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Autore: Anna Santarello

Il tempo della libertà è arrivato: Appello per una mobilitazione in Italia il 12 febbraio per la liberazione di Abdullah Öcalan

Il CISDA aderisce 

Uikionlus, 25 gennaio 2022 

Da 23 anni Abdullah Öcalaappello_APO_copy.jpgn è stato imprigionato a seguito della cospirazione internazionale del 15 febbraio 1999. Per oltre dieci anni è stato l’unico prigioniero nell’isola fortezza di Imrali. Nonostante le condizioni indescrivibili del suo isolamento non ha mai smesso di sperare in una soluzione pacifica ai conflitti in Medio Oriente.

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Il tempo della libertà è arrivato: Appello per una mobilitazione in Italia il 12 febbraio per la liberazione di Abdullah Öcalan

Il CISDA aderisce 

Uikionlus, 25 gennaio 2022 

Da 23 anni Abdullah Öcalaappello_APO_copy.jpgn è stato imprigionato a seguito della cospirazione internazionale del 15 febbraio 1999. Per oltre dieci anni è stato l’unico prigioniero nell’isola fortezza di Imrali. Nonostante le condizioni indescrivibili del suo isolamento non ha mai smesso di sperare in una soluzione pacifica ai conflitti in Medio Oriente.

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Il tempo della libertà è arrivato: Appello per una mobilitazione in Italia il 12 febbraio per la liberazione di Abdullah Öcalan

Il CISDA aderisce 

Uikionlus – 25 gennaio 2022 

appello_APO_copy.jpgDa 23 anni Abdullah Öcalan è stato imprigionato a seguito della cospirazione internazionale del 15 febbraio 1999. Per oltre dieci anni è stato l’unico prigioniero nell’isola fortezza di Imrali. Nonostante le condizioni indescrivibili del suo isolamento non ha mai smesso di sperare in una soluzione pacifica ai conflitti in Medio Oriente.

Per diversi anni Öcalan è riuscito a negoziare  con il governo turco per raggiungere questo obiettivo. La stragrande maggioranza della popolazione curda vede Abdullah Öcalan come proprio rappresentante, e ciò è stato confermato dalla raccolta di firme di oltre 3,5 milioni di curdi nel 2005.

Ocalan è un attore politico e il suo status ha anche dimensioni politiche più ampie. La società curda, così come gli analisti politici, lo considerano un leader nazionale e il rappresentante politico dei curdi. La prigione dell’isola di İmralı, gestita dallo stato turco, continua ad essere sottoposta ad uno status straordinario. Il continuo isolamento di Ocalan, che dura già da 23 anni, si basa su pratiche  considerate illegali sia dalla magistratura turca che dal sistema giuridico internazionale.

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La crisi umanitaria è l’unica certezza rimasta agli afgani

Internazionale – 25 gennaio 2022, di Junko Terao  internazionale 25 01 22

In un hotel su una collina appena fuori Oslo da due giorni si discute della crisi umanitaria in Afghanistan, e in generale della situazione nel paese. Seduti al tavolo, una delegazione del governo di Kabul – che nessun paese occidentale ha ancora riconosciuto – e i rappresentanti di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Norvegia e Unione europea.

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PODCAST. Su Hasakah il marchio dell’Isis: morti, feriti e ostaggi

Intervista a Davide Grasso di  Michele Giorgio del Manifesto 

di Pagine Esteri | 26 Gen 2022

Pagine Esteri, 26 gennaio 2022 – L’assalto alla prigione di Hasakah, operato dall’Isis lo scorso 20 gennaio, è stato improvviso ma pianificato e coordinato: numerosi miliziani hanno occupato molti edifici nel centro abitato e per giorni ci sono stati combattimenti.

Sono intervenute le forze speciali e gli Stati Uniti hanno bombardato la zona. Non ci sono ancora numeri accertati ma ci sono state decine tra morti e i feriti.

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Afghanistan. Talebani rapiscono due attiviste e rivendicano il diritto di “arrestare i dissidenti”

AgenPress.it, 24 gennaio 2022 protestedonne afgane

AgenPress – Giovedì i talebani hanno fatto irruzione in una residenza a Kabul, sfondando la porta e arrestando una donna attivista per i diritti umani e le sue tre sorelle.

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Vent’anni di guerra afghana. Cronaca di un fallimento

Daniela Musina e Delina Goxho, Sbilanciamoci, 21 gennaio 2022

La ricostruzione dei discorsi, delle strategie, delle azioni militari in Afghanistan, delle alternative pacifiste, della sconfitta occidentale e del ritorno dei Talebani. L’introduzione dell’ebook ‘Afghanistan senza pace, 2001-2021’

afghanistan senza pace

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Vent’anni dopo, è la fine dell’intervento militare occidentale in Afghanistan. Il bilancio è già pesantissimo se ci si limita a considerare i costi umani ed economici: una spesa di quasi 8 mila miliardi di dollari, un totale di 241 mila vittime ufficiali.1 La guerra più costosa di sempre se si considera la spesa totale per la War on Terror. I Talebani, saliti per la prima volta al potere tra il 1995 e il 1996 a seguito della guerra civile afghana successiva al ritiro dell’URSS, e rovesciati dall’intervento a guida statunitense nel 2001, riconquistano il paese e la capitale Kabul a distanza di vent’anni. È proprio da qui che inizia la ricostruzione di questo ebook.
In questo volume – che raccoglie articoli, documenti, analisi, reportage – vogliamo fornire ai lettori gli strumenti per un’analisi di ampio respiro sui discorsi, le strategie, le azioni militari della Guerra al Terrore – e delle campagne militari in Afghanistan e in Iraq – e sugli esiti che hanno avuto. Ricostruiamo la critica emersa fin dall’inizio alla scelta di scatenare la guerra, le manifestazioni mondiali, le alternative pacifiste, le pratiche di solidarietà nell’Afghanistan occupato.

Raccogliamo reportage dalla guerra, inchieste che offrono uno spaccato della realtà e della quotidianità afghana, durante e dopo la fine dell’intervento militare occidentale, raccontando gli esiti della guerra e le eredità che lascia al paese.
Da questi racconti emerge tutta la complessità dell’Afghanistan.

Guardare alle trasformazioni in seno a un élite urbana ristretta e dipendente dai finanziamenti esterni non basta per comprendere il contesto afghano e il lascito di questi vent’anni di guerra. Nelle aree montuose ed extra-urbane, che costituiscono gran parte del territorio del paese e in cui si concentra la grande maggioranza della popolazione, si sovrappongono disagi materiali e tensioni irrisolte. L’accesso ai beni essenziali e ai servizi pubblici, la difesa dei diritti fondamentali, la condizione femminile e le rivendicazioni di genere, tassi altissimi di povertà e di crescita demografica, la ricostruzione delle infrastrutture e la scarsa legittimità istituzionale sono tutti nodi che la guerra non ha sciolto.

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Afghanistan: talebani a Oslo per ‘cambiare atmosfera bellica’

Delegazione 15 membri per colloqui con diplomatici occidentali

Redazione ANSA, 22 gennaio 2022

Talebani in Norvegia

OSLO, 22 GEN – Una delegazione talebana è arrivata oggi in Norvegia per tre giorni di colloqui con diplomatici occidentali e rappresentanti della società civile afgana nella speranza, ha detto il loro portavoce, di “cambiare l’atmosfera bellica” nel Paese.

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Ve lo ricordate l’Afghanistan?

Giulio Cavalli, Left, 21 gennaio 2022

Kabul attesa passaporto

Una sentenza del Tribunale di Roma impegna l’Italia a dare protezione umanitaria a due giovani giornalisti afghani, ma la Farnesina oppone un’inaccettabile resistenza. Un caso che rivela l’ipocrisia del governo italiano

Vi ricordate tutte le belle parole sull’Afghanistan quando arrivarono i talebani e quando tutto il mondo si dichiarava pronto ad accogliere le persone in difficoltà, persino i più ostici sovranisti? Per sapere cosa stia facendo l’Italia si può leggere l’ordinanza del Tribunale di Roma che già il 21 dicembre ha sancito il diritto di entrare in Italia per proteggersi dal rischio di diritti umani gravemente compromessi. ll caso riguarda due afghani che erano giornalisti sotto il precedente governo in Afghanistan e impegnati in varie attività culturali.

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Esecuzioni e povertà nell’Afghanistan dei talebani che non sanno governare

Pietro Del Re – Repubblica.it – 18 gennaio 2022

Dopo cinque mesi al potere, gli studenti coranici continuano a dare la caccia a chiunque abbia collaborato con gli americani e con la precedente amministrazione, pronti a giustiziare ogni oppositore. Le donne non possono più lavorare ne studiare. Il consumo di droga è esploso. E intanto il Paese sprofonda nella crisi economica, che i nuovi padroni di Kabul non sanno come gestire

bambini afghaniKABUL – Si sono accorciati la barba e, dismesso il mantello nero da briganti, molti di loro indossano oggi l’uniforme mimetica dell’esercito sconfitto. In giro vedi anche meno kalashnikov e nel traffico di Kabul non senti più i loro pick-up sgommare come una volta. Inurbati da sei mesi nella capitale, e da allora incontrastati padroni dell’Afghanistan, i talebani si sono dati una ripulita: passata l’euforia della vittoria, è anche tramontato il bisogno di affermare il loro potere terrorizzando la popolazione civile.

“Ma adesso operano più di nascosto, all’oscuro dei media internazionali agli occhi dei quali vogliono presentarsi con un volto nuovo, più umano e responsabile”, dice Alì Jafari, ex funzionario pubblico, licenziato perché appartenente alla minoranza sciita hazara e costretto a nascondersi per paura di ulteriori rappresaglie. “Sono però rimasti gli aguzzini di sempre, poiché non danno la caccia soltanto agli esponenti della mia etnia, ma a tutti gli ex nemici, e cioè a coloro legati al precedente governo”.

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