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Autore: Anna Santarello

Islamabad-Tehreek-i-Taliban, un colloquio scottante

Col ritorno al potere dei talebani a Kabul un riavvicinamento ai turbanti esterni e interni può far mutare la tattica, non la strategia di Islamabad

Enrico Campofreda – dal blog – 31 maggio 2022

pakistan manifestazione crisi governo

Fortemente criticato per le aperture verso i Tehreek-i-Taliban, gruppo da tempo fuorilegge in Pakistan, l’ex premier Imran Khan non è stato l’unico a trattare col fondamentalismo armato. Il Capo di Stato Alvi e l’ex ministro degli Esteri Qureshi sostenevano la linea del dialogo, iniziato lo scorso settembre e interrotto a fine novembre perché le richieste del TTP apparivano onerose. Domandavano soprattutto la scarcerazione di militanti accusati di sanguinosi attentati. Solo i due mesi di trattative avevano interrotto le azioni del gruppo che durante il 2021 ha inanellato oltre quaranta attacchi, conclusi con l’uccisione di 79 persone.

Fra le vittime anche inermi cittadini, sventrati da bombe o finiti dentro sparatorie che colpivano membri di polizia ed esercito. Ora l’attuale premier Shehbaz Sharif e il ministro degli Esteri Bhutto Zardari pensano di rilanciare colloqui col gruppo armato, simili a quelli che criticavano a Khan, sempre inseguendo una pacificazione tutt’altro che semplice. Già nei mesi scorsi ‘facilitatore’ degli incontri era stato Sirajuddin Haqqani, leader dell’omonimo clan afghano, e dallo scorso settembre ministro dell’Interno dell’Emirato talebano.

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Protesta delle donne a Kabul, ‘lavoro e istruzione’

Alcune decine di manifestanti sfidano i talebani

Ansa, 29 maggio 2022

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Alcune decine di donne hanno sfidato il regime dei Talebani in Afghanistan, inscenando una protesta a Kabul per chiedere “pane, lavoro e libertà” e chiedendo il diritto all’istruzione femminile.
Lo constatano fonti giornalistiche sul posto.

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Curdi: Il prezzo del sì

Estradizione dei curdi e armi per Ankara sono le richieste di Erdogan in cambio dell’ammissione di Svezia e Finlandia nella Nato

Chiara Cruciati, Il Manifesto, 18 maggio 2022

in basso a sx stoccolma manifestanti curdi partecipano a una manifestazione contro lazione militare della turchia nel nord est della siria ap copy

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan vede sempre opportunità nelle faglie europee, di fronte a una crisi o a un cambio di paradigma ha spesso la carta buona da giocare. Lo ha fatto con l’emergenza migratoria siriana in piena guerra civile, strappando all’Europa sei miliardi di euro per “gestire” tre milioni di profughi, e lo ha fatto nell’ottobre 2019 con il ritiro Usa dalla Siria del nord-est, occupando un pezzo di Rojava dove impiantare un semi-emirato islamista.

Oggi sul tavolo ha l’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia. Erdogan sa che serve l’unanimità e ha posto le sue condizioni, niente arriva gratis: Helsinki e Stoccolma devono cessare di essere Stati-santuario del Pkk, consegnargli i membri del Partito curdo dei Lavoratori e cancellare l’embargo di armi verso Ankara deciso proprio nel 2019, a fronte dell’occupazione delle città curdo-siriane di Gire Spi e Serekaniye.

Così i due paesi scandinavi invieranno delegazioni in Turchia per negoziare il sì di Ankara all’adesione. Il prezzo lo pagheranno i curdi, quelli in diaspora e chi in Medio Oriente lavora da anni alla costruzione di società alternative al settarismo regionale, tra Siria e Iraq.

In Svezia e Finlandia vivono circa 100mila curdi, l’80% in territorio svedese. L’emigrazione è iniziata negli anni ‘70, per farsi più prepotente dopo il colpo di stato turco del 1980. Secondo Ankara, da qui il Pkk gestirebbe la sua rete di finanziamenti e reclutamento in Europa, grazie alla tolleranza delle autorità locali.

Il ministro degli esteri Cavusoglu ha detto di aver condiviso con le autorità svedesi le prove della presenza di membri del Pkk sul territorio dello stato, liberi di operare: «Gli abbiamo detto che non ci basta la dichiarazione della Svezia che il Pkk è già sulla loro lista del terrorismo – ha riportato ai giornalisti Cavusoglu domenica scorsa, dopo un incontro con gli omologhi di Helsinki e Stoccolma – Ci hanno risposto che penseranno a un nuovo piano».

Lunedì qualche dettaglio in più. Ankara avrebbe chiesto alla Svezia l’estradizione di undici presunti membri del Pkk, alla Finlandia di sei, seppur la lista dei desideri sarebbe ben più lunga: secondo il ministero della giustizia turco, negli ultimi cinque anni sarebbero state mosse 33 richieste di estradizione, mai accolte.

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Afghanistan, le ong: “I corridoi umanitari per l’Italia non sono mai partiti”

Dire.it  Alessandra Fabretti 17 maggio2022

La responsabile del settore migrazioni di ARCI, Valentina Itri: “Pur di far partire le persone abbiamo acconsentito a farci carico dei voli”

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ROMA – “Purtroppo ad oggi nessun afghano dei 1.200 che il governo italiano aveva promesso di portare in sicurezza nel nostro Paese con i corridoi umanitari è stato messo in salvo in Italia. La firma del protocollo con le associazioni, tra le quali la nostra, risale al 4 novembre scorso”.

Valentina Itri è responsabile del settore migrazioni di Arci, una delle organizzazioni (tra cui Cei, Sant’Egidio, Federazione chiese evangeliche ‘Fcei’, Tavola Valdese, Inmp, Iom e Unhcr) con cui sei mesi fa la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, in una cerimonia al Viminale, alla presenza di rappresentanti del ministero degli Affari esteri, ha siglato l’accordo per far arrivare nel nostro Paese gli afghani rifugiati in Pakistan e Iran, fuggiti perché esposti al rischio di subire violenze e ritorsioni da parte del governo dei talebani salito al potere nell’agosto precedente, dopo che i contingenti Nato avevano lasciato il paese.

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SE 1.200 VI SEMBRAN TANTI!

Cisda.it – 26 maggio 2022

CISDALogo

 

 

UN APPELLO AL GOVERNO DRAGHI PER L’ESTENSIONE DEI CORRIDOI UMANITARI ALLE PERSONE A RISCHIO DI VITA E DI PERSECUZIONE IN AFGHANISTAN, RIMASTE ESCLUSE DALLA LISTA DEI 1200 FINORA INSERITI

Il tema della discriminazione fra profughi di serie A e profughi di serie B si sta scaldando anche sulla stampa. Le organizzazioni della società civile in contatto con la realtà afghana ricevono costantemente richieste di assistenza alla fuga dall’Afghanistan, o all’uscita dai paesi di transito dove numerose famiglie, singoli attivisti e attiviste e persone oggetto di discriminazione per la loro condizione personale o professionale, sono costrette a soggiornare in attesa di partire. Dopo tante risorse spese per spostarsi al di fuori del proprio paese, i loro visti sono in scadenza, o scaduti,  e le spese di mantenimento diventano insostenibili. Per molte e molti, la permanenza in questi paesi confinanti è un ulteriore fattore di rischio per la presenza di organizzazioni fondamentaliste legate, o  meno, al governo talebano,  o per la prassi sempre più diffusa dei rimpatri.

Si tratta in gran parte di persone che si sono esposte pubblicamente durante il periodo dell’occupazione militare Nato a guida USA, e che anche la clandestinità non può proteggere. La vergogna per le incresciose modalità con cui si è svolto il ritiro delle truppe occidentali, non è cancellata dal nuovo dossier ucraino perché le ragioni che sono all’origine del disastro a cui abbiamo assistito a metà agosto sono ben presenti alla nostra memoria e sono parte delle lezioni afghane che dovrebbero essere patrimonio anche della politica.

Sale anche lo scandalo per l’incomprensibile blocco dei corridoi umanitari che avrebbero dovuto portare in salvo in Italia almeno un primo gruppo di 1.200 persone a rischio di vita e di persecuzione in Afghanistan, dopo il ponte aereo dell’agosto scorso.

Siamo consapevoli che i corridoi umanitari non rappresentino una misura sufficiente a rispondere al bisogno di protezione, e che il loro carattere discriminatorio sia un loro limite: evidente a chi li attua, e soprattutto a chi vi rimane escluso. Come organizzazioni della società civile denunciamo però come inaccettabile, il blocco di quelli previsti dal Protocollo firmato il 4 novembre scorso tra Cei, Sant’Egidio, Federazione chiese evangeliche ‘Fcei’, Tavola Valdese, Arci nazionale, Inmp, Iom e Unhcr per l’incredibile motivazione addotta dal nostro Governo, come riportato da più fonti: la mancanza della strumentazione per la rilevazione delle impronte digitali presso le sedi delle nostre ambasciate in Pakistane e Iran.

Riteniamo inoltre incredibile sul piano della corretta gestione della materia migratoria – come rilevato dagli interventi degli esponenti delle organizzazioni coinvolte nella realizzazione dei corridoi umanitari dall’Afghanistan al recente Festival Sabir di Matera – che il Governo italiano proponga addendum al testo firmato per caricare sulle spalle del privato sociale ulteriori spese, inizialmente non previste, spostando ulteriormente la gestione dell’assistenza alle persone in fuga, dal piano pubblico a quello privato. Lo riteniamo inaccettabile soprattutto alla luce della spesa militare continuamente in  crescita e di quanto speso in armi anche in Afghanistan in questi ultimi 20 anni.

Oltre a richiedere lo sblocco dei corridoi umanitari per i quali il Governo italiano ha preso impegni precisi, chiediamo soprattutto, e con forza, l’avvio di sistemi efficaci e continuativi di messa in protezione delle persone a rischio e un loro trasferimento veloce in Italia.

Attendiamo provvedimenti concreti e tempestivi che mettano fine alla ulteriore sofferenza oggi inflitta tramite mezzi amministrativi ai richiedenti asilo. 

Le organizzazioni interessate a sottoscrivere l’appello possono scrivere una mail a retecisda@gmail.com

 Primi firmatari:

Adesioni:

Adesioni di forze politiche e sindacali:           

 

Le organizzazioni interessate a sottoscrivere l’appello possono scrivere una mail a retecisda@gmail.com

 

PICCOLA RASSEGNA STAMPA

  • 25/05/22 IL RACCONTO DI MARYAM

https://www.dire.it/25-05-2022/739926-afghanistan-lappello-di-una-rifugiata-in-pakistan-italia-se-mi-dimentichi-muoio/

  • 17/05/22 L’INTERESSANTE FESTIVAL SABIR di Matera

https://www.dire.it/17-05-2022/736085-afghanistan-le-ong-i-corridoi-umanitari-per-litalia-non-sono-mai-partiti/

https://www.facebook.com/SabirFestivall/videos/414486453522755

  • 16/05/22 LA DENUNCIA DEL BLOCCO DEI CORRIDOI UMANITARI

https://www.repubblica.it/cronaca/2022/05/16/news/donne_afghane_corridoi_umanitari-349840853/?fbclid=IwAR2_yiTxStI1qCubp3t4P4nz6qyKKrlbs4VjpW4RiIW5XVku2bLzEsbPE9o

  • 04/11/21 LE PROMESSE DELLA MINISTRA LAMORGESE

https://www.dire.it/04-11-2021/682794-afghanistan-litalia-accoglie-1200-profughi-con-i-corridoi-umanitari/

 

La guerra dei Talebani contro le donne: «Vogliono controllare le nostre idee coprendoci il corpo»

Espresso.repubblica.it  Giuliano Battiston da Kabul 25 maggio 2022

Sono attiviste, studentesse, giovani afghane pronte a ribellarsi al decreto che le costringe a mostrare solo gli occhi. mantenere la loro libertà: alzeranno la voce e combatteranno per diritti, libertà e indipendenza»

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«Il mio nome? Usalo pure, bisogna avere coraggio per affrontare un periodo così buio». Occhiali rettangolari sotto un velo marrone come il vestito, è una scrittrice. «Ho pubblicato una decina di libri, molti di satira politica e sociale, altri di racconti per bambini e poesie. A volte li ho stampati a mie spese e distribuiti nelle librerie o nei negozi come questo».

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Afghanistan: il Consiglio di sicurezza Onu chiede ai talebani il rispetto dei diritti umani

Agenzianova.com 25 maggio 2022

I membri dell’organo delle Nazioni Unite hanno espresso profonda preoccupazione per “la terribile situazione umanitaria ed economica nel Paese” condannando, inoltre, il proseguimento della coltivazione, produzione, commercio e traffico droga

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I membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui esprimono “profonda preoccupazione per la crescente erosione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle donne e delle ragazze in Afghanistan da parte dei talebani”.

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Curdi “prezzo” da pagare alla Nato? La vergogna e la miopia dell’Occidente

Micromega.net Davide Grasso 24 maggio 2022

Pressioni turche su Svezia e Finlandia per l’allargamento dell’alleanza atlantica. Ma vendere al despota i suoi dissidenti e oppositori non porterà alla pace.

folla con bandiereNon pochi, nel mondo dell’informazione, stanno commentando le pressioni turche su Svezia e Finlandia dicendo che i curdi saranno verosimilmente “il prezzo da pagare” per l’allargamento dell’alleanza atlantica in Europa. Espressioni dure, pronunciate spesso con l’aria serafica di chi la sa lunga di realpolitik, e non può permettersi di credere a principi astratti; modi di presentare il contesto che implicano di ritenere inevitabile, a meno di non essere anime belle, comprendere che il popolo curdo non può essere rispettato quanto quello ucraino.

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Afghanistan, da oggi le conduttrici in tv a volto coperto

ansa.it  22 maggio 2022

Ieri si erano rifiutare, ma emittenti hanno avuto pressioni.

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Le conduttrici delle principali emittenti televisive afghane sono andate in onda oggi coprendosi il volto, un giorno dopo aver sfidato l’ordine dei Talebani di nascondere il proprio aspetto e di sottomettersi alla visione islamica.

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Il coraggio delle afghane: le giornaliste sfidano i talebani e si mostrano a volto scoperto in tv

Luce – 21 maggio 2022 – di Remy Morandi 

giornalista afghanistanDopo il burqa obbligatorio, l’Emirato islamico ha proibito alle presentatrici di tutte le televisioni di farsi vedere in volto. Le conduttrici delle principali reti televisive hanno deciso di non rispettare quell’imposizione. Il direttore di Shamshad Tv: “Le colleghe temono che la prossima cosa che verrà decisa sarà quella di vietar loro di lavorare”

Da quando sono saliti al potere in Afghanistan, i talebani hanno reso la vita delle donne un inferno. Dopo aver reso obbligatorio il burqa in tutti i luoghi pubblici e dopo aver chiuso le scuole femminili, pochi giorni fa l’Emirato islamico – questa l’ultima restrizione ai danni delle donne – ha vietato alle presentatrici di tutte le televisioni afghane di mostrarsi in volto. Ma oggi tante hanno deciso di sfidare i talebani: le giornaliste delle principali reti televisive afghane si sono infatti presentate in televisione, mostrandosi a volto scoperto. Una chiara sfida nei confronti di chi sta facendo di tutto per cancellare i diritti delle donne, una chiara dimostrazione del coraggio delle afghane.

Le giornaliste afghane sfidano i talebani e si mostrano a volto scoperto in tv

All’inizio di maggio, il capo supremo dei talebani ha stabilito per legge l’obbligo per le donne di coprirsi completamente in pubblico, possibilmente con il burqa tradizionale, mentre finora bastava che si coprissero i capelli. Il ministero della prevenzione del vizio aveva ordinato che anche le donne che appaiono in televisione si conformassero a tale obbligo entro oggi. Ma le giornaliste dei canali TOLOnews, Shamshad TV e 1TV sono invece apparse sullo schermo, in diretta, a volto scoperto.

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