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Tag: Chiusura Internet

“Eravamo come persone che vivevano nelle caverne”: gli afghani raccontano il blackout di internet

Zan Times, 3 ottobre 2025, di Atia FarAzar*

Hamida vive ad Hairatan, vicino al confine con l’Uzbekistan. La ventiseienne era l’unica tra i miei amici di Facebook in Afghanistan ancora online durante il blackout di 48 ore di internet e telefonia in Afghanistan, iniziato lunedì 29 settembre.

Usa una SIM uzbeka, mi ha spiegato dopo il mio messaggio. I suoi pacchetti dati sono più economici e più difficili da tagliare per i talebani. “Per 500 afghani ho 90 GB di internet”, ha detto, aggiungendo che le aziende afghane di solito fanno pagare 2.099 afghani per 50 GB.

Nonostante fosse connessa, non è riuscita a contattare il suo fidanzato in Badakhshan. “Avevamo pianificato tutto per il nostro matrimonio per telefono, persino gli acquisti tramite videochiamata”, ha raccontato martedì allo Zan Times in un messaggio vocale WhatsApp. “Ma ora non riesco a contattarlo”.

Da lunedì a mercoledì sera, l’Afghanistan ha subito il primo blocco totale delle comunicazioni internet e telefoniche. I talebani non hanno fornito una spiegazione ufficiale, sebbene il portavoce Zabihullah Mujahid abbia smentito un rapporto dell’Associated Press che attribuiva il blocco alla sostituzione di “vecchie linee in fibra ottica”.

Due settimane prima, le autorità talebane avevano iniziato a vietare i servizi in fibra ottica nella provincia di Balkh, affermando che la misura era necessaria per “prevenire i vizi”. Ben presto, altre province hanno fatto lo stesso.

“Le iniziative dei talebani per tagliare l’accesso a Internet danneggiano i mezzi di sussistenza di milioni di afghani e li privano dei loro diritti fondamentali all’istruzione, all’assistenza sanitaria e all’accesso alle informazioni”, ha affermato Fereshta Abbasi, ricercatrice sull’Afghanistan presso Human Rights Watch (HRW), in una dichiarazione del 1° ottobre.

Gli effetti si sono fatti sentire immediatamente in tutto l’Afghanistan. I voli da e per l’aeroporto di Kabul sono stati cancellati. Le aziende che facevano affidamento sui trasferimenti mobili e sulle comunicazioni online sono rimaste paralizzate. Dopo il ripristino di internet mercoledì, un residente di Sheberghan, nella provincia di Jawzjan, ha raccontato l’esperienza allo Zan Times: “Eravamo completamente ciechi, come persone che vivono in una caverna. … Le banche erano chiuse, gli uffici governativi hanno dichiarato che i loro sistemi erano inattivi e i prezzi dei generi alimentari sono aumentati”.

Il blocco ha colpito duramente le donne, che già si trovano ad affrontare un divieto assoluto di accesso all’istruzione secondaria e superiore e al pubblico impiego. Per Asia, una studentessa di giurisprudenza ventenne di Mazar-e-Sharif, il blackout ha improvvisamente interrotto il suo unico accesso all’istruzione. “Quando i talebani hanno chiuso le università, non potevo accettare che i miei studi finissero così”, racconta. “Mi sono iscritta online ed ero al quarto semestre”.

La sua classe è composta da 25 studenti provenienti da tutto l’Afghanistan. Per due giorni, gli schermi sono rimasti spenti. “Non riesco più a sentire le loro voci”, dice. “Ancora una volta, i talebani hanno spezzato il ponte tra le ragazze afghane e i loro sogni. Siamo vive, ma non viviamo”.

HRW ha documentato esperienze simili. Un docente ha riferito all’organizzazione che, su 28 studenti iscritti a un corso online – tra cui 18 donne in Afghanistan – solo nove sono riusciti ad accedere una volta iniziato il blackout.

Il blocco ha anche messo a tacere le comunicazioni tra gli afghani all’interno del Paese e i parenti all’estero, che forniscono un sostegno finanziario ed emotivo fondamentale. Zohra, una ventottenne che vive in Australia, chiama ogni giorno la madre sessantacinquenne a Kabul. Invia anche soldi per l’affitto e le medicine. “L’ultima sera che ci siamo sentiti, mia madre era malata”, racconta. “Le ho detto di non preoccuparsi, che mi sarei presa cura di lei”.

Il panico l’ha presa dopo due giorni in cui non è riuscita a contattare la madre. “Ho pianto così tanto. Non riesco a dormire. Sto allattando il mio bambino, ma la testa mi fa male in continuazione”, racconta Zarmena allo Zan Times. “Non so se mia madre avesse medicine o cibo”.

Per molte donne afghane, il blackout di internet non riguarda solo la perdita di connessioni, ma fa parte di un più ampio schema di esclusione. Scuole, luoghi di lavoro e spazi pubblici sono già stati sottratti alle donne. Le piattaforme online erano tra gli ultimi luoghi in cui potevano studiare, lavorare e parlare. Ora, anche quello spazio fragile è a rischio.

Per più di due anni, Nargis, una studentessa dell’undicesimo anno di Herat, ha studiato inglese online, mantenendo vivo il sogno di continuare gli studi. Il primo giorno di chiusura, era nel bel mezzo di un esame settimanale quando la sua connessione si è improvvisamente interrotta. “Quel momento è stato così difficile e incredibile per me”, ha detto. “Per due giorni sono rimasta in silenzio e isolata, incapace di fare qualsiasi cosa”.

Sua madre era così stressata dopo aver perso i contatti con la sorella maggiore di Nargis in Germania che si ammalò. “Ora ha continui mal di testa”, racconta Nargis.

L’apprendimento online è l’unica speranza che le è rimasta. Nargis ha trascorso quasi due anni a combattere la depressione e la reclusione dopo che i talebani hanno chiuso le scuole alle donne. Ora teme che questa speranza possa svanire. “Se internet rimane bloccato per sempre”, spiega a bassa voce, “ricadrò nella depressione. Ma questa volta non ci sarà via di scampo”.

Ida Osman ha contribuito a questo rapporto.

*Atia FarAzar è lo pseudonimo di una giornalista dello Zan Times.

[Trad. automatica]

Afghanistan, il buio della Rete. I talebani spengono il web

Il manifesto, 1 ottobre 2025, di Giuliano Battiston

Restrizioni Conflitto tra i clerici di Kandahar e i governanti di Kabul, internet se ne va per 48 ore

Dopo due giorni di blocco totale, in Afghanistan le connessioni internet e delle comunicazioni via linea mobile vengono ripristinate progressivamente, ma rimane la volontà censoria e il conflitto politico tra le diverse anime dell’Emirato islamico, il governo dei Talebani riconosciuto soltanto dal governo russo.

IL BLOCCO delle comunicazioni, completo dal pomeriggio di lunedì 29 settembre e fino a ieri pomeriggio, ha causato forti disagi commerciali, l’interruzione dei voli in entrata e uscita dall’aeroporto di Kabul e all’interno del Paese, la paralisi di molti uffici, del sistema bancario già compromesso dall’isolamento e dalle sanzioni, della macchina amministrativa-statuale, di quel sistema sanitario che già sconta mancanza di fondi, di personale, di medicinali, e che la decisione dell’amministrazione Trump di tagliare i fondi Usaid ha ulteriormente indebolito. Al di là dei danni economici, ha provocato un danno psicologico enorme: 42 milioni di persone che non hanno avuto la possibilità di comunicare tra loro, se lontane, né con l’esterno, con quella diaspora che spesso, al di fuori del Paese, invia rimesse e mantiene aperti progetti di educazione per le donne e, tramite internet, quella comunità e unità famigliari rotte da esilio, migrazioni forzate o volontarie.

DUE GIORNI di buio digitale, un vuoto di immagini e parole presto riempiti, però, dal passaggio di bocca in bocca dei rumors. Qualcuno, riportano i media afghani che operano all’estero come Hasht-e-Subh, ha sostenuto che il blocco fosse dovuto al ritorno delle forze statunitensi nella base di Bagram, da cui l’esercito Usa si è ritirato nel maggio 2021 e che il presidente Donald Trump ha detto pochi giorni fa di voler indietro, pena «guai seri» per i Talebani. Altra voce diffusa è quella secondo cui il blocco serviva a permettere l’allontanamento in sicurezza dal ministero degli interni di Sirajuddin Haqqani, il kalifa a capo di una delle fazioni più potenti dell’Emirato e in continuo antagonismo con il leader supremo Haibatullah Akhundzada; per altri, sarebbe servito a oscurare l’incontro che si è tenuto in queste ore a Islamabad, in Pakistan, di una parte dell’opposizione politica al governo di Kabul.

ANCORA UNA VOLTA per capirne qualcosa occorre guardare a sud, a Kandahar, da dove governa Haibatullah Akhundzada, il clerico ortodosso che ha impresso una torsione autarchica al Paese, oltre che repressiva e discriminatoria verso le donne. A lui, alla sua cerchia e al suo braccio operativo, il ministero per la promozione della Virtù e la prevenzione del Vizio, andrebbe ricondotta la decisione, assunta per contrastare la diffusione dell’«immoralità» su internet. La decisione è stata presa da alcune settimane. Il blocco totale – preceduto nel 2022 dal blocco di TikTok, nell’aprile 2024 dall’annuncio di voler bloccare Facebook – fa seguito infatti a diverse settimane di blocchi parziali, iniziati dal nord, dalla provincia di Balkh, importante hub economico e commerciale verso l’Asia centrale, rivendicato dal portavoce del governatore della provincia, Haji Attaullah Said, che sul social X ha scritto: «D’ora in poi, non ci sarà accesso a Internet», confermando poi la decisione all’Associated Press (come riepiloga nel suo blog lo studioso Thomas Ruttig): «Questa misura è stata presa per prevenire l’immoralità». La città di Mazar-e Sharif, capoluogo di Balkh, è stata dunque la prima, già il 16 settembre, ha vedere banche, uffici per i passaporti e uffici doganali, esercizi commerciali temporaneamente offline. Ha fatto seguito, il giorno successivo, la provincia di Kunduz. Da lì è venuta la conferma che di mezzo ci fosse proprio il leader supremo: «A causa del decreto del venerato Amir al-Mominin Sheikh Sahib, che Allah lo protegga, le province della regione di Kunduz (Kunduz, Baghlan, Takhar e Badakhshan) sono state completamente isolate e da ora in poi non ci sarà più alcuna connessione internet via cavo. Questa misura è stata presa per prevenire l’immoralità».

DA ALLORA, parallelamente all’estensione del blocco ad altre province, è cresciuta la pressione sul leader supremo, affinché rinunciasse all’editto: 6 ministri dell’Emirato si sarebbero recati da lui, altre pressioni sarebbero arrivate anche da personaggi di spicco vicini all’emiro, come il governatore della Banca centrale Nur Ahmad Agha, il ministro delle miniere Hedayatullah Badri, il vice ministro degli interni Ibrahim Sadr. Il ripristino progressivo delle comunicazioni nel Paese segnala che Kandahar ha ceduto, Kabul incassa una vittoria. Che però rimarrà parziale e provvisoria, come il compromesso trovato tra le diverse anime dell’Emirato. La volontà censoria e moralizzatrice, ci ha spiegato chiaramente il portavoce del ministero per la Virtù qualche mese fa, rimane fortissima. Tornerà presto a scaricarsi sulla popolazione.

I talebani hanno bloccato internet

Il Post, 30 settembre 2025

Dalle 17 di lunedì in Afghanistan non ci si può più collegare in rete: il regime non ha dato spiegazioni

Lunedì il regime dei talebani, che governa in maniera molto autoritaria l’Afghanistan, ha bloccato la connessione a internet in tutto il paese. Per il momento non sono state date spiegazioni, ma già nelle ultime due settimane era stata sospesa la connessione a fibra ottica in molte parti del territorio nazionale, secondo i talebani per limitare «l’uso improprio di internet» e prevenire «atti immorali». Il regime ha aggiunto che il blocco rimarrà in vigore «fino a nuovo ordine».

Secondo il sito di monitoraggio NetBlocks, il blocco è iniziato alle 17 ora locale di lunedì. Da quel momento è diventato difficile avere notizie aggiornate, anche per i problemi con le linee telefoniche. Le agenzie di stampa internazionali Associated Press e Agence France-Presse hanno entrambe detto di non essere state più in grado di contattare i loro uffici nella capitale Kabul.

Il blocco di internet attuale ha dimensioni enormi e sta riguardando moltissimi servizi e attività economiche, tra cui quelle fornite da banche e amministrazione pubblica. Un commerciante di Kabul ha raccontato che «il mercato è completamente congelato», aggiungendo che «è come una vacanza, sono tutti a casa». Anche diversi voli che dovevano atterrare all’aeroporto di Kabul martedì mattina sono stati cancellati. Mohammad Hadi, un afghano che vive in India dal 2019, ha detto che da lunedì pomeriggio «non è più possibile comunicare con nessuno» in Afghanistan, né capire se le persone rimaste lì «stiano bene o no».

Da quando sono ritornati al potere, i talebani hanno imposto un regime molto restrittivo basato su una visione assai integralista della legge islamica. Tra le altre cose hanno limitato di molto la libertà e i diritti delle donne, che sono state escluse dall’istruzione superiore (molte di loro usavano internet per continuare a studiare, spesso frequentando corsi online tenuti da altre donne afghane all’estero).

Come detto, non si sa il motivo per cui i talebani hanno bloccato internet. In passato alcuni governi avevano bloccato volutamente l’accesso a internet per installare dei filtri da usare per rafforzare la censura sui social network. Era successo l’anno scorso in Pakistan, per esempio. Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, in passato aveva detto che il governo stava pensando alla possibilità di installare filtri che rendessero più facile promuovere la propria ideologia islamista e conservatrice, ma di non essere in grado di farlo per mancanza di soldi.