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Turchia, via dal Trattato di Istanbul

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Blog di Enrico Campofreda, 20 marzo 2021

Turchia trattato Istanbul

A detta della ministra turca della Famiglia, del Lavoro e delle Politiche Sociali Zehra Zümrüt garanzie e diritti delle donne sono previsti dalla Costituzione “e il nostro sistema giudiziario è dinamico e forte abbastanza per migliorare le nuove regole di cui la nazione ha bisogno”. Così fra gli orientamenti espressi dal governo di Ankara c’è una retromarcia nei confronti del Trattato di Istanbul, voluto dal Consiglio d’Europa dieci anni or sono, che impegnava i Paesi sottoscrittori a prevenire e combattere la violenza di genere. Proprio la Turchia a guida Akp, partito cui appartiene Zümrüt ch’è figlia dell’ex ministro di Cultura e Turismo Atilla Koç, nel 2012 aveva ratificato il documento stilato nella metropoli sul Bosforo, in conformità con l’epoca delle aperture incarnate dall’allora premier Erdoğan. Seguì un suo percorso politico sempre più autoritario che, come l’oltranzismo religioso, ha gradualmente ostacolato ogni tipo di apertura. Così quella Carta dei diritti è rimasta schiacciata da costumi conservatori, impossibilitata a difendere il mondo femminile, con ricadute terribili nella quotidianità che vede la Turchia con un numero elevatissimo di femminicidi (una Ong locale ha calcolato che nel 2020 ai 300 omicidi ufficiali di donne si dovrebbe aggiungere la cifra di altri 171 decessi catalogati come suicidi). Ora s’attacca direttamente la convenzione, rea di non difendere la famiglia, favorire i divorzi, diffondere (chissà come) princìpi della comunità Lgbt. 

Turchia deputata GokcenL’opposizione ufficiale di parte repubblicana (Chp) ha dichiarato con la deputata Gokcen, che s’occupa di diritti umani, che in tal modo “le donne diventano cittadini di seconda classe e rischiano ancor più la vita”. Proprio la pandemia di Covid-19, che ha imposto ripetuti confinamenti della popolazione, faceva registrare un’infinità di casi di maltrattamenti e brutalità casalinghe verso mogli, compagne, figlie, sorelle e anche quando queste non raggiungevano la sciaguratezza del delitto, il clima risultava pesante. Eppure l’aria conservatrice che da anni circola nel Paese aveva già smosso l’ipotesi ora praticata, tanto che, nonostante le restrizioni sanitarie oltreché politiche, in molte località s’erano registrate manifestazioni e sit-in in sostegno delle tutele della Convenzione. Un orientamento che nei mesi scorsi ha portato in piazza contro il proprio governo un altro Paese dove il conservatorismo confessionale (in questo caso cattolico) ratifica leggi espressamente contrarie a diritti ed emancipazione femminile: la Polonia. Erdoğan, da parte sua, solo qualche settimana fa s’era espresso per un miglioramento dei diritti umani in Turchia, ma fra il suo tanto dire e il fare passano pratiche opposte come quest’uscita dal Trattato e il progetto di sciogliere i partiti d’opposizione in “odore di terrorismo”. Il bersaglio è il Partito democratico dei popoli (Hdp) che, dopo l’arresto d’un congruo numero di deputati regolarmente eletti, e appunto accusati di terrorismo, rischia la messa fuori legge.

 

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