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Autore: Anna Santarello

Cosa sta succedendo in Afghanistan

Cisda.it – 3 marzo 2022 

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Mentre imperversa la guerra in Ucraina e tutti sono impegnati a seguirne gli sviluppi sui media, in Afghanistan i talebani stanno inasprendo le regole e le loro modalità repressive.

Tutti i giornalisti ora sono in Ucraina, e non vengono divulgate notizie sull’Afghanistan. Dagli attivisti e attiviste di RAWA e Hambastagi con cui lavoriamo e che hanno deciso di rimanere a lottare nel loro paese, ci arrivano notizie sempre più allarmanti.

  • I talebani vogliono impedire l’istituzione di classi di alfabetizzazione nelle case private, una delle poche modalità per poter far sì che le bambine abbiano un’istruzione.
  • I talebani stanno rastrellano le case quartiere per quartiere, in particolare quelle di attiviste e attivisti. Spesso hanno elenchi con i nomi, per andare a colpo sicuro. Anche le case delle nostre attiviste in questi giorni sono state perquisite e loro sono state obbligate a cambiare spesso abitazione per non rischiare la vita, a distruggere documenti e a nascondere computer e telefoni.
  • Le manifestazioni delle donne sono sempre represse e le attiviste, a distanza di giorni, vengono raggiunte nelle loro case e arrestate o uccise.
  • I confini sono stati chiusi e i talebani stanno proibendo ai cittadini di uscire dal paese. Un visto per il Pakistan costa fino a 600 dollari. Centinaia di afghani che speravano di avere un visto per un paese europeo aspettano nei paesi confinanti senza avere risposte.
  • Anche le distribuzioni di cibo alle persone più bisognose vengono vietate alle organizzazioni e per poterle fare è necessario passare controlli e interrogatori.

Tutto questo accade nel silenzio più assoluto e senza che arrivino immagini e notizie precise. Siamo molto preoccupate per quello che sta avvenendo, anche se era prevedibile una volta spenti i riflettori sul paese.

Denunciamo questo clima di terrore e nel contempo continuiamo a chiedere di non riconoscere il governo talebano perché questo porterebbe a una maggior repressione soprattutto nei confronti delle donne.

 

Ricordi: l’8 marzo, dal 2002 al 2018

hambastagi 8 marzoAnna è stata in Afghanistan con tre delegazioni e ha partecipato ad altrettante manifestazioni per l’8 marzo.

Anna, oggi, lascia fluire i suoi ricordi.

2002, la prima volta. Ho partecipato alla manifestazione organizzata dal Ministero per la condizione femminile allora guidato da Sima Samar. Era stato organizzato all’interno di un cinema bombardato, sprovvisto del tetto che era stato sostituito da teli di paracadute.

Un evento pieno di retorica, come organizzato appositamente per mostrare all’occidente che la situazione stava cambiando e generando le premesse per una stabilità che potesse essere sostenuta con gli aiuti promessi.

Ma, quanto ricordo di più sono le aspettative delle donne presenti, arrivate con il burqa tolto subito all’interno del cortile: avevano gli occhi traboccanti di speranza.

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I talebani vietano l’istituzione di classi di alfabetizzazione nelle case private

RAWA News – 20 febbraio 2022 – (*)

ragazze scuola copyIl Ministero della Guida dei talebani sancisce che i maschi non possono entrare nelle scuole femminili e che le femmine non possono entrare nelle scuole maschili.

Il ministero della Guida dei talebani ha vietato “l’istituzione di classi nelle case private” da parte di istituti scolastici e ha vietato alle donne adulte di insegnare nelle “scuole religiose situate nelle moschee”.

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Afghanistan, riapre a Kabul la più grande università

Ansa – 26 febbraio 2022  

(ANSA) – KABUL, 26Kabul università FEB – È stata riaperta oggi, sei mesi dopo la presa del potere da parte dei talebani, la più grande università dell’Afghanistan, ma pochissime studentesse, separate dagli studenti uomini, hanno frequentato le lezioni.

Le università pubbliche di sei province avevano già riaperto il 2 febbraio scorso.

Tutte le altre hanno ripreso oggi, come quella di Kabul, la più antica e grande del Paese che contava circa 25mila studenti iscritti prima del ritorno dei fondamentalisti islamici lo scorso 15 agosto. Nella capitale, le guardie talebane hanno negato ai giornalisti l’accesso al vasto campus e hanno cacciato chiunque indugiasse vicino agli ingressi.

“Sono felice che l’università abbia ripreso, vogliamo continuare i nostri studi”, ha detto uno studente inglese, che ha chiesto di essere identificato come Basira, precisando che alcuni studenti sono stati ammoniti dai talebani per aver portato i cellulari in classe. (ANSA).

 

Giustizia per i curdi! Giustizia per il PKK!

Uiki onlus – 26 febbraio 2022 

APappello_PKK_copy.jpgPELLO URGENTE PER LA CANCELLAZIONE DEL PKK DALL’ELENCO DELLE ORGANIZZAZIONI TERRORISTICHE DELL’UNIONE EUROPEA

Nell’interesse della pace, della democrazia e dei diritti umani, chiediamo al Consiglio dell’Unione europea di rimuovere il PKK dall’elenco delle organizzazioni terroristiche vietate.
Una soluzione pacifica alla questione curda è un prerequisito per una sana democrazia e per la stabilità in Turchia e nel più ampio Medio Oriente. La Turchia e la sua vasta comunità curda potranno raggiungere quella soluzione pacifica solo attraverso i negoziati. Tali negoziati devono coinvolgere tutte le parti, compreso il PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan).

La designazione del PKK come organizzazione terroristica, tuttavia, è un ostacolo sulla via della pace.

Ci sono motivi pratici schiaccianti per cancellare il PKK dalla lista, e ci sono anche motivi legali. Il PKK è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche nel 2002 su richiesta della Turchia, membro della NATO. La Corte suprema dell’UE, la Corte di giustizia del Lussemburgo, ha stabilito nel 2018 che il PKK è stato ingiustamente incluso nella lista dei terroristi dell’UE tra il 2014 e il 2017. Oltre a errori procedurali, la sentenza fa riferimento anche all’appello alla pace di Abdullah Öcalan nel 2013. Quando la validità della designazione di terrorismo è stata testata nei tribunali belgi, nel 2020 è stato accertato che il PKK non dovrebbe essere considerato legalmente un’organizzazione terroristica perché è parte di un conflitto armato non internazionale, il che lo rende soggetto alle leggi della guerra e non penale.

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PAKISTAN. Esplode il mercato delle armi USA e NATO lasciate in Afghanistan

Un altro aspetto della “fuga” dall’Afghanistan di fine agosto 2021

AGC communication, 24 febbraio 2022, di Antonio Albanese AGC 24 febbraio

Le armi abbandonate dalle forze Usa e Nato in ritirata dall’Afghanistan sono ora in vendita nei mercati illegali di armi nelle aree tribali lungo il confine pakistano-afghano. In questi mercati “fanno la spesa” i gruppi militanti che operano in Pakistan, come dimostrano i recenti attacchi alle forze di sicurezza pakistane in cui i militanti hanno usato armi occidentali.

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LO STERMINIO DEI CIVILI AFGANI PER MANO DI BIDEN

La Bottega del Barbieri – 23 febbraio 2022, di Gianluca Cicinelli kabul g690ba09b2 1920 300x210

Gli Usa di “Sleepy” Joe Biden dopo la poco onorevole fuga dall’Afghanistan continuano a decidere chi vive e chi muore in quella regione, impedendo ai cittadini afgani – sia all’interno del Paese sia all’estero, comprese le migliaia di profughi e rifugiati causati dal ritiro statunitense – di accedere ai propri risparmi.

Mentre gli occhi del mondo erano rivolti verso la crisi in Ucraina, l’11 febbraio scorso Biden decideva d’impossessarsi delle riserve congelate della Banca centrale dell’Afghanistan, che non significa bloccare soltanto le spese dello Stato afgano ma quelle dei privati cittadini, già alle prese con un inverno rigidissimo e un’economia totalmente paralizzata. Per far comprendere la portata enorme e tragica del provvedimento il Washington Post, in un articolo firmato da Mohsin Amin, spiega: “Immagina di sciogliere la Federal Reserve statunitense, bloccare i risparmi di tutti gli americani e implementare un limite di prelievo settimanale inferiore a 400 dollari”.

Biden ha firmato l’11 febbraio scorso un ordine per sbloccare 7 miliardi di dollari afgani congelati negli Stati Uniti e assegnarne metà per aiuti umanitari e l’altra metà come rimborso ai familiari delle vittime degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.

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NO ALLA GUERRA IN UCRAINA

 paceCISDA, Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane, aderisce alle mobilitazioni per la pace affinché si persegua la strada di un negoziato politico sulla questione ucraina e si arresti un conflitto dagli esiti imprevedibili.

L’intervento militare della NATO in Afghanistan dovrebbe averci insegnato che la guerra è utile solo ai mercanti di morte e di arsenali militari che non hanno mai smesso di proliferare.

L’Europa che afferma nei propri obiettivi di voler contribuire alla pace alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli e l’Italia che nella propria Costituzione rifiuta la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, devono affermare con chiarezza e forza i propri principi democratici e liberarsi dai condizionamenti di Washington per non farsi trascinare in un’altra guerra infinita come quella afghana. La NATO, alleanza con compiti di sola difesa dei Paesi membri, non può essere al servizio della politica espansionistica degli Stati Uniti.

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NOTIZIE DA JINWAR

Rete jin22 febbraio 2022 

notizie_Jinwar_copy_copy.jpgCon questa newsletter speriamo di essere riuscite a darvi un’idea della vita del villaggio. Naturalmente, ci sono molte cose che non abbiamo menzionato, ma che arricchiscono la nostra vita quotidiana…

Car* amic* di JINWAR,

speriamo che stiate tutt* bene e in salute! Vi auguriamo un buon inizio di primavera 2022…

Abbiamo seguito le ultime notizie e gli sviluppi riguardo al Coronavirus qui, la sua diffusione e, dopo due anni, i suoi effetti a breve e lungo termine sulle nostre vite sono ancora devastanti. Le misure prese dagli Stati, la propaganda della paura e soprattutto il distanziamento sociale lasceranno conseguenze molto profonde, simili alle cicatrici della terza guerra mondiale che qui si protrae da anni sulle spalle della popolazione. Allo stesso tempo, sappiamo quanto sia importante la vita sociale e politica, che assicura di agire in modo autoresponsabile e, oltre a tutte le misure, di agire in modo indipendente e di trovare soluzioni nel processo di costruzione di una vita equa ed ecologica. Gli esempi ci sono sia qui che là: come, ad esempio, la solidarietà tra persone nei quartieri. 

Durante l’isolamento e la solitudine causati dalle norme per fronteggiare il virus la violenza contro le donne e il numero di femminicidi sono molto aumentati. Sono soprattutto le madri a soffrire per la chiusura delle scuole o degli asili nido perché sono coloro che si devono far carico dei bambini, o sono le prime ad essere licenziate dal lavoro.

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