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Autore: Anna Santarello

Ebru Günay: Non è un caso ISIS abbia agito con l’indagine di Kobanê

Rete Kuedistan Italia, 31 ottobre 2020 

Criticando l”indagine ebru gunay copyKobané” lanciata contro il loro partito 6 anni dopo le proteste, la portavoce di HDP Ebru Günay ha affermato: “Le operazioni non sono altro che la mentalità dell’ISIS risvegliata dall’alleanza AKP-MHP”.

Riguardo alla detenzione della portavoce del Movimento delle donne libere (TJA) Ayşe Gökkan, Ebru Günay ha dichiarato: “Vorremmo esprimerlo ancora una volta. Nessuna oppressione, detenzione, uso della forza e persecuzione ha mai scoraggiato il movimento delle donne curde. Ogni operazione che è stata lanciata contro la nostra lotta delle donne ha aumentato la nostra determinazione.

 

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Kabul come Vienna, insanguinate dal Daesh

Un’altro punto di vista dopo l’attentato all’Università di Kabul. N.d.R.

Dal Blog di Enrico Campofreda, 3 novembre 2020 attentato università

Chi spara e uccide oggi a Kabul e lo rivendica con decisione e orgoglio è lo Stato Islamico del Levante. Il suo commando ha lasciato straziati a terra e sui banchi di studio ventidue ragazzi colpevoli di volersi laureare, per provare a uscire dalla spirale dell’ignoranza e del fanatismo da cui le milizie del terrore reclutano soprattutto i kamikaze. E mentre lo stesso terrore percorre le strade d’Europa – dove altre armi da guerra imbracciate da miliziani in bianco infondono paura seminando morte – il jihadismo d’Oriente sancisce in Afghanistan la ripresa della sfida interna coi titolati taliban.

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È LA CULTURA LA PRIMA VITTIMA DELL’ESTREMISMO

Come si scrive nell’articolo “Chi studia, sa, chi sa, può. Chi sa, ha sogni, desideri, non si accontenta, sviluppa un senso critico ed è più difficilmente manipolabile.” e per mantenere il controllo sulla popolazione spesso vengono presi di mira i luoghi devi si studia come è successo pochi giorni fa all’Università di Kabul. N.d,.R.

Radio Bullets – 3 novembre 2020 di Barbara Schiavulli Univeristà Kabul

L’università di Kabul è un posto tranquillo paragonato al casino che avvolge la capitale, tra il traffico anarchico, le donne che passeggiano in fretta cariche di verdure, i mezzi militari che sfrecciano non curandosi della gente che attraversa.

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Rojava, un centro medico di donne nel villaggio delle donne: «Ci riprendiamo i saperi».

Siria. In piena epidemia Covid-19, la comunità al femminile di Jinwar si allarga e fonda un centro di medicina naturale. E ora sogna un’ambulanza. Il resto della Siria del nord ancora preda delle truppe turche e del taglio dell’acqua.

 jinwar rojavaIl manifesto – 1 novembre 2020

A Jinwar, villaggio di sole donne (e bambini) nel Rojava, Siria del nord, lo scorso 4 marzo è stato inaugurato Sifa Jin, centro di medicina naturale che ha lo scopo di prendersi cura delle abitanti di Jinwar e dei villaggi circostanti, ma anche di rispondere – con la pratica – ad alcune domande.

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Da Kobanê al mondo: ribellarsi al fascismo – Giornata mondiale di Kobanê e la rivoluzione in Rojava- 1 ° – 8 novembre 2020

Rete Kurdistan Italia, 27 ottobre 2020

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Il 1° novembre 2014 milioni di persone in tutto il mondo sono scese in piazza per esprimere la loro solidarietà all’eroica resistenza di Kobanê. Milioni di donne e uomini, vecchi e giovani, progressisti didiversi colori politici uniti nella loro diversità, si sono schierati risolutamente al fianco delle popolazioni del Rojava e hanno testimoniato il loro sostegno nella lotta contro la barbarie delle bande assassine dello Stato Islamico . Il mondo ha trattenuto il fiato e ha guardato con attenzione mentre a Kobanê i combattenti delle unità di protezione delle donne e del popolo, YPJ e YPG, ostacolavano l’oscurità e difendevano l’umanità casa per casa, strada per strada.

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Kabul, sangue studentesco

Enrico Campofreda, 26 ottobre 2020

Kabul

Il rito della morte esplosiva s’è ripetuto a Kabul. Copioni collaudati e mai frenati, per incapacità, mancanza di volontà, impossibilità. Il kamikaze che s’è fatto saltare in aria portando con sé una trentina di studenti e ferendone altrettanti nell’area ovest della capitale, presso l’Istituto Kawsae-e Danish, è un miliziano dell’Isil. Il gruppo fondamentalista ha rivendicato l’attentato senza fornire prove. I talebani hanno rigettato ogni responsabilità.

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Afghanistan. L’ambiguità dei Talebani e il processo di pace americano

Formiche .net  Ferruccio Michelin – 25 ottobre 2020

Mentre procedono i negoziati con gli Stati Uniti, i Talebani tornano all’attacco. Dozzine di persone uccise in attentati questa settimana, nove in un attentato oggi. Nuove informazioni sul procedere dei contatti con Washington, tra realismo, dubbi e contromosse.

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Nove civili sono morti quando l’esplosione di un ordigno piazzato lungo una strada ha travolto un bus che viaggiava verso est uscendo da Kabul, la capitale dell’Afghanistan.

Sulla notizia ci sono alcune note da sottolineare, a cominciare dal giro da cui è partita: è stato infatti il portavoce del governatore della provincia di Ghazni – dove è avvenuto l’attentato – ad avvisare la Xinhua. È interessante dunque notare come l’agenzia di stampa cinese sia stata avvertita per prima, permettendo a Pechino di far circolare l’informazione: con un pizzico di malizia, si può notare come la questione dell’Afghanistan sia un elemento delicato per Washington, e su cui la Cina non perde occasione di far emergere incongruenze.

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Tiranno e mio signore: matrimonio infantile in Afghanistan

il manifesto.itAntonio Pampliega – 25 ottobre 2020. 

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Che cos’è l’inferno? Per i greci, ad esempio, era il luogo dove, dopo la morte, le anime dei peccatori venivano torturate… Ogni cultura ha il suo inferno con i suoi particolari demoni. Se ce lo chiedessimo, noi divagheremmo e finiremmo per descrivere un luogo cupo, pieno di fuoco e di dolore. Se questa domanda fosse rivolta a una donna afghana, la sua risposta ci lascerebbe senza parole.

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24 ottobre: io sto con chi combatte l’ISIS!

Retekurdistan.it – 24 ottobre 2020

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24 Ottobre 2020

Oggi, sabato 24 ottobre, è una giornata in cui tutti siamo chiamati a prendere azione contro la vergognosa criminalizzazione da parte degli Stati delle YPG, YPJ e SDF, le unità militari rivoluzionarie che difendono i popoli della Siria del nord est dalle barbarie dello Stato Islamico (ISIS) e dello Stato fascista turco.

Negli anni, molti internazionali da tutto il mondo si sono uniti alla resistenza popolare e hanno combattuto in Rojava nelle fila delle YPG (Unità di Difesa del Popolo), YPJ (Unità di Difesa delle Donne) e SDF (Forze Democratiche Siriane).

Molti di quest* compagni, una volta rientrati nei rispettivi paesi d’origine, hanno subito lunghi processi e spesso condanne sostanziose per la loro partecipazione alla guerra contro ISIS e Turchia. In Italia abbiamo l’esempio della compagna Maria Edgarda Marcucci, detta Eddi, che per questo è stata recentemente condannata dalla Procura di Torino a due anni di sorveglianza speciale – una misura di epoca fascista tremendamente restrittiva che lede gravemente la libertà personale e i diritti civili e politici.

La criminalizzazione delle YPG, YPJ e SDF, oltretutto, è fatta da quegli Stati nazione che da una parte condannano a parole il terrorismo e sfruttano l’islamofobia per aizzare i loro popoli, ma dall’altra ogni anno vendono milioni di euro di armi al regime turco, che dichiaratamente arma vari gruppi jihadisti per mantenere il controllo del Medio Oriente.

Come Rete Kurdistan critichiamo duramente il comportamento degli Stati che stanno criminalizzando chi rischia la sua vita per combattere il terrorismo dell’ISIS e dello Stato turco. Ci schieriamo con le Unità di Difesa del Popolo, le Unità di Difesa delle Donne e le Forze Democratiche Siriane, e siamo al fianco di tutti i loro componenti, internazionali o locali, nella difesa della rivoluzione dei territori della Siria del nord est.

Per questo motivo invitiamo tutti ad aderire all’action call di oggi con dei gesti simbolici, come attaccare alle finestre le bandiere delle Unità e postando online foto o video con cartelli e l’hashtag

#iostoconchicombattelisis.

Viva YPG, YPJ e SDF! Viva la rivoluzione del Rojava!

Rete Kurdistan Italia

Migranti, il disastro della «rotta» dell’Europa

ilmanifesto.itAlex Zanotelli – 17 ottobre 2020 

Diritti . Dalla «patria dei diritti» nessuna volontà politica di salvare vite umane nel Mediterraneo. È il vero volto dell’Ue: ricca, potente, ma sempre più egoista, e intenta a costruire muri.

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La politica migratoria dell’Unione Europea può essere espressa con una sola parola: «esternalizzare» le frontiere per bloccare sia la «rotta asiatica» che la «rotta africana». Per bloccare la ‘rotta asiatica’(Siria, Iraq, Afghanistan), l’Unione europea ha siglato infatti un accordo con il dittatore Erdogan, regalandogli sei miliari di euro, perché trattenesse in Turchia quattro milioni di profughi in fuga dai loro paesi per guerre che noi abbiamo scatenate.

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