Progetto Vite Preziose: da Fahema ad Habeba
I RACCONTI AGGIORNATI DELLE DONNE AIUTATE DAL PROGETTO: LE PRIME DIECI
Le storie delle altre dieci saranno sul sito tra qualche giorno
Da: Unità.it
FAHEMA
Quando Fahema, 25 anni, chiede aiuto al Centro Legale di Hawca ha alle spalle l’inferno: un matrimonio, deciso dal padre, con un uomo tossicodipendente e violento che aveva già picchiato a morte la prima moglie. La vita con quest’uomo le lascia ferite profonde. Tre bambini persi per le violenze, problemi ginecologici gravi e malnutrizione. Scappa e si rifugia dai fratelli che però non la possono mantenere. L’aiuto di Maria e Angela le permette, adesso, di vivere autonomamente nella loro casa, mangiare bene e curarsi senza doverlo chiedere a nessuno. E questa è, per lei, una sensazione nuova e fantastica di libertà. La sua vita è molto migliorata, si avvia verso la normalità, il sogno di tutte. Con le cure costanti i suoi problemi fisici, che sembravano disperati, stanno pian piano sistemandosi. Si sente meglio e sta imparando a leggere e a scrivere. Ha energia adesso per fare progetti. Vuole finire la scuola, andare all’Università. Così potrà trovare un lavoro vero ed essere padrona della sua vita. E non essere obbligata a sposarsi, mai più.
SHAHZADAR
Ha 55 anni, una donna molto anziana per l’Afghanistan, in cui l’aspettativa di vita per una donna è di 44. Ed è anche molto stanca e malata. Una vita intera con un uomo violento che si è preso il suo tempo e la sua salute. Dieci figli, la maggior parte femmine, purtroppo, dice. Sì, perché la sua figlia maggiore, a 14 anni, si è suicidata. Così ha paura per le altre e lascia lo shelter di Hawca per tornare da loro, adesso vive lì. Ma l’aiuto di Serenella, Emiliana, e del Cisda, ha cambiato, per fortuna, le carte in tavola. Adesso ha dei soldi suoi, può curarsi finalmente e mangiare meglio insieme ai figli. Il marito continua a non provvedere a loro e non vuole spendere per l’educazione delle femmine, ma il suo comportamento è migliorato adesso che, grazie a lei, stanno tutti meglio. Shahzadar può permettersi di mandare a scuola una delle sue figlie, sperando di farcela un giorno a vederle tutte istruite. “ Sono così felice – dice- quando vedo mia figlia andare ogni giorno a scuola. Vorrei che fosse così per tutte, perché non voglio che restino analfabete come me e debbano sopportare una vita miserabile come la mia.”