Skip to main content

Autore: Anna Santarello

Afghanistan, torna l’Alleanza del Nord

di Enrico Piovesana – Peacereporter
52246 300x177I leader delle opposizioni tagica, uzbeca e hazara si sono incontrati a Kabul per sancire la nascita di una nuova alleanza anti-talebana, decisa a bloccare il processo di riconciliazione
In vista del disimpegno militare occidentale in Afghanistan e del ritorno al potere dei talebani, concordato con Karzai e con gli stessi americani, il paese asiatico sembra prepararsi a riportare indietro di quindici anni le lancette dell’orologio afgano.

Esattamente al 1996, quando per contrastare l’avvento al potere dei talebani, le minoranze etniche non-pashtun del nord (tagichi, uzbechi e hazara, che insieme costituiscono però maggioranza) si allearono tra loro formando il Fronte Islamico Unito, noto in Occidente come ‘Alleanza del Nord’.
Lo scorso 23 giugno, gli ex comandanti delle tre fazioni etniche che costituivano l’Alleanza del Nord, e che oggi sono leader dei principali partiti di opposizione a Karzai, si sono incontrati a Kabul per sancire la nascita di una nuova alleanza anti-talebana.
Scopo principale della nascente coalizione – che ancora non ha un nome – è la ferma opposizione al processo di riconciliazione con i talebani portato avanti da Karzai e Stati Uniti, giudicata politicamente e storicamente ”scorretta” e ”pericolosa” per il futuro del paese.
Un’alleanza per ora solo politica, di cui è però difficile ignorare il risvolto militare, visto che gli ex signori della guerra hanno dismesso le mimetiche, ma non le loro fedelissime milizie, oggi in gran parte inquadrate nell’esercito e nella polizia afgani addestrati dalla Nato.
52243 300x143Alla riunione di sabato c’erano il tagico Ahmad Zia Massoud, fratello del famoso ‘Leone del Panjshir’ e leader de facto della Jamiat-e Islami (formalmente capeggiata dall’anziano Burhanuddin Rabbani), l’uzbeco Abdul Rashid Dostum, leader storico del Junbish-e Milli, e l’hazara Mohammad Mohaqiq, capo del Hezb-e Wahdat.
Erano invitati anche i due outsider dell’opposizione tagica (comunque vicini alla Jamiat-e Islami): l’ex sfidante presidenziale di Karzai e leader del partito ‘Cambiamento e Speranza’, Abdullah Abdullah, e l’ex capo dei servizi segreti ora a capo del movimento ‘Tendenza Verde’, Amrullah Saleh. Non hanno presenziato alla riunione del 23, ma anche loro dovrebbero far parte della nuova alleanza.
Saleh e Abdullah, infatti, sono stati negli ultimi mesi i più duri critici al processo di pace con i talebani. Lo scorso 5 maggio hanno organizzato a Kabul un’apposita manifestazione contro le trattative, cui hanno partecipato migliaia di persone, tra cui molti parlamentari e comandanti militari.
“Karzai chiama i talebani fratelli – aveva dichiarato in quell’occasione Saleh – ma qui siamo davanti a un’oppressione della nostra nazione. Quelli non sono nostri fratelli, sono terroristi. Se il governo non ci ascolterà, torneremo presto ad occupare le piazze del paese”.
Da parte sua, Abdallah aveva detto: “Non dovremmo corteggiare persone che si sono messe dalla parte del terrorismo e agli ordini di servizi segreti stranieri (Pakistani, ndr) per rovinare il nostro paese. La nostra dignità e reputazione non ci permette di fare richieste con le mani giunte ai talebani”.
Va sottolineato che tutti i leader della vecchia e nuova Alleanza del Nord sono contrari al sostegno di Washington alla riconciliazione con i talebani, ma non a una presenza militare americana a lungo termine in Afghanistan sotto forma di basi permanenti.

Continua a leggere

53685674 afghanistan logar 2506.cmp 300x168 53685674 afghanistan logar 2506.cmp 300x168 53685674 afghanistan logar 2506.cmp 300x168 53685674 afghanistan logar 2506.cmp 300x168

Afghanistan: attacco mortale presso l’ospedale di Logar

25 Giugno 2011 – Da: BBC NEWS

53685674 afghanistan logar 2506.cmp 300x168Un’autobomba è esplosa colpendo un ospedale nella provincia di Logar, nell’Afghanistan occidentale: la maggior parte delle vittime erano donne, bambini e anziani.

Il direttore sanitario della provincia ha riferito alla BBC che 27 persone sono decedute e 57 sono rimaste ferite, aggiungendo che il numero potrebbe essere anche più elevato poiché molti corpi sono stati portati via dai parenti subito dopo l’esplosione.

L’edificio è stato distrutto e la gente era sepolta sotto le macerie.

Le autorità del distretto di Azra hanno incolpato i Talebani, i quali tuttavia negano la responsabilità del gesto.

Un portavoce talebano ha dichiarato che i civili non erano fra i loro obiettivi e che dietro a questo attacco c’è una precisa pianificazione.

Persone bruciate”
Bilal Sarwary, corrispondente della BBC a Kabul, afferma che i Talebani prendono sempre le distanze da attacchi in cui ci sono molte vittime civili.

C’è stata molta confusione sul numero esatto dei morti nell’esplosione dello scorso sabato, poiché all’inizio il ministero della salute aveva annunciato che 60 persone erano decedute, mentre i funzionari locali e quelli di Kabul hanno in seguito comunicato numeri diversi.

Un funzionario dell’intelligence ha evidenziato la possibilità che l’ospedale non fosse l’obiettivo prefissato, poiché l’attentatore suicida ha fatto esplodere l’ordigno quando la polizia ha cercato di fermare l’auto.

Il funzionario della provincia Din Mohammad ha dichiarato che un consistente numero di persone si trovava presso la clinica per le cure settimanali, per la maggior parte donne, bambini e anziani.

Sembra che fra le vittime ci siano anche medici e infermiere.

Abdul Rahman, un uomo che vive vicino all’ospedale, ha perso sette parenti.

“Mentre ero a casa ho sentito un’esplosione”, racconta. “Sono corso sul posto e ho visto una gran quantità di morti e feriti. Molti di loro stavano bruciando. C’erano lembi di corpi ovunque”.

I soldati sono accorsi sul luogo per soccorrere chi era intrappolato sotto le macerie.

Il ministero della salute pubblica ha dichiarato: “Questa azione disumana non ha precedenti nella storia del conflitto del nostro paese, e ha colpito un luogo in cui i feriti e i pazienti vengono a farsi curare”.

Continua a leggere

Afghanistan: gli addii non finiscono mai

articolo di Silvana Pisa, Elettra Deiana di SEL

Mercoledì notte il presidente Obama ha dettato la tabella di marcia per il ritiro “ufficiale” dei militari Usa dall’Afghanistan : 10.000 entro quest’anno; 23.000 l’anno prossimo, i restanti entro il 2014. Da oggi ad allora  – ha precisato Obama -“la nostra missione cambierà” Il che significa che le azioni di combattimento, sempre secondo il presidente, si trasformeranno nell’appoggio alle forze di sicurezza afgane. La decisione della Casa Bianca determina un mutamento di strategia : non più gli oltre 100.000 militari Usa che combattono per il controllo del territorio, costosi e complessivamente inefficaci, in una guerra asimmetrica come quella afgna, ma invece una chiara scelta a favore dell’opzione antiterroristica. Il che significa che la gestione del territorio passa ai corpi speciali, élites addestrate a muoversi “coperte” per azioni mirate, come è successo per l’uccisione di Bin Laden.
Il percorso delineato da Obama apparentemente mette fuori gioco le strategia militaresche di Gates e Petreus (opportunamente rimossi e promossi ad altro incarico), che prevedevano una exit strategy dai tempi più lunghi. Nei fatti però la scelta presidenziale consegna al Pentagono un potere oltre misura, cioè quello di esclusiva competenza per autorizzare  e gestire azioni “ coperte”, sottratte alla decisione democratica del Congresso.

Non solo : Washington prevede comunque di mantenere in Afghanistan basi e uomini oltre la data del 2014, come del resto  succede per l’Iraq. In Afghanistan sono destinati a restare oltre 50.000 militari Usa, ufficialmente  “in appoggio” del  governo afgano.
Il ragionamento svolto dal presidente americano a favore dell’inizio del ritiro ha utilizzato un parasillogismo : la guerra afgana è stata fatta per stanare Al Qaida; Bin Laden era il capo di Al Qaida;  Bin Laden è stato ucciso;  Al Qaida è vinta : lo scopo della missione è raggiunto!
Che i fatti non corrispondano a questa narrazione è cosa che ormai  sanno tutti quelli che vogliono sapere .
La guerra afgana è stata fatta per il controllo di un territorio rilevante per la sua posizione geostrategica,  incuneato com’è tra Iran, Pakistan, Cina, repubbliche ex sovietiche.
La guerra afgana ha significato miglia di  civili morti , migliaia di feriti, milioni di profughi.
Non ha avuto nulla a che fare con l’esportazione della democrazia ( la legge nazionale resta legata alla sharia e prevede la discriminazione delle donne) né con la sicurezza né con quel col national building (costruzione del’architettura istituzionale del Paese) su cui si sono spese milioni di parole. L’Afghanistan resta un paese distrutto, corrotto, dominato dai signori del narcotraffico e della guerra. L’afganizzazione ha fatto fiasco anche per la compromissione  degli apparati di sicurezza afgani ( come del resto succede anche per il Pakistan) con gruppi talebani e con l’insorgenza di matrice jihadista.

Continua a leggere

LE RAGAZZE E LE DONNE AFGHANE OGGI – REALTÀ E SFIDE

Discorso di Jessica Mosbahi – Medica Mondiale – durante il Panel Meeting delle Nazioni Unite Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite – Ginevra – 9 giugno 2011

Medica Mondiale

Signore e signori,

Innanzitutto vorrei ringraziarvi per l’opportunità di poter parlare in questa sede in merito alla situazione attuale delle ragazze e delle donne in Afghanistan.

Rappresento l’organizzazione per i diritti umani Medica Mondiale che ha la sua base in Germania e opera a sostegno di donne e ragazze che vivono in territori di guerra e di crisi e hanno subito abusi sessuali o altre forme di violenza.

Medica Mondiale venne fondata durante la guerra in Bosnia ed Herzegovina nel 1993 dalla Dott.ssa Monika Hauser, vincitrice del Premio 2008 a Sostegno dei Diritti (Right Livelihood Award). Con la creazione di un centro terapeutico per donne a Zenica, Monica Hauser e le sue colleghe reagirono contro gli innumerevoli stupri di massa completamente ignorati dalle altre ONG internazionali e dalle istituzioni politiche.

Per quanto riguarda l’Afghanistan, Medica Mondiale ebbe l’opportunità di costruire un progetto in Afghanistan nel 2002 nelle città di Kabul, Herat, Mazar-e-Sharif e Kandahar dopo la caduta dei Talebani. Nel dicembre 2010 questo progetto si trasformò in una ONG afghana indipendente denominata Medica Afghanistan – Organizzazione a Sostegno delle Donne (Women’s Support Organisation).

Poiché le nostre colleghe afghane non possono essere qui con noi oggi, vorrei presentarvi il loro lavoro in modo che possiate rendervi conto dell’attuale situazione delle donne e delle ragazze in Afghanistan, consapevolezza che anche noi abbiamo acquisito attraverso una quotidiana collaborazione con le nostre colleghe afghane.

La direttrice di Medica Afghanistan, Humaira Ameer-Rasuli, che si è recata in Germania due settimane fa, ha affermato: “Dopo dieci anni di apparente democrazia, i veri luoghi democratici in Afghanistan sono decisamente pochi. Le donne non godono in nessun modo di una vera libertà. Non ci è permesso dire cosa pensiamo. Le donne non hanno nessun ruolo nella società afghana. I loro diritti civili come cittadine non vengono riconosciuti né rispettati”.

Tuttavia, i giornali mostrano spesso un quadro diverso della situazione attuale delle donne e delle ragazze afghane e tendono a evidenziare un netto miglioramento nelle loro vite dal 2001 ad oggi, in particolare in merito all’educazione delle ragazze, alla rappresentatività delle donne in politica e alle strutture sanitarie.

È sicuramente rilevante e positivo sapere che il numero delle ragazze che frequentano la scuola è passato dai 5.000 del regime talebano ai 2.4 milioni della situazione attuale. Tuttavia, bisogna anche tenere in considerazione che dal 2006 ad oggi gli sforzi per migliorare l’educazione femminile sono diminuiti o addirittura, secondo un sondaggio pubblicato recentemente ed effettuato da varie organizzazioni e istituzioni afghane e internazionali, si sono completamente azzerati negli ultimi cinque anni. Inoltre, dei 2.4 milioni di ragazze iscritte a scuola, il 20% non frequenta regolarmente. Da non dimenticare le aggressioni con acido nei confronti delle studentesse nell’ultimo anno, a dimostrazione del riemergere di una pericolosa tendenza a negare nuovamente i diritti femminili.

Se si osserva attentamente la situazione, si può notare che, oltre agli enormi ostacoli che le donne devono tuttora affrontare in ogni area dell’Afghanistan, la situazione si sta di nuovo deteriorando e i loro basilari diritti umani sono ancora in pericolo.

Permettetemi di citarvi alcuni dati:

Solo il 6% delle donne al di sopra dei 25 anni ha ricevuto un’educazione e solo il 12% delle donne al di sopra dei 15 anni sa leggere e scrivere.

  • Ogni 30 minuti una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza.
  • Solo il 14% delle nascite è controllato da personale sanitario competente.
  • Circa il 60% delle ragazze si sposa prima dell’età minima legale di 16 anni.
  • La percentuale delle donne forzate al matrimonio va dal 60% all’80%.

Continua a leggere

IL NOSTRO POPOLO CHIEDE COMPRENSIONE E NON GUERRE

Da: TERRA

0420 0905 2616 5849 soldiers in afghanistan o 300x199Samia Walid, attivista di RAWA – Revolutionary Association Women of Afghanistan – è nuovamente in Italia per tessere rapporti di sostegno alla sua organizzazione. E’ testimone diretta dell’aria sempre pesantissima riservata dal sistema afgano a chi cerca alternative alla morsa della morte in cui Taliban, Signori della guerra, forze Isaf e governo Karzai costringono la popolazione.

Signora Walid, cos’è accaduto negli ultimi mesi agli attivisti democratici afgani?

Dopo i sommovimenti nordafricani il governo di Kabul e i suoi sostenitori statunitensi hanno sensibilmente stretto le maglie dei controlli su qualsiasi attività delle forze democratiche che si mobilitano contro l’occupazione dell’Afghanistan. I servizi e la polizia hanno arrestato alcuni esponenti di partiti e associazioni che avevano organizzato proteste contro l’Esecutivo Karzai, anche alcune nostre attiviste hanno avuto non pochi problemi.

Siete costrette alla clandestinità, ma come fate a divulgare pubblicamente il vostro pensiero?

In effetti è difficile senza spazi per l’informazione. A Rawa non è permesso l’accesso a radio e televisioni di cui negli ultimi tempi il nostro paese vanta una crescita. In piu’ ci è vietata la pubblicazione di un organo ufficiale e non siamo certo ospitate dai giornali di regime. Però nei tanti anni di lavoro sociale, grazie ai corsi di formazione su diritti umani e femminili, abbiamo sviluppato un’ampia rete di contatti con la quale riusciamo a distribuire informazioni. Questi canali, pur artigianali, ci consentono di raggiungere comunque una buona fetta della popolazione.

In una nazione che da oltre trent’anni vive una guerra ininterrotta le azioni non violente per i diritti civili riescono a trovare ascolto?

Il processo democratico in Afghanistan è giovane e le sue voci sono estremamente nuove. Eppure prima dei lunghi tempi di guerra il Paese aveva una sua tradizione democratica. Purtroppo c’è una campagna condotta dagli occidentali che tende a spiegare tutto ciò che da noi accade con un’impronta antropologica; si vuole giustificare ogni cosa coi tratti caratteristici degli Afgani. Il nostro popolo è un popolo come qualunque altro, necessita di rapporti e comprensione, non delle guerre e dei metodi coercitivi impostigli dall’altro. Ma di questo non si tiene volutamente conto.

Continua a leggere

«Primi contatti» con i Taleban. Gates conferma la trattativa.

L’Unità, 20/6/2011

«Contatti preliminari» con i Talebani.
Il giorno dopo l’annuncio di Karzai, il segretario alla Difesa Usa Gates conferma l’avvio di colloqui con la guerriglia.

«Il punto è capire chi li rappresenta davvero».
«Ci sono stati contatti esplorativi da parte di un certo numerodi Paesi, compresi gli Stati Uniti.Madirei che, in questa fase, sono molto preliminari ». È una conferma a mezza bocca quella del segretario alla difesa Us, Robert Gates intervistato dallaCnnsul processo di pace a Kabul.
Comunque una conferma. Le affermazioni di Gates seguono di ungiorno le dichiarazioni del presidente afghano, Hamid Karzai, che ha annunciato che il suo governo e gli Usa sono in contatto con i talebani: una sorprendente ammissione pubblica su un’iniziativa diplomatica di cui si mormora da tempo ma che fino a sabato scorso non aveva avuto conferme ufficiali. Gates ha comunque evitato di parlare di negoziati, circoscrivendo la portata dei contatti. «Prima che i talebani siano disposti a tenere colloqui seri dovranno sentire una maggiore pressione militare e dovranno convincersi che non possono vincere», ha detto il segretario alla Difesa Usa. Ma presto o tardi sarà inevitabile arrivare ad un accordo.

«La maggior parte delle guerre finisce con una soluzione politica», ha infatti aggiunto Gates.
Un mix di azione politica e militare, la strategia Usa sull’Afghanistan rimane questa, con un occhio verso una rapida via d’uscita viste anche le difficoltà economiche in casa. Il Congresso americano vuole chiudere in fretta la partita. Quale sia l’aria che tira lo dice chiaramente l’avvio della campagna elettorale per le presidenziali: il disimpegno dei candidati conservatori sui temi internazionali è tanto evidente che un veterano come McCain è intervenuto pubblicamente per criticare il neo-isolazionismo repubblicano. Il tema del ritiro delle truppe Usa dunque c’è ed è forte nell’opinione pubblica, ma Gates non ha voluto sbilanciarsi sull’entità e i tempi del ritiro, avvertendo che un significativo numero di militari resterà comunque in Afghanistan ancora a lungo. «Tra oggi e il 2014, sarà un momento di transizione».

Continua a leggere

Afghanistan, falsi successi

PeaceReporte 15/6/2011 – Enrico Piovesana

51508Migliaia di ‘talebani’ catturati nei raid notturni dalle forze speciali Usa, secondo il generale Petraeus. Ora si scopre che oltre il 90 per cento erano civili innocenti.
Allo scopo di far credere all’opinione pubblica mondiale che la strategia militare americana in Afganistan è efficace e vincente, il generale David Petraeus e i comandi Usa hanno deliberatamente mentito alla stampa, lasciando credere che i contestati blitz notturni delle forze speciali abbiano portato alla cattura di migliaia di talebani, quando invece oltre il 90 per cento dei detenuti sono civili innocenti.

La scoperta è stata fatta dallo storico giornalista investigativo americano Gareth Porter – famoso per le sue corrispondenze durante la guerra in Vietnam, da anni all’agenzia Inter Press Service (Ips) – grazie a documenti militari declassificati di cui è entrato in possesso.
Documenti della Task Force 435, il comando americano delle operazioni detentive, che dimostrano come solo una minima percentuale degli afgani fatti prigionieri dalle forze speciali Usa lo scorso anno fosse in realtà composta da ‘Agf’ (forze anti-governative), come vengono chiamati i talebani in gergo militare.

Lo scorso dicembre il generale Petraeus dichiarò alla stampa che nella seconda metà del 2010 erano stati catturati 4.100 ‘talebani’, dimenticandosi di dire che 3.410 di questi erano stati rilasciati pochi giorni dopo la cattura in quanto civili, e altri 345 erano stati successivamente scarcerati dalla prigione militare di Bagram per mancanza di qualsiasi prova di ‘militanza’ a loro carico.

Continua a leggere

Audio-documentario sulle donne afgane a Kabul

15/6/2011
Intervista della Radio della Svizzera Italiana alla giornalista Michela Sechi di ritorno da un viaggio a Kabul.

ky velo religione islam donnaAndeisha ha rinunciato a camminare per strada per paura di essere uccisa. Mahmouda si copre il volto e usa un nome falso. Selei riceve minacce anonime. Sono giovani afgane che lavorano per i diritti delle donne, rischiando la vita a Kabul.

Sono tutte impegnate in attività sociali: organizzano corsi di alfabetizzazione, aprono case-rifugio per le vittime di violenze, gestiscono orfanotrofi. Oppure fanno attività politica, cercando di trasmettere alle donne la coscienza di sé, della propria dignità, dei propri diritti violati. Ma puntare il dito contro i potenti, in Afghanistan, è rischioso.

Per questo, nel paese, il movimento delle donne è semi-clandestino. Troppe le minacce dei fondamentalisti islamici. Le attiviste spesso devono nascondersi sotto il burqa, cambiare nome, evitare di usare il telefono cellulare, riunirsi in case ogni volta diverse. Eppure, la presenza delle truppe della Nato non doveva aiutare le afgane?

Cosa si può fare davvero per sostenerle? Per una volta, diamo la parola a chi spesso non ha voce: le donne afgane.

{mp3}Kabul_la_voce_delle_donne{/mp3}

Afghanistan: sanzioni relative alla verginità “estremamente ingiuste”

IRIN, 26/4/2011 
“Ho visto una donna che è stata pubblicamente umiliato e torturata perché accusata di aver perso la verginità prima della sua prima notte di nozze”, dice Suraya Subhrang, commissario per i diritti delle donne dell’Afghanistan Independent Human Rights Commission (AIHRC). Sanzioni extra-giudiziarie, ha aggiunto, sono diffuse e radicate nel paese.
Operatori sanitari sono spesso chiamati a dimostrare la verginità di una donna – requisito d’obbligo per le donne che si preparano al matrimonio. “Test di verginità e d’adulterio sono parte del nostro normale lavoro”, dichiara Del Aqa Mahboobi, un medico esperto a Kabul. Ma ci sono poche strutture e una carenza di donne esperte nell’effettuare queste prove molto intime.
Il test implica un esame della vagina, per verificare se l’imene di una ragazza o donna è intatto, ma gli esperti dicono che può essere lacerato da fattori diversi dai rapporti sessuali. Amnesty International dichiara che quando questi test di verginità sono forzati o costrittivi degradano le donne e sono una forma di tortura. Ma tra le comunità afghane, il fallimento della prova può portare al cosiddetto delitto d’onore, un crimine spesso impunito di solito commesso da famiglie e parenti che credono una ragazza o una donna ha portato la vergogna su di loro.
“Il delitto d’onore riconosce all’uomo il diritto ad uccidere una donna con impunità per i danni che le sue azioni immorali hanno causato all’onore della famiglia”, la Missione di assistenza dell’ONU in Afghanistan (UNAMA) ha riportato nel dicembre 2010. Tali omicidi, ha aggiunto, erano semplicemente sulla base di convinzioni culturali profondamente radicate e non sulla religione.

“Gli uomini di solito sono impuniti per gli omicidi d’onore”, ha detto a IRIN Subhrang. “Ma può una donna uccidere il marito per illegittimo rapporti sessuali?” 

Questioni d’onore
Raela è stato portata con la forza da un medico per la sua prima notte di nozze dopo che il marito l’aveva accusata di aver perso la sua verginità e la picchiava. L’esame ha mostrato che aveva perso la verginità prima del matrimonio e la ragazza di 22 anni è stata consegnata alla magistratura per essere perseguirta con l’accusa di adulterio.
L’incarcerazione di Raela ha devastato la sua famiglia che deve rimborsare quasi 10.000 dollari al promesso sposo per le spese sostenute per la cerimonia di nozze. “Hanno messo la loro casa in vendita e hanno deciso di lasciare questo quartiere perché non possono vivere con il disonore”, ha detto un parente, che ha parlato sotto anonimato.
Gli attivisti e gli avvocati dichiarano che, mentre la verginità non è menzionata nel sistema penale del paese e da altre leggi, centinaia di donne come Raela devono affrontare ingiustamente gravi sanzioni formali e informali per la perdita presunta di tale requisito culturale. I rapporti sessuali fuori del matrimonio sono un peccato nella giurisprudenza islamica e le leggi afgane in gran parte derivano da questa.
“La verginità è una impronta naturale”, ha detto Mawlawi Mohammad Qasim, membro del bureau penale della Corte Suprema. “Quando si è perso a causa di illegittimi rapporti sessuali implica l’adulterio, che dovrebbe essere punito”, ha detto aggiungendo che una persona non sposata colta a fare sesso fuori dal matrimonio, maschio o femmina, dovrebbe essere condannata dai tre ai cinque anni di carcere, mentre gli adulteri sposati dovrebbero ricevere sanzioni più pesanti.

Inique sanzioni
Gli attivisti per i diritti delle donne dicono che la legge sull’adulterio ha troppi problemi ed è utilizzata principalmente contro le donne. In alcuni casi, le donne sono vittime di stupro. “La legge non distingue chiaramente [fra] stupro e rapporto sessuale consensuale e tratta come criminali le vittime di stupri e le adultere”, ha detto Subhrang dal AIHRC. UNAMA, in un report del 2009, ha dichiarato che, anche se nascosto e sottostimato, lo stupro è un crimine che si verifica in tutto il paese ogni giorno. “E ‘la donna o ragazza – la vittima dello stupro – che porta la vergogna del crimine e non l’autore”, dice il rapporto.

Esigere che anche gli uomini affrontino la legge, Sheela Samimi, un operatore della Rete delle donne afgane (AWN), ha dichiarato: “Può una ragazza chiedere che esperti medici verifichino se il suo aspirante marito ha avuto rapporti sessuali prima del matrimonio e, una volta provata questa accusa i funzionari perseguirebbero l’uomo come si fa con una donna?

Gli Usa negoziano con Kabul per restare altri decenni

Rinascita, 14/6/2011 di di Ferdinando Calda
Gli Stati Uniti e il governo afgano stanno portando avanti delle trattative segrete per garantire la permanenza in Afghanistan di truppe, agenti segreti e basi aeree statunitensi per i prossimi decenni.
Lo riferisce il Guardian, secondo cui i negoziati si starebbero svolgendo da oltre un mese, nonostante i continui dibattiti a Washington e negli altri Paesi della coalizione sull’entità e velocità del ritiro, che dovrebbe portare tutte le truppe straniere fuori dall’Afghanistan entro il 2014.
“Ci sono almeno cinque basi in Afghanistan che sono probabili candidate ad ospitare grandi contingenti di Forze speciali, agenti dell’intelligence, apparecchiature di sorveglianza e attrezzature militari”, scrive il Guardian, sottolineando l’importanza strategica di queste basi, poste nel cuore di una delle regioni più instabili del mondo, vicino al confine con Pakistan, Iran e Cina, così come al resto del’Asia centrale e del Golfo Persico. Recentemente anche il Washington Post faceva notare come il fatto che i lavori di ampliamento di varie basi Usa in Afghanistan non si fossero fermati facesse pensare a una permanenza di lungo periodo.
Non stupisce quindi l’apprensione con cui le potenze della regione – in primis Russia e Cina, ma anche India e Pakistan – guardano a un possibile accordo tra Washington e Kabul su una presenza statunitense a lungo termine in Afghanistan. A questo proposito, sembra che, durante una recente visita, alti ufficiali pachistani abbiano cercato di convincere il governo afgano a guardare alla Cina, e non agli Usa, come partner strategico.
E non rassicurano neanche le smentite della Casa Bianca sulla volontà di mantenere una presenza militare nel Paese anche dopo il 2014. Anche le recenti rassicurazioni del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton – che ha dichiarato che gli Stati Uniti non hanno intenzione di mantenere basi “permanenti” in Afghanistan – rappresenterebbero solo uno specchio per le allodole. Le parole della Clinton, ha fatto notare un ufficiale statunitense, lasciano spazio a “diverse interpretazioni”. “Ci sono truppe statunitensi in diversi Paesi da molto tempo, che però non sono considerate truppe permanenti”, ha spiegato l’ufficiale al Guardian.
A questo si aggiunge un altro “espediente” linguistico per nascondere la vera entità del “ritiro”. Si è detto che i militari che rimarranno dopo il 2014 (ad esempio quelli britannici) avranno unicamente compiti di addestramento. Ma il fatto che non saranno propriamente “combat troops” non vuol dire che non prenderanno parte ai combattimenti. Gli addestratori, ad esempio, combattono regolarmente a fianco delle truppe afgane, fa notare il Guardian. E certo, aggiunge un alto ufficiale della Nato, le attività degli insorti continueranno dopo il 2014.
Ad ogni modo, sostengono le fonti del quotidiano britannico, l’accordo tra Washington e Kabul è tutt’altro che concluso e restano ancora diversi punti da chiarire. Gli afgani, infatti, avrebbero respinto la prima proposta statunitense di un accordo di partnership strategica completa, preferendo mettere dei paletti, consapevoli probabilmente che gli interessi degli Usa non coincidono necessariamente con quelli dell’Afghanistan. “Un Afghanistan prospero – ha spiegato Ashraf Ghani, ex candidato presidenziale e uno dei negoziatori – è il nostro obiettivo, non necessariamente il loro”.
Tra i temi che dovranno essere discussi nelle prossime settimane, vi è la possibilità per le truppe Usa di lanciare operazioni militari nei Paesi vicini (come Iran o Pakistan) dalle base in Afghanistan. Ipotesi che non piace a Kabul, preoccupata a non mettersi contro nessuno dei potenti vicini.
Un’altra questione riguarda l’autorità giuridica a cui dovrebbero sottostare le truppe rimaste nel Paese. Gli afgani, infatti, premono affinché tutti i militari stranieri nel Paese siano soggetti alle loro leggi.