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Tag: Öcalan

Kurdistan: la mossa di Ocalan

volerelaluna.it 21 maggio 2025

«Tra i Kurdi in tanti non capiscono. “Ocalan ha venduto il popolo Kurdo” oppure “Il Pkk fa un favore alla Turchia” dicono in molti commentando le decisione prese dal Pkk nel XII° Congresso, ma non è così. La decisione del Pkk, di sciogliersi e di deporre le armi, è legata ad alcune condizioni: la liberazione del nostro leader Ocalan che dovrà coordinare tutte le operazioni di questa nuova fase del Movimento, la rimozione del Pkk dalla lista delle organizzazioni terroristiche, l’attuazione di misure politiche e giuridiche di democratizzazione. […] Lo Stato turco dovrà liberare i prigionieri politici, in maggioranza detenuti per “sostegno al Pkk” e consentire il ritorno dei rifugiati all’estero» spiega Mevlude Askara, giornalista yazidi corrispondente dell’agenzia ANF News. Askara è rifugiata in Italia dopo essere stata incarcerata per anni a causa della sua attività giornalistica e da 16 anni non può rivedere i suoi familiari in Turchia. A conferma di una diffusa incomprensione della decisione del Pkk le statistiche: tra i sostenitori dei partiti di opposizione, meno del 20% ritiene che la decisione del Pkk possa portare a un percorso affidabile. Nell’ambito di AKP, il partito del presidente Erdogan, sceso al 30 % dei consensi, una buona metà non condivide le prospettive aperte dal XII° Congresso.

Il 12 maggio il partito dei Lavoratori del Kurdistan-PKK ha pubblicato i risultati del suo XII° Congresso annunciando lo scioglimento e la continuazione della lotta per la democrazia in Kurdistan per mezzo di strumenti politici. Il Congresso ha così risposto all’appello “Per la pace e per una società democratica” del leader Abdullah Ocalan, dal 1999 in isolamento nel carcere di Imrali, reso pubblico il 27 febbraio.

Il Pkk è stato fondato nel 1978. Ha iniziato la lotta armata nel 1984. Il conflitto, condotto dalla Turchia negli anni Novanta con uno straordinario sforzo bellico incentivato dal presidente americano Clinton, con la distruzione di migliaia di villaggi e con il ”terrorismo di Stato” degli squadroni della morte, ha causato 40 mila morti. Il nuovo manifesto del Pkk progetta la riconciliazione turco-kurda e il proseguimento con gli strumenti della politica della lotta per la democratizzazione della Turchia, di cui fa parte il riconoscimento dei diritti del popolo kurdo e delle minoranze. «Il XII Congresso ha valutato che la lotta del Pkk ha smantellato le politiche di negazione e di annientamento imposte al nostro popolo portando la questione kurda a un punto in cui può essere risolta attraverso la politica democratica» – annuncia il lungo e articolato comunicato del 12 maggio» –. «Su queste basi ha deliberato di sciogliere la struttura organizzativa del Pkk e di porre fine alla lotta armata, affidando la gestione e la guida del processo di attuazione al leader Apo. Tutte le attività condotte sotto il nome del Pkk sono pertanto concluse». Molti media hanno scritto che il Pkk si è sciolto e ha deposto le armi. Non è così. «L’attuazione di queste decisioni richiede che il leader Apo (Abdullah Ocalan) guidi il processo […] e che vengano stabilite solide e complete garanzie legali. In questa fase è essenziale che la Grande Assemblea Nazionale della Turchia svolga il suo ruolo con responsabilità storica» precisa il comunicato.

Il Governo turco sembra non comprendere, o meglio non vuole comprendere, le dichiarazioni del Pkk. Si è infatti affrettato a precisare che la decisione del Pkk è unilaterale e non deriva da un accordo, impegnandosi peraltro «a purificare il Paese dal terrorismo». Il 16 maggio il presidente Erdogan dedicava questo “risultato storico” alle madri dei soldati uccisi, scavando ulteriormente il solco turco-kurdo che la decisione del Pkk e l’appello di Ocalan vogliono colmare mettendo in primo piano la necessità della riconciliazione tra i due popoli. Erdogan dimentica che il “risultato storico” dovrebbe porre fine alla guerra contro l’eroico Rojava, da lui considerato una emanazione del Pkk. Una risposta positiva arriva da Devlet Bahceli, leader del partito di estrema destra Mhp, alleato con Akp nel governo Erdogan, al quale – paradossalmente – si deve l’avvio del processo nell’ottobre 2024. Bahceli il 18 maggio ha proposto in Parlamento la creazione di una commissione composta da circa cento deputati, le cui decisioni saranno sottoposte al voto parlamentare. Per il momento il nuovo manifesto del Pkk è sostenuto soltanto dal partito filo-kurdo Dem a cui aderiscono i progressisti turchi.

Il XII° Congresso riafferma il principio della democrazia diffusa nata dal pensiero di Ocalan e attuato nell’Amministrazione autonoma del Rojava in Siria. «Per la costruzione della democrazia» – dice il comunicato del Pkk – «è di vitale importanza che il nostro popolo, guidato da donne e giovani, costruisca le proprie organizzazioni in tutti gli ambiti della vita, si organizzi sulla base dell’autosufficienza attraverso la propria lingua, identità e cultura, si autodifenda di fronte agli attacchi e costruisca una società democratica comunitaria con spirito di mobilitazione».

Il nuovo manifesto del Pkk arriva in una Turchia devastata dalla crisi economica e dilagante corruzione, in una situazione in cui la magistratura è asservita al potere, le carceri ospitano in condizioni durissime migliaia di persone sgradite al regime – tra essi i due copresidenti del disciolto partito Hdp, Demitars e Yuksekdag, il magnate e filantropo Kavala, il sindaco di Istanbul Imamoglu, tredici sindaci eletti in Kurdistan, la folk singer Nudem Durak – e in cui non esiste libertà di stampa. Migliaia di oppositori sono costretti all’esilio e esistono prove di perduranti rapporti tra ambienti di governo e narcotraffico. Secondo lo scrittore Hasan Bildirici, molto duro per la mancanza di una risposta seria e consapevole alle proposte del Pkk, oggi soltanto il partito Dem e Ocalan «rappresentano al meglio gli interessi della Turchia». Il 17 maggio il Knk, Congresso Nazionale del Kurdistan, formato da partiti e associazioni di ogni parte del Kurdistan, ha pubblicato una lettera aperta ai leader internazionali, ai partiti, agli attivisti invitandoli a sostenere il processo di pace in Turchia. Il KnK chiede il sostegno alle richieste del Pkk: liberazione di Ocalan, misure politiche e legali concrete di democratizzazione da parte della Assemblea Nazionale, rimozione del Pkk dalle liste del terrorismo, pressioni diplomatiche e sforzi di mediazione per garantire che la Turchia rispetti i principi democratici, cessi le ostilità militari e si impegni in un processo di pace credibile, impegnandosi attraverso canali diplomatici, parlamentari e con ogni alto strumento disponibile.

Ci saranno risposte da parte della Comunità internazionale? Fino ad ora non si riscontrano azioni concrete. Pace e democrazia sembrano troppe volte parole vuote per i grandi leader dell’Occidente. A fronte della freddezza degli Usa nei confronti della proposta di pace del Pkk, non si può non ricordare la visita a Riad di Donald Trump del 14 maggio in cui il presidente americano strinse la mano al governatore della Siria Al Sharaa. Ovvero a Al Jolani, tra i leader di Isis e di Al Quaeda, nel registro dei più pericolosi terroristi del mondo, la cui milizia jihadista ha compiuto e compie crimini orribili: il massacro degli Alawiti, stupri e rapimenti di donne non velate, omicidi dei Drusi. Trump ha definito Al Sharaa “un tipo tosto” e ha stretto accordi di notevole portata economica con la nuova Siria. L’incontro tra Trump e Al Shraa era stato sollecitato e propiziato dal presidente turco Erdogan.

 

Il PKK depone le armi: svolta storica in Turchia

Murat Cinar, Gariwo Mag, 14 maggio 2025

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, PKK, fondato nel 1978, ha dichiarato la fine della lotta armata il 12 maggio, in seguito al dodicesimo congresso che si è svolto dal 5 al 7 dello stesso mese. “Saranno cessate tutte le attività svolte con questa sigla” è la frase presente nel comunicato stampa che annuncia la fine dell’esperienza della lotta per la rivendicazione del diritto all’esistere del popolo curdo.

Come ci siamo arrivatə?

Un nuovo percorso di dialogo, iniziato nel mese di ottobre del 2024, oggi compie un passo molto importante. Lo storico appello di Devlet Bahçeli, il leader del Partito del Movimento Nazionalista, MHP, componente della coalizione di governo, era entrato al centro dell’attenzione mondiale. Bahçeli, secondo le sue parole, con l’intento di creare un’unità nazionale e affrontare i futuri scenari pericolosi nel Medio Oriente, aveva invitato Abdullah Öcalan a lanciare un appello storico. Bahçeli, in quest’appello, chiedeva a Öcalan di invitare la sua organizzazione, il PKK, a dichiarare lo scioglimento e a deporre le armi. Secondo Bahçeli, sarebbe stato un passo importante per porre fine a questo storico conflitto.

Poche settimane dopo, il leader storico del PKK, ossia Öcalan, tramite suo nipote Ömer Öcalan, deputato nazionale, aveva dato un primo riscontro positivo. Successivamente, dopo anni, si era recata sull’isola una delegazione parlamentare composta da due parlamentari d’opposizione del partito DEM, che ha incontrato l’ergastolano Öcalan sull’isola di İmralı, dove è rinchiuso da più di vent’anni. Anche in quest’occasione, Öcalan si era dimostrato disponibile.

Fino al 27 febbraio 2025, dietro e davanti le quinte, è stato portato avanti un percorso di dialogo e, molto probabilmente, di trattative. Mentre il governo centrale in Turchia premeva per ottenere la dichiarazione storica dal PKK, l’organizzazione chiedeva una serie di garanzie: basi giuridiche e politiche per il futuro e miglioramenti delle condizioni penitenziarie di Öcalan.

Nel frattempo, la delegazione parlamentare, che ha incontrato Öcalan tre volte, ha incontrato anche i leader dei partiti politici rappresentati nel parlamento nazionale, il Ministro della Giustizia e il Presidente della Repubblica. Così, il 27 febbraio è stata letta pubblicamente la lettera di Abdullah Öcalan, che invitava la sua organizzazione a prendere questa decisione storica e specificava che l’epoca della lotta armata per uno stato socialista era finita ed era giunto il momento di trasformare la lotta. In chiusura, Öcalan sottolineava anche la necessità di una serie di cambiamenti politici e giuridici per creare le basi di un percorso politico non armato.

Di cosa si tratta esattamente?

Anche se il governo centrale non ha effettuato, nel frattempo e pubblicamente, quei necessari cambiamenti, il 10 maggio il PKK ha annunciato di aver svolto, con difficoltà, il suo congresso e il 12 maggio ha annunciato il suo scioglimento.

La notizia è stata diffusa inizialmente con un comunicato stampa e una serie di fotografie del congresso, e successivamente anche con l’ausilio di materiali audiovisivi e lunghi interventi politici.

Il PKK annuncia la fine della lotta armata, ma anche la trasformazione della stessa in un percorso politico. Invita la cittadinanza a costruire un percorso di lotta che preveda anche la creazione di meccanismi di autodifesa all’interno della società turca. Il comunicato stampa sottolinea la necessità di riconciliazione tra il popolo turco e quello curdo, e anche dell’appoggio delle forze socialiste, democratiche e rivoluzionarie per sostenere questo nuovo percorso. Il PKK specifica che non si tratta di una mossa nuova, per certi versi, visto che anche in passato l’organizzazione aveva avanzato la proposta del dialogo e della pace con lo Stato. Infine, l’organizzazione chiarisce che la lotta per una società socialista si farà attraverso la costruzione di una società democratica, ma non tramite l’obiettivo di fondare uno stato-nazione socialista.

Quest’ultimo punto si sposa con la lettera del 27 febbraio di Öcalan, che comprende una critica nei confronti di una serie di esperienze di lotta socialiste del ’900. Ma soprattutto si sposa con il nuovo paradigma che lo stesso Öcalan propose negli anni ’90 e sviluppò sia prima di essere arrestato sia durante la sua detenzione: ossia la proposta del Confederalismo Democratico, che si basa sul concetto di superare l’obiettivo della fondazione di uno stato socialista curdo. Questo paradigma, piuttosto, punta alla trasformazione della società restando dentro di essa e lavorando, con una serie di attori, per costruire in modo pratico e teorico le basi della trasformazione. Un principio che si fonda anche, in parte, sugli insegnamenti del filosofo Murray Bookchin, che fu una fonte di ispirazione per Öcalan.

E adesso?

Sia il PKK che la Turchia, il suo principale interlocutore nonché uno dei due coordinatori di questo processo, hanno una serie di compiti da svolgere.

Ankara, attraverso le prime dichiarazioni ufficiali, ha specificato che monitorerà i prossimi passaggi e pretende che l’abbandono delle armi si basi su un piano concreto e tracciabile. Inoltre, vari esponenti del governo, forse con l’intento di calmare le anime nazionaliste in Turchia, hanno specificato che non si tratta di un accordo ma di una decisione autonoma dell’organizzazione. Anche se non è una dichiarazione molto credibile e va contro la natura del concetto di dialogo, si tratta di una dichiarazione coerente. Ovvero, il governo centrale in Turchia, sin dall’inizio di questo nuovo percorso, ha sempre sottolineato che si impegna per porre fine al terrorismo e che l’organizzazione non ha altra scelta che sciogliersi. Quindi, come se si trattasse di una vittoria per qualcuno e di una sconfitta per qualcun altro. Infatti, il Presidente della Repubblica, la sera del 12 maggio, ha dichiarato che dedica questo risultato alle madri dei soldati dell’esercito turco morti in questi anni durante gli scontri con il PKK.

Tra le righe, in alcune dichiarazioni, gli esponenti del governo hanno parlato di una nuova Costituzione, quindi rispondendo in qualche maniera alle richieste giuridiche e politiche del PKK. Inoltre, è stata espressa la necessità di introdurre una serie di nuove leggi e del coinvolgimento del Parlamento nazionale nella nuova fase. Anche questi due punti sono in linea con le proposte sia di Öcalan che del PKK.

Invece, l’organizzazione dovrebbe impegnarsi a concretizzare il lavoro di abbandono delle armi, che avverrà attraverso la distruzione o la consegna delle stesse. Ci sarebbe, ovviamente, il capitolo che riguarda l’abbandono delle postazioni attuali nel nord dell’Iraq e la resa dei militanti presenti in Turchia e altrove. Su questi punti, finora non ci sono piani pubblicamente dichiarati, ma molto probabilmente presto ci saranno nuove comunicazioni.

Siamo veramente prontə?

Forse il lavoro più grosso, difficile e lungo da fare è quello del percorso della riconciliazione collettiva. Oggi, per la grande parte della società in Turchia, il PKK è un’organizzazione “terroristica”. Durante la guerra tra l’organizzazione e lo Stato turco sono morte circa 40.000 persone da tutte le parti. Le politiche di negazione e assimilazione hanno legittimato lo status, la percezione e la posizione di coloro che hanno assecondato le politiche dello Stato, ed emarginato ed escluso coloro che hanno provato a pretendere una vita equa e pari con gli altri. Per questa seconda fetta della società, soprattutto curdofona, il PKK, in qualche maniera, ha rappresentato la ribellione, la lotta e anche un riferimento. Quindi, da questo punto di vista, oggi la società in Turchia risulta divisa almeno in due parti. E con questo nuovo percorso è necessario lavorare sull’unificazione delle parti. Un percorso lungo e articolato.

In questo percorso, mentre per qualcuno uno degli attori, il PKK, sarebbe “terrorista”, per una grande parte della società l’altro attore, ossia il governo, non rappresenta fiducia. Oggi, il principale partito al governo, l’AKP, conta circa il 30% del consenso elettorale (Sonar, maggio 2025). Secondo una serie di sondaggi (es. MediaPOLL, marzo 2025), la fiducia in questo nuovo percorso di pace, anche tra gli elettori dell’AKP, è sotto la soglia del 50%. Invece, quando si tratta dei partiti d’opposizione, soltanto il 20 o il 10% degli elettori ritiene che si tratti di un percorso serio e affidabile. Quindi il governo centrale ha un compito molto difficile davanti.

Anche perché si tratta di una formazione politica che governa la Turchia da più di 20 anni e da almeno 12 anni lo fa attraverso strumenti antidemocratici. Il sistema giuridico è totalmente al servizio del potere politico, la libertà di stampa è stata colpita migliaia di volte, i centri penitenziari sono pieni di oppositori (accusati anche di attività terroristica), migliaia di persone hanno lasciato il Paese e vivono in esilio a causa della continua repressione, una serie di leggi sono state cambiate per rafforzare il potere del Presidente della Repubblica e della sua famiglia. La corruzione, la crisi economica e la provata relazione tra il governo e i trafficanti di droga sono solo alcuni elementi che portano le persone a non provare fiducia nei confronti del governo e del processo di pace che egli conduce.

Quindi, con il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, in carcere dal 19 marzo con l’accusa di corruzione, basata unicamente sulle dichiarazioni di testimoni anonimi, con 13 sindaci sospesi e arrestati dopo le elezioni del 2024 e 31 giornalisti in carcere, questo processo, che dovrebbe avere l’ambizione di puntare sulla trasformazione democratica della Turchia, potrebbe avere una strada molto difficile.

Quindi?

Esattamente come suggerirono sia Öcalan che il PKK nel suo comunicato stampa, le anime d’opposizione, le forze democratiche e socialiste potrebbero essere i veri interlocutori di questo processo. Sono loro che oggi in Turchia posseggono il consenso popolare, e sono loro le parti colpite duramente da anni di repressione nella società ad opera del regime autoritario al potere. Infatti, i collettivi, i gruppi politici extraparlamentari, le persone queer, gli aleviti, i difensori dei diritti umani, i partiti d’opposizione che hanno stravinto le elezioni amministrative nel 2019 e nel 2024 sono coloro che lottano e resistono per una Turchia democratica, laica, progressista e aperta all’Europa. Ovviamente, sono loro che da anni scendono in piazza rischiando i manganelli, i lacrimogeni, il linciaggio, la galera, la perdita del lavoro e una vita in esilio.

Quindi, la dichiarazione del 12 maggio lanciata dal PKK, che chiede un capillare cambiamento, potrebbe essere una grande occasione per costruire una nuova Turchia più inclusiva, in cui le forze progressiste del Paese possano condurre un’ondata di cambiamento con l’obiettivo di vincere le elezioni politiche e presidenziali del 2028. Altrimenti, il regime autoritario farà tutto il possibile per polarizzare la società e mantenere la sua poltrona.

12 ° Congresso del PKK: le attività sotto il nome del PKK sono terminate

ANF, 12 maggio 2025

È stata pubblicata la dichiarazione finale del 12° Congresso del PKK. Il congresso ha deciso di sciogliere la struttura organizzativa del PKK e di porre fine alla lotta armata, concludendo di fatto tutte le attività svolte sotto il suo controllo

Il Consiglio del 12° Congresso del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Il processo avviato dalla dichiarazione del leader Abdullah Öcalan del 27 febbraio, e ulteriormente plasmato dal suo ampio lavoro e dalle sue prospettive multidimensionali, è culminato nella convocazione con successo del nostro 12° Congresso del Partito tra il 5 e il 7 maggio.

Per i continui scontri, gli attacchi aerei e terrestri, il continuo assedio delle nostre regioni e l’embargo del Partito Democratico (PDK), il nostro congresso si è svolto in condizioni di sicurezza difficili. Per motivi di sicurezza, si è svolto contemporaneamente in due sedi diverse. Con la partecipazione di 232 delegati in totale, il XII Congresso del PKK ha discusso di leadership, martiri, veterani, struttura organizzativa del PKK e lotta armata, e costruzione di una società democratica, culminando in decisioni storiche che segnano l’inizio di una nuova era per il nostro Movimento per la Libertà.

Concluse tutte le attività sotto il nome del PKK

Il XII Congresso Straordinario ha valutato che la lotta del PKK ha smantellato le politiche di negazione e annientamento imposte al nostro popolo, portando la questione curda a un punto in cui può essere risolta attraverso la politica democratica. Ha concluso che il PKK ha adempiuto alla sua missione storica. Sulla base di ciò, il XII Congresso ha deliberato di sciogliere la struttura organizzativa del PKK e porre fine alla lotta armata, affidando la gestione e la guida del processo di attuazione al Leader Apo [Abdullah Öcalan]. Tutte le attività condotte sotto il nome del PKK sono pertanto concluse.

Il nostro partito, il PKK, è emerso come movimento di liberazione curdo in opposizione alle politiche di negazione e annientamento radicate nel Trattato di Losanna e nella Costituzione del 1924. Influenzato fin dalla sua nascita dal socialismo reale, ha abbracciato il principio dell’autodeterminazione nazionale e ha condotto una lotta legittima e giusta attraverso la resistenza armata. Il PKK si è formato in condizioni dominate da aggressive politiche curde di negazione, annientamento, genocidio e assimilazione.

Dal 1978, il PKK ha condotto una lotta per la libertà volta a ottenere il riconoscimento dell’esistenza curda e a far sì che la questione curda diventasse una realtà fondamentale della Turchia. Grazie a questa lotta vittoriosa, il nostro movimento ha realizzato una rivoluzione di resurrezione per il nostro popolo, diventando un simbolo di speranza e di vita dignitosa per i popoli della regione.

Durante gli anni ’90, un periodo di grandi conquiste per il nostro popolo, il presidente turco Turgut Özal iniziò a cercare una soluzione politica alla questione curda. In risposta, il leader Apo dichiarò un cessate il fuoco il 17 marzo 1993, dando il via a una nuova fase. Tuttavia, il crollo del socialismo reale, l’imposizione di tattiche da gangster alla nostra strategia di guerra e l’eliminazione di Özal e della sua squadra da parte dello stato profondo sabotarono questa iniziativa. Lo stato intensificò le sue politiche di negazione e annientamento, inasprendo la guerra. Migliaia di villaggi furono evacuati e incendiati; milioni di curdi furono sfollati; decine di migliaia furono torturati e imprigionati; e migliaia furono uccisi in circostanze sospette.

In risposta, il Movimento per la Libertà crebbe sia in termini di dimensioni che di capacità. La guerriglia si diffuse in Kurdistan e Turchia. L’impatto della lotta di guerriglia spinse il popolo curdo a sollevarsi in rivolte di massa (serhildan), trasformando la guerra nell’opzione principale per entrambe le parti. La conseguente reciproca escalation bellica non poté essere invertita e gli sforzi del leader Apo per risolvere la questione curda con mezzi democratici e pacifici alla fine fallirono.

Ricostruire le relazioni turco-curde è inevitabile

Il processo entrò in una fase diversa con la cospirazione internazionale del 15 febbraio 1999. In questo processo, uno degli obiettivi principali della cospirazione, una guerra curdo-turca, fu impedito grazie ai grandi sacrifici e agli sforzi del leader Apo. Nonostante fosse stato detenuto nel sistema di tortura e genocidio di Imralı, persistette nel cercare una soluzione democratica e pacifica alla questione curda. Per 27 anni, il leader Apo si è opposto al sistema di annientamento di Imralı, vanificando la cospirazione internazionale. Nella sua lotta, ha analizzato il sistema statalista dominato dagli uomini e guidato dal potere e ha sviluppato un paradigma per una società democratica, ecologica e orientata alla libertà delle donne. In questo modo, ha concretizzato un sistema di libertà alternativo per il nostro popolo, le donne e l’umanità oppressa.

Il leader Apo, pensando al periodo precedente al Trattato di Losanna e alla Costituzione del 1924, in cui le relazioni curdo-turche divennero problematiche, propose un quadro per la risoluzione della questione curda basato sulla Repubblica Democratica di Turchia e sul concetto di Nazione Democratica, fondato sull’idea di una Patria Comune e di popoli co-fondatori. Le rivolte curde nel corso della storia della Repubblica, la dialettica curdo-turca lunga 1000 anni e i 52 anni di lotta per la leadership hanno dimostrato che la questione curda può essere risolta solo sulla base di una Patria Comune e di una cittadinanza paritaria. Gli attuali sviluppi in Medio Oriente, nell’ambito della Terza Guerra Mondiale, rendono inoltre inevitabile la ristrutturazione delle relazioni curdo-turche.

Il nostro popolo comprenderà meglio di chiunque altro lo scioglimento del PKK e la fine della lotta armata e abbraccerà i doveri di questa era

Il nostro onorato popolo, che ha aderito alla leadership e al percorso del PKK per 52 anni pagando un caro prezzo, opponendosi a politiche di negazione, annientamento, genocidio e assimilazione, sosterrà il processo di pace e di una società democratica in modo più consapevole e organizzato. Crediamo fermamente che il nostro popolo comprenderà la decisione di sciogliere il PKK e porre fine al metodo della lotta armata meglio di chiunque altro e che si assumerà le responsabilità dell’era della lotta democratica basata sulla costruzione di una società democratica. È di vitale importanza che il nostro popolo, guidato da donne e giovani, costruisca le proprie auto-organizzazioni in tutti gli ambiti della vita, si organizzi sulla base dell’autosufficienza attraverso la propria lingua, identità e cultura, si autodifenda di fronte agli attacchi e costruisca una società democratica comunitaria con spirito di mobilitazione. Su questa base, crediamo che i partiti politici curdi, le organizzazioni democratiche e i leader d’opinione adempiranno alle loro responsabilità per promuovere la democrazia curda e la nazione democratica dei curdi.

Grazie all’eredità della nostra storia di libertà, lotta e resistenza, e alle decisioni del XII Congresso del PKK, il percorso politico democratico si svilupperà con maggiore forza e il futuro dei nostri popoli progredirà sulla base di libertà e uguaglianza. I poveri e i lavoratori, tutti i gruppi religiosi, le donne e i giovani, i lavoratori, i contadini e tutti gli esclusi rivendicheranno i propri diritti e svilupperanno una vita comune in un ambiente giusto e democratico.

Invitiamo tutti ad unirsi al processo di pace e di società democratica

La decisione del nostro Congresso di sciogliere il PKK e porre fine al metodo della lotta armata offre una solida base per una pace duratura e una soluzione democratica. L’attuazione di queste decisioni richiede che il Leader Apo accompagni e guidi il processo, che il suo diritto alla politica democratica sia riconosciuto e che vengano stabilite solide e complete garanzie legali. In questa fase, è essenziale che la Grande Assemblea Nazionale della Turchia svolga il suo ruolo con responsabilità storica. Allo stesso modo, invitiamo il governo, il principale partito di opposizione, tutti i partiti politici rappresentati in parlamento, le organizzazioni della società civile, le comunità religiose e di fede, i media democratici, i leader di opinione, gli intellettuali, gli accademici, gli artisti, i sindacati, le organizzazioni femminili e giovanili e i movimenti ecologisti ad assumersi le proprie responsabilità e a unirsi al processo di pace e di una società democratica.

Il coinvolgimento delle forze socialiste di sinistra turche, delle strutture rivoluzionarie, delle organizzazioni e degli individui nel processo di pace e di una società democratica eleverà la lotta dei popoli, delle donne e degli oppressi a un nuovo livello. Ciò significherà il raggiungimento degli obiettivi dei grandi rivoluzionari le cui ultime parole furono: “Lunga vita alla fratellanza dei popoli turco e curdo e a una Turchia pienamente indipendente!”.

Con il Socialismo della Società Democratica che rappresenta una nuova fase nel processo di pace e di società democratica e nella lotta per il socialismo, il movimento democratico globale progredirà e un mondo giusto ed equo emergerà. Su questa base, invitiamo l’opinione pubblica democratica, in particolare i nostri compagni che guidano la Global Freedom Initiative, ad ampliare la solidarietà internazionale nel quadro della teoria della modernità democratica.

Invitiamo le potenze internazionali a riconoscere le proprie responsabilità nelle politiche di genocidio perpetrate contro il nostro popolo nel corso di un secolo, a non ostacolare una soluzione democratica e a contribuire in modo costruttivo al processo.

Annunciamo il martirio di Ali Haydar Kaytan e Riza Altun

Il nostro 12° Congresso del PKK, convocato su appello della nostra leadership, ha proclamato il martirio di Fuat-Ali Haydar Kaytan, uno dei quadri dirigenti del nostro partito, martirizzato il 3 luglio 2018, e del compagno Riza Altun, martirizzato il 25 settembre 2019. Su questa base, ha riconosciuto il compagno Fuat-Ali Haydar Kaytan, uno dei quadri dirigenti fondatori del PKK, come simbolo di “Lealtà al Leader, Verità e Vita Sacra”, e il compagno Riza Altun, uno dei primi compagni del Leader Apo, come simbolo di “Cameratismo per la Libertà”. Dedichiamo il nostro storico 12° Congresso del Partito a questi due grandi compagni martiri che ci hanno guidato dall’inizio del nostro Movimento per la Libertà fino a oggi con la loro lotta ininterrotta. In loro nome rinnoviamo la nostra promessa a tutti i martiri della lotta e affermiamo il nostro impegno a realizzare i sogni della compagna martire della pace e della democrazia Sırrı Süreyya Önder.

L’«ultimo» congresso, il Pkk verso lo scioglimento

Il Manifesto, 10 maggio 2025

Kurdistan Il Partito dei Lavoratori rispetta la volontà di Ocalan e si riunisce per decretare il proprio futuro. Il fondatore avrebbe partecipato in video. Il partito Dem: «Non è una fine ma un nuovo inizio»

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) ha annunciato, con una dichiarazione ufficiale diffusa venerdì, la conclusione del suo 12° congresso, tenutosi tra il 5 e il 7 maggio nelle Zone di Difesa di Medya, aree controllate dalla guerriglia curda nella Regione del Kurdistan in Iraq.

Il congresso era stato esplicitamente richiesto da Abdullah Öcalan nel suo appello del 27 febbraio in cui chiedeva di procedere allo scioglimento del partito, evento culminante di un processo iniziato il 28 dicembre 2024, quando una delegazione del Partito per l’Uguaglianza e la Democrazia dei Popoli (Dem), composta dai parlamentari Sırrı Süreyya Önder e Pervin Buldan, aveva incontrato Öcalan nell’isola-prigione di Imralı, a nove anni dal collasso degli ultimi negoziati tra Stato turco e Pkk.

Parallelamente agli incontri di Imralı, la delegazione Dem ha tenuto negli ultimi mesi colloqui con quasi tutte le forze politiche e sociali in Turchia e con il ministero della giustizia, apparentemente per discutere della situazione di Öcalan e di una possibile amnistia generale.

NONOSTANTE gli sforzi di Dem, le dichiarazioni del governo e del Pkk sembravano suggerire uno stallo nei negoziati: il partito curdo accusava lo Stato turco di non permettere il congresso, continuando a effettuare attacchi contro le aree controllate dalla guerriglia curda nonostante un cessate il fuoco unilaterale annunciato dal Pkk. D’altra parte, alcuni esponenti dello Stato turco accusavano il partito curdo di non voler rispondere all’appello di Öcalan, interpretandolo come un appello alla resa immediata e incondizionata.

«Decenni di esperienze dolorose ci hanno insegnato che il dolore non ha colore, lingua o identità. Oggi, le lacrime di turchi, curdi, circassi, arabi, aleviti, sunniti e di tutte le altre identità e credenze si sono unite nello stesso mare – ha scritto il partito Dem in un lungo comunicato – Portiamo il nostro dolore condiviso nel cuore; custodiremo la memoria di tutti i caduti come un impegno sacro e costruiremo il nostro futuro comune».

Dem ha definito il congresso «una delle più significative svolte della storia recente della Turchia» e ha esortato tutte le istituzioni democratiche, in primis la Grande Assemblea nazionale turca, ad assumersi la responsabilità storica di risolvere la questione curda e democratizzare il paese. Nel comunicato, Dem ha ringraziato alcune figure politiche chiave, a partire da Abdullah Öcalan «che ha assunto una responsabilità storica nello sviluppo di questo processo», il leader ultranazionalista Devlet Bahçeli, il presidente Recep Tayyip Erdogan e il leader del principale partito di opposizione Chp, Özgür Özel, per il loro «sostegno alla causa della pace».

Interrogata sulla possibilità che Öcalan abbia partecipato direttamente al congresso durante un’intervista di Mezopotamya Ajansi, Pervin Buldan ha risposto con cautela: «Probabilmente è stata stabilita una comunicazione tecnica. Ma dobbiamo essere prudenti con le parole, per non danneggiare il processo».

Più tardi, il co-presidente del Congresso Popolare del Kurdistan (Kongra-Gel) Remzi Kartal ha confermato a SterkTV che Öcalan e altri tre prigionieri di Imralı sono intervenuti al congresso in videoconferenza.

SIA NEL COMUNICATO del partito Dem che nella nota diffusa dal Pkk ha trovato spazio anche la commemorazione di Önder, membro della delegazione di Imralı e figura chiave negli sforzi di mediazione già nel fallito processo del 2015.

Önder, deputato Dem e vicepresidente del Parlamento turco di origine turkmena, è deceduto il 3 maggio a 62 anni per un edema cerebrale sviluppatosi a seguito di un infarto subito il 15 aprile. Tuttavia Dem ha rivelato che, già il 2 aprile, era stato scoperto un potenziale tentativo di sabotaggio del suo veicolo, episodio finora tenuto riservato poiché oggetto di un’indagine in corso. Nel corso dei mesi, il Pkk aveva più volte nei suoi comunicati messo in guardia dal pericolo di sabotaggio del processo in caso di ritardi da parte dello Stato nel compiere passi concreti.

«Oggi portiamo sulle spalle il peso della speranza e della responsabilità storica – conclude Dem nel comunicato – Questa non è una fine, ma un nuovo inizio. Riporteremo indubbiamente la luce della pace e della fratellanza in queste terre».

Per la libertà di Ocalan e per una soluzione politica in Kurdistan

Renato Franzitta, Pressenza Italia, 29 aprile 2025

L’appello del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan del 27 febbraio per “la pace e una società democratica” rappresenta il nono tentativo di cessate il fuoco unilaterale da parte curda, in questo modo il PKK ha dato un ulteriore tangibile segno dell’impegno da parte curda per la pace e la democrazia.

Già nel 2015 la trattativa per la pace sembrava fosse arrivata ad un punto significativo e che la liberazione di Öcalan potesse essere imminente. Ciò che accadde dopo le elezioni del giugno 2015, quando il partito HDP ottenne 13,12% e conquistò 80 seggi al Parlamento di Ankara, è sotto gli occhi di tutti: una violenta e sanguinosa ondata bellica scatenata dal regime di Erdogan contro le popolazioni curde in Turchia, Siria e Iraq del nord.

La feroce campagna turca

Interi villaggi distrutti, quartieri storici delle città curde rasi al suolo, migliaia di arresti fra curdi sospettati di essere membri del PKK e fra i militanti del partito HDP, fra cui il segretario nazionale Demirtas, centinaia di morti.

L’offensiva turca contro il movimento democratico curdo fu estesa oltre i confini della Turchia, con una feroce campagna che ha investito il Rojava rivoluzionario, iniziata con l’attacco ad Afrin e a tutta la Siria del Nord e dell’Est. Le formazioni jihadiste eterodirette da Ankara operarono una crudele pulizia etnica nei territori occidentali del Rojava espellendone le popolazioni stanziali.

Sebbene i colloqui con il regime di Ankara continuino, la condizione minima per la deposizione delle armi da parte delle milizie popolari curde ha come presupposto irrinunciabile la possibilità di indire il Congresso straordinario del PKK con la presenza fisica del suo leader storico Abdullah Öcalan e la liberazione di tutti i detenuti politici, compreso il leader dell’HDP Selahattin Demirtaş.

Attualmente non si registra una reale risposta del governo turco all’appello di Öcalan e al cessate il fuoco unilaterale del PKK. Di contro assistiamo alla deriva autoritaria del governo turco che si evidenzia con un’ondata di arresti di sindaci, giornalisti, avvocati e attivisti per la pace in tutta la Turchia.

L’arresto il 19 marzo 2025 del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu – volto di spicco del Partito Popolare Repubblicano e candidato in pectore del CHP alle elezioni presidenziali turche del 2028 dopo la vittoria alle primarie del partito kemalista – con l’accusa di corruzione, estorsione, riciclaggio di denaro, turbativa d’asta e collaborazione con il PKK, ha reso ancora più evidente la svolta sicuritaria del governo di Ankara. Questo sviluppo alimenta una profonda sfiducia nei confronti delle dichiarazioni politiche che parlano dell’inizio di un periodo di pace.

Inoltre, l’esercito turco continua ad attaccare le posizioni delle forze guerrigliere del PKK, e sono riemerse accuse sull’uso di armi chimiche.

Mentre il PKK propone il cessate il fuoco su tutti i fronti, il governo di Erdogan, dopo la dissoluzione del regime siriano degli Assad, spinge le milizie jihadiste del cosiddetto Esercito Nazionale Siriano (SNA) contro i territori controllati dall’Autorità Autonoma Democratica della Siria del Nord e dell’Est (DAANES).

L’SNA, foraggiato e diretto dalla Turchia, partendo dal distretto di Idlib, distretto da anni nelle mani dei jihadisti, già dal dicembre scorso ha intrapreso un massiccio attacco contro i territori autonomi della Siria del Nord e dell’Est spingendosi dal Nord Ovest siriano fino alle sponde dell’Eufrate.

Pieno appoggio alle milizie popolari

Le Forze Democratiche Siriane (SDF), guidate dalle Unità di Protezione Popolare (YPG), hanno fermato lungo le sponde dell’Eufrate l’offensiva delle SNA, diretta alla conquista di Kobane, città simbolo della resistenza ai tagliagole jihadisti dell’ISIS.

Per difendere le conquiste rivoluzionarie del Confederalismo Democratico la popolazione della Siria del Nord e dell’Est si è sollevata dando pieno appoggio alle milizie popolari rivoluzionarie. A difendere la diga di Teshrin sono giunte migliaia di persone, famiglie intere che hanno offerto i propri corpi per respingere l’orda reazionaria del SNA. Tantissimi i morti sotto i bombardamenti, ma l’avanzata delle milizie jihadiste filoturche è stata fermata. La diga di Teshrin sull’Eufrate è divenuta il nuovo simbolo della resistenza in Rojava.

L’alleanza fra le varie componenti della società siriana (curdi, arabi, armeni, assiri, turkmeni e circassi, sunniti, sciiti, alawiti, cristiani, drusi, ezidi e altri siriani) realizzata in Siria del Nord e dell’Est si sta consolidando. L’iniziale simpatia di alcuni combattenti arabi delle SDF a Raqqa e a Deir ez-Zor (località a maggioranza araba) verso l’attuale governo a guida HTS si è presto esaurita dopo le dichiarazioni jihadiste di Ahmed al-Sharah in vista della riscrittura della carta costituzionale e dopo i massacri contro le popolazioni alawite nella Siria dell’ovest.

Poco dopo aver rovesciato il regime di Assad, il governo apertamente sunnita di al-Sharaa aveva pubblicamente garantito la libertà di culto alle minoranze religiose del Paese, ma nonostante questa dichiarazione dagli apparenti contorni pacifisti, gli scontri tra le forze di sicurezza di Damasco e gli alawiti (di osservanza sciita) hanno portato a massacri indiscriminati anche di civili. Più di 1.400 i civili sono stati uccisi, inclusi centinaia di giustiziati dalle forze di sicurezza siriane concentrate soprattutto nelle provincie di Latakia e Tartus, nell’ovest della Siria.

Sfruttando le debolezze del l’attuale regime di Damasco il DAANES ha stretto contatti con la comunità drusa, con la comunità alawita e con varie comunità arabe in tutta la Siria.

In questo quadro è stato deciso di istituire accademie al di fuori della Siria del nord e dell’Est per diffondere i principi del Confederalismo Democratico e per costruire una nuova Siria democratica, confederale e rispettosa di tutte le etnie presenti. Su richiesta delle donne delle varie zone del Paese si stanno costruendo corpi delle YPJ (Unità di Protezione delle Donne) per l’autodifesa, specialmente dopo l’impostazione islamista e autoritaria della nuova Siria a guida HTS.

Mentre si accoglie in modo positivo l’appello di Öcalan del 27 febbraio per la pace, si sottolinea che fino a quando non ci saranno garanzie valide per il rispetto delle conquiste del Confederalismo Democratico, per il rispetto delle minoranze religiose ed etniche, per il rispetto delle donne in Siria le milizie popolari SDF e YPG non deporranno le armi e che le YPJ non disarmeranno in nessun caso, essendo essenziali per la difesa delle donne.

OCALAN: PROPOSTE PER UNA SOLUZIONE POLITICA

labottegadelbarbieri.org  Gian Luigi Deiana 21 aprile 2025

La proposta di pacificazione di Abdullah Ocalan

La primavera kurda segna giorno dopo giorno, in questo anno sempre più oscuro, tracce di luce molto significative e importanti:

a febbraio si è riunito a Bruxelles il tribunale permanente per il diritto dei popoli, e negli stessi giorni Abdullah Ocalan, dal carcere turco nel quale è recluso da ventisei anni, rendeva pubblico il manifesto per la “soluzione politica” della questione kurda;

a marzo la complessa situazione siriana vedeva da un lato l’intensificazione della guerra sporca del governo turco sulle componenti curde ed alawite, con bombardamenti e stragi, e dall’altro la crescente volontà di composizione pacifica della nuova realtà del mosaico;

e infine, in questi giorni di aprile, la conferenza tenuta a roma proprio sul tema della “soluzione politica” ha potuto offrire in tempo reale una attenta e fiduciosa ponderazione della situazione: non solo in tempo reale, nello svolgersi delle vicende presenti, ma soprattutto, nella vasta pluralità delle voci, la forte significatività delle “voci interne” del mondo kurdo, e del rojava in particolare;

di qui il messaggio, con la forza di un appello universale, transita alla giornata mondiale della pace, prevista per il 1 settembre: e dunque proviamo a riflettere su come arrivarci; per semplificare questa riflessione ricorrerò qui alla sottolineatura di alcuni concetti essenziali, sui quali si sono soffermati tutti gli interventi della conferenza romana;

– coerenza: il messaggio del presidente Ocalan non è frutto di una opzione estemporanea: tutta la monumentale opera di scrittura carceraria, ormai più che ventennale, è indirizzata a questo fine: la cessazione delle ostilità e la costruzione della società democratica;

– sociologia della libertà: l’opera teorica del presidente Ocalan non è circoscritta alla situazione kurda e non è temporizzata sulla storia recente: è in senso pieno una “visione del mondo”, che ricomprende la storia della civiltà dalle prime formazioni mesopotamiche all’orizzonte attuale, e che è compresa nel senso di una “sociologia della libertà” finalmente svincolata dagli idoli più recenti e più tragici della storia: il nazionalismo e lo stato;

– prassi: il messaggio del presidente Ocalan, pur interno a questa ampia e profonda riflessione teorica, si propone essenzialmente per la sua realizzabilità pratica: non tanto come enfasi della “pace”, quanto piuttosto come prassi della “pacificazione”; egli stesso, nel rivendicare a se stesso questo indirizzo (che comporterebbe in primo luogo la fine della lotta armata) lo assume come propria “responsabilità storica”; una dichiarazione così solenne, nella scrittura di un carcerato, indica che egli stesso non è semplicemente un filosofo della pace, ma intende se stesso, e invita tutti a questo intendimento, intende se stesso come “incarnazione” concreta della costruzione della pacificazione;

– soluzione politica: il percorso della pacificazione non è mai facile: quanto più facile e scontata e duratura è stata la guerra, tanto più difficoltosa e creativa e paziente deve essere la pacificazione; quindi tutti gli attori in campo devono riconoscersi vicendevolmente; ne deriva che il popolo kurdo, in quanto riconosce il presidente Ocalan come proprio irrinunciabile rappresentante, pone come primo passaggio della “soluzione politica” la sua liberazione.

– jnealogie: la “scienza della donna”, o la ricomposizione della visione del mondo sulla liberazione dell’universo femminile, è la condizione essenziale dell’intero processo; il presidente Ocalan considera la processualità storica sotto il segno della “lunga durata”; e non vi è alcuna possibilità di “lunga durata” senza la primarietà attiva dell’universo femminile;

– coralità: la partecipazione alla conferenza “politica” di Roma, come peraltro la partecipazione alla sessione “giuridica” di Bruxelles, è stata appassionata ma soprattutto “corale”; ciò non era affatto scontato, laddove si consideri che i convenuti, circa quattrocento in ambedue le occasioni, provenivano da situazioni disparate sia in Kurdistan, sia in Europa; quindi con intuibili disparità di analisi e di giudizio; e tuttavia nel succedersi delle ore il discorso ha preso la forma di un discorso profondamente condiviso; ed è questa disposizione corale, in fondo, ciò continua nel tempo a dare garanzia di continuità e di apprendimento pedagogico, ovvero anche di interiorizzazione, del pensiero del presidente Ocalan.

A Roma la conferenza delle reti sociali e movimenti sulla questione curda: “Rompiamo il silenzio”

La Repubblica, 9 aprile 2025

L’11 e il 12 aprile al palazzo dei congressi di via dei Frentani si svolgerà la due giorni dedicata alla campagna per la liberazione di Abdullah Öcalan e al suo progetto legato al Confederalismo democratico

Roma al centro della conferenza internazionale sulla questione curda. L’11 e il 12 aprile al palazzo dei congressi di via dei Frentani si svolgerà la due giorni dedicata alla campagna per la liberazione di Abdullah Öcalan e al suo progetto legato al Confederalismo democratico: “Libertà per Öcalan – Una soluzione politica per la questione curda”. La conferenza è aperta a tutte le realtà sociali, movimenti, organizzazioni sindacali e politiche ma anche ai tanti intellettuali, artisti e giornalisti che hanno contribuito a rompere l’isolamento del popolo curdo. Nell’ambito della conferenza, ogni rete avrà la possibilità di condividere il proprio punto di vista e le proprie riflessioni e proposte per il futuro.”Negli ultimi anni, insieme abbiamo compiuto passi importanti nella costruzione di reti internazionali di solidarietà in tutta Europa e oltre, organizzando azioni, scrivendo lettere alle istituzioni chiave e portando davvero questo tema alla ribalta della politica internazionale e dell’opinione pubblica – spiega Yilmaz Orkan responsabile dell’Ufficio informazione Kurdistan Italia, UIKI-ONLUS – Dal 23 dicembre, ci sono stati diversi incontri con Abdullah Öcalan, nei quali egli ha sottolineato la soluzione della questione curda. Ora, per raggiungere tutti i nostri obiettivi, è necessario lavorare di più insieme. Dal suo inizio nell’ottobre 2023, la campagna è riuscita a riunire sindacati, movimenti sociali, avvocati, giuristi, partiti politici, funzionari eletti, artisti, intellettuali, attivisti, premi Nobel e milioni di curdi, costruendo reti di solidarietà a livello locale e internazionale. In questo modo, ha cercato di rompere l’isolamento di Ocalan e di rendere possibile una soluzione politica giusta e democratica alla secolare questione curda in Turchia, consentendo la sua partecipazione a un nuovo dialogo”.

Negli ultimi tre anni sono state tante le iniziative e le manifestazioni a Roma per accendere un faro sulla lotta di resistenza del popolo curdo. “La questione curda rimane la questione politica contemporanea più centrale del Medio Oriente, la sua risoluzione pacifica è quindi cruciale per la pace e la stabilità dell’intera regione. Inoltre, fornendo un approccio paradigmatico a molte delle crisi sociali e politiche più pressanti di oggi, le soluzioni di Öcalan servono come tabella di marcia per la stabilità e la coesistenza in Medio Oriente – aggiunge il responsabile dell’Ufficio informazione Kurdistan Italia – Nonostante le enormi difficoltà, affidandosi al paradigma del Confederalismo Democratico ideato da Öcalan, il popolo del Rojava ha dimostrato una straordinaria capacità di costruire una società inclusiva basata su principi di democrazia, uguaglianza di genere e giustizia sociale. Con la caduta del regime di Assad, questa esperienza potrebbe essere un modello positivo per la nuova Siria, ma è in pericolo, minacciata dalle politiche oppressive del regime turco e dai continui attacchi dei suoi mercenari”.

Al termine del primo giorno della conferenza, venerdi 11 aprile dalle 19,30, è prevista una serata culturale presso il Centro Socio-Culturale Ararat. Durante la serata saranno serviti piatti tipici della tradizione curda e italiana, in un clima di condivisione e convivialità. La serata sarà animata da un’esibizione di danza e dalla musica popolare napoletana del gruppo I Cumpari. SEGUI La Città che resiste

Programma 11 aprile

Yilmaz Orkan, Ufficio Informazione Kurdistan in Italia (UIKI Onlus)

• Salvatore Marra, Responsabile relazioni estere della Confederazione Generale Italiana dal Lavoro CGIL

• Massimiliano Smeriglio, Assessore alla Cultura del Comune di Roma: Saluti istituzionali per conto del Sindaco di Roma.

• Prof.ssa Kariane Westerheim, Messaggio dai Premi Nobel per la campagna

• Simon Dubbins, Network Internazionale Libertà per Öcalan e UNITE the Union

• Zübeyde Zümrüt, Portavoce della Campagna Libertà per Öcalan breve video sulla campagna

16:00 – 18:30 Panel I: Brevi dichiarazioni sulla campagna e sull’appello di Öcalan per la pace

Moderatori:

• Dott.ssa Gisela Penteker, IPPNW Germania

• Father Aris, Prete e membro di MIGRANTE, Filippine

Relatori:

• Zilan Diyar:TJK-E, risultati generali e sfide della campagna

• Nicola Fratoianni, deputato e segretario nazionale di Sinistra Italiana

• Emmanuel Fernandes, parlamentare e membro dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa

• Diana Urrea Herrera, deputata di EHBildu nei Paesi Baschi: l’impegno dei Paesi Baschi per la libertà di Öcalan

• Maurizio Acerbo, Segretario Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

• Mike Arnott, Segretario del Consiglio dei Sindacati di Dundee, ex Presidente del Congresso dei Sindacati Scozzesi (STUC): Importanza della solidarietà internazionale dei sindacati per la libertà di Öcalan.

• Keskin Bay?nd?r, Deputato del Partito DEM e Co-presidente del Partito delle Regioni Democratiche (DBP).

• Emily Clancy, Vicesindaca di Bologna

• Piero Bernocchi, Portavoce Confederazione COBAS

• Julian Aguirre, Secretaria de Relaciones Internacionales CTA Autonoma

19:30 Cena curda, performance di danza e musica popolare italiana dal vivo con I Cumpari

Venerdì 11 Aprile 2025

Centro Culturale Curdo, Ararat

Sabato 12 aprile

9:30 – 11:00 Panel II: 26 anni di sistema di isolamento ad Imral? come massimo banco di prova del diritto e della politica

Moderatori:

• Ögmunder Jonasson, ex Ministro della Giustizia d’Islanda e membro della Delegazione Imrali

• Serife Ceren Uysal, avvocata e Co-Segretaria Generale dell’ELDH

Relatori:

Serife Ceren Uysal avvocata e membro di MAF-DAD: Il Diritto alla Speranza e il Diritto Internazionale sotto il sistema di isolamento di Imrali

Faik Özgür Erol, Studio Legale Asrn: Istituzionalizzare lo stato di eccezione: il regime di isolamento di Imrali

11:00-11:20 Pausa

11:20-13:00 Panel III: Impatti locali, regionali e globali delle prospettive di pace e società democratica di Öcalan

Moderatori:

• Amedeo Ciaccheri, Presidente del Municipio VIII di Roma

• Consuelo Nùñez, Comitato della campagna nello Stato spagnolo

Relatori:

• Pervin Buldan, Depuatata del Partito DEM e membro della delegazione ad Imrali: la strategia di Öcalan di trasformare un regime oppressivo attraverso la forza della società democratica

• Idris Baluken, Membro del Team di Negoziazione di Imrali (2013-2015): esperienze dei colloqui di Imrali 2013-2015 e situazione attuale

• Ömer Öcalan, Deputato del Partito DEM: Impatto della strategia democratica di Öcalan sulla Turchia e sul Medio Oriente.

• Fouza Alyoussef, DAANES: Transizione democratica della Siria attraverso i successi del Rojava

• Idris Said, Portavoce del comitato Libertà per Öcalan, Siria del Nord-Est

Sabato 12 Aprile 2025

13:00-14:30 Pranzo

14:30-16:00 Forum I: Considerazioni, prospettive future e piani

Moderatori:

• Nilüfer Koç, membro del Consiglio del Congresso Nazionale del Kurdistan

• Michela Arricale, co-Presidente di CRED, avvocata

Contributi:

• Giovanni Russo Spena, portavoce Comitato italiano Il Tempo è Arrivato; Libertà per Öcalan

• Aynur Pasha, Giurista, comitato Libertà per Öcalan, Siria del Nord-Est

• Accademia della Modernità Democratica

• Solidarietà con il Kurdistan-Norvegia

• Domenico Mucignat, Retekurdistan

• Women in Exile

• Retejin

• Ms.Fernaz Attia Ahmed Farajallah Said, member of Nûn initiative for

Öcalan

• Movimento dei giovani

• Jineoloji

• Mujeres y la sexta

• Mr. Amidou Diamoutene, Union Luttes

Discussione generale con comitati, reti e associazioni

16:00-16:20 Pausa

Forum II: Considerazioni, prospettive future e piani

Moderatori:

• Nilüfer Koç, membro del Consiglio del Congresso Nazionale del Kurdistan

• Michela Arricale, Co-Presidente di CRED, avvocata

Bologna dà la cittadinanza onoraria al leader curdo Ocalan

ansa.it 14 marzo 2025

La proposta è partita da Coalizione Civica

BOLOGNA, 14 MAR – Presto lo storico leader curdo, Abdullah Ocalan, diventerà cittadino onorario di Bologna.
Lunedì in consiglio comunale verrà votata, infatti, la proposta di conferire al fondatore del partito dei lavoratori Pkk, detenuto da oltre 20 anni nell’isola prigione di Imrali in Turchia da 22 anni, l’importante riconoscimento.

Primo firmatario e proponente dell’iniziativa, sottoscritta da una ventina di consiglieri comunali di maggioranza, è il capogruppo di Coalizione Civica, Detjon Begaj che ha illustrato al proposta in Comune, insieme ad altri esponenti della maggioranza e al Ali Ekber Sultan, di Uiki Onlus, l’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia.
“Il Comune di Bologna sta facendo una cosa importante – conferma Begaj – Abbiamo deciso di conferire la cittadinanza onoraria ad Ocalan prima del suo appello al Pkk alla pace, che ha rafforzato la nostra convinzione. Non solo rappresenta la resistenza del popolo curdo, ma è ispiratore di esperimento straordinario di democrazia, ecologia e femminismo come quello del Rojava”.
Il movimento di Begaj e della vicesindaca Emily Clancy punta non solo alla “liberazione di Ocalan e al riconoscimento dell’esperienza del Rojava, ma a inviare un segnale di pace”.
Anche la vicesindaca Clancy, al lavoro per l’emergenza maltempo, ha ricordato con un messaggio come “con questo gesto simbolico, Bologna ribadisca il proprio impegno per i diritti e la libertà dei popoli”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la delegata del Comune per i diritti umani, Rita Monticelli, che ribadisce come per “Bologna essere solidali sia una questione politica. Insieme a tutti gli esponenti della maggioranza – spiega Monticelli – abbiamo pensato che fosse necessario far sentire la nostra voce.
Vogliamo schieraci contro la lesione dei diritti umani di Ocalan, che è in carcere in isolamento totale da tantissimo tempo e riconoscere l’importanza della fondazione del Pkk.
Sappiamo che ci sono stati alcuni passaggi considerati contraddittori, ma sappiamo anche che recentemente Ocalan ha chiesto al Pkk di fare un percorso di pace e di sostegno democratico, deponendo le armi in tutti i sensi”.

Conferenza dell’11-12 aprile a Roma Campagna Libertà per Öcalan, Soluzione politica alla questione curda

http://uikionlus.org 12marzo 2025

A tutte le reti di solidarietà, comitati e sostenitori della Campagna Libertà per Öcalan, Soluzione politica alla questione curda

Oggetto: Conferenza dell’11-12 aprile a Roma (Centro Congressi Frentani)

Cari e care,

Negli ultimi anni, insieme abbiamo compiuto passi importanti nella costruzione di reti internazionali di solidarietà in tutta Europa e oltre, organizzando azioni, scrivendo lettere alle istituzioni chiave e portando davvero questo tema alla ribalta della politica internazionale e dell’opinione pubblica. Grazie a tutti i vostri sforzi, siamo riusciti in parte a raggiungere i nostri obiettivi. Dal 23 dicembre, ci sono stati diversi incontri con Abdullah Öcalan, nei quali egli ha sottolineato la soluzione della questione curda. Ora, per raggiungere tutti i nostri obiettivi, è necessario lavorare di più insieme.

Dal suo inizio nell’ottobre 2023, la campagna è riuscita a riunire sindacati, movimenti sociali, avvocati, giuristi, partiti politici, funzionari eletti, artisti, intellettuali, attivisti, premi Nobel e milioni di curdi, costruendo reti di solidarietà a livello locale e internazionale. In questo modo, ha cercato di rompere l’isolamento di Ocalan e di rendere possibile una soluzione politica giusta e democratica alla secolare questione curda in Turchia, consentendo la sua partecipazione a un nuovo dialogo.

Grazie al nostro sforzo collettivo nell’ultimo anno, siamo riusciti a fare pressione sullo Stato turco e sulle istituzioni internazionali, creando le condizioni per ricominciare gli incontri con Öcalan. Tuttavia, come ha dichiarato Öcalan nel primo incontro tenutosi in autunno con i rappresentanti del partito DEM, il suo isolamento continua. Ciò che è diventato ancora più evidente è il ruolo cruciale di Öcalan nel trovare una soluzione politica alla secolare questione curda. Poiché la questione curda rimane la questione politica contemporanea più centrale del Medio Oriente, la sua risoluzione pacifica è quindi cruciale per la pace e la stabilità dell’intera regione. Inoltre, fornendo un approccio paradigmatico a molte delle crisi sociali e politiche più pressanti di oggi, le soluzioni di Öcalan servono come tabella di marcia per la stabilità e la coesistenza in Medio Oriente.

Nonostante le enormi difficoltà, affidandosi al paradigma del Confederalismo Democratico ideato da Öcalan, il popolo del Rojava ha dimostrato una straordinaria capacità di costruire una società inclusiva basata su principi di democrazia, uguaglianza di genere e giustizia sociale. Con la caduta del regime di Assad, questa esperienza potrebbe essere un modello positivo per la nuova Siria, ma è in pericolo, minacciata dalle politiche oppressive del regime turco e dai continui attacchi dei suoi mercenari.

Vi invitiamo a partecipare a questa conferenza di due giorni per sviluppare un piano comune per la prossima fase della campagna per la libertà di Öcalan. Nell’ambito della conferenza, ogni rete avrà la possibilità di condividere il proprio punto di vista e le proprie riflessioni sulla campagna, nonché le proposte per il futuro.

Ci auguriamo di vedervi alla conferenza,

A nome del network e dell’Iniziativa Nobel,
Prof. Kariane Westrheim

PS: Vi preghiamo di registrarvi tramite:info.kurdishnetwork@gmail.com

Contatti:Tiziano Saccucci cell:3762517272

Ocalan: Appello per la Pace e una Società Democratica

Woman Jin Solidarity,  27 febbraio 2025
Oggi Abdullah Öcalan, leader del popolo curdo incarcerato da oltre 25 anni sull’isola di Imrali, dopo anni di silenzio forzato ha rilasciato la seguente dichiarazione

Appello per la Pace e una Società Democratica

Il PKK è nato nel XX secolo—il secolo più violento della storia—nel contesto creato da due guerre mondiali, la Guerra Fredda, la repressione delle libertà e, soprattutto, la negazione dell’identità curda.
Dal punto di vista teorico, programmatico, strategico e tattico, è stato profondamente influenzato dalla realtà del sistema socialista reale del secolo scorso. Tuttavia, il crollo del socialismo reale negli anni ’90, dovuto a ragioni interne, insieme alla dissoluzione delle politiche di negazione dell’identità nel paese e ai progressi nella libertà di espressione, hanno portato il PKK a uno stato di perdita di significato e ripetizione eccessiva. Di conseguenza, come movimenti simili, ha esaurito il proprio ciclo di vita, rendendo necessaria la sua dissoluzione.
Nel corso di una storia lunga oltre 1.000 anni, turchi e curdi hanno mantenuto un’alleanza—prevalentemente basata su una cooperazione volontaria—per preservare la loro convivenza e resistere alle potenze egemoniche.

Gli ultimi 200 anni di modernità capitalista hanno cercato di smantellare questa alleanza. Le forze coinvolte, in linea con i propri interessi di classe, hanno principalmente servito questo obiettivo. Questo processo si è accelerato con le interpretazioni assimilazioniste della Repubblica. Oggi, il nostro dovere fondamentale è riorganizzare questa fragile relazione storica in uno spirito di fratellanza, senza ignorare le fedi.

L’emergere e l’ampio sostegno al PKK—la più lunga e vasta insurrezione e movimento armato nella storia della Repubblica—sono derivati dalla chiusura dei canali politici democratici.
Il risultato inevitabile di una traiettoria ultranazionalista—come richieste di uno Stato-nazione separato, federalismo, autonomia amministrativa o soluzioni culturaliste—non riesce a fornire una risposta alla sociologia storica e sociale.
Il rispetto delle identità, il diritto alla libera espressione e la possibilità di organizzarsi democraticamente—permettendo a ogni segmento della società di plasmare le proprie strutture socio-economiche e politiche—possono realizzarsi solo attraverso l’esistenza di una società e di uno spazio politico democratici.

Il secondo secolo della Repubblica (Turca) potrà ottenere una continuità duratura e fraterna solo se sarà coronato dalla democrazia. Non esiste un’alternativa alla democrazia per costruire e attuare un sistema. Non può esserci un’altra via. La riconciliazione democratica è il metodo fondamentale.

Anche il linguaggio di questa era di pace e società democratica deve essere sviluppato in conformità con la realtà.
Alla luce dell’attuale clima, plasmato dall’appello del signor Devlet Bahçeli, dalla volontà espressa dal signor Presidente e dagli approcci positivi di altri partiti politici nei confronti di tale appello, faccio un appello al disarmo e ne assumo la responsabilità storica.

Così come ogni organizzazione e partito contemporaneo, la cui esistenza non sia stata interrotta con la forza, farebbe volontariamente, convocate il vostro congresso e prendete la decisione di integrarsi con lo Stato e la società: tutti i gruppi devono deporre le armi e il PKK deve sciogliersi.

Rivolgo i miei saluti a tutti i segmenti della società che credono nella convivenza e ascoltano il mio appello.
Abdullah Öcalan