Skip to main content

Autore: Anna Santarello

Afghanistan, tre unità britanniche indagate per aver causato molte vittime tra i civili

Peacereporter  27 OTTOBRE 2010

Secondo il Guardian i militari si sono sempre trovati coinvolti in scontri in cui a farne le spese sono stati i civili. Si teme un uso disinvolto della forza

Tre unità britanniche di stanza in Afghanistan sono finite sotto inchiesta perché nelle loro missioni si contano un gran numero di vittime civili. Lo rivela il Guardian la cui inchiesta è partita da alcuni file pubblicati da Wikileaks. Il giornale ha poi chiesto la documentazione al ministero della Difesa che ha confermato le indagini.

Nelle carte si legge che gli uomini della Coldstream Guards hanno ucciso quattro civili a Kabul nell’arco di tre settimane nell’autunno del 2007. In particolare il 21 ottobre i soldati avrebbero aperto il fuoco contro un minibus che non si era fermato all’alt uccidendo una persona e ferendone due.

I Royal Marine hanno invece ucciso o ferito otto civili in sei mesi. Il 19 novembre del 2008 hanno freddato un bambino che si trovava a bordo di una Toyota che non si era fermata ad un posto di controllo. Sempre i Royal Marines hanno richiesto lo sgancio di bombe da parte di droni che hanno causato il ferimento all’addome di due bambini. I Rifles, anche loro di stanza in Afghanistan, sono stati invece coinvolti in tre diversi incidenti solo quest’anno.

Intervento di RAWA letto al congresso della SEL

di Samia Walid

Innanzi tutto, a nome di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan), desidero ringraziare sentitamente tutti voi per avermi dato l’opportunità di parlare della situazione afgana e in special modo delle condizioni delle donne in Afghanistan.

Nove anni fa gli Stati Uniti e i loro alleati hanno invaso l’Afghanistan con le parole d’ordine di “libertà”, “democrazia”, “diritti delle donne”. A quel tempo il popolo afgano era pieno di speranza: finalmente dopo 30 anni di guerra e oscurantismo fondamentalista sarebbe arrivato a godere della libertà, della democrazia, dei diritti. Ma quella speranza si è infranta sin dai primi giorni successivi alla caduta dei talebani con la nomina e quindi la salita al potere dei signori della guerra: i jihadisti dell’Alleanza del Nord.

Tutto il popolo afgano, le donne, gli uomini, i vecchi, i giovani, perfino i bambini erano pienamente consapevoli che mai avrebbero ottenuto ciò che Stati Uniti e i loro alleati occidentali avevano con tanta veemenza promesso. Con i più determinati nemici della democrazia, con coloro che più di ogni altro hanno violato i diritti delle donne, non è possibile formare un governo democratico e garante dei diritti. Oggi, quindi, siamo testimoni di come l’Afghanistan e il suo popolo siano schiacciati nella morsa e del governo corrotto e mafioso di Karzai, e degli occupanti stranieri, e dei signori della guerra e dei talebani. In questa situazione la minaccia di essere uccisi è una realtà presente in ogni minuto della vita degli afghani e delle afghane. Oggi più che in qualsiasi altro momento storico del nostro paese, il popolo afgano si trova in mezzo a un gioco che riguarda gli interessi politici, strategici ed economici di Stati Uniti, Gran Bretagna, Pakistan, Iran, India e altre potenze straniere.

Continua a leggere

La tortura infinita di essere una donna afgana

di Enrico Campofreda – terranews

INTERVISTA. Samia Walid della Revolutionary association women Afghanistan: «L’attuale sistema, creato dagli americani, è più pericoloso dei talebani. Dietro ai discorsi democratici, si cela l’attacco ai diritti del popolo».
Samia Walid, membro del Revolutionary association women Afghanistan e voce democratica di quella straziata nazione, è tornata in Italia per un tour di conferenze organizzato dal Cisda. Ha constatato le crescenti difficoltà burocratiche per varcare le frontiere, ottenere il visto dalla nostra ambasciata, entrare nella cittadella fortificata dove sorgono tutti gli uffici di Kabul, un deserto abitato da funzionari e militari dove il cittadino afghano, al quale presterebbero servizio, è considerato un alieno.
 
Signora Walid, se domani tutte le truppe Isaf partissero dall’Afghanistan cosa accadrebbe?
Sia che partano domani sia che restino per altri 3 o 6 anni la situazione rimarrà difficilissima. L’intervento Nato l’ha resa più grave del 2001, colpa di bombardamenti e morte seminati ogni giorno e della disillusione diffusa per la copertura data ai Signori della Guerra. Questo ha imbarbarito i rapporti sociali e umani. Nessun cambio di tattica può cancellare dalla mente degli afghani l’operato occidentale: aver sparato sui matrimoni assassinando civili in festa, protetto mafiosi e corrotti di cui s’è riempito il governo Karzai.
 
Come giudica Rawa i negoziati fra Karzai e le fazioni talebane?
La decisione di Washington, di cui Karzai è esecutore, è l’ultimo tassello d’un quadro devastante. Gli Usa ci invadevano in base alla lotta al terrorismo islamico, per nove anni hanno ucciso donne e bambini definendo le stragi danni collaterali all’obiettivo finale. Ora l’obiettivo è cooptare i Taliban al governo. E dopo aver ascoltato amenità attorno a presunti talebani moderati, vediamo che i loro leader, prelevati da Quetta e Peshawar, sono trasportati ai colloqui su aerei Nato. Cosa devono pensare le famiglie afghane in lutto?

Continua a leggere

Dall’Australia: la guerra in Afghanistan – un crimine contro l’umanità

Da: RAWANEWS

Traduzione a cura di Gloria Geretto

afghan war protestManifestazione contro la guerra in Afghanistan – Hollywood – 6 ottobre 2010

La presente dichiarazione è stata rilasciata dalla Socialist Alliance lo scorso 8 Ottobre.

Il 17 Ottobre 2001, il governo di coalizione Liberal-Nazionale guidato da John Howard schierò le truppe australiane in Afghanistan, a soli nove giorni di distanza dall’inizio dei bombardamenti americani in questo paese stremato dalla guerra e dalla povertà.

 All’epoca, l’Alleanza Socialista australiana, da poco formatasi, rispose a questa mossa e agli attacchi terroristici dell’11 Settembre a New York e Washington, puntando il dito contro l’ipocrisia statunitense e dichiarandosi pronta a lanciare una campagna di lotta contro la politica della “guerra senza fine” promossa dell’allora presidente George W. Bush.

 “Siamo pronti a lanciare la più vasta campagna di opposizione ad ogni tentativo degli Stati Uniti e delle forze alleate di usare la tragicità della situazione come pretesto per un intervento militare”, dichiara l’Alleanza Socialista.

Da allora, l’Alleanza Socialista ha continuato ad opporsi all’appoggio militare australiano alle truppe Nato e statunitensi schierate in Afghanistan. Abbiamo continuato a ricercare nuove possibilità di costruire un fronte d’opposizione alla guerra in Iraq e Afghanistan – un obiettivo che potrebbe concretizzarsi in modo significativo con l’inizio del dialogo in parlamento.

Ad ottobre l’invasione afghana da parte degli Stati Uniti e dei paesi alleati – Australia compresa – ha raggiunto il decimo anno. I bombardamenti sul territorio afghano, il più povero al mondo, da parte di alcuni tra i paesi più ricchi, è un crimine contro l’umanità. Un crimine finalizzato esclusivamente al consolidamento del controllo americano sul territorio.

Continua a leggere

Messaggio del Solidarity Party of Afghanistan al congresso SEL

tradotto da Gloria Geretto

Cari amici di SEL,

Il Solidairy Party of Afghanistan, partito democratico afghano, vi rivolge i suoi più cordiali saluti e vi ringrazia sentitamente per l’invito; è con grande dispiacere comunicarvi che per questioni relative al rilascio del visto, non potremmo partecipare al vostro congresso.
Tuttavia vi porgiamo i nostri migliori auguri.
Questo messaggio arriva dall’Afghanistan, un paese da oltre trent’anni stremato dalla guerra e che oggi, ancora una volta, si ritrova ad essere il principale campo di battaglia delle maggiori potenze occidentali in cui, a pagare le conseguenze di questo conflitto è proprio il popolo afghano.

Negli ultimi nove anni, l’occupazione americana e delle forze alleate ha continuato ad ingannare il mondo intero dichiarando di voler costruire pace e democrazia sul territorio afghano, quando in realtà, l’unico obiettivo è sempre stato quello di perseguire i propri interessi militari, strategici ed economici, coinvolgendo inevitabilmente il popolo afghano in un bagno di sangue.

Gli Stati Uniti e le forze Nato dichiarano di voler combattere il terrorismo quando in realtà, sono loro i primi a terrorizzare la nostra gente con bombardamenti aerei e conflitti a fuoco. Nascondono legami con gruppi terroristici e mafiosi; hanno instaurato un regime fantoccio attraverso una lunga serie di compromessi con i principali nemici del popolo afghano. Oggi gli alleati degli Stati Uniti e delle forze Nato sono signori della guerra e trafficanti di droga come Abdul Rab Rasul Sayyaf, Karim Khalili, Qasim Fahim, Dr. Abdullah, Burhanuddin Rabbani, Mohammad Mohaqiq, Atta Mihammad e molti altri assassini e criminali noti per aver violato i diritti umani con atroci barbarie compiute a danno dei più indifesi.

La Nato e gli Stati Uniti hanno trasformato l’Afghanistan nell’arteria principale del narcotraffico – il paese è  responsabile del 90% della produzione mondiale di oppio – rendendolo inoltre il secondo paese più corrotto al mondo, dove miliardi di dollari di aiuti sono finiti nelle mani di signori della guerra, politici, organizzazioni non governative nazionali e internazionali. Anche le truppe straniere sono coinvolte in traffici di droga e corruzione che hanno reso la vita quotidiana del popolo afghano insostenibile.

La maggior parte del popolo afghano – in particolar modo la popolazione femminile – vive in condizioni estreme: povertà, ingiustizia, disuguaglianza e continue minacce non avevano mai raggiunto in Afghanistan un livello così alto.
E tutto ciò viene compiuto sotto il falso pretesto di “missione di pace”1.

Continua a leggere

Afganopoli in salsa persiana

Peacereporte 25 OTTOBRE 2010

Il capo dello staff di Karzai riceve fondi dall’Iran per tutelarne gli interessi. Da Kabul confermano
Finita la visita ufficiale del presidente afgano Hamid Karzai in Iran, ad agosto scorso, sull’aereo che lo riporta in Afghanistan trova posto anche l’ambasciatore iraniano a Kabul, Feda Hussein Maliki. Prende posto accanto a Umar Daudzai, capo dello staff di Karzai. E gli allunga una borsa piena di soldi.

Il New York Times ricostruisce la vicenda nei minimi dettagli, grazie a una fonte nel governo di Karzai che chiede di restare anonima. Se qualcuno si aspettava una reazione sdegnata del diretto interessato o del presidente afgano si sbaglia, visto che poche ore dopo (alla Bbc) Karzai confemra tutto. ”Sapevo che membri del mio staff ricevevano denaro dall’Iran”, replica un Karzai sereno. ”Fa parte di un processo senza ombre”. Sarà, ma che venga pagato uno dei più stretti collaboratori del presidente per ”tutelare gli interessi iraniani a Kabul” è per lo meno eccentrico nelle relazioni diplomatiche.

Continua a leggere

Afghanistan, aumentano gli sfollati di guerra

Peacereporter  22 ottobre 2010

Oltre 100 mila nuovi profughi interni solo nell’ultimo anno, abbandonati a loro stessi sia dalla comunità internazionale che dal governo afgano
‘Siamo lì per aiutare la popolazione locale’. Questo è uno dei ritornelli più usati dalla propaganda a sostegno dell’occupazione alleata dell’Afghanistan. Una falsità confutata non solo dal crescente numero di civili afgani innocenti uccisi e feriti dalle forze Nato, ma anche dal totale disinteresse della comunità internazionale – Nazioni Unite in testa – per i civili sfollati dalle operazioni militari.

La Croce Rossa Internazionale (Icrc) e altre organizzazioni internazionali, come il Norwegian Refugee Council (Nrc), denunciano che gli oltre 100 mila profughi fuggiti dai combattimenti tra le truppe Isaf e la guerriglia afgana negli ultimi dodici mesi sono stati completamente abbandonati a loro stessi, senza alcuna assistenza umanitaria da parte dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) e del Ministero afgano per i Rifugiati (Morr).

Il programma ufficiale di sostegno ai rifugiati interni, gestito da Unhcr, è infatti cessato nel 2006, data dalla quale la responsabilità è passata al governo di Kabul. Una responsabilità solo teorica, però, visto che non ci sono vincoli legali che obblighino le autorità afgane ad adottare qualsivoglia standard operativo. Il risultato, denunciano le organizzazioni umanitarie, è stato un sostanziale disinteresse verso questa emergenza, proprio nel momento in cui essa diventava più pressante a causa dell’intensificarsi delle operazioni militari della Nato.

Continua a leggere

La guerra nota

Peacereporter

L’Espresso ‘rivela’, sulla base di nuovi documenti di Wikileaks, una realtà nota da anni: la ‘missione di pace’ italiana in Afghanistan è in realtà una vera e propria guerra. Una verità che PeaceReporter denuncia da oltre quattro anni
Il servizio esclusivo sulle operazioni di guerra italiane in Afghanistan pubblicato dal settimanale L’Espresso si intitola ‘Ecco la verità – La guerra segreta’. Un segreto di Pulcinella.
A parte alcuni dettagli sulle armi usate e i colpi sparati, infatti, le informazioni riportate nel lungo articolo, scritto sulla base di nuovi documenti di Wikileaks, non fanno che confermare una realtà nota da anni: la ‘missione di pace’ italiana in Afghanistan è in realtà una vera e propria guerra, con tanto di vittime tra la popolazione civile. Una verità che PeaceReporter denuncia da oltre quattro anni.

Settembre 2006 – I soldati italiani sono impiegati in un’operazione militare, avviata ieri nella provincia occidentale di Farah “in risposta al crescente numero di attacchi terroristici” verificatisi nella zona: la stessa dove l’8 settembre quattro incursori della Marina Italiana (Comsubin) sono stati feriti in un’imboscata dei talebani. La notizia è stata data oggi dal comandante Usa Michael Horan, capo delle operazioni di Isaf nella provincia occidentale di Farah. L’operazione, nome in codice “Wyconda Pincer” (Tenaglia Wyconda – località del Missouri), interessa i distretti di Bala Baluk e Pusht-e Rod, e coinvolge truppe italiane, statunitensi, spagnole e afgane in un numero che non è stato reso noto.

Ottobre 2006* – Le forze italiane prendono parte (assieme a forze afgane e Usa) all’operazione ‘Wyconda Rib’ nel distretto del Gulistan, provincia di Farah, allo scopo di riprendere il controllo di questa zona, conquistata due settimane prima dai talebani. I ribelli vengono cacciati dal distretto, ma non vengono forniti particolari sui combattimenti.

Febbraio 2007 – La guerra, finora confinata al sud, sta contagiando anche le regioni occidentali sotto comando italiano. Un fenomeno già emerso lo scorso 10 dicembre, quando, sempre nella provincia di Farah, il generale Satta coordinò l’attacco terrestre delle truppe afgane e delle forze speciali Isaf e i bombardamenti aerei dell’aviazione Nato nel distretto di Balabaluk, dove un gruppo di talebani si era infiltrato per compiere attacchi lungo la ‘ring-road’ che conduce ad Herat. L’offensiva “made in Italy” si concluse, secondo fonti ufficiali, con l’uccisione di nove talebani.

Febbraio 2007* – I militari italiani prendono parte all’offensiva dell’esercito afgano per la riconquista del distretto di Bakwa, occupato dai talebani due giorni prima. Almeno venti guerriglieri vengono uccisi nell’operazione.

Continua a leggere

Afghanistan, talebani fanno esplodere una scuola femminile

Peacereporter  21 Ottobre 2010

Nel nord del Paese alcuni uomini armati sono entrati di notte nell’istituto posizionando delle cariche esplosive

Tre uomini armati hanno fatto esplodere questa notte la scuola femminile di Pul-i-Alam, capitale della provincia afghana nord-orientale di Logar. Secondo le prime ricostruzione i miliziani sono entrati nella Porak Girls High School grazie all’oscurità, hanno immobilizzato la guardia e piazzato l’esplosivo.

La deflagrazione ha sventrato alcune finestre e distrutto sei classi ed un ufficio. Secondo il vice direttore provinciale per l’educazione, Wazir Ahmad Mohmand, oltre ai danni strutturali sono andati in fumo molti documenti e i libri di testo. Per ora l’attacco non è stato rivendicato, ma il direttore accusa i talebani che nei giorni scorsi avevano mandato delle lettere alle studentesse invitandole a boicottare le lezioni.

La scuola di Porak Girls High School è formata da 19 classi con 1.372 studentesse e 13 insegnanti. L’incursione di questa notte è stata la quarta dall’inizio dell’anno in una provincia, quella di Logar, dove gli istituti sono 250.

Afghanistan: Dieci anni e non sentirli

da Lavocedinomas  Ilaria Brusadelli

È da poco scoccato l’inizio di un nuovo anno. Il sette ottobre, infatti, è iniziato il decimo anno della guerra in Afghanistan. Una missione di pace che da qualche tempo ha il coraggio di presentarsi per quella che è: una guerra che uccide, che mutila, che ferisce e che di fatto impedisce il progresso logico e naturale di un Paese verso il raggiungimento di uno Stato con una popolazione libera.
Libera di poter pascolare le proprie pecore senza saltare su una mina, libera di essere donna, libera di essere curata, nutrita. Samia Walid, attivista dell’organizzazione RAWA – che da 32 anni si batte contro i nemici dell’Afghanistan () – così parla dell’inizio di questa guerra: «Nove anni fa gli Stati Uniti e i loro alleati hanno invaso l’Afghanistan alle parole d’ordine di “libertà”, “democrazia”, “diritti delle donne”. Il popolo afgano era pieno di speranza: finalmente dopo 30 anni di guerra e oscurantismo giungeva a godere della libertà, la democrazia, i diritti. Ma quel sogno, quel desiderio si è infranto sin dai primissimi giorni successivi alla caduta dei talebani con la nomina e quindi la salita al potere dei signori della guerra: i jihadisti dell’Alleanza del Nord. Tutto il popolo afgano, le donne, gli uomini, i vecchi, i giovani, perfino i bambini erano pienamente coscienti che mai avrebbero potuto ottenere gli obiettivi che Stati Uniti e i suoi alleati occidentali avevano con tanta veemenza promesso. No, con i più determinati nemici della democrazia, con coloro che più di ogni altro hanno violato i diritti delle donne, non si poteva sperare di formare un governo democratico, fautore dei loro diritti. Oggi, quindi, siamo testimoni di come l’Afghanistan e il suo popolo siano schiacciati nella morsa del governo corrotto e mafioso di Karzai, degli occupanti stranieri, dei signori della guerra e dei talebani, e la minaccia di essere uccisi è una realtà presente in ogni minuto della nostra vita; oggi più che in qualsiasi altro momento storico del nostro paese, il popolo afgano si trova in mezzo ai giochi incrociati che rispecchiano gli interessi politici strategici che contrappongono Stati Uniti, Gran Bretagna, Pakistan, Iran, India e Israele; oggi le organizzazioni mafiose che trafficano nella droga, delle ong e delle banche aggrediscono il nostro popolo succhiandogli il sangue fino all’ultima goccia».

Anche il più convinto detrattore della guerra ha avuto, forse, il dubbio legittimo della necessità di un intervento esterno in quel Paese, se non fosse per “combattere i terroristi” quanto meno per liberare le donne. Ma, come ribadisce Samia, anche la causa delle donne è stata spesso usata per accrescere il consenso su questa “missione di pace”:
«Alla fine del 2001, quando gli Stati Uniti si preparavano ad attaccare militarmente l’Afghanistan e ad abbattere il regime dei talebani, hanno di fatto utilizzato in maniera parossistica la condizione delle donne afgane, la repressione a cui erano sottoposte sotto il dominio degli studenti coranici, preparando in questo modo alla guerra le menti dei popoli di tutto il mondo. Oggi riesumano quest’arma, e ne è un esempio la pubblicazione del “Times” dello scorso mese che in copertina riportava la fotografia di Bibi ‘Anisha con il naso tagliato. Il commento riportato sotto la copertina diceva che se le forze militari americane lasceranno l’Afghanistan, i talebani riprenderanno il potere e questa è la situazione in cui si troveranno le donne afgane.Tutto ciò mentre proprio gli Stati Uniti stanno facendo ogni tentativo, per tramite il governo da loro sostenuto, di riportare i talebani al potere».

Continua a leggere