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Autore: Anna Santarello

TRUPPRE STRANIERE UCCIDONO CIVILI NELLA PROVINCIA DI MAIDAN WARDAK

DA: RAWA.ORG

civilians killed wardak 26 may 11 300x225Lo scorso giovedì un funzionario afgano ha affermato che le truppe NATO hanno ucciso tre civili nella provincia di Maidan Wardak.
Il portavoce del governo, Shahidullah Shahid, ha dichiarato che le uccisioni sono avvenute nell’area di Lala Khel.

Ghulam Sakhi Rasuli, un abitante della zona, ha detto che gli uomini stavano lavorando alle loro coltivazioni e non avevano nessun legame con organizzazioni militanti.
“Non ci sono Talebani nella nostra zona. I soldati afgani e stranieri vengono qui ad uccidere civili”.

 

Afghanistan: soldati tedeschi sparano deliberatamente sui dimostranti

DA: RAWA.ORG

Subito dopo il fatto, il Bundeswhr ha negato di aver sparato ai dimostranti. Tuttavia, lo scorso venerdì ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che i suoi soldati avevano effettivamente puntato direttamente sui civili in manifestazione.

Di Matthias Gebauer e John Goetz

protest taliqan 18 may 11 3 300x225Il Bundeswehr in precedenza aveva affermato che i soldati tedeschi avevano sparato soltanto colpi di avvertimento per difendere il loro campo da ulteriori attacchi.

L’esercito Tedesco, il Bundeswehr, ha reso pubblici nuovi clamorosi dettagli su uno scontro violento tra dimostranti e soldati tedeschi che ha avuto luogo nell’Afghanistan settentrionale mercoledì scorso. Lo scontro ha causato 12 morti e decine di feriti, tra i quali anche due soldati tedeschi. In una dichiarazione pubblicata sul suo sito venerdì mattina, l’esercito tedesco ha contraddetto le sue affermazioni precedenti, ammettendo che i soldati hanno deliberatamente sparato sulla folla di manifestanti. Il Bundeswehr ha anche ammesso che questi spari potrebbero essere stati la causa di almeno uno dei decessi.

 Subito dopo il fatto il Bundeswehr aveva affermato che i soldati tedeschi non avevano sparato direttamente sui dimostranti, ma venerdì ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale i soldati avrebbero mirato direttamente ad alcuni dimostranti violenti.

Il fatto è accaduto mercoledì mattina davanti a un campo militare tedesco a Taloqan, nella provincia di Takhar, nell’Afghanistan settentrionale, durante un corteo funebre per la morte di quattro persone, tra cui anche due donne, uccise dalle truppe statunitensi durante un raid notturno contro alcuni sospetti terroristi. Il Bundeswehr aveva precedentemente affermato che i soldati tedeschi avevano soltanto sparato dei colpi in aria per difendere il loro campo da ulteriori attacchi da parte dei dimostranti infuriati che avevano preso parte al funerale.

Il Bundeswehr sostiene che alcuni membri del corteo funebre hanno lanciato diverse bombe a mano e molotov contro il piccolo campo tedesco, che ospita circa 40 soldati. Il perimetro del campo era sorvegliato da guardie afgane appartenenti al cosiddetto “provisional advisory team” (PAT, squadra di consulenza provvisoria). Quando gli attacchi si sarebbero fatti troppo pericolosi, i soldati tedeschi e quelli afgani avrebbero sparato sulla folla nel tentativo di disperderla.

 Fino a ora il Bundeswehr aveva negato qualsiasi responsabilità per la morte di almeno quattro dimostranti davanti ai cancelli del campo. Mercoledì sera il sito ufficiale del Bundeswehr sosteneva ancora che l’esercito non aveva “alcuna prova”del fatto che i soldati tedeschi avessero sparato uccidendo gli aggressori. In alcune interviste il ministro della difesa tedesco Thomas de Maizière aveva soltanto affermato di voler aspettare i risultati dell’indagine prima di rilasciare qualsiasi dichiarazione ufficiale sull’accaduto.

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Una clandestinità democratica per rifondare l’Afghanistan contro Talebani, Karzai e Nato

Intervista a Samia Walid (Rawa). – Da Contropiano.org

Lunedì 23 maggio 2011

c6379374f735387d16e3e70bd3a95caa L 300x216Samia Walid, attivista di Rawa (Revolutionary Association Women of Afghanistan) è nuovamente in Italia per tessere rapporti di sostegno alla sua organizzazione. E’ testimone diretta dell’aria sempre pesantissima riservata dal sistema afghano a chi cerca alternative alla morsa della morte in cui Taliban, Signori della guerra, Forze Isaf  e governo Karzai costringono la popolazione.

Signora Walid cos’è accaduto negli ultimi mesi agli attivisti democratici afghani?

Hanno subìto una diffusa stretta repressiva. Ci sono stati pedinamenti, fermi, arresti operati dalle Intelligence locali e occidentali. Un caso noto è quello di Said Mahmud, portavoce del partito Hambastagi, arrestato e uscito di prigione dopo il pagamento di una cauzione per una vicenda pretestuosa. I Servizi di Karzai, con l’alibi dello scontro coi talebani, attaccano chiunque cerca di organizzare la popolazione, ne ascolta le istanze, va incontro ai bisogni di chi non ha protettori e padrini. Diverse nostre attiviste si sono accorte di essere seguite, alcune hanno ricevuto misteriose visite nelle abitazioni. Sicuramente sono state segnalate e schedate.
Talune nostre case-rifugio per donne maltrattate sono state individuate e risultano impraticabili. Tutto ciò col benestare delle forze occidentali che dicono di voler attivare la democrazia ma aiutano Karzai a stroncare la partecipazione popolare.

In una nazione che vive una guerra ininterrotta da oltre trent’anni le azioni non violente a sostegno dei diritti trovano ascolto?

È difficile, ma possono trovarlo. Noi lavoriamo per questo. La gente è stanca di guerra, uccisioni, soprusi ma ha paura, anche perché nel nostro territorio la violenza è all’ordine del giorno. Quella interna praticata da anni da Signori della guerra e Taliban. Quella importata dal conflitto decennale della Nato che parla di exit strategy ma ne rimanda le date. Da tempo gli Usa non fanno altro che consolidare le basi militari sul territorio, bisognerà vedere se continueranno a gestirle in proprio o se gradualmente ne cederanno il controllo a un esercito locale. La garanzia offerta da quest’ultimo è ampiamente incerta, lo dimostra più di un episodio in cui i militari dell’Isaf, statunitensi e anche italiani, sono stati colpiti da soldati che vestivano l’uniforme afghana. Esiste poi la micro violenza quotidiana fatta di angherie verso deboli e poveri, verso le donne che vengono stuprate e uccise addirittura a otto, dieci anni. Chi le pratica, specie se miliziano o poliziotto, risulta intoccabile. I familiari non denunciano perché lo stupro è una vergogna che colpisce loro stessi, piuttosto sono disposti a sopprimere le poverette. Tutto questo è duro a sradicare, ma come per la produzione dell’oppio è incredibilmente aumentato negli anni di barbara occupazione. Perciò quando parliamo di legalità e diritti la gente ci ascolta anche se tanti hanno timore a esporsi. Noi stessi agiamo di nascosto, con coperture.

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MALALAI PARLA A NOME DI TUTTI GLI EROI E LE EROINE DELL’AFGHANSITAN

Malali Joya – da peacexpeace
Malalai joya 1 300x2221Malalai Joya è stata membro del Parlamento afgano dal 2005 fino ai primi mesi del 2007, quando venne sospesa per aver denunciato pubblicamente la presenza di criminali di guerra in parlamento. Joya ha pubblicato un libro, A Woman Among the Warlords (in Italia, Finchè avrò voce ndt), e di ricente ha preso parte ad un tour di conferenze negli Stati Uniti.
Najuan Daadleh, project manager di Connection Point, ha incontrato Malalai all’Union Station di Washington D.C. Di seguito riportiamo le affermazioni di Joya rilasciate durante l’intervista.
Mi chiamo Malalai Joya e sono un’attivista per i diritti umani. In Afghanistan, le voci democratiche affrontano molte sfide, rischi ed ostacoli. La sola differenza tra me e questi attivisti afgani è la mia notorietà. Tutti noi lottiamo contro il regime fantoccio corrotto e contro l’occupazione; combattiamo per la giustizia, la pace, la democrazia, i diritti umani nel nostro paese, in particolare per i diritti delle donne.
Credo sia molto importante cercare di alzare il livello di coscienza politica del popolo afgano, specialmente nelle donne. Quest’ultime rappresentano infatti una grande fetta della popolazione e la maggior parte di loro è analfabeta. Penso sia fondamentale far conoscere a queste donne i propri diritti, la propria identità.
Parte del mio lavoro consiste nel partecipare a numerosi dibattiti e conferenze negli Stati Uniti – dove mi trovo oggi – e diffondere il messaggio del mio popolo: in Afghanistan non si combatte solo sul campo, esiste anche una guerra di propaganda. I media internazionali – strumenti controllati dai politici più potenti – non fanno che gettare polvere negli occhi della gente. Negli Stati Uniti cerco di contrastare questa tendenza denunciando pubblicamente le menzogne del governo americano, descrivendo l’ideologia dei fondamentalisti islamici, dei taleban, dei signori della guerra, e chiedendo il sostegno di tutta la comunità internazionale.
Durante questo tour di conferenze negli Stati Uniti sono diventata più fiduciosa per il futuro del mio paese, in particolare per la nuova generazione – futura classe politica dell’Afghanistan. Sono onorata di aver incontrato il professor Noam Chomsky. Oggi invece incontrerò Robert Dreyfuss, l’autore del libro Devil`s Game: How the United States Helped Unleash Fundamentalist Islam. Dreyfuss è una persona straordinaria che ha denunciato apertamente le strategie politiche della CIA non solo in Afghanistan ma anche in molti altri paesi.
Ho poi incontrato alcuni soldati e i familirari dei militari caduti nel mio paese. A loro ho fatto una richiesta: ‘Per favore, riversate il vostro dolore nelle strade. Le condoglianze non sono più sufficienti. Alzate ancora di più la vostra voce contro l’occupazione in Afghanistan e questa guerra brutale.’
Nei miei discorsi ricordo sempre le voci democratiche dell’Afghanistan ‘gli eroi e le eroine nascoste’ che non hanno la fortuna che ho io di poter venire negli Stati Uniti; è proprio per questo che accetto sempre di partecipare ad un maggior numero possibile di incontri. Voglio portare il messaggio di tutti questi eroi e denunciare la macchina di propaganda – i media filogovernativi che nascondono la realtà agli occhi della gente.

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«Traffico di droga e analfabetismo L’Afghanistan deve voltare pagina»

di Giada Frana  da L’Eco di Bergamo
Lavorare per la pace in un territorio dilaniato dalla guerra, non è certo semplice: basta poco per rimetterci la pelle.
Ma i membri di «Hezb-Hambastagi» (Solidarity party of Afghanistan – Partito solidale dell’Afghanistan) non si arrendono e continuano la propria battaglia per cercare di costruire una nuova realtà, in cui regnino la democrazia e la pace.
UN PARTITO LAICO
«Il nostro obiettivo è quello di porci come un partito laico e nazionale – spiega Said Mahmoud Pahiz Tufenda, portavoce del partito intervenuto recentemente in un incontro all’Arci di Bergamo -. Operiamo dal basso, manifestando per le strade e tenendo dei corsi di alfabetizzazione per le donne,
affinché acquisiscano una consapevolezza politica». Il partito di Tufenda è nato nel 2004 e conta oggi 30 mila membri in tutto il Paese.
LE DONNE PARTECIPANO
È il primo partito in cui anche le donne possono prendere parte alle iniziative e che si po- ne caparbiamente contro i talebani, i signori della guerra e la Nato, che a detta di Tufenda non ha risolto i problemi dell’Afghanistan.
IL TRAFFICO DI DROGA
«Noi pensiamo che le forze della Nato e il regime fantoccio siano sullo stesso piano. La Nato è qui per perseguire i propri obiettivi militari e più che aiutare i civili, finisce per rafforzare ciò per cui noi combattiamo: i signori della guerra e i talebani. I soldi che arrivano dall’Occidente vanno a riempire le tasche dei signori della guerra, alla gente non arriva nulla. E il risultato si vede: dopo dieci anni di occupazione, il 95% delle donne e il 65% degli uomini è ancora analfabeta, siamo il primo Paese al mondo per traffico di droga e il secondo più povero».

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DONNE IN OSTAGGIO

di Simona Cataldi da Left

Costrette a stare in casa e a rimanere col marito anche se le maltratta. In Afghanistan i diritti appartengono a un sesso solo, e le trattative tra Karzai e talebani non fanno che peggiorare la condizione femminile
Dieci anni fa, quando gli Stati Uniti e i loro alleati sono arrivati a Kabul, il popolo afgano era pieno di speranza: finalmente dopo trent’anni di guerra e di oscurantismo giungeva la pace. Ma quel sogno si è infranto subito, con la salita al potere dei signori della guerra: i jhadisti dell’Alleanza del Nord. Tutti – donne, uomini, perfino i bambini – erano coscienti che mai avrebbero potuto raggiungere gli obiettivi promessi dalla comuni- tà internazionale con coloro che più di ogni altro hanno violato i diritti delle donne». La testimonianza di Samia Wahlid, esponente dell’Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan (Rawa), non lascia dubbi: il suo Paese è ancora in cerca di libertà.
Rawa è un’organizzazione indipendente nata a Kabul nel 1977. Due anni dopo, in seguito all’occupazione sovietica, partecipa ai movimenti di Resistenza e di lotta per l’indipendenza e si schiera a favore di quelle istanze democratica, secolariste e antifon damentaliste, che ancora oggi porta avanti nell’ombra della clandestinità. «Quest’anno» ci racconta Samia, «non abbiamo potuto celebrare la Giornata internazionale della donna». L’otto marzo è sempre stata un’occasione per tutte le militanti di Rawa, circa 5.000 donne, di riabbracciarsi e farsi coraggio, andare avanti nonostante le persecuzioni e i controlli sempre più pressanti dei servizi segreti afgani. «Negli ultimi 10 anni gli Stati Uniti e la Nato hanno armato e appoggiato i più pericolosi gruppi reazionari nella consapevolezza che questi, e non il popolo afgano, sono gli unici in grado di proteggere i loro interessi nell’area. La situazione sta diventando sempre più difficile soprattutto da quando è stato avviato il processo di Riconciliazione nazionale che apre al dialogo con i cosiddetti talebani moderati, con i criminali del “Khalq” e “Parcham” (precursori dei mujaheddin, ndr) e con gli esponenti del partito di Gulbiddin Hekmatyar, alcuni dei quali tuttora inscritti nella stessa “Black list” del governo americano».

Le violenze nei confronti delle donne non sono cessate, la legge non garantisce stato di diritto. Il sistema di giustizia informale che prevede anche la lapidazione di una donna adultera sopravvive accanto a quello formale. Il governo Karzai, sostenuto dalla comunità internazionale per guidare il Paese verso la democrazia, non è rappresentativo della volontà popolare né si è impegnato realmente per la promozione e la difesa dei diritti delle donne. Nel luglio del 2006 ha reintrodotto il famigerato “Ministero per il vizio e virtù”, nel marzo 2009 ha approvato una legge, gradita dai gruppi di potere sciiti, secondo cui le donne non possono rifiutarsi di avere rapporti sessuali con il marito e non possono recarsi a lavoro, dal medico o a scuola senza il suo permesso.

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Afghanistan, repressa nel sangue rivolta anti-Nato

50100 300x200A Taloqan, nel nord del paese, migliaia di persone assaltano la base Isaf dopo l’ennesima uccisione di civili in un raid notturno delle forze speciali Usa: polizia e soldati tedeschi aprono il fuoco sui dimostrnti: 12 morti e 85 feriti
L’ennesima uccisione di civili – quattro, di cui due donne – in un raid notturno delle forze speciali americane, ha scatenato una violenta rivolta popolare a Taloqan, nella provincia afgana settentrionale di Takhar, sotto comando tedesco.
Questa mattina, tremila persone armate di asce, vanghe e bastoni hanno marciato sulla città portandosi dietro i quattro cadaveri. Al grido di ‘Morte all’America’ e ‘Morte a Karzai’ hanno bruciato auto, saccheggiato negozi, devastato uffici e infine hanno assaltato la locale base Isaf, lanciando pietre e bottiglie incendiarie oltre le mura della caserma e ferendo lievemente due militari della Bundeswehr. La polizia afgana, e poi anche i soldati tedeschi, hanno aperto il fuoco sui dimostranti causando un’altra strage: almeno dodici morti e ottantacinque feriti.
”Non ci sono più letti e stanze libere nell’ospedale, già pieno di feriti”, ha dichiarato alla Reuters Hassan Basij, direttore sanitario provinciale.
Il capo della polizia provinciale, Shah Jahan Noori, ha riferito che la rivolta è cessata, ma che la situazione in città rimane molto tesa, dicendosi egli stesso indignato per le continue vittime civili delle forze Nato: ”Condanno fermamente queste operazioni brutali che uccidono solo civili, creando una distanza sempre maggiore tra la popolazione da una parte e il governo e i suoi partner internazionali dall’altra”.

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Afghanistan: i frutti di una Missione di Guerra

dal sito  NO MAS
meena red 300x30068 milioni di euro al mese. Circa 2 milioni al giorno. In un’epoca di tagli, dove siamo costretti a ridurre le spese per Istruzione, Cultura e Sanità, queste sono le cifre che lo Stato Italiano sborsa per finanziare la missione di guerra in Afghanistan.
La Sinistra non si offenda, sappiamo che anche lei si è sempre impegnata a garantire i fondi necessari alla buona riuscita della missione: se è vero che la Pace non è ne di destra ne di sinistra, lo stesso si può dire della Guerra.
Nonostante i riflettori si siano spostati sulla Libia, in Afghanistan le situazione è sempre più tragica: negli ultimi quattro anni sono 8.000 le vittime civili del conflitto.
Il CISDA-Lecco ha organizzato un evento per raccontare cosa sta accadendo nel crocevia dell’Asia centrale attraverso le voci di Cristiana Cella, giornalista dell’Unità e membro del CISDA, e Samia Walid, attivista afghana dell’associazione RAWA. Tema della serata, la condizione delle donne.
Il CISDA Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus opera a favore dei diritti delle donne e della dignità della persona contro tutti i fondamentalismi e le guerre. Tra le associazioni che sostiene c’è RAWA Revolutionary Association of the Women of Afghanistan movimento di donne impegnate in attività di scolarizzazione e sensibilizzazione per favorire una cultura laica e democratica che rispetti le donne.
«Sono stata a Kabul un anno fa» racconta Cristiana, «e la situazione è spaventosa. Accanto a un degrado terribile sorgono le maestose ville dei “signori della Guerra” e di chi si è arricchito grazie all’oppio, tanto da parlare di “narco-barocco”. Ho ascoltato storie di donne allucinanti, storie di violenza, di diritti negati e soprusi taciuti. Ogni anno almeno 2.300 donne tentano il suicidio. Questi sono i dati forniti dagli ospedali, ma in realtà sono molte di più le donne che cercano di togliersi la vita. Lo fanno perché subiscono violenze di ogni genere, basti pensare che lo stupro è diventato legale all’interno delle mura domestiche (2009). Andare a scuola, andare al lavoro sono attività clandestine e pericolose per una donna. Spesso il suicidio, che nella maggior parte dei casi avviene dandosi fuoco, è dovuto anche a una sorta di senso di colpa della donna che pensa di meritare una vita del genere.

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«Gli americani resteranno qui a lungo» – Parla Said Mahmud, portavoce del partito progressista Hambastagi

di Milena Nebbia dal Giornale di Vicenza
13 8 gdv f1 142«Karzai va dicendo alle masse che i soldati sono indispensabili»
Said Mahmud è uscito di prigione da qualche giorno dietro il pagamento di una cauzione. Era stato arrestato dalla polizia afghana insieme ad altri giovani con l’accusa di aver imbrattato di rosso il ritratto di Mazari, signore della guerra hazara, il cui partito, Wahdat, Partito Islamico Unito, vanta numerosi rappresentanti in parlamento. Il procedimento è rimasto aperto, su di loro pesa l’accusa di alto tradimento della patria, che in Afghanistan prevede pene molto pesanti. Said Mahmud è il giovane (26 anni) portavoce di Hambastagi, unico partito laico e progressista ufficialmente riconosciuto dal governo Karzai.
«In realtà – spiega quando lo incontriamo nella sede del partito – a parte i poliziotti più alti in grado, le altre guardie e gli altri prigionieri ci hanno sostenuto ed incoraggiato affermando che avevano fatto bene. Ad ogni modo è probabile che questa sia stata soltanto la causa occasionale e che a dare fastidio al governo sia stata più che altro la manifestazione che abbiamo organizzato il mese scorso nelle vie di Kabul che ha visto la partecipazione di centinaia di manifestanti, soprattutto donne, che hanno sfilato con cartelli e manifesti che riportavano i volti insanguinati di perone comuni ferite e uccise durante gli attacchi, sia americani, sia talebani».
Il volantino distribuito dal partito Hambastagi durante il corteo in effetti faceva un durissimo attacco all’occupazione delle truppe dell’esercito americano…
È sempre più evidente che il ritiro dell’esercito entro il 2014 rappresenta una bugia perché ogni singolo afgano sa benissimo che gli Stati Uniti hanno piani a lungo termine nel nostro territorio. Il governo fantoccio di Karzai cerca di convincere le masse che la presenza delle forze straniere sia necessaria giustificando così gli accordi per nuove basi permanenti, ma in pratica legittimando la colonizzazione del paese.
Hambastagi, dalla sua nascita, nel 2004, è impegnato nella divulgazione di un programma di sviluppo economico, libertà e giustizia sociale. Un progetto mica da poco nel disgregato panorama del paese…
Sembra un’utopia, ma dobbiamo credere nella possibilità di un cambiamento, noi puntiamo al coinvolgimento delle persone in manifestazioni come quella del mese scorso per far capire che in Afghanistan la resistenza pacifica non è scomparsa.
Come mai Hambastagi non si è presentato all’ultima consultazione elettorale?
Finché durerà l’occupazione, finché al governo ci saranno i signori della guerra, finché non si avranno garanzie di voto trasparente, senza brogli e forzature, non ci presenteremo alle elezioni. È una scelta precisa. Molti degli eletti sono signori della guerra o soggetti legati ai loro clan, criminali dediti ai traffici di eroina, armi, persone. Mancano esponenti della parte democratica del Paese.

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Afghanistan: Non ci sono più scuse.

Nonostante il presidente Obama si sia impegnato a rispettare il termine per il ritiro delle truppe fissato per il prossimo luglio, i militari fanno di tutto per ritardarlo il più possibile.
dal sito di Rawa
Dopo dieci lunghi anni, i toni dei dibattiti sulla guerra in Afghanistan sono cambiati in modo significativo. Oggi, la caccia ad Osama Bin Laden – una scusa per giustificare la guerra – è terminata. Le ragioni ufficiali per continuare questo conflitto diminuiscono di giorno in giorno. La minaccia di Al Qaeda in Afghanistan intimorisce sempre meno. Molti si sorprendono nel sapere che sono solo 100 le cellule di Al Qaeda operative in Afghanistan, ma più di 100 000 mila le truppe americane presenti sul territorio. Ora che il dibattito si è acceso, dobbiamo ribadire ancora una volta che il costo di questa guerra – pari a 100 miliardi di dollari l’anno – non è più sostenibile. Ogni cittadino americano deve conoscere bene queste cifre: 100 terroristi; 100 000 truppe: 100 miliardi di dollari – una cifra in continua crescita. Non ci sono più scuse per posticipare il ritiro delle truppe americane.

Secondo un’inchiesta realizzata da USA Today/Gallup questa settimana, il 59 per cento degli americani ritiene che ‘gli Stati Uniti abbiano già portato a termine la loro missione in Afghanistan e che pertanto si debba procedere con il ritiro delle truppe’. Anche la pressione da parte del Congresso cresce: sarebbero infatti sempre più numerosi coloro che si dichiarano favorevoli ad un ‘ritiro immediato delle truppe americane’.

Ad aumentare la pressione sulla necessità di porre fine alla guerra è la nuova proposta di legge, ‘Afghanistan Exit and Accountability Act’, promossa dal rappresentante dei democratici del Massachussets, Jim McGovern, e dal rappresentante dei repubblicani del North Carolina, Walter Jones.
Questo documento, H.R. 1735, è stato promosso anche da altri 14 sostenitori, otto democratici e sei repubblicani. Terminare la guerra in Afghanistan è diventato un obiettivo bipartisan. Secondo il disegno di legge, il presidente sarebbe tenuto a sottoporre un piano dettagliato con le date e i termini di scadenza stabiliti per la transizione – il trasferimento  delle operazioni militari sotto il controllo del governo afgano – e richiederebbe inoltre dei report trimestrali sugli eventuali progressi e delle stime dei soldi che sarebbero stati risparmiati  se solo la transizione fosse stata completata in sei mesi.

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