Dialogo con Ankara, le linee rosse curde per il disarmo
Il Manifesto, 16 febbraio 2025, di Tiziano Saccucci
Kurdistan In attesa dell’appello-video del leader Ocalan al Pkk, il partito Dem in missione nel Kurdistan in Iraq. Poca fiducia dei combattenti nelle promesse turche
A meno che non ci sia una seria opposizione e un intervento golpista, sembra che Reber Apo (il leader Öcalan) darà inizio a un nuovo processo di cambiamento, trasformazione e ricostruzione per tutti», si legge in un comunicato del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) in occasione del 15 febbraio, ventiseiesimo anniversario della cattura di Abdullah Öcalan.
«Il nostro popolo lo definisce “il giorno nero”, Reber Apo quest’anno vuole trasformare questo giorno nero in un giorno bianco», ha detto Murat Karayılan, comandante delle Forze di difesa del Popolo (Hpg) legate al Pkk, in un’intervista al canale curdo SterkTV.
DA TEMPO, infatti, circolano voci su un’imminente appello di Öcalan al Pkk affinché questo si impegni in un nuovo processo di pace che porti al disarmo dell’organizzazione, cogliendo l’opportunità aperta a ottobre dal leader nazionalista turco Devlet Bahçeli in parlamento.
L’appello, probabilmente in video, era atteso per proprio per il 15 febbraio ma potrebbe essere rimandato. Ad accennarlo è stata Tülay Hatimogulları, co-presidente del Partito per l’uguaglianza e la democrazia dei popoli (Dem), rispondendo alle domande di alcuni giornalisti al margine di una sessione del parlamento turco. Il ritardo è probabilmente dovuto a una visita di Dem nella Regione del Kurdistan in Iraq, programmata nel fine settimana per incontrare i leader delle due principali famiglie che controllano la regione semiautonoma, Barzani e Talabani.
«La società è pronta, la politica è pronta, l’opposizione è pronta, ma è ovvio che il governo non è pronto. Dovrebbero annunciare le loro tabelle di marcia per un processo di pace. Per cominciare, l’isolamento del signor Öcalan dovrebbe essere revocato», ha dichiarato Hatimogulları.
«I processi del 1993, 1995, 1998 e, più di recente, i colloqui di Oslo tra il 2013 e il 2015, hanno gettato le basi per una soluzione. La questione può essere risolta senza guerra», ha dichiarato il membro del Comitato centrale del Pkk Nedim Seven all’agenzia curda Firat News, confermando tuttavia lo scetticismo del partito sulle reali intenzioni di Ankara: «Sfortunatamente, lo stato turco e i suoi rappresentanti hanno utilizzato questi processi per i propri interessi di potere e hanno agito non per risolvere un problema vecchio di un secolo, ma per mantenere il proprio potere».
ANCHE KARAYıLAN ha criticato l’approccio di Ankara: «Recep Tayyip Erdogan dice di sostenere l’appello di Bahçeli, eppure in Rojava dal confine fino a Tabqa passando per Jarabulus c’è un fronte di guerra e contro i curdi lo stato turco sta usando tutte le possibili tecniche».
Nella stessa occasione, il comandante Hpg ha chiarito le condizioni per il disarmo: «Siamo un movimento con migliaia di combattenti, non sono combattenti per soldi che fanno il loro lavoro e se ne tornano a casa. Combattono per un’idea, per ciò in cui credono. Se la persona che ha creato quell’ideologia, il leader Apo, non parla con questi compagni direttamente, se fa solo una chiamata via video, come possono convincersi a lasciare le armi?».
Secondo Karayılan un messaggio da parte di Öcalan sarebbe «senza dubbio un inizio molto importante» ma non sufficiente se non seguito da un cessate il fuoco bilaterale: «Oggi a Zap, i soldati dello stato turco e i nostri compagni stanno combattendo a 200 metri di distanza, come potrei andare a dirgli di deporre le armi?».
IL PASSAGGIO successivo, linea rossa più volte esplicitata da Karayılan e Seven, dovrebbe essere il rilascio di Öcalan, così che possa discutere il disarmo direttamente con i militanti del partito, magari in un congresso. «Non siamo amanti delle armi, siamo amanti della libertà e della democrazia, della vita equa – ha concluso il comandante della guerriglia – Se queste condizioni si realizzeranno non ci sarà senza dubbio più bisogno delle armi».
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