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Tag: Comunicati

Comunicato di RAWA nel quarto anniversario dell’Emirato talebano medievale a Kabul

di RAWA, 14 agosto 2025, cisda.it

Affiliamo il pugnale della lotta contro la piaga talebana-jihadista e i suoi padroni americani!

Sono passati quattro anni dalla conquista di Kabul da parte dei fascisti religiosi talebani, quattro anni in cui le catene dell’imperialismo, che da decenni soggiogano la nostra patria, si sono strette ancora di più attorno ai nostri corpi, alle nostre anime e alle nostre menti. Oggi i talebani, creature oscene dei servizi segreti pakistani e risultato di accordi tra Stati Uniti, Qatar, regime iraniano e forze reazionarie della regione, sono diventati una macchina di morte e repressione.

Nei primissimi giorni del loro governo, hanno privato migliaia di donne del lavoro e dell’istruzione; con le armi e la violenza hanno imposto un’inquisizione medievale; con le loro politiche sanguinose, le torture e la scomparsa degli oppositori, questi carnefici hanno trasformato l’intero Paese in una prigione terrificante. La disoccupazione diffusa, i prezzi elevati dei beni di prima necessità, la corruzione, la disperazione e decine di altre disgrazie hanno reso la vita completamente insopportabile per il nostro povero popolo.

Questo regime che ci hanno imposto è la continuazione di vent’anni dei governi inutili di Karzai e Ghani, che hanno iniettato la cultura del tradimento, della frode e della schiavitù nelle vene della società. La presenza dei talebani in Afghanistan non è una coincidenza: è un anello della catena della strategia coloniale degli Stati Uniti per controllare la regione e utilizzare gruppi fondamentalisti e terroristici per raggiungere i propri sinistri obiettivi strategici ed economici. La nostra terra oggi è come una carcassa su cui si accaniscono gli avvoltoi della regione e del mondo. Gli Stati Uniti continuano a controllare i talebani, anche se apparentemente hanno alcune divergenze con loro. Il Pakistan, dando forza ai suoi lacchè, pugnala alle spalle il nostro popolo; l’Iran invia le sue spie culturali e mediatiche, insieme alle sue milizie religiose; e la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita, ciascuno a modo proprio, sostengono le forze reazionarie e fondamentaliste, inquinando il nostro suolo.

Fin dai primi giorni, i talebani hanno colto l’occasione per prendere il controllo delle nostre ricchezze nazionali e delle risorse minerarie, saccheggiandole per arricchirsi. Gli sfollamenti forzati e la repressione delle proteste locali hanno aperto la strada al saccheggio, garantendo maggiori privilegi, intensificando le rivalità interne tra i talebani e le nostre diverse etnie, spingendo l’Afghanistan verso conflitti più profondi e una crisi senza precedenti. La maggior parte dei leader talebani controlla personalmente la coltivazione del papavero e il traffico di stupefacenti oppure, prende la propria parte dai contrabbandieri e dai gruppi mafiosi, diventando così una nuova forma di oligarchia jihadista.

L’Emirato sanguinario dei talebani, contrariamente a quanto sostiene, non è dedito a garantire la pace e la dignità umana, ma è determinato a distruggere gli ultimi brandelli dei diritti più fondamentali del nostro popolo. Anche alcuni ex “repubblicani” si sono trasformati in leccapiedi e lobbisti dei talebani. In Afghanistan, la CIA ha investito per decenni nei jihadisti, nei membri delle fazioni “Parcham e Khalq”, e in qualsiasi individuo debole e senza scrupoli, e li ha trasformati da intellettuali, giornalisti, attivisti della società civile privi di coscienza e patriottismo, presidenti, ministri, diplomatici e altri in quadri fedeli. Gli intellettuali separatisti, etnocentristi e compromessi col potere sono sempre stati apertamente o segretamente ostili alla democrazia e alla laicità, e hanno condiviso il tavolo con traditori e criminali fondamentalisti, mantenendo, in ultima analisi, il loro cordone ombelicale legato all’imperialismo e al sionismo.

Se le forze rivoluzionarie, patriottiche, progressiste e nazionaliste non riconosceranno la loro pesante responsabilità, se non strapperanno la maschera della “cultura” e della “mentalità” imperialista e fondamentalista che è stata calata sulle menti e sugli occhi del popolo, e se non impareranno la lezione dalle dolorose esperienze del passato… l’Afghanistan non riuscirà ad uscire dall’attuale terribile catastrofe. E diverse generazioni sprofonderanno e saranno distrutte. Impariamo dalle madri, dai giovani e dai bambini palestinesi che, nella loro ferma difesa e amore per la loro patria, non lesinano sacrifici o atti di coraggio. Le loro epiche storie di resistenza e perseveranza hanno commosso le coscienze risvegliate del mondo, suscitando ammirazione e sostegno.

Oggi, quando purtroppo non è presente sulla scena afghana alcuna forza seria, sostenuta dalle masse, nazionale, indipendente, democratica e antifondamentalista, è nostro dovere, senza alcuna aspettativa da parte dei governi stranieri, sensibilizzare noi stessi e le masse svantaggiate con ogni mezzo e metodo possibile. Dobbiamo respingere la politica vile dello “scegliere tra il male e il peggio”, che per anni ci è stata imposta dai governi occidentali e dalle forze reazionarie, lasciando il nostro popolo passivo e senza una visione del futuro. Fino all’alba della libertà, il movimento – in ogni forma, peso, luogo e livello possibile – deve rimanere vivo e tangibile; non dobbiamo permettere che i giovani si trasformino in esseri umani privi di forza, spaventati e distrutti.

L’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane (RAWA) ha anche sottolineato che le nostre donne onorevoli e patriottiche devono ripulire le loro file dai burattini della reazione e dell’imperialismo e non devono permettere che figure odiose ed egoiste come Fawzia Koofi, Habiba Sarabi, Shukria Barakzai, Asila Wardak, Manizha Bakhtari, Sima Samar, Naheed Farid, Mahbouba Seraj e simili, di distogliere la lotta delle donne dal percorso rivoluzionario verso il compromesso e la sottomissione alla Casa Bianca e ai governi occidentali.

Se le donne del nostro Paese sono state le prime vittime del fascismo religioso, negli ultimi quattro anni – subendo catene, prigionia e sacrificando le loro vite – sono state anche in prima linea e il pilastro principale della lotta. Sono loro la leadership della lotta anti-talebana. La paura dei talebani di una rivolta delle donne ha una ragione ovvia: sanno che il nostro spirito di lotta e la nostra rabbia repressa, come quella delle coraggiose donne dell’Iran e della Turchia, possono scuotere le fondamenta stesse della tirannia religiosa. Per questo motivo, i talebani, attraverso attacchi e metodi brutali, cercano di cancellare completamente le donne dalla società. L’arresto delle ragazze con il pretesto di un “hijab improprio”, la loro umiliazione e le ingiurie subite dagli agenti armati di frusta del “Ministero per la Promozione della Virtù”, la loro sistematica privazione dell’istruzione e del lavoro, e altre forme di repressione e minacce sono tutte prove evidenti di questo terrore, perché i talebani hanno capito che se questo potenziale latente si risveglia e si organizza, il loro dominio inquisitorio non durerà.

Sorelle e madri in lutto,

oggi diciamo a gran voce e senza esitazione che i fondamentalisti, siano essi jihadisti, talebani o qualsiasi altro servitore traditore dei padroni imperialisti, devono essere rimossi dalla scena afghana. Non ci può essere alcuna riforma in questo sistema; nessuna salvezza arriverà attraverso il compromesso o la supplica. L’unica strada è quella di aumentare la consapevolezza politica, organizzarsi e rafforzare le forze combattenti in modo che le masse di tutti gli strati e le nazionalità del nostro popolo si sollevino unite e con una sola voce in una rivolta nazionale. Diversamente, non ci libereremo mai da queste catene e saremo condannati dalle generazioni future.

Solo la libertà, la giustizia sociale e la democrazia basate sulla laicità possono guarire le ferite del nostro popolo. Affiliamo quindi il pugnale della lotta contro il fascismo religioso dei jihadisti e dei talebani e dei loro sostenitori imperialisti!

Revolutionary Association of the Women of Afghanistan

14 agosto 2025

Il CISDA è con Emily!

CISDA, Comunicato

La vicesindaca di Bologna, Emily Clancy, è stata pesantemente attaccata sui social nei giorni scorsi, con insulti misogini e sessisti, per aver osato commentare una campagna pubblicitaria dell’associazione “Genitori sottratti”, che con manifesti su cui erano riportate frasi violente pronunciate dalle donne nei confronti degli uomini da cui si separano, mirava a ribaltare la campagna avviata dalla regione Emilia-Romagna contro la violenza di genere.

Questo il nostro messaggio di sostegno e vicinanza

COMUNICATO STAMPA

Il Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) esprime la propria vicinanza e solidarietà alla vicesindaca di Bologna, Emily Clancy, aggredita verbalmente attraverso i social con insulti misogini e sessisti.

La vicesindaca, esercitando il proprio mandato, ha espresso un giudizio politico che condividiamo pienamente: ha denunciato la campagna pubblicitaria a favore dei “padri separati” dell’associazione Genitori Sottratti, sedicenti vittime di discriminazione in caso di separazione.

Evidentemente a corto di argomentazioni a favore delle proprie posizioni, che mirano ad occultare la gravità e l’incidenza della violenza domestica nel nostro Paese e la necessità di tutele legali, i sostenitori della campagna hanno confermato la bassezza e l’inconsistenza delle proprie convinzioni, insultando pesantemente la vicesindaca.

Chiediamo che vengano identificati i soggetti responsabili e vengano applicate le sanzioni previste dalla legge. Ma soprattutto, ci preoccupa l’arroganza delle forze politiche che, trincerandosi dietro un male inteso diritto alla libera espressione, sostengono associazioni che veicolano discorsi di odio contro le donne e tentano grottescamente di occultare lo squilibrio di potere che ancora si impone all’interno delle famiglie e nella società anche nel nostro “emancipato” Occidente.

L’impegno nel contrastare la violenza di genere in ogni luogo del pianeta ci impone di non sottovalutare ogni tentativo di intimidire e mettere a tacere le donne che si espongono nella difesa dei diritti di tutte.

Comunicato Stampa – 8 marzo 2025: è tempo di liberarsi dal patriarcato in tutto il mondo

Cisda, 4 marzo 2025 

Il secolo corrente deve essere il tempo in cui le donne, in ogni parte del mondo, prendono in mano le loro sorti e lottano insieme per liberarsi dal patriarcato.

Noi donne del CISDA che da oltre 25 anni lavoriamo a fianco delle donne afghane di RAWA

(Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), sappiamo che la loro lotta non è altro che un tassello delle lotte delle donne che in ogni angolo del pianeta si ribellano all’oppressione e al patriarcato in tutte le sue forme.

Sotto il regime dei fondamentalisti talebani le donne afghane sono oggi tra le più oppresse al mondo: non possono studiare, lavorare, uscire di casa sole, e quando escono devono coprire il proprio corpo da capo a piedi. Un vero e proprio apartheid di genere che ha l’obiettivo di annientare sistematicamente le donne e la loro volontà di lotta, che è un esempio di coraggio e resistenza.

Ovunque il fondamentalismo crea apartheid di genere. L’Afghanistan, a partire dalla fine degli anni ’70, ha subito ingerenze straniere da parte di potenze internazionali e regionali che hanno finanziato e armato gruppi fondamentalisti per sostenere la propria egemonia coloniale.

Noi lottiamo con loro, ma sappiamo anche che fino a che ci sarà anche una sola donna schiava e oppressa nessuna sarà libera.

Viviamo un tempo disperante, in cui il sistema capitalista e patriarcale sta facendo passare come inevitabili militarizzazione della società, guerre, cambiamenti climatici, disumanizzazione e genocidio di interi popoli, dei migranti e delle persone razializzate. Il fascismo, ormai dilagante in tutto il mondo occidentale e non solo, ha come primo target le donne, a cui viene chiesto di ridurre il proprio ruolo a quello di fattrici e forza di lavoro gratuita o sfruttata e sottopagata.

Questa disperazione, soprattutto per noi donne, deve trasformarsi in una lotta comune contro la violenza, il femminicidio, il fascismo, le politiche genocide e le guerre, tutti tasselli di un medesimo disegno di un sistema in profonda crisi.

Contro l’apartheid di genere in Afghanistan e ovunque nel mondo.

Contro tutti i fondamentalismi che imprigionano le donne