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Tag: scuole clandestine

Resistenza Femminile in Afghanistan: Le Donne Sfida ai Talebani per i Diritti e l’Istruzione

EDU news24, 16 agosto 2025

La lotta clandestina delle attiviste afghane della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan per i diritti e l’emancipazione femminile sotto il regime talebano

Resistenza Femminile in Afghanistan: Le Donne Sfida ai Talebani per i Diritti e l’Istruzione

Indice
1. Introduzione: Il contesto attuale in Afghanistan
2. Il ritorno dei talebani e la condizione delle donne
3. La nascita e il ruolo della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan
4. Strategie e rischi: la vita delle attiviste afghane
5. I corsi segreti per l’istruzione delle donne a Kabul
6. Impatto sociale ed educativo della resistenza femminile
7. La reazione dei talebani e della società afghana
8. Confronto con il passato: cosa è cambiato dal 2021
9. La sfida della sicurezza e la lotta contro l’anonimato
10. L’importanza della solidarietà internazionale
11. Testimonianze di coraggio: le voci delle attiviste
12. Prospettive future per i diritti delle donne in Afghanistan
13. Sintesi e considerazioni finali

Introduzione: Il contesto attuale in Afghanistan
A distanza di quattro anni dal ritiro delle truppe statunitensi, l’Afghanistan vive una stagione di profonde trasformazioni e criticità. Sotto il rigido controllo dei talebani, la popolazione femminile si è trovata privata di diritti fondamentali e di qualsiasi forma di emancipazione. Tuttavia, è proprio in questo contesto ostile che si sta sviluppando un movimento di resistenza femminile che sfida apertamente il regime: la Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA).

Il ritorno dei talebani e la condizione delle donne
Il ritorno dei talebani al potere nell’agosto 2021 ha segnato un notevole passo indietro nella condizione delle donne afgane. Con l’introduzione di leggi restrittive e un clima di paura costante, le donne hanno visto annullati diritti che faticosamente avevano conquistato. La vita quotidiana delle donne sotto i talebani è scandita da limitazioni severe:

– Divieto di frequenza scolastica e universitaria per ragazze e donne
– Restrizioni su abbigliamento e libertà di movimento
– Esclusione dalla quasi totalità delle professioni
– Obbligo di accompagnamento maschile per uscite pubbliche
Questi provvedimenti hanno imposto un regime di oppressione che tenta di ridurre il ruolo delle donne ad un’esistenza relegata tra le mura domestiche, negando qualsiasi possibilità di autodeterminazione.

La nascita e il ruolo della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan
Nel buio imposto dalle nuove forzate direttive talebane, la RAWA è stata ricostituita nella capitale Kabul. Fondata già negli anni Ottanta come risposta alle guerre e alle ingiustizie di genere, l’associazione ha ora riassunto un ruolo centrale nella resistenza femminile in Afghanistan. L’obiettivo principale del movimento è quello di restituire dignità e diritti alle donne, promuovendo la consapevolezza sociale e combattendo ogni forma di discriminazione e violenza di genere.

La RAWA rappresenta oggi un baluardo essenziale per i diritti delle donne afghane, fungendo da punto di riferimento per tutte coloro che desiderano istruirsi, emanciparsi e contribuire in modo attivo alla trasformazione della società.

Strategie e rischi: la vita delle attiviste afghane
Le attiviste della RAWA si trovano costantemente ad affrontare pericoli concreti. Operano nell’anonimato, costrette a utilizzare nomi falsi e a cambiare spesso domicilio per sfuggire ai controlli dei talebani. Questa strategia è diventata essenziale non solo per la loro sicurezza personale, ma anche per tutelare le donne che partecipano alle attività dell’associazione.

Le forme di persecuzione variano dalle semplici minacce verbali a veri e propri arresti, passando per intimidazioni sociali e violenze fisiche. Nonostante ciò, le attiviste continuano a rischiare la loro vita pur di mantenere accesa la fiamma della speranza per migliaia di donne afgane.

I corsi segreti per l’istruzione delle donne a Kabul
Uno degli strumenti principali della resistenza femminile guidata dalla RAWA sono i corsi segreti di educazione, organizzati per donne e ragazze nella città di Kabul. Queste lezioni, dal carattere clandestino, durano una o due ore e si svolgono per cinque giorni alla settimana.

Durante questi incontri, le partecipanti hanno la possibilità di apprendere:

– Nozioni di base di lettura, scrittura e matematica
– Storia dei diritti delle donne e delle lotte femminili nel mondo
– Elementi di autodifesa e consapevolezza dei propri diritti legali
– Competenze nel settore digitale, che rappresentano spesso l’unica finestra di dialogo con il mondo esterno
Questi corsi non sono semplici momenti di apprendimento: rappresentano veri e propri atti di resistenza civile, simboli di un futuro possibile in cui la donna afgana possa tornare ad essere protagonista nella società. Il passaparola e l’utilizzo di codici segreti sono strumenti indispensabili per evitare i controlli delle autorità talebane.

Impatto sociale ed educativo della resistenza femminile
L’impegno della RAWA e delle attiviste ha un impatto non solo sulle singole partecipanti, ma anche sull’intera società afghana. L’istruzione, infatti, è il motore principale del cambiamento sociale e della ridefinizione dei ruoli di genere.

I risultati, seppur ancora perlopiù invisibili, si riflettono su diversi livelli:

– Aumento della consapevolezza personale e collettiva tra le donne
– Formazione di una rete di mutuo aiuto tra partecipanti e attiviste
– Contrasto all’isolamento e alla marginalizzazione imposti dal regime talebano
– Risveglio di una coscienza critica che getta le basi per future mobilitazioni
In questo modo, i corsi segreti contribuiscono lentamente ma con costanza a scardinare le fondamenta del sistema talebano, promuovendo valori di uguaglianza, rispetto e autodeterminazione.

La reazione dei talebani e della società afghana
I talebani, pur rafforzando controlli e misure restrittive, sembrano al momento incapaci di arginare completamente queste iniziative. Alcuni elementi della società afghana, soprattutto tra le nuove generazioni, osservano con interesse e ammirazione la tenacia delle donne resistenti.

Non mancano tuttavia ostilità e tradimenti. La denuncia da parte di vicini o parenti, anche involontaria, può portare a pesanti conseguenze per le partecipanti ai corsi e per le organizzatrici. Il rischio di infiltrazioni e di delazioni è costante, rendendo necessaria una continua vigilanza e una solida fiducia reciproca tra le donne coinvolte.

Confronto con il passato: cosa è cambiato dal 2021
Rispetto al 2021, l’Afghanistan appare ora più isolato e carente di sostegno internazionale. Tuttavia, la determinazione delle donne e la capacità di adattamento della resistenza femminile sono notevolmente cresciute. Si è infatti consolidata una consapevolezza collettiva del valore dell’istruzione come strumento cardine per cambiare lo status quo.

La differenza sostanziale rispetto a periodi precedenti è dati da fattori come:

Maggiore conoscenza delle tecniche di sicurezza digitale
– Espansione delle reti clandestine e dei canali di informazione indipendenti
– Incremento delle attività di advocacy e pressione mediatica internazionale

La sfida della sicurezza e la lotta contro l’anonimato
La sicurezza rimane la principale priorità. Ogni spostamento, ogni incontro, ogni comunicazione deve essere pianificata nei minimi dettagli per evitare spiacevoli conseguenze. Le attiviste della RAWA non possono mai permettersi di abbassare la guardia e spesso la loro stessa famiglia ignora il loro vero impegno.

L’uso di identità fittizie, l’abbandono frequente dei luoghi di residenza e l’adozione di comportamenti mimetici diventano strumenti indispensabili di sopravvivenza. Questo comporta costi psicologici elevati, fatti di solitudine, senso di precarietà e paura costante.

L’importanza della solidarietà internazionale
L’appoggio della comunità internazionale è fondamentale per il successo della resistenza femminile in Afghanistan. Le organizzazioni per la difesa dei diritti delle donne e numerose ONG hanno lanciato campagne di sostegno, fornendo fondi, materiali didattici e visibilità alle lotte delle donne afghane.

Tuttavia, le pressioni politiche e l’attenzione dei media internazionali restano intermittenti. È urgente che la questione dei diritti delle donne in Afghanistan torni al centro dell’agenda globale, con azioni concrete di supporto e di denuncia delle violazioni.

Testimonianze di coraggio: le voci delle attiviste
Numerose attiviste hanno scelto di condividere, anche sotto anonimato, le loro storie. Racconti di paura, ma anche di speranza, che danno voce ad una generazione di donne decise a non arrendersi. Ecco alcune delle loro testimonianze:

– “Nonostante la paura, ho deciso di restare a Kabul e aiutare le ragazze che non hanno altra scelta. Vogliamo che le nostre figlie abbiano un futuro diverso.”

– “Spesso mi guardo alle spalle, ma so che il mio coraggio può fare la differenza anche per una sola ragazza che tornerà a studiare.”

– “Il nostro sapere è la nostra libertà. Nessun regime potrà cancellare la voglia di imparare delle donne afghane.”

Queste voci, raccolte attraverso canali protetti, dimostrano la forza straordinaria della resistenza femminile afgana.

Prospettive future per i diritti delle donne in Afghanistan
Il futuro dei diritti delle donne resta incerto, ma le basi poste dalla RAWA e dalle altre associazioni sono solidi punti di partenza. L’espansione delle attività educative, la formazione di nuove leader e la costruzione di reti sempre più capillari sono le priorità per uscire dalla clandestinità ed ottenere progressi duraturi.

Fondamentale sarà la pressione esercitata dalla società civile e dalla comunità internazionale, affinché i talebani vengano costretti a rivedere le proprie posizioni sulle libertà fondamentali delle donne.

Sintesi e considerazioni finali
La resistenza femminile in Afghanistan, rappresentata emblematicamente dalla Revolutionary Association of the Women of Afghanistan, costituisce un esempio luminoso di coraggio, resilienza e tenacia. In un paese dove il controllo talebano sembra aver spento ogni possibilità di emancipazione, le donne afghane dimostrano che l’istruzione e la consapevolezza sono strumenti di liberazione imprescindibili.

Seppure ricoperta dal silenzio e dall’anonimato, la loro lotta sotterranea sta lentamente ma inesorabilmente cambiando il volto della società. Spetterà alla comunità internazionale e alle nuove generazioni raccogliere il testimone di queste donne e continuare a sostenere la loro battaglia, affinché l’Afghanistan possa finalmente riconoscere e valorizzare il contributo femminile al progresso sociale, culturale ed economico del Paese.

Vi faccio entrare nelle scuole segrete delle donne afghane

Vita, 15 agosto 2025, di Cristina Giudici

A quattro anni dal ritorno dei Talebani a Kabul abbiamo incontrato una delle dirigenti del movimento Revolutionary Association of the Women of Afghanistan. Viaggio dentro un’esperienza straordinaria di resistenza tutta al femminile

Abbiamo cominciato dall’allarmante aumento dei matrimoni forzati e precoci di bambine che vengono date in spose per fame, per costrizione, per l’illusione di metterle al sicuro, e concluso con un’inaspettata nota di speranza perché Mariam – la chiameremo così perché non può rivelare la sua identità – ci ha ricordato più volte che per quanto la notte possa essere buia, l’alba arriva sempre. La lunga conversazione avvenuta in videocall con una delle dirigenti del movimento Revolutionary Association of the Women of Afghanistan, Rawa, fondata nel 1977 da Meena Keshwar Kamal poi uccisa nel 1987 in Pakistan che opera in clandestinità sin dall’occupazione sovietica dell’Afghanistan è avvenuta grazie alle sue straordinarie supporter italiane dell’organizzazione italiana Cisda, ( coordinamento italiano sostegno donne afghane onlus) che hanno fatto da ponte per un incontro a distanza.

Il 30 agosto in Afghanistan nelle menti di molti ci sarà anche l’angoscioso ricordo della mezzanotte del 2021, quando gli ultimi soldati americani hanno voltato definitivamente le spalle agli afgani dopo un’altra fallimentare operazione per esportare la democrazia anche se l’evacuazione è cominciata il 15 agosto dopo l’arrivo del Talebani nella capitale.

Davanti al nuovo anniversario, il quarto da quando i Talebani sono entrati anche a Kabul e hanno ripreso il potere dopo 20 anni, Mariam ci racconta cosa è successo nel frattempo. «Penso che la maggioranza delle donne afgane ora siano focalizzate su tutti i modi segreti per resistere e questo può accadere solo se riusciamo ad aumentare la loro consapevolezza attraverso l’istruzione e l’educazione», racconta a VITA per spiegare i progetti di Rawa mirati all’istruzione e scuole segrete per ragazze, assistenza medica, formazione professionale, informazione, sostegno alimentare. «E questa è stata la ragione per cui, negli ultimi quattro anni, abbiamo cercato di organizzare più corsi segreti nelle case, anche in inglese, di informatica o di scienze: sia per le ragazze che non possono andare a scuola sia per le più anziane abbiamo cercato di mobilitare un numero maggiore di donne per dare maggiore consapevolezza e coraggio alle nuove generazioni affinché possano resistere contro i Talebani». Ispirate dalla resistenza delle iraniane che le hanno incoraggiate a capire che il fondamentalismo religioso non può silenziare le donne, sebbene il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, abbia annunciato di aver richiesto due mandati d’arresto per il leader supremo dei Talebani, Haibatullah Akhundzada, e il presidente della Corte Suprema afghana, Abdul Hakim Haqqani, accusati di crimini contro l’umanità per persecuzione di genere.

«Attraverso l’uso dei social media, dei corsi segreti e delle opportunità educative, le donne stanno cercando di mobilitarsi contro i Talebani e, in particolare, contro la polizia religiosa», spiega con una voce ferma e al contempo calorosa. E per sottolineare la scelta politica del movimento femminista di Rawa di operare in clandestinità, sottolinea: «Da documenti di WikiLeaks è emerso che più donne e più figure femminili avrebbero dovuto essere promosse e presentate alla società, in modo che i media mondiali e l’intera comunità internazionale potesse accettare e giustificare la guerra americana in Afghanistan. In pratica, abbiamo visto che era una menzogna perché ogni manifestazione o protesta per far sentire la nostra voce è stata repressa, le attiviste incarcerate e uccise. Per questo motivo ora, come la maggior parte delle donne afghane, ci stiamo concentrando su metodi segreti di resistenza e il nostro lavoro è molto apprezzato».

Per non farsi scoprire, le attiviste di Rawa cambiano spesso casa, non si fanno mai riprendere in volto, non usano le loro automobili, documenti e cellulari, non si conoscono fra di loro, usano nomi falsi e contano su una rete affidabile di persone a cui, soprattutto nei villaggi, hanno portato la speranza. Inoltre organizzano classi che non siano numerose, soprattutto nelle province più sorvegliate dai Talebani. Le classi si tengono nelle case private grazie a una rete di insegnanti e studentesse unite dalla stessa consapevolezza. «Recentemente una delle ragazze, a causa delle pressioni della famiglia, non poteva frequentare le lezioni, a Kabul perché suo fratello non glielo impediva. Cosi hanno deciso di provare a convincerlo e ci sono riuscite», racconta Mariam per spiegarci l’importanza dei piccoli progressi quotidiani conquistati sotto il regime dell’Emirato islamico dell’Afghanistan. Un esempio concreto di come i legami femminili possono funzionare anche sotto il regime spietato dei Talebani e di come molte famiglie credano nell’istruzione. «Il numero medio di partecipanti alle classi è di 15-20 allieve in tutte le province del Paese. Ma in alcune zone ci sono anche 60 donne che chiedono di partecipare. E purtroppo, per motivi di sicurezza, non possono permetterglielo».

Mariam non mostra il volto anche se si intuisce che dall’altra parte dello schermo, in Afghanistan, lei scuote la testa perché vorrebbe poter fare di più ma le leggi di chi opera in clandestinità per far crescere nuove generazioni istruite all’ombra dei talebani sono molto rigide. «Dobbiamo creare più classi in regioni diverse. Non possiamo nemmeno scegliere due o tre case molto vicine, perché se succede qualcosa durante una delle nostre lezioni, la classe potrebbe essere spostata velocemente in un’altra casa. Inoltre ricorriamo ai corsi di cucito, quelli sì permessi, e abbiamo sempre un Corano a portata di mano in caso di un controllo», racconta. Le lezioni durano una/due ore, cinque giorni alla settimana. Si tratta del momento più felice per le donne perché le classi non si limitano a fornire lezioni di alfabetismo e matematica, ma anche a dare loro l’opportunità di essere ascoltate, di parlare della propria sofferenza, di confidare le discriminazioni o la violenza che subiscono all’interno della famiglia.

«Una delle nostre studentesse avrebbe dovuto sposarsi ma lei voleva continuare le sue lezioni, perciò l’insegnante è andata a parlare con i membri maschi della famiglia per spiegare che non era pronta il matrimonio. E per fortuna, hanno accettato. Posso raccontare tanti piccoli successi e miglioramenti nella vita quotidiana delle donne che ci danno molto coraggio ad andare avanti», ci dice.

Purtroppo però è difficile sperare in un cambiamento radicale e repentino perché, afferma Mariam, anche se l’unico Paese ad aver riconosciuto ufficialmente il governo dei Talebani è la Russia, è risaputo che il governo talebano si sostiene con gli aiuti dei Paesi occidentali donatori, gli Stati Uniti in particolare, oltre a potenze regionali mentre il Pakistan svolge il ruolo da guardiano. «Il governo è solo un’entità parastatale e all’interno di chi guida il governo ci sono diverse fazioni che non pensano a guidare il Paese ma a dividersi le ricchezze delle diverse Regioni: miniere, droga, risorse, armi da contrabbandare. Sono questi i loro strumenti di potere. Ed è così che si sono mantenuti al potere, è così che funzionari, leader, comandanti si sono trasformati in potenti figure politiche, dotate anche di notevole forza finanziaria e di numerose fonti di ricchezza. Ed è così che possono continuare a commettere crimini di guerra, rapire le giovani, costringerle a matrimoni forzati. Crimini che appaiono sui nostri social media e ignorati dall’Occidente. Grazie all’avidità e alla capillare corruzione». Morale, a quattro anni dal loro ritorno al potere, non governano: l’unica cosa che sanno fare è acuire la repressione nei confronti del popolo, accanendosi soprattutto contro le donne con estorsioni, tasse e “oboli” al popolo grazie alla creazione di una cleptocrazia. Con un tasso di corruzione che non c’era nella prima generazione dei talebani. La gran parte degli aiuti che arrivano nel Paese vengono intercettati dai Talebani e trattenuti per il sostegno diretto dell’apparato statale, alimentare consenso e fedeltà dei funzionari che amministrano, mantengono e sostengono il regime ai vari livelli e nelle regioni più remote. Risultato: secondo l’Onu l’84% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

Chiediamo a Mariam, come sia possibile, dopo tanti anni di lavoro clandestino, trovare nuove generazioni che raccolgano il loro testimone. Lei esprime preoccupazione per la sicurezza della figlia adolescente e poi spiega: «Non esiste un trucco né una bacchetta magica, ma riusciamo a tramandare i valori per i diritti fondamentali delle donne, l’uguaglianza, la giustizia sociale. Certo, se il fondamentalismo non esistesse in Afghanistan, se l’instabilità, il caos politico, la guerra fra fazioni e il conflitto militare (principalmente con ISIS-K che commise l’attentato suicida del 26 agosto 2021 all’aeroporto di Kabul, ndr) non esistessero in Afghanistan, la situazione potrebbe essere diversa perché tutta la nazione desidera il miglioramento degli standard di vita e gradualmente queste cose accadono», sostiene con un ottimismo difficile da comprendere da questa parte del video attraverso il quale parliamo. «Per questa ragione, quando le persone, le giovani generazioni ci guardano, si rendono conto che stiamo andando nella giusta direzione e apprezzano il nostro impegno. Inoltre per cultura e tradizione in Afghanistan, il legame familiare e comunitario è molto forte. Perciò cerchiamo di coinvolgere i nostri parenti e naturalmente insegniamo ai nostri figli, alle nostre figlie, ai nostri familiari, i diritti, l’uguaglianza e i valori per cui lottiamo. Ed è così che si costruisce una rete che opera segretamente, dal basso».

Dopo quattro anni dal ritorno dei talebani, Mariam guarda avanti e dice: «Sono tempi difficili per noi, per la nostra nazione, ma guardiamo alla storia del mondo: la tirannia non può durare per sempre. Il nostro motto principale è democrazia, laicità e giustizia sociale. Crediamo che solo un sistema democratico e laico possa garantire la giustizia sociale, l’uguaglianza di genere e la prosperità, la pace e l’indipendenza del nostro Paese». La fede in un futuro migliore di Mariam e di Rawa sembra incrollabile. Infatti alla fine della nostra conversazione ci dice: «Vogliamo l’uguaglianza per tutte le etnie, tutte le regioni, tutte le religioni presenti in Afghanistan. E naturalmente l’uguaglianza di genere, la democrazia, la libertà di espressione e molti altri valori che dovrebbero esistere in una società moderna. E non vivere in un sistema feudale dominato dagli uomini».

Non è sempre stato facile, ammette, perché molti dei loro sostenitori, quando i Talebani hanno ripreso il potere nel 2021, molti giovani che lavoravano con Rawa – medici, ingegneri, persone istruite, docenti universitari – sono fuggiti. «Questo non significa che l’intera popolazione, l’intera nazione afghana, volesse andarsene (o dovesse, ndr) perché tanti dicono: questa è la nostra patria. Questo è ciò che abbiamo. Ovvio, ci sono ragioni finanziarie, la forza brutale dei talebani, l’oscurità, la pressione che soprattutto le giovani devono affrontare. Non possiamo ignorare questo fatto, ma non significa che sarà così per sempre». Perché qualcuno dovrà restare per creare il cambiamento. E lei, a quattro anni dal ritorno dei Talebani, le esecuzioni, le atrocità, le barbarie, vede anche crescere un profondo desiderio di cambiamento.

Convinta che le giovani generazioni, con l’istruzione, la consapevolezza, vedranno e cercheranno la luce per il futuro perché sta accadendo un po’ ovunque. Mariam ha conosciuto persino donne anziane che vivono nelle grotte e vogliono imparare a leggere e a scrivere. E ci deve essere qualcuno, o meglio qualcuna, pronta ad insegnare. Soprattutto ora che si creano le competenze segrete per accedere alle università online all’estero, come sua figlia che sta completando la sua educazione con corsi digitali, «così come molte delle nostre ragazze hanno avuto l’opportunità di istruirsi grazie al web».

Verso la fine del collegamento, la presidente del Cisda Graziella Mascheroni e Gabriella Gagliardo del direttivo, parlano con Mariam di progetti che si stanno promuovendo o si potrebbero potenziare, grazie alle borse di studio che arrivano dalle università, anche dall’India. E di come le nuove tecnologie possono servire al loro progetto di fornire clandestinamente istruzione e strumenti di emancipazione. «Perciò stiamo cercando di fornire più corsi di inglese alle allieve perché possano frequentare le università in seguito. Alcune delle nostre ragazze lo stanno già facendo». E poi, come ci ripete più volte, dopo la notte sorge sempre l’alba.