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Autore: Anna Santarello

Armi proibite e bombe sporche contro le guerrigliere kurde

Come in Ucraina e a Gaza, ma il mondo volta la faccia dall’altra parte

Umberto Mazzantini, Uiki Onlus, 28 Maggio 2024

Lesercito turco bombarda le guerrigliere kurde e5a6dcf8 1

Le guerre in Ucraina e in Palestina sono l’occasione per diversi Paesi per continuare, fuori dall’interesse dell’opinione pubblica, le loro guerre sporche. E la Turchia che fa da mediatrice tra la Russia e l’Ucraina, che denuncia accorata il genocidio israeliano e i bombardamenti illegali nella Striscia di Gaza, la Turchia Paese NATO che chiede che sia rispettato il diritto palestinese all’indipendenza e ai due Stati…

poi fa l’esatto contrario quando si tratta del popolo kurdo, che perseguita e imprigiona in patria e attacca, invade bombarda e uccide in Siria e in Iraq, utilizzando le stesse armi proibite che si scandalizza che altri utilizzino contro altri popoli e conculcando lo stesso diritto all’autodeterminazione che altri conculcano .

E’ quel che denunciano le Yekîtiya Jinên Azad Star (YJA-Star Unità delle Donne Libere), le guerrigliere affiliate al Partîya Karkerén Kurdîstan (Pkk – Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e che combattono anche nella guerra intrapresa dalle forze kurde contro lo Stato Islamico/Daesh.

Infatti, le YJA-Star hanno pubblicato immagini degli esplosivi utilizzati dall’esercito turco e dai suoi alleati jihadisti contro i tunnel della resistenza e hanno spiegato quali sono i loro effetti.

Le combattenti kurde hanno mostrato quelle che dicono siano «Le immagini di bombe termobariche e bombe pesanti sequestrate all’esercito turco, che sono state calate nei tunnel di guerra dei combattenti per eliminarli. I combattenti sono riusciti ad aprire diversi ordigni esplosivi e a mostrarne il contenuto».

Le guerrigliere kurde – osannate come combattenti della libertà quando c’era da sconfiggere l’esercito del Califfato nero del Daesh e oggi dimenticate e tradite – hanno detto di non poter definire esattamente quale sia la composizione degli esplosivi, ma hanno fatto notare che «L’odore è molto forte».

Tra le bombe inesplose usate dai turchi contro le YJA-Star e gli altri combattenti kurdi c’è anche un ordigno pesante, contenente una grande quantità di sostanza chimica.

La combattente kurda che ha mostrato le bombe turche ha spiegato che non è possibile dare alcuna indicazione precisa sulla sostanza contenuta: «Sono visibili dei pezzetti marroni e resinosi mescolati alla polvere bianca. E’ possibile che si tratti di veleni misti. Le armi chimiche vengono regolarmente utilizzate nelle zone di difesa della guerriglia. Le esplosioni emettono grandi quantità di fumo bianco o grandi funghi simili a quelli atomici. Le armi chimiche sono tra le armi vietate a livello internazionale».

L’agenzia di stampa kurda Roj Info scrive che «Immagini e fotografie mostrano una polvere grigia o una sostanza chimica. Questi residui indicano l’uso di esplosivi contenenti sostanze chimiche».

Mentre a Gaza e in Ucraina si muore, ci siamo presto scordati delle kurde e dei kurdi che muoiono assassinati da decine di anni in nome della stessa libertà per la quale muoiono anche gli altri popoli. Che poi è la nostra stessa libertà, che un Paese nostro alleato avvelena con le armi chimiche. Impunito, ignorato, sicuro che volteremo gli occhi dall’altra parte e che non sentiremo il puzzo chimico di una guerra colonialista di sterminio e invasione.

 

Talebani “a pieno titolo” a Doha

Il governo talebano parteciperà al prossimo round dei colloqui delle Nazioni Unite a Doha, com’era prevedibile dato che sono state accettate tutte le sue condizioni, escludendo completamente le questioni dei diritti delle donne afghane e della loro partecipazione al summit

AFP, BREITBART, 16 giugno 2024

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Le autorità talebane parteciperanno al terzo round dei colloqui sull’Afghanistan ospitati dalle Nazioni Unite nella capitale del Qatar, ha detto domenica un portavoce del governo, dopo aver snobbato un invito al round precedente.

La partecipazione del governo talebano alla conferenza degli inviati speciali stranieri in Afghanistan era stata messa in dubbio dopo che non era stato incluso nella prima serie di colloqui e aveva rifiutato l’invito al secondo turno a febbraio.

“Una delegazione dell’Emirato Islamico parteciperà alla prossima conferenza di Doha. Rappresenteranno l’Afghanistan lì ed esprimeranno la posizione dell’Afghanistan”, ha detto Zabihullah Mujahid all’AFP.

I colloqui di Doha, previsti per il 30 giugno e il 1° luglio, sono già stati criticati dai gruppi femminili.

Mujahid ha detto domenica ai media afghani che una delegazione – ancora da annunciare – sarebbe presente perché l’agenda dei colloqui sembrava “vantaggiosa per l’Afghanistan”.

L’agenda comprende “temi importanti come gli aiuti all’Afghanistan e la creazione di opportunità per gli investitori in Afghanistan”, ha affermato.

Tuttavia, il portavoce del Ministero degli Esteri, Abdul Qahar Balkhi, ha avvertito in un post sul sito di social media X nella tarda serata di domenica che “se ci fossero cambiamenti all’ordine del giorno e alla partecipazione, ciò influenzerebbe naturalmente la nostra decisione” di partecipare.

Lanciata dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres nel maggio 2023, la serie di colloqui mira ad “aumentare l’impegno internazionale con l’Afghanistan in modo più coerente, coordinato e strutturato”, secondo le Nazioni Unite.

Inviti a dare priorità alle donne

Gruppi della società civile che includevano donne sono stati invitati ai colloqui di febbraio, ma il governo talebano ha rifiutato di partecipare a meno che i suoi membri non fossero stati gli unici rappresentanti dell’Afghanistan.

Ha anche chiesto di incontrare Guterres, che all’epoca aveva affermato che le condizioni per partecipare “non erano accettabili”.

Nelle ultime settimane, numerosi rappresentanti delle Nazioni Unite e inviati internazionali hanno tenuto incontri con il governo talebano sui prossimi colloqui di Doha, a cui Guterres non parteciperà.

Fonti diplomatiche hanno detto all’AFP che ci sono piani per consultare i gruppi della società civile afghana prima e dopo i prossimi colloqui, ma che non prenderanno parte agli incontri che coinvolgono le autorità talebane.

Le fonti hanno affermato che gli incontri ufficiali avrebbero dovuto trattare questioni finanziarie ed economiche, nonché gli sforzi di lotta al narcotraffico.

Diversi gruppi della società civile hanno esortato le Nazioni Unite a dare priorità ai diritti delle donne e ad includere le donne afghane.

“Il mondo deve fornire piattaforme affinché il popolo e le donne afghane possano discutere del futuro del loro Paese”, ha detto all’AFP l’attivista per i diritti delle donne afghane Hoda Khamosh, ora residente in Norvegia.

“Tuttavia, non vengono ascoltati perché il mondo interagisce comunque con i talebani, anche se dicono di non riconoscerli”.

“Partecipanti a pieno titolo”

La comunità internazionale ha lottato con il suo approccio al governo talebano da quando è tornato al potere nel 2021, ancora non riconosciuto ufficialmente da nessun altro stato.

Il governo talebano ha imposto un’interpretazione rigorosa dell’Islam, sottoponendo le donne a leggi caratterizzate dalle Nazioni Unite come “apartheid di genere”.

La direttrice associata per i diritti delle donne di Human Rights Watch, Heather Barr, ha affermato che ai talebani non avrebbe dovuto essere permesso di avanzare richieste sulle condizioni degli incontri considerando le loro politiche nei confronti delle donne.

“È impensabile che i diplomatici possano riunirsi per discutere dell’Afghanistan nel mezzo di una tale crisi e farlo senza che i diritti delle donne siano la questione principale all’ordine del giorno e le donne afghane non siano pienamente partecipanti alla discussione”, ha detto all’AFP.

Il sottosegretario generale per gli affari politici e di costruzione della pace, Rosemary DiCarlo, ha esteso al ministro degli Esteri talebano Amir Khan Muttaqi un invito anticipato ai colloqui durante una visita in Afghanistan a maggio, si legge in una nota.

Un elemento chiave dei colloqui svoltisi nello stato del Golfo, che ha ospitato i talebani durante anni di colloqui di pace con gli Stati Uniti, è una valutazione indipendente delle Nazioni Unite sull’Afghanistan pubblicata alla fine dello scorso anno.

La valutazione, sostenuta dalle nazioni occidentali, suggerisce che il riconoscimento delle autorità talebane sia legato alla rimozione delle restrizioni sui diritti delle donne e sull’accesso all’istruzione.

Raccomanda inoltre la nomina di un inviato speciale delle Nazioni Unite, cosa che il governo talebano ha rifiutato.

(Traduzione automatica)

Perché il Cremlino vuole sdoganare i Talebani

Ancora una lettura sui rapporti tra Russia e Talebani

Kirill Krivosheev, InsideOver, 16 giugno 2024

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In vista del Forum economico internazionale di San Pietroburgo di quest’anno – al quale dal 2022 partecipa anche una delegazione talebana – il Cremlino ha regalato una vittoria di pubbliche relazioni ai governanti dell’Afghanistan.

I ministeri degli Esteri e della Giustizia russi hanno presentato una proposta formale al presidente Vladimir Putin per rimuovere i talebani dalla lista russa delle organizzazioni designate come “terroristiche”. I talebani sono presenti in quella lista dal 2003, insieme a gruppi come al-Qaeda, per aver sostenuto allora i separatisti nel Caucaso settentrionale. Il Kazakistan ha preso una decisione simile nel dicembre 2023, anche se ha iniziato a parlarne pubblicamente solo a giugno. In un altro Paese chiave dell’Asia centrale, l’Uzbekistan, i talebani non sono mai stati definiti estremisti. In effetti, i diplomatici uzbeki hanno assunto un ruolo di primo piano nel promuovere il riconoscimento dei talebani come potenza regionale.

Quando i talebani entrarono a Kabul nell’agosto del 2021 in mezzo alla caotica uscita delle forze armate occidentali, molti si chiedevano se sarebbero stati in grado di governare il Paese. Sebbene sia stata mantenuta una sorta di stabilità, ciò è dovuto non tanto alle capacità gestionali dei talebani quanto al fatto che miliardi di dollari di aiuti umanitari continuano ad affluire in Afghanistan. Inoltre, l’isolamento dei talebani e la disponibilità dei vicini dell’Afghanistan a mantenere il controllo dei confini condivisi senza però accogliere i rifugiati hanno contribuito a garantire che la tragedia del Paese rimanesse una tragedia domestica.

Nessuno degli sviluppi più temuti nella regione – che nuovi gruppi terroristici si sarebbero stabiliti in Afghanistan, che la crescente popolarità dei Talebani avrebbe ispirato altri islamisti e che il traffico di droga sarebbe cresciuto – si è verificato. Ci sono pochi sostenitori stranieri dei talebani e, anche per gli estremisti più pericolosi, l’Afghanistan non è un luogo attraente in cui stabilirsi. Intanto la produzione di oppio, aumentata vertiginosamente mentre i talebani prendevano il controllo, è crollata non appena sono state adottate misure rigorose.

È vero che le cellule del gruppo estremista Stato islamico Khorasan (ISIS-K) con sede in Afghanistan sono diventate più forti, ma è controverso se i talebani ne siano responsabili. L’attacco mortale al Crocus City Hall di Mosca a marzo ha dimostrato la portata internazionale dell’ISIS-K. Mentre il Cremlino incolpa ufficialmente Kiev per quell’attacco, i frequenti contatti di Mosca con i talebani e la rimozione dei talebani dalla lista dei gruppi terroristici suggeriscono che Mosca stia cercando una più stretta cooperazione con Kabul nella battaglia contro lo Stato islamico. Ma questo sarà difficile da raggiungere, anche perché i talebani negano che ci siano militanti sul loro territorio.

A parte le questioni di sicurezza, Mosca nutre anche la speranza di sviluppare legami economici con i talebani. I funzionari russi hanno ricominciato a parlare di utilizzare l’Afghanistan come hub di transito per esportare gas naturale russo in India e altre merci verso i porti del Pakistan. Tuttavia, ciò richiede la costruzione di un gasdotto attraverso le montagne e il prolungamento della ferrovia, che attualmente termina a Mazar-i-Sharif, al confine uzbeko. Mentre il corridoio Nord-Sud dalla Russia all’Oceano Indiano attraverso l’Azerbaigian e l’Iran ha la possibilità di diventare realtà, la ferrovia dall’Afghanistan al Pakistan è un sogno irrealizzabile che viene perseguito contemporaneamente da tutti (Uzbekistan, Russia, Kazakistan e Afghanistan) e da nessuno.

C’è molto che rimane ignoto quando si tratta dei legami economici dell’Afghanistan con i suoi v icini. Secondo la Banca Mondiale, nel 2023 le importazioni dell’Afghanistan valevano 7,8 miliardi di dollari e le sue esportazioni 1,9 miliardi di dollari: cifre esigue per un Paese di oltre 40 milioni di abitanti.

Il Russian Business Center in Afghanistan stima che il commercio della Russia con l’Afghanistan ammonti a circa 1 miliardo di dollari (oltre cinque volte di più rispetto al 2021). Il vice primo ministro russo Aleksei Overchuk ha fornito la cifra molto più modesta di 560 milioni di dollari. È impossibile valutare l’attendibilità di questi numeri: non solo i dati doganali della Russia sono classificati, ma gran parte del commercio con l’Afghanistan comporta molteplici attraversamenti di frontiera e viene regolato in contanti. Tuttavia, i dati provenienti dall’Uzbekistan, la principale finestra mondiale sull’Afghanistan, forniscono una certa chiarezza. Il commercio dell’Uzbekistan con il suo vicino ha raggiunto solo i 784 milioni di dollari nel 2023, ed è altamente improbabile che il commercio con la Russia sia più elevato.

Anche la portata dei legami economici tra Kazakstan e Afghanistan non è chiara. Mentre Astana sostiene che il suo commercio con l’Afghanistan vale già 1 miliardo di dollari, i talebani hanno affermato che il Paese ha ricevuto solo merci per un valore di 340 milioni di dollari dal Kazakstan nell’anno a partire da marzo 2022. Tuttavia, il futuro sembra più luminoso per il Kazakstan e l’Afghanistan che per Russia e Afghanistan. Soprattutto, gli afgani hanno bisogno di farina, grano e prodotti petroliferi, e il Kazakstan può fornirli in modo più rapido ed economico di quanto possa fare la Russia.

I funzionari hanno prodotto molta vuota retorica sul fatto che l’Afghanistan sia un tesoro di risorse naturali. A maggio, una delegazione talebana ha visitato la città russa di Kazan per discutere di investimenti nel settore del petrolio e del gas, ma non è stato raggiunto alcun accordo concreto. Allo stesso modo, la società di ingegneria russa KER-Holding promette da diversi anni (e fallisce) di iniziare a costruire una centrale elettrica in Afghanistan.

Sarebbe strano se la Russia investisse in Afghanistan più di quanto fa la Cina, dato che quest’ultima non solo ha più risorse, ma condivide anche un confine terrestre con l’Afghanistan. Eppure, negli ultimi anni, anche Pechino è stata reticente riguardo allo stanziamento di fondi in Afghanistan. L’unico grande investimento cinese conosciuto sono i 49 milioni di dollari che la Xinjiang Central Asia Petroleum and Gas Co. ha speso per lo sviluppo dei giacimenti petroliferi vicino a Herat. Non c’è dubbio che si tratti di un progetto significativo per l’Afghanistan, ma è un piccolo investimento per la Cina.

Gli investimenti restano una sfida in Afghanistan, perché nonostante siano al potere da tre anni, i talebani hanno creato ben poco in termini di funzionamento delle istituzioni statali, e non è nemmeno chiaro chi governa il Paese: si dice che il leader supremo dei talebani Haibatullah Akhundzada sia morto. Nonostante le promesse di un approccio più liberale, i talebani hanno mantenuto rigide restrizioni sulle donne e sull’accesso delle ragazze all’istruzione.

Tuttavia, la Russia, il Kazakstan e gli altri Stati dell’Asia centrale non hanno altra scelta se non quella di eliminare le restrizioni sui talebani, e non sono i soli. Il ministro degli Interni talebano Sirajuddin Haqqani è ricercato dall’FBI, che offre fino a 10 milioni di dollari per informazioni su dove si trovi. Eppure all’inizio di questo mese, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha revocato le restrizioni di viaggio per lui e altri tre leader talebani per consentire loro di viaggiare senza ostacoli alla Mecca.

Dopo il turbinio di interesse internazionale nel 2021, l’Afghanistan è scomparso dai titoli dei giornali. Ora è scomodo mantenere la definizione estremista per i governanti de facto del Paese. Anche così, non è garantito che la legalizzazione dei talebani da parte dei vicini dell’Afghanistan porti a un’ondata di iniziative economiche congiunte o al boom dei legami bilaterali.

 

Il seguente articolo è stato scritto da Kirill Krivosheev ed è stato pubblicato su Carnegie Politika

 

 

Afghanistan, mille giorni senza scuola per le ragazze

Sono ormai 1000 giorni che le ragazze afghane sono escluse dalla scuola, mentre silenziosamente il governo talebano viene piano piano sempre più legittimato

Martina Stefanoni, Radio Popolare, 14 giugno 2024

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Per qualche mese, all’inizio, in tanti tenevano il conto. 10 giorni senza scuola, 20, 100, 300. Poi anche su questo è calato il silenzio. E oggi, sono passati mille giorni da quando è stato vietata la scuola secondaria alle ragazze afghane. Mille giorni in cui, giorno dopo giorno, le ragazze hanno visto i loro sogni, progetti, e aspettative, allontanarsi sempre di più.

In questi quasi tre anni, nonostante la graduale sparizione dell’Afghanistan dalle pagine dei giornali, la situazione delle donne non è migliorata. Il 18 giugno, il relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Afghanistan, Richard Bennett, presenterà al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il suo ultimo rapporto sul paese. Non ci sono mezzi termini: Bennett parla di un sistema istituzionalizzato di discriminazione, segregazione, mancanza di rispetto per la dignità umana ed esclusione di donne e ragazze da parte dei Talebani.

La condizione femminile in Afghanistan, secondo il rapporto, è una delle peggiori al mondo ed è in costante peggioramento. Nuove regole e restrizioni continuano a essere introdotte mentre viene intensificata l’applicazione di quelle esistenti. A marzo, per esempio, i talebani hanno reintrodotto l’ordine di lapidazione delle donne per i cosiddetti “crimini morali”, come il sesso al di fuori del matrimonio e la “fuga” dalle loro case, spesso per sfuggire alla violenza domestica. Oltre alla scuola dopo la prima media, alle donne afghane sono vietate molte forme di lavoro, la libera circolazione, le proteste e la partecipazione alla vita pubblica. Il tasso di suicidi è in aumento.

Rapporti diplomatici sempre più favorevoli

E’ in questo quadro, che le autorità Afghane incassano rapporti diplomatici sempre più favorevoli.
Il 5 giugno ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati arabi uniti, è stato visto Sirajuddin Haqqani, a lungo a capo dell’ala più violenta dei Talebani e oggi ministro degli Interni afghano. Sulla sua testa pende una taglia da 10 milioni di dollari, dal 2008 è nella lista degli “Specially Designated Global Terrorist” del Dipartimento di Stato americano. Eppure, le foto dell’agenzia governativa emiratina, lo mostrano mentre stringe la mano allo sceicco-presidente.

Secondo alcune fonti, Haqqani negli Emirati avrebbe incontrato anche funzionari statunitensi e dell’Onu. L’orizzonte d’interesse è quello del terzo incontro degli inviati speciali e dei rappresentanti speciali sull’Afghanistan convocato dalle Nazioni Unite, che sarà a Doha, in Qatar, il 30 giugno e l’1 luglio. Questa volta, a differenza delle precedenti, sembra molto probabile che anche i talebani parteciperanno. L’Onu sembra tenerci particolarmente, convinto che sia l’unico modo per poter instaurare una discussione produttiva.

Il punto, però, è che pian piano, il governo talebano viene legittimato, in modo sempre più esplicito. Aperture sono arrivate dalla Russia, o dal Kazakistan, che hanno deciso di rimuovere i talebani delle proprie liste delle organizzazioni terroristiche, proprio per “combattere il terrorismo” dell’Isis. Altri paesi, invece, come la Cina, perseguono l’interesse economico. La stabilità che i talebani hanno riportato in Afghanistan è fondamentale per gli affari.

Le ragazze, però, temono che in questo modo, a essere legittimate siano anche le violenze, i soprusi e le discriminazioni che subiscono ogni giorno. Il silenzio globale ha normalizzato una situazione che normale non è. In una lettera inviata all’Onu dalla Ong “Working Group on Women peace and Security” proprio in vista del vertice di Doha, le attiviste chiedono che al centro della conferenza ci sia la situazione delle donne e l’apartheid di genere che subiscono.

“Mentre i membri della comunità internazionale si stanno avvicinando pericolosamente all’accettazione della legittimità del dominio talebano – concludono nella lettera – le donne afghane, che stanno reagendo coraggiosamente e pagando di conseguenza un prezzo devastante, non lo fanno. Vi esortiamo a fare tutto ciò che è in vostro potere per sostenerle”.

 

Le donne afghane protestano contro il taglio dei salari

Le impiegate pubbliche in Afghanistan protestano contro i tagli ai loro stipendi fatti dai Talebani, evidenziando le difficoltà economiche

Hasiba Atakpal, Amu TV,11 giugno

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Le impiegate pubbliche in Afghanistan denunciano la decisione dei talebani di ridurre i loro stipendi mensili a 5.000 afgani (72 dollari), definendola un altro caso di discriminazione sistemica contro le donne.

Queste donne, spesso le principali fonti di sostentamento delle loro famiglie, sostengono che il salario ridotto non è sufficiente a coprire i beni di prima necessità.

“Con uno stipendio mensile di 5.000 afghani possiamo solo comprare farina e riso o coprire una parte dell’affitto o delle bollette”, ha detto Zarmina, che è stata insegnante a Badghis per sette anni, sostenendo la sua famiglia di otto membri con uno stipendio di 12.000 afgani (172 dollari).

“Ridurre il nostro stipendio a 5.000 afgani è inaccettabile. Anche con il mio stipendio di 12.000 afghani spesso dovevo prendere in prestito denaro per far quadrare i conti con la mia famiglia di otto persone. Spero che i talebani riconsiderino questa decisione”, ha detto Zarmina.

I venditori di generi alimentari confermano le preoccupazioni dei dipendenti, sottolineando che con 5.000 afgani si possono acquistare solo forniture limitate, come un sacco di farina da 40 chilogrammi, un sacco di riso, quattro litri di olio e piccole quantità di fagioli, ceci, lenticchie, zucchero, e detersivo. “Con i prezzi attuali, 5.000 afghani coprono a malapena il necessario per il cibo”, ha detto un venditore.

Le lavoratrici non sono sicure di come gestiranno la riduzione dello stipendio, dato l’aumento del costo della vita. “Ci hanno detto che i nostri stipendi sarebbero stati ridotti a 5.000 afgani. Questa quantità è appena sufficiente per farina, riso e zucchero. Sono l’unico capofamiglia di una famiglia di dieci persone. Cosa dovrei fare con questi soldi?” ha detto Zahra, un funzionario pubblico di Badghis.

Gli attivisti per i diritti delle donne sostengono che i talebani stanno usando ogni mezzo possibile per opprimere donne e ragazze. Avvertono che i tagli salariali aggraveranno ulteriormente le difficoltà economiche affrontate dalle famiglie, in particolare quelle con a capo una donna. “Nell’attuale crisi economica, 5.000 afghani non sono sufficienti nemmeno per il sostentamento di base. Più i prezzi salgono, più la situazione diventa terribile”, ha detto l’attivista Tarannum Saeedi.

Il precedente governo afghano impiegava circa 134.000 donne. Il ministro della sanità pubblica dei talebani ha riferito che 150.000 donne lavorano nel settore sanitario e 200.000 nell’istruzione. Abdul Matin Qani, portavoce del ministero dell’Interno talebano, ha anche affermato che 2.000 donne sono impiegate in vari dipartimenti, tra cui l’ufficio passaporti e i servizi pubblici.

Recentemente è emerso un documento che indicava che il leader talebano aveva decretato che tutte le dipendenti donne assunte dal governo precedente e attualmente pagate dai talebani avrebbero ricevuto uno stipendio uniforme di 5.000 afghani, ma il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid non ha né confermato, né smentito.

I Talebani hanno precedentemente vietato alle donne di lavorare in vari settori, e questa riduzione salariale è vista come parte del modello più ampio di restrizioni imposte alle donne.

 

Abu Dhabi sdogana i Talebani. E Mosca ci pensa

Anche il Kazakistan li toglie dalla lista nera. E ora le più preoccupate sono le donne afghane

Giuliano Battiston, il Manifesto, 11 giugno 2024

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Una ricompensa da 10 milioni di dollari sulla sua testa, «Specially Designated Global Terrorist» dal 2008 per il Dipartimento di Stato Usa, a lungo a capo dell’ala più stragista dei Talebani e oggi ministro di fatto degli Interni afghano, Sirajuddin Haqqani è apparso il 5 giugno a Abu Dhabi, capitale degli Emirati arabi uniti.

LE FOTO DELL’AGENZIA governativa Wam lo mostrano mentre stringe la mano allo sceicco-presidente Mohamed bin Zayed Al Nahyan. La prima visita (di cui si abbia notizia) di Haqqani all’estero rientra nel tentativo degli Emirati di giocare un ruolo più decisivo nelle faccende afghane. D’altronde a metà degli anni Novanta erano gli unici, insieme ai sauditi e ai pachistani, a riconoscere il primo Emirato dei Talebani, mentre più di recente hanno strappato ai qatarini la gestione dell’aeroporto di Kabul.

Nella visita di Haqqani conta, dunque, la rivalità tra Emirati e Qatar. Il cui governo ha ospitato a lungo i colloqui che nel febbraio 2020 hanno dato vita al controverso accordo di Doha tra americani e Talebani, viatico al loro ritorno al potere. E proprio a Doha si terrà, il 30 giugno e 1 luglio, il terzo incontro degli inviati speciali e dei rappresentanti speciali sull’Afghanistan convocato dalle Nazioni Unite. A differenza dell’ultima conferenza, disertata dai Talebani, questa volta potrebbero partecipare. A quali condizioni, intorno a quale agenda, è materia di tira e molla.

ALCUNE FONTI sostengono che Haqqani negli Emirati abbia incontrato anche funzionari statunitensi e dell’Onu, che sembra tenere particolarmente alla loro presenza, convinta che parlare di Afghanistan senza le autorità di fatto sia poco produttivo. Così, nei giorni scorsi – mentre Haqqani era già in viaggio – il Consiglio di sicurezza ha approvato il via libera ai viaggi all’estero di quattro alti dirigenti talebani: oltre a “khalifa” Haqqani, Abdul Kabir, vice primo ministro, mullah Abdul Haq Wathiq, capo dell’intelligence, e il clerico Noor Muhammad Saqib, ministro dell’Hajj e degli affari religiosi. Una prova di buona volontà verso l’Emirato. Che incassa diplomaticamente.

Pochi giorni fa il presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev ha annunciato la rimozione dei Talebani dalla lista delle organizzazioni terroristiche, così da rafforzare la cooperazione economica, ha dichiarato. L’annuncio è stato dato nel corso della riunione degli Stati membri dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Csto), alla quale hanno partecipato funzionari dell’Emirato. Mentre per Zamir Kabulov, rappresentante speciale della Russia per l’Afghanistan, il governo russo è pronto a sostenere l’adesione del Paese all’organizzazione per la Cooperazione di Shangai, se i Talebani saranno riconosciuti ufficialmente.

La Russia, ha sostenuto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, tornando su quanto già sostenuto da Putin, sta valutando la possibilità di rimuovere i Talebani dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Una mossa indispensabile per «combattere il terrorismo».

PARLARE DI TERRORISMO con chi ha usato tattiche terroristiche non è una buona idea, tuonano diverse organizzazioni di donne afghane, fuori e dentro il Paese, per le quali l’invito senza condizioni dei Talebani a Doha rischia di legittimarne l’apartheid di genere. In una lettera al Consiglio di Sicurezza lo Ngo Working Group on Women, Peace, Security sottolinea «l’incapacità della comunità internazionale di affrontare gli abusi dei Talebani, che continuano a peggiorare», e vengono chiesti «principi non negoziabili sui diritti delle donne, l’inclusione significativa delle donne afghane nelle discussioni e la responsabilità per le violazioni dei diritti umani».

 

Apartheid di genere: le importanti differenze tra Iran e Afghanistan

L’alleanza delle donne iraniane con le donne afghane dovrebbe concentrarsi sulla criminalizzazione dell'”apartheid di genere” in Afghanistan. Il suo riconoscimento è fondamentale per le lotte delle donne a livello globale e sosterrà anche le donne in Iran

Rukhshana Media, 4 giugno 2024

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Lottare contro l’apartheid di genere non è un compito semplice.

La complessità di regimi che impiegano regole e strumenti a più livelli per applicare una discriminazione sistemica prolungata richiede una lotta altrettanto complessa, multiforme e perseverante.

Nell’ultimo anno, le donne afghane e iraniane sono diventate più unite di fronte ai sistemi di discriminazione di genere in cui vivono. Soprattutto dall’esterno, si ha la sensazione che stiano combattendo la stessa battaglia.

In apparenza questa unione sembra molto favorevole per le attiviste di entrambe le parti, tuttavia questi sforzi comportano alcune sottili differenze che vanno considerate.

Differenze nella condizione delle donne in Afghanistan e in Iran

Sebbene le donne in Afghanistan e in Iran subiscano la pesante oppressione di una tirannia politica guidata da credenze apparentemente di derivazione islamica, le loro situazioni non sono identiche. Le donne iraniane godono di libertà che non sono consentite alle donne afghane.

Le donne in Iran hanno il diritto alla partecipazione politica: non è uguale a quella degli uomini in tutti gli aspetti – per esempio, le donne non possono diventare presidenti – ma le donne possono impegnarsi in attività politiche a vari livelli, tra cui votare ed essere elette.

In Iran le donne fanno anche parte delle principali strutture di leadership politica, compreso l’esecutivo. C’è una vicepresidente donna, le donne fanno parte del gabinetto e possono anche partecipare a partiti politici, associazioni e organizzazioni della società civile.

Le donne in Afghanistan non sono libere di partecipare a tutto lo spettro della rappresentanza politica, dai più alti ranghi delle autorità talebane attualmente al potere ai movimenti politici della società civile.

Poi c’è l’istruzione. L’Iran ha uno dei tassi di alfabetizzazione femminile più alti della regione. Quest’anno le donne hanno rappresentato il 63% degli studenti che hanno partecipato all’esame di ammissione all’università nazionale iraniana. Insegnano anche a tutti i livelli di istruzione, dalla scuola primaria all’università. Nel 2022, il 73,1% delle donne iraniane aveva un’istruzione universitaria, percentuale solo leggermente inferiore a quella degli uomini (77,3%). In Afghanistan questa percentuale è del 2,9%.

Dal punto di vista economico, l’Iran non limita le attività delle donne, cheL’alleanza delle donne iraniane con le donne afghane dovrebbe concentrarsi sulla criminalizzazione dell'”apartheid di genere” in Afghanistan. Riconoscere l’apartheid di genere in Afghanistan è fondamentale per le lotte delle donne a livello globale e sosterrà anche le lotte delle donne in Iran, mentre le donne afghane possono beneficiare dell’esperienza, dell’energia e della consapevolezza delle donne iraniane contro la discriminazione. sono impiegate in uffici, università, istituzioni e ospedali e possono possedere imprese e attività economiche e impegnarsi liberamente nel commercio e nell’industria. In Afghanistan, invece, le donne possono lavorare solo in ambiti molto specifici, con controlli severi su come si presentano e con chi possono lavorare.

In Iran le donne hanno una presenza significativa nei media. Sia a livello statale che privato, le donne sono rappresentate nel cinema, nel teatro e nelle serie televisive, hanno una rappresentanza quasi uguale a quella degli uomini a tutti i livelli, sono produttrici, presentatrici, registe, sceneggiatrici e attrici. In Afghanistan le donne sono state ampiamente bandite da quasi tutte le rappresentazioni e posizioni di potere nei media.

Nell’ambito sociale e culturale dell’Iran, le donne possono viaggiare liberamente, dedicarsi ad attività ricreative e persino vivere indipendi dai genitori. Possono assistere a concerti, andare in bicicletta, guidare e passeggiare liberamente per le strade e nei parchi. Alle donne afghane è vietato viaggiare senza un accompagnatore maschio e persino visitare i parchi nazionali.

Nello sport, le donne iraniane hanno una presenza vivace in molte discipline. Esistono società femminili dedicate e le atlete partecipano a competizioni internazionali. In Afghanistan, le donne non sono in grado di praticare lo sport nemmeno come passatempo ricreativo tra amiche, per non parlare del livello agonistico.

Un numero significativo di donne iraniane lavora nel settore sanitario. Il numero di medici donne è pari a quello degli uomini e l’accesso delle donne ai servizi sanitari e medici è quasi uguale a quello degli uomini. In Afghanistan, le donne e le bambine sono sempre più a rischio, in quanto meno donne lavorano nel settore o sono soggette a rigide regole di segregazione che hanno un impatto sui risultati sanitari.

Sono tutti indicatori che evidenziano una differenza nella situazione delle donne in Iran e in Afghanistan.

 

L’apartheid di genere è più grave in Afghanistan

Tuttavia l’Iran è controllato da un governo politico che interpreta in modo estremo il comportamento delle donne nella società e non approva pienamente l’uguaglianza di genere, per cui le donne combattono ancora contro una discriminazione sistemica che non è comune a molti altri Paesi. Il clima politico e le sue misure brutali di repressione delle donne hanno ispirato un movimento femminile in Iran riconosciuto a livello mondiale. Anche gli uomini iraniani sostengono il movimento in un maniera che non si vede nei Paesi asiatici.

La lotta delle donne afghane per l’uguaglianza ha qualche somiglianza ma non è la stessa. I Talebani stanno eliminando completamente le donne dalla maggior parte della sfera pubblica. La paura e le tattiche di minaccia dei Talebani stanno raggiungendo le donne anche in casa, con la repressione anche delle semplici libertà.

I Talebani godono anche del tacito sostegno di una struttura socio-culturale che ha accettato in silenzio queste invasioni. Gli uomini afghani, in generale, non parlano dell’importanza dell’uguaglianza o della libertà delle donne e anche le famiglie sono complici nel far rispettare le strutture culturali che opprimono le donne con la concezione su come devono apparire nella società.

La violenza contro le donne avviene a livello micro, cioè nelle interazioni quotidiane, all’interno delle famiglie e nella vita privata, in modi che forse sono meno violenti in superficie, ma che possono essere altrettanto gravi negli esiti e nel mettere a tacere le donne.

Le donne in Afghanistan sono sempre più relegate a un’esistenza di servitù, private dei diritti umani fondamentali e dell’autonomia. Dall’ascesa al potere dei Talebani, la visione delle donne come inferiori agli uomini è diventata più diffusa; le donne e le ragazze sono considerate membri utili di una società solo quando sono proprietà degli uomini, forniscono servizi sessuali, partoriscono e crescono i figli e svolgono le faccende domestiche.

Non legare il destino delle donne afghane e iraniane

Riconoscere questa differenza nello status delle donne tra Iran e Afghanistan è importante per qualsiasi alleanza contro l’apartheid di genere. È importante non equiparare i due Paesi e quindi sminuire ciò che accade in Afghanistan come se fosse la stessa discriminazione che subiscono le donne in Iran.

La partecipazione delle donne iraniane alla lotta contro l’apartheid di genere in Afghanistan è importante, ma non deve essere intesa in modo da legare il destino delle donne di entrambi i Paesi.

L’alleanza delle donne iraniane con le donne afghane dovrebbe concentrarsi sulla criminalizzazione dell'”apartheid di genere” in Afghanistan. Riconoscere l’apartheid di genere in Afghanistan è fondamentale per le lotte delle donne a livello globale e sosterrà anche le lotte delle donne in Iran, mentre le donne afghane possono beneficiare dell’esperienza, dell’energia e della consapevolezza delle donne iraniane contro la discriminazione.

Non comprendere questa sfumatura e quindi legare il destino delle donne afghane alla situazione delle donne iraniane potrebbe complicare la lotta per le donne afghane e danneggiare gli sforzi che si stanno facendo per riconoscere ciò che sta accadendo in Afghanistan come apartheid di genere e un crimine contro l’umanità.

“A Doha garantite i diritti delle donne!”

Lettera alle Nazioni Unite, al Consiglio di Sicurezza e agli Stati membri sui diritti delle donne in Afghanistan delle ONG che lavorano per le donne, la pace e la sicurezza

Kaavya Asoka, HRW, 11 giugno 2024

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Care Eccellenze,

Vi scriviamo in vista del terzo incontro degli inviati speciali e dei rappresentanti speciali sull’Afghanistan convocato dalle Nazioni Unite dal 30 giugno al 1° luglio 2024 a Doha, in Qatar (“Doha III”), per continuare a discutere l’approccio della comunità internazionale all’Afghanistan.

A più di un anno dal primo incontro di Doha cresce la preoccupazione che alla comunità internazionale manchi la determinazione necessaria per difendere e sostenere i diritti umani delle donne e delle ragazze afghane. Molte donne afghane della società civile hanno addirittura chiesto il boicottaggio dei negoziati con i talebani finché non saranno ripristinati i diritti delle donne. [1] Doha III offre quindi un’occasione decisiva per dimostrare a tutti gli afghani che i loro diritti umani non sono una merce di scambio, ma il fondamento da cui dipende il futuro del loro Paese.

Dall’ultimo incontro di Doha del febbraio 2024 , gli abusi dei talebani contro le donne e le ragazze afghane, già senza precedenti a livello globale e condannati dagli esperti internazionali come apartheid di genere, hanno continuato ad aggravarsi. [2] I talebani non solo continuano a imporre nuove restrizioni che violano i diritti delle donne e delle ragazze, che ora sono 97, ma intensificano costantemente l’applicazione dei decreti esistenti. [3] Lo spazio in cui le donne e le ragazze possono prendere le proprie decisioni e vivere la propria vita si riduce ogni giorno. Questo è un chiaro segnale che l’approccio della comunità internazionale nei confronti dell’Afghanistan non è riuscito finora a dissuadere i talebani dalla repressione sistematica dei diritti delle donne.

Il prossimo incontro a Doha rappresenta un momento critico per l’ONU, il Consiglio di Sicurezza e la comunità internazionale per coordinarsi attorno ad un messaggio chiave: i diritti delle donne e delle ragazze afghane non sono negoziabili.

Il successo dell’approccio della comunità internazionale nei confronti dell’Afghanistan, e la credibilità del processo di Doha, dovrebbero essere misurati non dalla scelta dei talebani di partecipare , ma dalla capacità delle Nazioni Unite e degli Stati membri di coalizzarsi in modo significativo intorno a un insieme di principi chiari, trasparenti e non negoziabili che sostengano i diritti umani, in particolare i diritti delle donne e la loro partecipazione. Vi esortiamo a non accettare nessuna delle condizioni di partecipazione dichiarate dai Talebani che possano compromettere la tutela dei diritti umani delle donne o la partecipazione piena, solida e regolare della società civile femminile afghana a qualsiasi processo decisionale sul futuro del Paese, compreso il processo di Doha.

In vista di Doha III vi invitiamo inoltre a garantire quanto segue:

  • I diritti delle donne devono essere un tema centrale delle discussioni a Doha. Il rispetto dei diritti delle donne deve essere un obiettivo centrale dell’impegno della comunità internazionale in Afghanistan e un punto fermo all’ordine del giorno in tutte le future discussioni a Doha. I diritti delle donne devono essere affrontati anche nelle discussioni su qualsiasi altro aspetto della situazione in Afghanistan, come la crisi umanitaria, il processo politico, il cambiamento climatico, la lotta al narcotraffico, la lotta al terrorismo, l’economia e gli sforzi per lo sviluppo.
  • L’impegno basato sui principi richiede di mettere al centro i diritti umani e la responsabilità. Esortiamo gli Stati membri a coordinarsi e stabilire chiare salvaguardie attorno ai seguenti principi.
    • L’intero spettro dei diritti umani delle donne deve essere rispettato, senza eccezioni, in conformità con gli obblighi internazionali dell’Afghanistan, [4] anche ai sensi della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW). Tutte le restrizioni che violano i diritti delle donne e delle ragazze afghane, inclusi, ma non limitati a, istruzione, lavoro, movimento, riunione, espressione e abbigliamento devono essere immediatamente e incondizionatamente rimossi in conformità con la Risoluzione 2681 (2023).
    • Deve essere garantita la piena, equa, significativa e sicura partecipazione delle donne a tutti gli aspetti della vita pubblica e al processo decisionale, compreso qualsiasi processo politico.
    • Tutti gli attori umanitari e i loro donatori devono garantire aiuti umanitari sicuri, attenti al genere, basati sui principi e non discriminatori a tutti gli afghani bisognosi. Ciò richiede di invitare i talebani a revocare immediatamente il divieto imposto alle donne afghane di lavorare per le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative (ONG), il che viola la Carta delle Nazioni Unite e la CEDAW; sostenere la piena e sicura partecipazione e leadership delle donne e delle organizzazioni guidate da donne nel processo decisionale e nella fornitura di aiuti umanitari; garantire che le donne operatrici umanitarie non siano sostituite da uomini; e un crescente sostegno alle organizzazioni umanitarie, in particolare a quelle guidate da donne afghane.
    • Le prese di mira contro tutti i difensori dei diritti umani, comprese le donne manifestanti e la società civile, che esercitano pacificamente la loro libertà di espressione e di riunione, devono finire immediatamente.
    • Gli autori di violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario, compresa la persecuzione di genere e altri abusi contro donne e ragazze diverse, devono essere ritenuti responsabili .
  • La comunità internazionale dovrebbe ribadire la sua richiesta chiara e unitaria ai Talebani di invertire rapidamente tutte le politiche e pratiche che limitano il godimento da parte delle donne e delle ragazze dei loro diritti umani e delle libertà fondamentali, come previsto dalla Risoluzione 2681 (2023), e di astenersi dall’inviare segnali contrari che sminuiscano la gravità della crisi dei diritti umani nel Paese. Le donne afghane sono state chiare sul fatto che la comunità internazionale deve astenersi dal garantire ai talebani un seggio alle Nazioni Unite o dall’invitarli a riunioni convocate dalle Nazioni Unite, dalla riapertura delle missioni diplomatiche nel paese o dal consegnare loro missioni diplomatiche al di fuori dell’Afghanistan, o dalla revoca delle sanzioni – Tutto ciò rischia di legittimare un regime che continua a violare i diritti umani delle donne, gli obblighi legali internazionali dell’Afghanistan e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Gli esperti internazionali hanno inoltre invitato gli Stati membri a evitare la normalizzazione o la legittimazione dei talebani fino a quando non ci saranno progressi dimostrati, misurabili e verificati in modo indipendente su tutti i diritti umani, in particolare sui diritti delle donne. [5]
  • La partecipazione piena, equa, significativa e sicura delle diverse donne della società civile e dei difensori dei diritti umani è essenziale per la legittimità degli incontri di Doha. Incontrarsi per discutere dell’Afghanistan senza che metà della sua popolazione sia rappresentata mina sia il processo di Doha che i suoi risultati, così come qualsiasi futura strategia di impegno da parte della comunità internazionale. Vi esortiamo pertanto a garantire che le diverse donne afghane, comprese le donne difensori dei diritti umani, i costruttori di pace, i manifestanti, i giovani e coloro che rappresentano etnie, religioni, LGBTQI+, persone con disabilità e altri gruppi emarginati, partecipino a pieno titolo a tutte le discussioni e i processi a Doha e non solo; che abbiano strade e opportunità regolari e molteplici per esprimere le proprie opinioni; che le loro raccomandazioni si riflettano in tutti i risultati; e che ci sia piena trasparenza su questi processi e sui loro risultati, in modo che le donne afghane e la società civile abbiano chiaro come le loro prospettive informino l’approccio della comunità internazionale all’Afghanistan.
  • Il proposto inviato speciale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan, di prossima nomina, dovrà essere la voce di principio della comunità internazionale. L’inviato speciale deve avere una solida esperienza in materia di diritti umani e diritti delle donne, come richiesto dalla risoluzione 2721 (2023) ; includere esperti senior in materia di genere e diritti umani nel proprio team; impegnarsi regolarmente e in modo significativo con le diverse donne afghane della società civile e con i difensori dei diritti umani; e garantire che le loro opinioni informino tutti gli aspetti del lavoro dell’Inviato.

Mentre i membri della comunità internazionale si stanno avvicinando pericolosamente all’accettazione della legittimità del dominio talebano, le donne afghane, che stanno reagendo coraggiosamente e pagando di conseguenza un prezzo devastante, non lo fanno. Vi esortiamo a fare tutto ciò che è in vostro potere per sostenerli.

Cordiali saluti,

Kaavya Asoka

Direttore esecutivo del Gruppo di Lavoro delle ONG su Donne, Pace e Sicurezza

A nome dei seguenti membri del Gruppo di Lavoro delle ONG su Donne, Pace e Sicurezza:

  1. Amnesty International
  2. Global Justice Center (GJC)
  3. Global Network of Women Peacebuilders (GNWP)
  4. Human Rights Watch (HRW)
  5. MADRE
  6. Nobel Women’s Initiative (NWI)
  7. Outright International
  8. Refugee International
  9. Women Enabled International(WEI)
  10. Women for Women International (WfWI)
  11. Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà (WILPF)

_____________

[1] Ad esempio, vedere: Kabul Now, “ Le donne attiviste criticano l’invito dei Talebani all’incontro delle Nazioni Unite sull’Afghanistan ” (31 maggio 2024); Amu TV, “ Le attiviste sollecitano il boicottaggio dell’incontro di Doha sull’Afghanistan ” (2 giugno 2024); @WomanProtestors, “ Dichiarazione del Movimento delle donne verso la libertà ” (3 giugno 2024); Amu TV, “ Le donne manifestanti chiedono il boicottaggio dei Talebani all’incontro di Doha ” (4 giugno 2024); e @FemenaNet, “ 1/ Mentre le Nazioni Unite si preparano a convocare il prossimo incontro degli inviati speciali a Doha, siamo solidali incrollabilmente con le coraggiose donne afghane che continuano a lottare per i loro diritti e per far sì che le loro voci siano ascoltate. ” (5 giugno 2024).

[2] La situazione in Afghanistan è stata definita apartheid di genere da numerosi funzionari chiave delle Nazioni Unite, tra cui, ma non solo: il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ( 12 gennaio 2023 ); Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ( 24 maggio 2023 ); Sima Bahous, sottosegretario generale delle Nazioni Unite e direttore esecutivo di UN Women ( 26 settembre 2023 , 7 marzo 2023 e 8 marzo 2022 ); il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla discriminazione contro le donne e le ragazze ( 15 febbraio 2024 ); e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan ( 22 febbraio 2024 ). Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, gli Stati membri, tra cui l’Albania ( 20 dicembre 2023 , 26 settembre 2023 e 20 dicembre 2022 ), l’Ecuador ( 26 settembre 2023 ), l’Unione Europea ( 12 marzo 2024 e 23 febbraio 2023 ), Malta ( 23 aprile 2024 e 25 ottobre 2023 ), Spagna ( 13 aprile 2022 ) ed Emirati Arabi Uniti ( 26 gennaio 2023 e 20 ottobre 2022 ), e rappresentanti della società civile, tra cui Shaharzad Akbar ( 20 dicembre 2023 ), Karima Bennoune ( 26 settembre 2023 ), Zubaida Anche Akbar ( 8 marzo 2023 ) e Zahra Nader ( 20 ottobre 2022 ) hanno definito la situazione come apartheid di genere. Vedi anche: Karima Bennoune, “ The International Obligation to Counter Gender Apartheid in Afghanistan ”, Columbia Human Rights Law Review 54, n. 1, 2022.

[3] Ad esempio, vedere: US Institute of Peace, “ Tracking the Taleban’s (Mis)Treatment of Women ” (ultimo aggiornamento settembre 2023).

[4] Gli obblighi internazionali dell’Afghanistan includono: la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne; la Convenzione contro la tortura e altre punizioni o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; il Patto internazionale sui diritti civili e politici; il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; la Convenzione sui diritti dell’infanzia; la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale; e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

[5] Vedi anche: “Il fenomeno di un sistema istituzionalizzato di discriminazione, segregazione, mancanza di rispetto per la dignità umana ed esclusione di donne e ragazze”, Rapporto del Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, A/HRC/56/ 25 (13 maggio 2024).

 

Indomabili

Corsi di Sartoria e Alfabetizzazione in Afghanistan: cerimonia per la consegna dei diplomi

Patrizia Fabbri, Cisda, 10 giugno 2024

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Indomabili. È l’aggettivo che immediatamente illumina i nostri pensieri quando il collegamento riesce e sullo schermo dei nostri computer appaiono le donne afghane che CISDA sostiene.

Ogni volta è una sorpresa: che sia l’aggiornamento sui progetti che CISDA finanzia o il resoconto di una festa clandestina per l’8 marzo o, come in questo caso, la cerimonia di consegna dei diplomi di fine corso, le guardiamo e le ascoltiamo con un’ammirazione profonda per la forza che mostrano nel voler comunque fare, dire, ascoltare…in una parola “essere”.

insieme alla forza colpisce la luce dei loro occhi. Occhi che a volte si inumidiscono quando raccontano la clausura alla quale sono sottoposte, ma che nella maggior parte dei casi splendono in sorrisi dolci. Già, perché anche solo potersi ritrovare insieme, poter raccontare le une alle altre una quotidianità fatta di privazioni, alle quali si alternano piccoli gesti di ribellione, è una gioia alla quale nessuna vuole rinunciare perché “quando vengo qui respiro”, come ci disse una ragazza qualche tempo fa.

Ho scritto “piccoli” gesti (come andare comunque al corso di taglio e cucito anche se il marito è contrario), ma in realtà sono vere e proprie sfide quelle che queste donne devono affrontare, per le quali si rischiano frustate o anche di peggio. Eppure, ogni volta sono lì. Indomabili.

E anche questa volta le guardiamo mentre, numerose e sorridenti, si preparano a celebrare la cerimonia di consegna dei diplomi dei corsi di Alfabetizzazione e di Sartoria che vengono tenuti con il sostegno di CISDA. La sala è grande, ma non si vedono finestre perché è in un sotterraneo che le donne, le ragazze e le bambine presenti hanno raggiunto in momenti diversi, rasentano i muri, cercando di non farsi notare. Non ci sono microfoni e non possono parlare a voce molto alta perché, come ci spiegano, i vicini o, peggio ancora, i talebani potrebbero sentire le loro voci e irrompere in questa isola di serenità seminando il terrore.

Nato alcuni anni fa, il progetto Sartoria si prefigge rendere le donne autonome economicamente, lavorando da casa, e prevede l’acquisto delle macchine per cucire nonché la disponibilità di una sarta professionista che insegna i rudimenti del taglio e cucito e come confezionare abiti. Al termine del corso, a chi consegue il diploma, viene assegnata anche una macchina che potrà portarsi a casa.

Come ci hanno raccontato in un precedente collegamento, nel corso non si insegna solo taglio e cucito, ma è un momento di condivisione, dove lo stare insieme rappresenta un momento di libertà irrinunciabile.

La consegna dei diplomi a chi ha terminato il corso si dipana sotto i nostri occhi in una festa dove i discorsi delle ragazze e delle donne si alternano a quelli dell’insegnante; non mancano poesie e una rappresentazione teatrale di un “normale” tentativo di quotidiana prevaricazione da parte di un marito tanto “fannullone” quanto autoritario.

Insieme ai diplomi del corso di Sartoria vengono consegnati anche alcuni diplomi del corso di Alfabetizzazione. Dall’aprile 2022, la scuola è totalmente preclusa alle donne e questi corsi clandestini sono l’unica opportunità loro rimasta. Indimenticabile un’anziana signora che, durante il collegamento di qualche mese fa, raccontava con orgoglio di come avesse imparato a leggere e scrivere con puntigliosa determinazione, nonostante le canzonature del marito.

Quando, dopo oltre un’ora di collegamento, viene il momento di salutare le nostre amiche afghane, le lasciamo portandoci nel cuore un pezzetto della loro forza e del loro indomabile spirito.

 

UN Women e Unione europea per le donne afghane

Anche UN Women e Unione Europea nel loro Gender Country Profile sull’Afghanistan evidenziano un aumento dell’oppressione senza precedenti dopo la presa del potere da parte dei talebani.

Devdiscourse, 10 giugno 2024

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I diritti delle donne in Afghanistan sono stati a lungo oggetto di intense lotte tra diversi regimi e generazioni. Tuttavia, la portata e l’impatto generazionale dell’oppressione vissuta dalle donne e ragazze afghane dall’agosto 2021 non ha eguali.

Questa sfida critica è dettagliata nel primo Gender Country Profile sull’Afghanistan, pubblicato dopo il ritorno dei Talebani al potere, sviluppato da UN Women con il sostegno finanziario dell’Unione Europea.

Analisi della regressione dell’uguaglianza di genere

Il profilo esamina le infrastrutture per l’uguaglianza di genere in Afghanistan negli ultimi 40 anni e illustra come decenni di progressi siano stati invertiti da oltre 70 decreti, direttive, dichiarazioni e pratiche sistematiche imposte dai Talebani in meno di tre anni. Queste misure colpiscono specificamente i diritti, la vita e il corpo delle donne e delle ragazze afghane, incidendo gravemente sul progresso e limitando le opportunità in tutti i settori dello sviluppo.

I risultati principali del profilo indicano che:

Solo l’1% delle donne ritiene di avere influenza nella propria comunità.

L’8% degli intervistati conosce almeno una donna o una ragazza che ha tentato il suicidio dall’agosto 2021.

Il 18% delle donne riferisce di non aver incontrato nessuno al di fuori dei propri familiari stretti negli ultimi tre mesi.

La privazione dei diritti delle donne ha effetti intergenerazionali devastanti. Il profilo rivela che 1,1 milioni di ragazze sono state escluse dalla scuola e oltre 100.000 donne sono state escluse dall’istruzione universitaria. Ciò è correlato ad un aumento del rischio di mortalità materna di almeno il 50%

Diminuita influenza delle donne e isolamento sociale

Le donne afghane ora hanno poca o nessuna influenza sulle decisioni che incidono sulle loro vite, e non ci sono donne leader nell’amministrazione provvisoria talebana. L’isolamento sociale si è intensificato, spingendo molte donne e ragazze nella disperazione. Quasi il 18% delle donne riferisce di non incontrare nessuno al di fuori dei propri familiari stretti e l’8% degli intervistati conosce qualcuno che ha tentato il suicidio.

La resilienza e la determinazione delle donne afghane

Nonostante queste difficoltà, le donne afghane continuano a difendere i propri diritti e a servire le proprie comunità. “Le donne vogliono il diritto di prendere decisioni, non solo nelle loro case ma nel governo e in altri luoghi. Vogliono un’istruzione. Vogliono lavorare. Vogliono i loro diritti”, ha detto una donna afgana di 26 anni che sostiene l’iniziativa di UN Women sul campo.

Raccomandazioni per l’azione

Il Gender Country Profile richiede azioni specifiche che sostengano le donne e le ragazze afghane:

Assegnare finanziamenti flessibili a lungo termine: fornire finanziamenti duraturi e adattabili per rafforzare le organizzazioni femminili della società civile.

Finanziamenti diretti per l’uguaglianza di genere: garantire che almeno il 30% di tutti i finanziamenti all’Afghanistan sia dedicato a iniziative esplicitamente mirate a promuovere l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne.

Evitare la normalizzazione delle pratiche discriminatorie: attuare misure per prevenire azioni che potrebbero involontariamente sostenere o normalizzare le politiche discriminatorie dei talebani.

Integrare i diritti umani in tutte le azioni: incorporare i diritti umani, in particolare i diritti delle donne, come aspetto fondamentale in tutte le attività e gli interventi umanitari.

L’appello per un sostegno internazionale continuativo

“Le donne afghane dimostrano una straordinaria resilienza. Di fronte a sfide incredibili, continuano a gestire organizzazioni e imprese e a fornire servizi. Dobbiamo investire nella loro resilienza. L’Afghanistan deve rimanere in cima all’agenda internazionale”, ha affermato Alison Davidian, Rappresentante speciale di UN Women in Afghanistan.