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Autore: Anna Santarello

Afghanistan, frequenze di libertà

Peacereporter  18 ottobre 2010

Un documentario racconta la lotta coraggiosa di una giornalista afgana per l’emancipazione delle sue connazionali
L’immagine di un Afghanistan inconsueto, dove per una volta non sono le bombe e la guerra i protagonisti, ma una donna e una radio indipendente che ha un compito importante: squarciare il silenzio dalle sue frequenze libere, cercando di abbattere alcuni tabù.

È la storia di Humaira, giovane giornalista di Radio Sahar (radio alba) che trasmette dalla città di Herat, raccontata nel documentario Girls on the air della regista Valentina Monti. Un lavoro che mostra la vita quotidiana della protagonista e racconta l’altra faccia delle donne che, nonostante le vite intrappolate nei burqa, silenziose, sottomesse e prive di diritti, iniziano pian piano a intraprendere alcune piccole battaglie civili, minuscoli passi verso una prospettiva di normalità. Radio Sahar è stata fondata nel 2003 da Humaira Habib, ventisei anni, nata sotto la guerra ed emigrata in Pakistan con la famiglia quando ne aveva dieci. Dopo il diploma è tornata ad Herat mentre i talebani erano al potere, ha studiato giornalismo con il sogno di esprimere la sua opinione di donna “dire la verità in un Paese dove la verità è sempre stata repressa” come dice nel film Radio Sahar è una stazione locale gestita da donne, non fa parte né di partiti politici né di organizzazioni. Vogliamo cambiare la vita dei nostri ascoltatori”.

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Afghanistan, annullato il 23 percento dei voti

Peacereporter  20 ottobre 2010

Secondo la Commissione elettorale 1,3 milioni di schede sarebbero non valide a causa dei brogli

Un voto su quattro è stato gettato nel cestino. Questa mattina la Commissione elettorale afgana ha annunciato di aver annullato 1,3 milioni di schede delle scorse elezioni politiche.

Brogli e violazioni alla legge elettorale sarebbero la causa dell’annullamento del 23 percento dei voti. Nelle prossime ore verranno annunciati i risultati preliminari, mentre per i dati definitivi bisognerà aspettare. Alle elezioni del 18 settembre circa 2.500 candidati si sono contesi 249 seggi alla Camera bassa.

il Nyt rende pubbliche le trattative Karzai-taliban

Peacereporter  20 ottobre 2010

Si svolgono nei pressi di Kabul, protetti dalla Nato, ma il quotidiano per sicurezza non ha reso pubblici i nomi dei mediatori
Trattative segrete ad alto livello tra leader talebani ed esponenti afghani, alle quali collaborano anche esponenti della Nato, sono in corso in Afghanistan per far finire la guerra. Lo riferisce oggi il New York Times, citando fonti militari coinvolte nelle trattative.

I colloqui coinvolgono tutti i principali gruppi talebani, molti dei quali, con l’aiuto della Nato, stanno abbandonando i loro santuari in Pakistan. I colloqui, alcuni dei quali avrebbero luogo a Kabul, sono portati avanti da alcuni dei più stretti collaboratori del presidente afghano, Hamid Karzai, e da alti membri della shura (consiglio islamico) di Quetta, il gruppo leader che sovrintende alle operazioni di guerra dei Talebani. Secondo il Nyt, che cita fonti militari americane e afghane a conoscenza dei colloqui, nei negoziati sono coinvolti anche i leader della rete Haqqani, considerata una delle fazioni più estremiste delle forze ribelli. In almeno un caso, leader talebani del Pakistan hanno varcato la frontiera e sono stati aerotrasportati dalla Nato verso Kabul. In altri casi, le truppe Nato hanno garantito il passaggio proteggendo vie di terra per raggiungere zone in Afghanistan controllate dalle forze afghane e della Nato. Il quotidiano riporta anche che, su richiesta della Casa Bianca e del governo afghano, non può rivelare l’identità di chi partecipa ai colloqui. Si limita a precisare che oltre ad esponenti

Carcere segreto gestito dagli USA in Afghanistan

Da BBC News

Secondo un report di un gruppo di esperti di politica statunitense, vengono continuamente perpetrate violenze su prigionieri rinchiusi in un “carcere segreto” nella più grande base militare americana in Afghanistan.

La New York-based Open Society Foundations afferma che molti ex-detenuti hanno dichiarato di essere stati deprivati del sonno e rinchiusi in fredde celle di isolamento a Bagram.

Un’indagine della BBC condotta lo scorso aprile ha rivelato queste dichiarazioni sull’abuso di prigionieri detenuti in una struttura nascosta presso la base aerea di Bagram.

Le forze militari statunitensi hanno sempre negato di avere un carcere segreto.

Secondo la Open Society Foundations, fondata dal miliardario liberale George Soros, 18 detenuti hanno affermato di essere stati rinchiusi in un luogo segreto, chiamato “galera nera”, fra il 2009 e il 2010. Hanno inoltre dichiarato di essere stati esposti a luce e freddo eccessivi, di non aver ricevuto coperte e cibo sufficienti, di essere stati deprivati del sonno e denudati per essere sottoposti ad analisi mediche. Inoltre, non era loro concesso di praticare alcuna fede religiosa.

Il report afferma: “Vista la consistenza di queste testimonianze, la Open Society Foundations ritiene che questi fatti siano davvero preoccupanti e contrari alle regole degli Stati Uniti sulla detenzione di prigionieri”.

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“Prigioniero ucciso da Nato” La denuncia di Karzai

Repubblica 18 ottobre 2010

L’ufficio del presidente annuncia l’apertura di un’inchiesta. Uomini delle forze internazionali sarebbero entrati nella cella del detenuto domenica sera e lo avrebbero ammazzato. Il think-tank Open Society: carcere segreto a Bagram, abusi sui prigionieri

Il presidente afgano Hamid Karzai
KABUL – Un prigioniero afgano potrebbe essere stato ucciso in cella da personale delle forze internazionali nei giorni scorsi, nella provincia di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan. Lo ha annunciato l’ufficio del presidente Karzai, che ha ordinato l’apertura di un’inchiesta. Secondo un comunicato diffuso dalla presidenza afgana, membri delle Forze Nato sono entrati nella cella del detenuto Mollah Mohibullah domenica sera e lo hanno ucciso. Il comando Nato a Kabul aveva già annunciato l’avvio di un’inchiesta sulla morte di un prigioniero arrestato nel corso di un’operazione delle forze internazionali nella provincia di Kandahar, bastione dei Taliban.

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Malalai Joya, attivista afgana, chiede che si ponga fine all’occupazione del suo Paese

Da: RAWA NEWS

malalaiMalalai Joya all’Università di Calgary

Di Lea Storry 

La più giovane donna afgana eletta al parlamento, a Calgary durante il week-end ha espresso un’esplicita critica al coinvolgimento della NATO e degli USA in Afghanistan, rivolgendo un appello ai canadesi affinché aprano le loro menti e sostengano la democrazia nella sua nazione dilaniata dalla guerra.

 Malalai Joya era stata invitata dall’Associazione studentesca afgano-canadese a parlare domenica all’Università di Calgary.

La mite Joya aveva destato grande scalpore in Afghanistan nel  2003 quando  condannò i signori della guerra alla Loya Jirga, l’assemblea dei più potenti  azionisti politici dell’Afghanistan.

Nel 2005 fu eletta nel parlamento,  ma poi espulsa nel 2007 dopo che aveva criticato il governo Karzai.

In occasione della sua prima visita a Calgary la trentaduenne Joya ha dichiarato che l’Afghanistan ha bisogno di aiuto nella lotta per la democrazia e si augura che il pubblico presente al suo discorso appoggi  il suo obiettivo.

 “Ci troviamo in mezzo a due mali: da una parte i signori della guerra ed i Talebani, dall’altra l’occupazione” ha dichiarato Joya. “Il primo passo è  combattere l’occupazione  — coloro che sono in grado di liberare se stessi saranno liberi, anche a costo della propria vita”.

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L’Afghanistan e il business della guerra Non chiamatela più “missione di pace”

Micromega – 11 ottobre 2010

Una riflessione e un appello di Mons. Raffaele Nogaro, Vescovo Emerito di Caserta; P. Alex Zanotelli; P. Domenico Guarino – Missionari Comboniani – Sanità, Napoli; Suor Elisabetta Pompeo; Suor Daniela Serafin; Suor Anna Insonia – Missionarie Comboniane Torre Annunziata; Suor Rita Giaretta; Suor Silvana Mutti; Suor Maria Coccia; Suor Lorenza Dal Santo – Comunità Rut – Suore Orsoline; P.Mario Pistoleri; P.Pierangelo Marchi; Padre Giorgio Ghezzi – Sacramentini – Caserta; P.Antonio Bonato – missionari Comboniani – Castelvolturno (Caserta); Don Giorgio Pisano – Diocesano – Portici (Napoli)

Stiamo entrando nel decimo anniversario della guerra contro l’Afghanistan: è un momento importante per porci una serie di domande.

In quel lontano e tragico 7 ottobre 2001 il governo USA, appoggiato dalla Coalizione Internazionale contro il terrorismo, ha lanciato un attacco aereo contro l’Afghanistan. Questa guerra continua nel silenzio e nell’indifferenza, nonostante l’infinita processione di poco meno di 2.000 bare dei nostri soldati morti. Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti gli eserciti coinvolti la definiscono tale, sia perché il numero dei soldati che la combattono e le armi micidiali che usano non lasciano spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla “missione di pace”. Si parla di 40.000 morti afghani (militari e civili), e il meccanismo di odio che si è scatenato non ha niente a che vedere con la pace. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l’altra impugniamo le armi e uccidiamo?

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Aperto un nuovo orfanotrofio di AFCECO a Herat

AFCECO, 5 Ottobre 2010

Il 2 ottobre 2010 è stato aperto ufficialmente l’orfanotrofio Nadiah nella città di Herat, nell’Afghanistan occidentale. La casa di tre piani si trova in una zona tranquilla a pochi passi dall’ orfanotrofio gemello, Hariwa. La cerimonia di apertura è stata caratterizzata dalla dedica dell’orfanotrofio ad una operatrice umanitaria americana, Nancy Jean Riess. Il principio ispiratore è la convinzione condivisa che un futuro migliore possa nascere dall’istruzione e dalla cura dei bambini nella loro crescita.

L’orfanotrofio è dedicato a una giovane donna che ha osato chiedere istruzione durante l’epoca dei talebani, anche se ha rischiato la vita per farlo. Nadia Anjuman ha studiato e scritto poesie, e anche se è morta tragicamente in giovane età, la sua poesia è conosciuta e viene annunciata in ogni angolo dell’Afghanistan odierno.
Lo spirito di Nadia, Nancy e la missione di AFCECO si fondono in questo baluardo di pace.

Alla cerimonia hanno partecipato cittadini e personalità trai quali anche il ministro degli Affari sociali e il presidente della Commissione dei Diritti Umani. Dopo una preghiera iniziale e una serie di discorsi, si è tenuto il taglio ufficiale del nastro sulla porta d’ingresso. Gli ospiti poi hanno fatto il giro del centro insieme. Vi è un bel cortile che comprende un giardino di rose e un pergolato d’uva. All’interno ci sono diverse camere spaziose con letti a castello dipinti di rosso. I ragazzi sono al piano di sotto e al piano di sopra le ragazze. Al primo piano si trova una libreria completamente attrezzata dedicata a Nancy. Al piano inferiore vi è una grande sala aperta utilizzati per i pasti, feste ed eventi pubblici speciali. Presto, sarà aperta una palestra, anche grazie a Nancy e suo marito, Richard Riess. Sessanta bambini hanno già trovato asilo nell’orfanotrofio, la maggior parte proviene dalla vicina provincia di Farah, probabilmente la più povera di tutte le province afghane. Sono stati serviti latte e biscotti, ed è stata evidente la profonda commozione degli ospiti.

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Dai contractors ai talebani, il contribuente americano paga chi spara ai suoi soldati

RAINEWS24

Washington, 08-10-2010
Fondi americani per pagare le agenzie private di sicurezza in Afghanistan sono finiti nelle mani di signori della guerra e ribelli talebani, alimentando la diffusa corruzione nel paese asiatico. È quanto emerge da una relazione della Commissione Difesa del Senato degli Stati Uniti.

Secondo il rapporto, il governo americano si sarebbe mostrato incapace di verificare le assunzioni di contractor privati che lavorano per le autorità statunitensi in Afghanistan, nonostante i contratti firmati avessero un valore di svariati miliardi di dollari: un mancato controllo, si aggiunge nella relazione, che ha generato risultati catastrofici.

“La nostra dipendenza dalle agenzie di sicurezza private in Afghanistan è troppo spesso andata a vantaggio dei signori della guerra locali e degli agenti che agiscono fuori da ogni controllo governativo, e contro gli interessi della coalizione” internazionale, ha dichiarato Carl Levin, il presidente della Commissione. “Questa situazione minaccia la sicurezza delle nostre truppe e mette a rischio il successo della nostra missione”, ha aggiunto.

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Brusco aumento della dipendenza da droga fra le donne afghane

foto drogaEroina scoperta dalla polizia afghana durante un’operazione a Herat, Afghanistan

RFE – 6 ottobre 2010

KABUL – La RFRE/RL’s Radio Free Afghanistan riporta che, secondo un’indagine condotta dal governo afghano in collaborazione con l’Ufficio delle Nazioni Unite per la Droga e il Crimine (UNODC), la tossicodipendenza fra le donne afghane sta drasticamente aumentando.

Secondo la valutazione del ministro afghano deputato al narcotraffico Mohammad Ibrahim Azhar, almeno un milione di Afghani, fra cui un numero elevato di donne e bambini, sono dipendenti da eroina. Inoltre, il ministro ha dichiarato a Radio Free Afghanistan che ulteriori decine di migliaia di persone sono alcolizzate o dipendenti da altri tipi di droghe illegali derivate dall’oppio.

Fra le cause principali che portano le donne alla dipendenza da droghe, Azhar elenca la guerra, la povertà e le pressioni economiche e sociali, inclusi i matrimoni forzati.

Una donna a dichiarato in anonimato a Radio Free Afghanistan di aver iniziato a fare uso di eroina perché il marito le impediva di sottoporsi alle cure mediche che le erano necessarie.

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