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Tag: Francia

Francia e Germania in campo, le spie europee tornano a Kabul

it.insideover.com Giuseppe Gagliano 13 dicembre 2025

Quattro anni dopo il ritorno dei talebani al potere, Kabul non è più solo la capitale di un Emirato isolato. È tornata a essere un crocevia di spie, emissari, intermediari. Tra gli attori più attivi ci sono i servizi di informazione esteri di Francia e Germania, decisi a ricostruire, in silenzio, la loro rete di influenza dopo il disastro del ritiro occidentale del 2021. Non è un ritorno nostalgico, ma una mossa che intreccia sicurezza, equilibri regionali e interessi economici.

Il ritorno discreto di Parigi e Berlino
Dalla metà del 2024 funzionari francesi e tedeschi sono tornati a operare sul terreno, spesso dietro coperture diplomatiche o umanitarie. Il loro obiettivo principale è chiaro: penetrare i livelli più alti della gerarchia talebana, arrivare il più vicino possibile al cerchio che circonda il capo supremo, il mullah Hibatullah Akhundzada, che governa dall’ombra a Kandahar. Chi riesce a stabilire rapporti con quegli ambienti ottiene informazioni preziose su lotte interne, rapporti con gruppi armati, orientamento reale della leadership.

Francia e Germania non si muovono in ordine sparso. Le loro strutture di informazione hanno una lunga abitudine alla cooperazione, dalle operazioni congiunte di ascolto elettronico in Medio Oriente alle missioni in Sahel. A Kabul lo schema si ripete: condivisione di basi logistiche, incrocio di fonti, divisione dei compiti tra chi ha più esperienza linguistica e chi dispone di strumenti tecnici più avanzati.

Le cicatrici del 2021 e il conto aperto con Kabul
Questo ritorno avviene sullo sfondo di una ferita ancora aperta. Per oltre un decennio la Francia aveva costruito, assieme al vecchio servizio di sicurezza afghano, una struttura di cooperazione che impiegava decine di agenti locali, pagati per individuare minacce e proteggere le truppe dispiegate nelle provincie. La Germania, dal canto suo, aveva integrato i propri ufficiali di informazione nei comandi della missione atlantica, soprattutto nella zona settentrionale.

Il crollo improvviso del governo di Kabul nel 2021 travolse queste reti. Una parte degli agenti afghani fu evacuata in fretta, grazie a operazioni speciali condotte da Parigi e Berlino, ma molti altri furono lasciati indietro, costretti alla fuga verso Pakistan e Iran o nascosti in patria. Ne nacquero polemiche, inchieste giornalistiche, ricorsi giudiziari. In Germania i servizi furono accusati di aver sottovalutato la rapidità dell’offensiva talebana, in Francia di aver abbandonato collaboratori che avevano rischiato la vita per anni.

Quella sconfitta, però, ha prodotto una lezione: i servizi europei vogliono tornare a “vedere” l’Afghanistan direttamente, senza dipendere solo dalle analisi dei partner d’oltreoceano.

L’Afghanistan come nodo della sicurezza globale
Perché tanto interesse oggi per un Paese impoverito, isolato e devastato? Perché l’Afghanistan è di nuovo un nodo critico della sicurezza globale. La nuova dirigenza talebana è attraversata da divisioni: da un lato i rigoristi ossessionati dal controllo sociale, dall’altro figure più pragmatiche preoccupate per il collasso economico. A questo si aggiungono la presenza di cellule legate alla vecchia rete di Al Qaida e l’attività crescente di gruppi che si richiamano allo Stato islamico con base nella regione.

Per le capitali europee questo significa rischio di nuovi attentati, flussi di combattenti verso altre aree di crisi, pressione migratoria, instabilità ai confini di Pakistan e Asia centrale. Per questo Francia e Germania vogliono fonti interne al sistema talebano: non solo per anticipare minacce, ma anche per capire quali fazioni possono essere influenzate, contenute o isolate.

Il gioco delle potenze e la sfida a Cina e vicini

Il ritorno dei servizi francesi e tedeschi si inserisce in un confronto più ampio. La Cina ha investito in concessioni minerarie e infrastrutture, interessata alle immense risorse di rame, terre rare e altre materie prime strategiche. Il Pakistan cerca di manovrare i talebani per garantirsi profondità strategica e contenere i propri gruppi ribelli. L’India prova ad aprire canali, temendo che Kabul torni a essere retrovia di formazioni ostili al suo territorio.

In questo mosaico, Parigi e Berlino non possono permettersi di essere cieche. Le informazioni raccolte a Kabul e Kandahar servono non solo a prevenire attentati in Europa, ma anche a capire come l’intreccio tra Cina, Russia, Pakistan e India plasmerà le rotte commerciali e i flussi energetici della regione. Avere una propria capacità di lettura significa evitare di dipendere totalmente dagli alleati d’oltreoceano e difendere margini di autonomia strategica.

La dimensione geoeconomica del ritorno
L’Afghanistan, pur in rovina, occupa una posizione chiave: tra Asia centrale, subcontinente indiano e corridoi che collegano il Golfo, la Cina e la Russia. La stabilità, anche minima, del Paese influenza vie di transito per merci, progetti di oleodotti e gasdotti, linee ferroviarie pensate per aggirare strozzature marittime.

Per Francia e Germania, che restano economie esportatrici dipendenti da materie prime estere, la conoscenza dettagliata di queste dinamiche è un patrimonio strategico. Capire chi controlla i valichi, quali milizie tassano i convogli, quali accordi economici il governo talebano negozia con Pechino o Mosca significa avere anticipo sulle trasformazioni delle catene di approvvigionamento. La “guerra economica” passa ormai anche da valli e passi montani dove una colonna di camion può valere più di un reparto corazzato.

Sicurezza, diplomazia e l’ambiguità permanente
Il rientro europeo a Kabul non si limita ai servizi segreti. L’Unione ha riaperto una rappresentanza, affidando a una società privata la protezione fisica di diplomatici e funzionari. Ma al centro della scena restano gli apparati di informazione, veri architetti di un ritorno che deve essere visibile quel tanto che basta per dialogare, e invisibile quel tanto che serve per non provocare la reazione del servizio di sicurezza talebano, noto per la sua durezza.

È un gioco pericoloso: ogni reclutamento di un funzionario talebano può trasformarsi in scandalo se emerge, alimentare la propaganda antioccidentale e provocare nuove repressioni in un Paese già allo stremo. Ma, dal punto di vista di Parigi e Berlino, l’alternativa sarebbe rinunciare a qualsiasi capacità di influenza in un’area dove tutti gli altri si muovono per guadagnare terreno.

In questo senso il ritorno dei servizi francesi e tedeschi a Kabul racconta molto più dell’Afghanistan. Racconta di un’Europa che, pur esitante e divisa, ha capito di non potersi ritirare dal mondo delle guerre invisibili se vuole difendere i propri interessi, la propria sicurezza e la propria autonomia economica in un sistema internazionale sempre più duro e competitivo.