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Gruppi per i diritti umani chiedono un’inchiesta sulla moglie di Khalilzad per le sue dichiarazioni sui talebani

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amu.tv Ahmad Azizi 25 maggio 2025

Sessantaquattro gruppi per i diritti umani e la giustizia di transizione hanno firmato una lettera aperta che sollecita un’azione legale contro Cheryl Benard, moglie dell’ex inviato speciale degli Stati Uniti per la pace in Afghanistan Zalmay Khalilzad, accusandola di complicità in presunti crimini contro le donne afghane.
Nella lettera, indirizzata alla Corte Penale Internazionale (CPI), i firmatari – tra cui il Civil Service Women’s Movement, l’Afghan Republican Women’s Network, Afghan Women for Peace and Freedom e altre organizzazioni della diaspora afghana e femministe – sostengono che la Benard abbia svolto un ruolo di promozione e partecipazione in quella che descrivono come la sistematica cancellazione dei diritti delle donne sotto il regime talebano.
I gruppi sostengono che il loro appello si basi su quadri giuridici internazionali, rapporti delle Nazioni Unite e testimonianze documentate delle vittime. Sostengono che Benard abbia “sbiancato” le politiche dei Talebani, negato la violenza strutturale contro le donne e sostenuto il ritorno dei rifugiati in quello che descrivono come un “regime di apartheid di genere”. Benard, analista politica e scrittrice, si è recata a Kabul all’inizio di quest’anno e ha recentemente fatto notizia per un controverso editoriale pubblicato su The National Interest, in cui ha minimizzato le preoccupazioni sul trattamento riservato alle donne dai Talebani e ha liquidato come esagerate alcune notizie diffuse dai media sulla questione.
Pur riconoscendo che i divieti all’istruzione imposti dai Talebani a ragazze e donne sono “inaccettabili e privi di giustificazione religiosa”, Benard ha messo in dubbio la gravità delle restrizioni. Ha incoraggiato i rifugiati di ritorno a prendere in considerazione l’idea di iscrivere i propri figli a scuole private e ha criticato l’isolamento internazionale del governo talebano definendolo “ingiusto e bizzarro”. Ha inoltre sottolineato che le donne in India affrontano condizioni peggiori rispetto a quelle nell’Afghanistan governato dai Talebani, affermando: “Il trattamento riservato alle donne [dai Talebani] non è minimamente paragonabile a quello in India, un Paese potente e avanzato”.
I suoi commenti hanno scatenato una forte reazione tra i sostenitori dei diritti delle donne afghane, molti dei quali vedono le sue dichiarazioni come parte di un più ampio sforzo per legittimare un regime che ha sistematicamente privato le donne del diritto al lavoro, all’istruzione e alla vita pubblica.
Benard non è un funzionario statunitense e non ricopre una posizione formale in alcun governo. Tuttavia, i critici sostengono che il suo stretto legame con Khalilzad – che ha supervisionato i negoziati che hanno portato all’accordo tra Stati Uniti e Talebani a Doha – le abbia fornito una piattaforma che amplifica le narrazioni pro-talebani nel dibattito occidentale.
Al momento, né Benard né Khalilzad hanno risposto pubblicamente alla lettera. La CPI non ha commentato se accoglierà la richiesta di indagine presentata dai gruppi.

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