fantoccio, sorti purtroppo di nuovi questo coriaceo movimento femminile resta comunque vivo e attivo. La fondatrice venne assassinata nel 1987, altre presero il testimone.
È un gruppo indubbiamente minoritario ma puntuale nell’intervenire a difesa dell’oppressione delle donne e di strati sociali bisognosi nonostante le sue attiviste agiscano in una condizione di semiclandestinità. Offrono i minori indizi possibili agli organi repressivi, a cominciare dal loro nome che non è mai quello reale, chiamatelo nomignolo di battaglia se volete.
Di fatto sono appellativi normali e più che ammantarsi di retorica queste formidabili ragazze puntano alla concretezza dell’operato. Sono presenti in ogni provincia del Paese e nel vicino Pakistan nei cui campi profughi generazioni di militanti hanno sviluppato reclutamento, formazione e cultura.
Attiviste affidabili e determinate
Iniziano a responsabilizzarsi giovanissime, 13-14 anni, affiancando compagne più esperte e sottoponendosi con naturalezza a quel praticantato della militanza che le forgia e può portarle ai vertici del movimento e nelle istituzioni, com’è accaduto a qualcuna diventata celebre. Quel che evitano accuratamente è il personalismo, vero cancro di sedicenti antagonismi sparsi per il mondo che anziché praticare un impegno collettivo per finalità comuni insegue interessi individuali.
Rawa parla solo al plurale e ha radici fra la gente perché vive fra la gente. Incontriamo due di loro, sotto i trent’anni eppure preparatissime sia sul versante della professione acquisita, una è psicologa, sia da conseguire: l’altra si laureerà in legge. E ovviamente su questioni politiche. Iniziano a discorrere del futuro. “Non vediamo svolte a breve termine.
L’occupazione straniera continuerà seppure con nuove forme. Gli Usa lasceranno un numero limitato di truppe di terra. Notizie a nostra disposizione oscillano fra le 6 mila e 20 mila unità. Ma non è questo che fa la differenza. L’imperialismo statunitense continuerà a usare il nostro Paese per la sua strategia geopolitica, le basi di Herat e Khandar hanno finalità di guerra aerea e altre strutture sono in preparazione”.