Dossier: Il motivo dell’attacco su Afrin mira ad indebolire il movimento di liberazione delle donne e l’alternativa democratica
Da Uiki – 12 marzo 2018
La notte precedente il 20 gennaio 2018, l’esercito turco ei suoi alleati jihadisti hanno attaccato congiuntamente il cantone di Afrin. L’esercito turco ha ribattezzato questa guerra d’aggressione “operazione ramo d’ulivo”, una detta della Turchia, una guerra “difensiva”. Gli avvocati della comunità non sono d’accordo e il contrario. Nel corso del 2017 [cfr. annesso 2: cronologia degli attacchi turchi su afrin nel 2017] l’esercito turco, armato di artiglieria pesante, ha attaccato almeno una dozzina di volte la zona nord-ovest della Siria col fine di provocare una guerra. In tal senso, l’inizio dell’operazione militare era tutt’altro che inatteso. Si pensa infatti fosse pianificato da tempo.
Con i suoi attacchi terresti e aerei, lo Stato Turco viola il diritto internazionale e commette un crimine di guerra. Solo in questi primi 16 giorni di attacchi, sono 129 le vittime civili e per la gran voce sono bambini, donne e persone anziane. Il 4 febbraio, il numero di feriti era di 310. Quasi metà delle vittime civili sono rifugiati arabi, che ha trovato rifugio nella regione di Afrin in seguito agli attacchi del regime di Assad e dei jihadisti.
Gli attacchi militari sono stati resi possibili dalle tecnologie e dagli equipaggiamenti militari occidentali, in particolare le armi tedesche, inglesi e italiane, scelte per attaccare i civili. Ciò fa sì che i paesi siano complici e diretti responsabili di questi crimini di guerra.
Erdogan: “Se Dio lo consente, partendo da Manbij, elimineremo le nostre prede lungo le frontiere e purificheremo completamente la nostra regione da questo maschile. (…) Innanzi tutto, elimineremo i terroristi, in seguito farmo di queste terre, luoghi di nuovo abitabili. “(24/01/2018)
“Porteremo avanti la nostra operazione” d’olivo “fino a che questo obbiettivo non viene portato un termine. Faremo poi piazza puliti dei terroristi a Manbij, come promesso. La popolazione civile non ha di che temere, in quanto sono veri abitanti di Manbij non sono i terroristi, bensì i nostri fratelli arabi. Continueremo questa guerra fino alla frontiera irachena, fino a quando non sarà eliminato fino all’ultimo terorista. “(26/01/2018)
“Chi attaccherà le nostre frontiere la pagherà cara. Questa guerra iniziata a Afrin diventa un Idlib. “(28/01/2018)
Erdogan non è mai stato solo una pulizia etnica e l’occupazione di Afrin da parte degli alleati jihadisti. Egli vuole “distruggere” tutte le strutture democratiche del Rojava e del nord della Siria. L’obbiettivo è quello di superare l’autonomia di fatto della popolazione curda locale. Il suo intento è quello di privare i trattati di ogni diritto in Siria. Lo Stato turco vuole ad ogni costo ostacolare il riconoscimento della Federazione Democratica della Siria del Nord.
Questo è il motivo per cui gli attacchi della Federazione Democrazia della Siria erano attesi.
Il confederalismo democratico, nella forma in cui è concepito nel Rojava e nel nord della Siria, propone un modello di soluzione unica per gran parte dei conflitti in Medio Oriente. Le frontiere, tracciate dalle potenze straniere, si riproducono incessantemente dando forma alle crisi nella regione. Ridisegna la carta dei confini noneremobbe la situazione. Il Confederalismo democratico continua a lavorare per l’autoregolamentazione egualitaria e l’autodeterminazione di uomini e donne di ogni etnia e religione. Questo modello, basato sul pluralismo etnico e culturale, è attualmente in fase di costruzione nel Rojava e nel nord della Siria. In tale processo, le donne giocano un ruolo preponderante. Un vero cambiamento verso la libertà e la democrazia, infatti, puoi pensare come mai, ma rispettate in quanto individui. Afrin e il nord della Siria sono teatro di questo cambiamento.
Il governo AKP in Turchia ei suoi pseudo-alleati dell’ESL diventano simbolo della sovranità maschile, dell’islam sunnita con le sue aspirazioni egemoniche, dell’oppressione delle donne e del sessismo. Esercito della Turchia, membro della NATO, nei confronti del cadavere di Barîn Kobanê (Emine Mustafa Omer), una combattete di 23 anni dell’Unità di difesa delle donne. Un video diffuso sui social network mostra come i jihadisti sono brutalmente mutilato i seni di Barìn Kobanê e ne armato in seguito incendiato il cadavere. Atti simili di barbarie non fanno altro che dar prova dell’odio rivolto alle donne e del carattere disumano degli aggressori.
Non si fanno portavoce di alcun modello democratico, al contrario, con i loro attacchi contro Afrin, inaspriscono ancor più il conflitto. Il loro obbiettivo è quello di distruggere completamente la forma di autogestione democratica sviluppatasi nel nord della Siria. Essa rappresenta infatti la prima soluzione in cento anni di trattati che può davvero portare un compimento alternativo democratico nel Medio Oriente, altrimenti devastato dalla guerra e dal caos. La guerra d’aggressione iniziata della Turchia mira ad indebolire quest’alternativa democratica.
Con il presente dossier informativo, intendiamo illustrare a grandi linee il processo di un’alternativa democratica nelle regioni settentrionali della Siria e il ruolo preponderante assunto in esse dalle donne di Afrin. Con questo dossier, intendiamo spiegare in modo simile agli attacchi del regime di Erdogan e dei suoi alleati islamisti mirino ad ostacolare la rivoluzione delle donne. Questa rivoluzione deve essere difesa.
Noi, il movimento delle donne curde, vi invitiamo ad unire le nostre voci alle nostre rivendicazioni e usa tutti i mezzi per agire pressione politica e sociale agli attacchi turchi contro Afrin.
COSA CHIEDIAMO:
- un’attuazione immediata delle misure approvate dalle Nazioni Unite, dall’UE e dagli Stati della NATO per porre fine agli attacchi turchi contro Afrin;
- una no-fly zone su Afrin;
- l’arresto immediato di tutti i traffici di armi verso la Turchia;
- l’avvio di una commissione d’inchiesta indipendente sui crimini di guerra commessi dalla Turchia a Afrin;
- aiuto umanitario diretto al cantone di Afrin, in particolare a favore dei profughi e dei feriti;
- il riconoscimento ufficiale della Federazione democratica della Siria del Nord;
- La fine della guerra in Siria e il sostegno per una soluzione democratica del conflitto.
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