L’Unità 26/11/2011 – Cristiana Cella
Davvero non se lo sarebbero mai aspettato: sapere improvvisamente di non essere sole. Qualcuno, dall’altra parte del mondo, in un paese che non sanno nemmeno esattamente dove sia, si fa carico dei loro problemi e le accoglie nella propria vita. Allora qualcosa, davvero, può cambiare. Incredule e felici, nonostante i loro guai. Così, ci hanno detto, hanno reagito le donne di cui abbiamo scritto le storie, alla notizia del sostegno dei nostri lettori che continuano ad aiutare 14 donne afghane nel loro cammino verso una vita di dignità.
Hanno affidato a queste pagine il racconto delle loro esistenze mortificate, aprendoci la porta sulla quotidianità devastata che la maggior parte delle donne in Afghanistan, è costretta a vivere, dopo dieci anni di promesse tradite. Ci hanno parlato dei lutti della guerra perenne, della miseria che costringe a vendere i figli, dei matrimoni forzati subiti ancora bambine, della violenza quotidiana e impunita dei loro uomini. Dell’ impossibilità di essere curate, avere giustizia, lavorare, andare a scuola. Della disoccupazione che abbrutisce, della tossicodipendenza che cancella anche l’ultimo barlume di umanità, della speranza che si spegne.
Ma non c’è solo barbarie in Afghanistan. Altre donne, avvocate, operatrici sociali, insegnanti, psicologhe, che ci hanno proposto queste storie, testimoniano, con il loro rischioso lavoro quotidiano, un altro Afghanistan. Fanno parte della ONG Hawca e, nonostante gli enormi ostacoli, trasformano ogni giorno il contributo dei nostri lettori in azioni concrete. Difendono le vittime di violenza in tribunale, organizzano la loro protezione e sostengono l’emergenza, raggiungono i villaggi d’origine per discutere con le loro brutali famiglie, si preoccupano di farle curare, studiare, lavorare. Combattono, nell’infinita tragedia, per trovare soluzioni e cambiare il futuro, con metodi non violenti, coraggiosi e creativi. Le speranze che stiamo condividendo nel progetto, sono anche le loro: quelle di un paese libero e democratico, dove i diritti delle donne, e di tutti i cittadini, vengano rispettati.
Ecco i racconti che ci hanno mandato: le prime conquiste, piccole e grandi, risultato dell’impegno dei nostri lettori e del giornale.
SANIYA
A 28 anni, Saniya riesce a scappare dalla casa nella quale era entrata a 13. Il porto sicuro, dove nasce il suo quarto figlio, è la casa protetta di Hawca. Si lascia alle spalle il marito sordomuto, i cognati, il suocero, che, tutti, abusavano di lei. Le violenze quotidiane, fisiche e psicologiche, la prostituzione forzata che gli uomini di famiglia le impongono. Non deve più avere paura ma il futuro è un buco nero. Non può restare lì per sempre. Non ha niente, né soldi, né lavoro, né casa. Il marito e la famiglia fanno pressioni perché ritorni. A questo punto arriva l’aiuto di Elisa. Saniya quasi non ci crede. Comincia a pensare a qualche timido progetto. Le avvocate di Hawca si danno da fare e, qualche settimana fa, ottengono finalmente il divorzio. E’ il primo passo. Saniya è libera dai vincoli matrimoniali che la legavano ai suoi aguzzini. Ma la strada è ancora lunga. In questi giorni il padre, dopo molte trattative, si sta convincendo a farla vivere a casa sua, ora che può mantenersi. Lì potrà avviare un piccolo lavoro che le permetta di essere autonoma in futuro e ottenere la custodia degli altri figli piccoli. A Elisa pensa ogni giorno.