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Autore: Anna Santarello

Il villaggio di donne Jinwar si protegge dalla pandemia

Rete Kurdistan – 22 aprile 2020

Jinwar corona

Le donne nel villaggio delle donne si proteggono dal Covid-19 con i loro sistemi autonomia e auto-approvvigionamento. Il villaggio delle donne Jinwar in Rojava si protegge su diversi livelli dalla pandemia di Covid-19. Da un lato vengono attuate misure classiche come la limitazione dell’accesso al luogo, dall’altro il modello autonomo di auto-organizzazione e auto-approvvigionamento aiuta nella protezione dalla pandemia.

Come in molti altri luoghi del Rojava anche chi visita il villaggio delle donne deve indossare mascherine e guanti. Jinwar tuttavia ha altre possibilità nella lotta contro la pandemia. Il villaggio si sostenta da sé con alimenti come pane e verdura di produzione propria. Le donne producono tutto da sé, fino ai vestiti che indossano.

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Saluti a Madre Nafisa e alle altre Eroiche Madri dell’Afghanistan!

Traduzione delle affettuose parole che RAWA, Revolutionary Association Women of Afghanistan, dedica a Madre Nafisa. Emerge il meraviglioso ritratto di una grande donna, straordinaria attivista e amica generosa che, fino alla sua scomparsa pochi giorni fa, ha sempre ispirato figlie, nipoti e intere generazioni di donne.

madari nafisa in rawa demoCon immensa sfortuna, Nafisa, meglio conosciuta come “la Madre”, di sicuro una delle madri più gentili per tutti noi, è deceduta il 5 aprile 2020, rattristando profondamente tutti i membri di RAWA. Da madre amorevole e accogliente per tutti noi, ha trascorso gran parte della sua vita al servizio di RAWA e ognuno di noi ha imparato tanto da lei. Lei, proprio come la maggior parte delle nostre madri, ha sopportato un immenso dolore per la perdita dei nostri migliori giovani e ci ha sempre detto: “ricorda, non piangere mai noi, perché è solo la morte prematura dei nostri giovani che ci distruggerà e non avrei mai voluto testimoniarlo”.

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TURCHIA: GIORNALISTI DENTRO, CRIMINALI FUORI

Q CODE Magazine – Murat Cinar – 17/4/20

GiornalistiTurchiaPoco più di 8 anni fa, ossia il 20 marzo del 2012, stavo finendo di scrivere un articolo con questo stesso titolo. Il pezzo che stavo preparando per la rivista E-Il Mensile, parlava di come con una manovra giuridica, nottetempo, veniva archiviato il maxi processo sul massacro di Sivas, il tragico episodio del 1993, in cui vennero arse vive 19 persone in un albergo di quella città anatolica.

I criminali responsabili di questo massacro furono rilasciati a piede libero. D’altra parte la Turchia vantava il triste record di avere più di cento giornalisti in carcere.

Da quel momento in poi per alcune persone le cose sono andate avanti peggiorando. Nel frattempo la Turchia è diventata partner economico di Unione Europea, Russia, Iran, Cina e Qatar. Pensiamo solo al fatto che sia il terzo paese al mondo a comprare più armi dall’Italia.

Secondo i dati ISTAT nei primi dieci mesi del 2019 l’export complessivo di armi dall’Italia alla Turchia ha toccato quota 102 milioni di euro, quasi quattro volte di più rispetto al 2018.

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Turchia: prigionieri politici abbandonati alla pandemia senza protezione

ReteKurdistan Italia – 16/4/20

PrionieriPoliticiDi fronte alla pandemia di Covid-19 i detenuti sono tra i gruppi più fortemente minacciati. Mentre oltre 90.000 detenuti vengono rilasciati a causa della pandemia, i prigionieri politici continuano a restare in carcere.

La modifica legislativa definita „Amnistia Corona“ è stata accettata lunedì nel Parlamento turco. Prevede la liberazione di circa 90.000 detenuti in Turchia, il rilascio anticipato dei prigionieri politici è esplicitamente escluso dalla modifica legislativa.

Emirhan Sağlam, padre del prigioniero politico Zafer Sağlam, dichiara a ANF: „I nostri figli sono abbandonati in balia della pandemia senza protezione.“ A parte il fatto che prigionieri come suo figlio vengono messi in isolamento non succede nulla, riferisce. Zafer Sağlam ora si trova in una cella singola nel carcere di massima sicurezza di Silivri. È uno di due prigionieri che sono stati sottoposti a test, il suo test ha avuto esito negativo. Emirhan Sağlam riferisce di una nuova telefonata con suo figlio: „Quando la scorse settimana ho parlato con mio figlio non era ancora in isolamento. Ha detto che in carcere ci sono problemi con l’igiene e con il rifornimento di acqua. Non sono stati consegnati detergenti e l’acqua corrente è stata staccata. Al momento si trova in isolamento. Non posso chiedergli come sta. Il test di un vicino di cella ha avuto esito positivo, anche lui è stato messo in isolamento.“

Siamo molto preoccupati

Emirhan Sağlam è molto preoccupato per suo figlio e gli altri prigionieri politici. Dice: „Abbiamo tutti sperato che uscisse una legge equa, ma neanche nelle condizioni date da una pandemia è successo. Il virus non si ferma di fronte ai prigionieri politici, uccide ricchi come poveri. I nostri figli vengono abbandonati in balia della malattia senza protezione. Non ci preoccupiamo solo per nostri figlio, ma per tutte le persone nelle carceri.“

Non hanno potuto lavare nemmeno le stoviglie

La sorella di Zafer Sağlam, Bilge Sağlam, racconta che suo fratello la settimana scorsa ha raccontato che i prigionieri a casa dell’interruzione dell’acqua corrente non hanno potuto neanche lavare le loro stoviglie: „Non sappiamo in quali condizioni si trova ora in isolamento. Siamo molto preoccupati. A casa siamo nervosi quando qualcuno inizia a tossire, ma non voglio immaginare come sia questo per una persona in carcere. Devono convivere in spazi ristrettissimi e non possono rispettare alcun distanziamento sociale. Le carceri sono comunque sovraffollate. Ci preoccupiamo moltissimo.“

di ZEYNEP KURAY

Appello dell’Associazione Verso il Kurdistan di Rete Kurdistan Italia

Rete Kurdistan – 16 aprile 2020
Criminale attacco terroristico turco contro il Campo di Makhmour (Mosul/Nord Iraq)

MakhmurL’Associazione Verso il Kurdistan Odv condanna il criminale attacco terroristico compiuto da droni turchi contro il Campo di Makhmour che ha causato, oltre a numerosi feriti, anche la morte di tre donne che stavano portando al pascolo le loro pecore.

Il popolo di Makmour ha già sofferto, negli anni ’90, della distruzione dei loro villaggi da parte dell’esercito turco, nel Kurdistan settentrionale, regione del Botan. Migliaia di persone, uomini, donne e bambini, hanno attraversato le montagne piene di neve che separano la Turchia dall’Iraq, inseguiti dagli elicotteri turchi che li mitragliavano e sono arrivati in Iraq: in quella traversata, morirono 300 persone e 600 furono ferite da bombe, gelo e mine. Alla fine, si sono accampati in pieno deserto, dove c’erano solo serpenti e scorpioni, in una zona chiamata “la valle della morte”.

Ma la gente di Makhmour ha avuto la forza di resistere ed oggi il Campo è diventato un luogo vivibile: hanno piantato alberi, dissodato terreni, allevato bestiame, aperto scuole, cooperative e un piccolo ospedale gestito da medici ed infermieri che vi lavorano come volontari.  L’amministrazione autonoma, basata su consigli del popolo e delle donne, oggi praticata su larga scala in Siria del nord, è stata sperimentata per la prima volta a Makhmour. Come alternativa di democrazia consigliare, ecologista e femminista rispetto al dominio autoritario e feudale del KDP, Makhmour quindi è una provocazione costante, una bestemmia per il clan familista di Barzani che governa la regione autonoma in nord Iraq.

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Afghanistan, i Talebani vogliono tornare al 2000

In un documento filtrato alla stampa locale il progetto degli studenti coranici per il ritorno all’emirato, con regole simili a quelle del mullah Omar.

N.d.R.: Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, dichiara che il documento pervenuto a Tolo TV non è stato emanato dalla sua fazione. Questo è un altro segnale che conferma la frammentazione dei Talebani al soldo di diverse potenze mondiali. La stampa afghana parla di una attenzione delle fazioni più estreme all’Isis-Khorasan che si sta radicando nel Paese. Di sicuro l’accordo di “pace” non porterà democrazia e sicurezza agli afghani ma consentiranno a D. Trump di sostenere la propria campagna elettorale.

Repubblica – G. Cadalanu 15/4/20

Ritornoal2000La fine del regime guidato dal mullah Omar è stata solo un incidente di percorso: per i Talebani la prossima tappa è il ritorno dell’emirato islamico, retto sulla base della sharia e molto lontano da ogni concezione occidentale della democrazia. E’ quello che si può dedurre da un documento filtrato ai media afgani, in cui si tratteggia una lista di regole molto simili a quelle con cui il Paese è stato governato dal 1996 al 2001.

La Carta, nella versione fornita all’emittente Tolo tv, comprende 149 articoli che prevedono fra l’altro un diritto all’“ultima parola” su ogni tema da parte dell’emiro, il comandante militare dei fedeli, e la precisazione che in ogni caso i “valori islamici” prevalgono anche sugli accordi internazionali siglati sotto l’egida delle Nazioni Unite. La libertà di parola, i diritti umani e le libertà civili dovranno dunque realizzarsi all’interno di una cornice rappresentata dai precetti musulmani.

Il sistema di governo è definito appunto “emirato islamico” e si sottolinea che ogni legge sarà promulgata dal consiglio della guida e dal consiglio degli ulema, gli studiosi dell’islam, la cui interpretazione delle regole diventa legge. Il documento fa capire che la leadership del Paese non verrà eletta dal popolo, come prevede la Costituzione afgana, ma da un gruppo di risoluzione delle controversie definito dalle regole islamiche. L’emiro avrà pieni poteri, e il suo successore sarà scelto solo dall’emiro in carica. 

Ma uno dei portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, ha segnalato che il documento “non appartiene” agli studenti coranici. Più che una bozza non autorizzata, la Carta arrivata a Tolo tv sembra dunque la prova che in questo momento l’universo integralista è estremamente frammentato. E questo è un nuovo elemento di instabilità, perché non è ben chiaro quanti e quali dei diversi gruppi aderirà al piano di pace concordato a Doha e chi no. Gli elementi più radicali, scrive la stampa afgana, sembrano aver già rivolto l’attenzione verso l’Isis-Khorasan, la “filiale” locale dello Stato islamico, che starebbe già richiamando combattenti in vista di un possibile nuovo radicamento nel Paese, di fatto ereditando l’egemonia della jihad una volta che i Talebani più pragmatici entreranno a far parte del governo.

Il percorso è ormai avviato. Le autorità di Kabul, pressate anche dalle esigenze dell’epidemia di Covid-19, hanno liberato i primi 360 detenuti, ma i Talebani non sono soddisfatti perché i combattenti non sono quelli indicati nelle liste. E nella capitale appare evidente che i dissensi fra il presidente Ashraf Ghani e il rivale Abdullah Abdullah siano diventati un eccellente pretesto per l’amministrazione americana, decisa a lasciare l’Afghanistan al suo destino il prima possibile. La partenza permetterebbe a Donald Trump di rivendicare in campagna elettorale la fine dell’intervento Usa e il ritorno dei soldati. Questo però indebolisce ulteriormente le istituzioni riconosciute a livello internazionale, rendendo di fatto ancora più cupe le prospettive in un Paese che nessuno può in buona fede definire pacificato.

Appello per il sostegno alla lotta contro COVID-19 in Afghanistan

HAWCA – 04/04/20

L’Associazione HAWCA – Humanitarian Assistance for the Women and Childern of Afghanistan con la quale il CISDA collabora ha lanciato un appello per il sostegno alle persone più povere ed indifese della società nella situazione di grave emergenza che è ulteriormente peggiorata a causa del diffondersi di COVID-19
 

HawcaCovidCome molti altri paesi, anche il governo afgano ha compreso il pericolo che COVID-19 ci pone tutti e quindi ha annunciato un blocco completo in molte province. Tuttavia, il governo non è riuscito a preparare un piano per sostenere i poveri e i bisognosi in questo momento di crisi. Oltre il 95% della popolazione afgana vive in condizioni di povertà e la maggior parte di essi è impiegato a giornata. Stare a casa significa morire di fame. HAWCA ringrazia tutti i sostenitori che ci hanno supportato nel fornire servizi alimentari e igienici d’emergenza alla parte più bisognosa della società. Tuttavia, questo supporto è stato in grado di aiutare solo alcune persone. Ci sono migliaia di altre famiglie e in particolare vedove e orfani che richiedono attenzione immediata. HAWCA invita tutti i sostenitori di tutto il mondo ad aiutarci attraverso donazioni e fondi per salvare la vita delle persone che non sono infettate dal virus ma che potrebbero morire di fame.

I nostri ringraziamenti speciali a KNH, CISDA e Fons Mallorqui le cui donazioni hanno aiutato molte persone.

Ti preghiamo di inviarci un’e-mail al seguente indirizzo se desideri effettuare una donazione: hawca@hawca.org

Oppure puoi fare un versamento sul conto CISDA con causale Covid-19 HAWCA:

CISDA Onlus
BANCA POPOLARE ETICA
Agenzia Via Scarlatti 31 – Milano
IBAN: IT64U0501801600000000113666

O con PayPal – Causale Covid-19 HAWCA

PayPal

mail per PayPal: cisdaonlus@gmail.com

Grazie.

“Salvateli!” L’appello di Mediterranea per i migranti abbandonati in mare

Pressenza – 13/4/20

SalvateliNella pagina Facebook di Mediterranea Saving Humans si susseguono da giorni disperati appelli alle istituzioni italiane ed europee per salvare le decine di persone alla deriva nel Mediterraneo centrale.

L’11 aprile Frontex riportava quattro natanti con circa 250 a bordo nel disperato tentativo di raggiungere le coste europee.  Nel giorno di Pasqua, i natanti sono diventati tre. Uno è naufragato.

Quanti altri morti volete sulla vostra coscienza, governanti europei?

A voi, e ai governi maltese e italiano in particolare, sarebbe bastato un attimo per scegliere di salvare queste vite e non girarsi dall’altra parte.

Sarebbe stato nelle vostre possibilità salvarli? Sì, in pochissime ore.

Sapevate dove fossero e che stavano morendo? Sì.

Salvarli avrebbe compromesso la salute e la sicurezza di qualcuno? No.

Avete scelto di lasciarli morire.

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Afghanistan, per Arif Haidari il Covid-19 è un inferno

La Stampa.it – Pierluigi Bussi – 11 aprile 2020

afghanistan

Volto conosciuto del volontariato afgano, con la campagna “Empathy, the way to fight corona” cerca di combattere il coronavirus nei quartieri poveri di Kabul. Solo i ricchi possono usufruire di strutture sanitarie attrezzate

La protezione civile è un miraggio in Afghanistan ed il governo non ha risorse economiche per affrontare il dilagare del virus.

Per Mohammad Arif Haidari, direttore della Roushd General Network of Afghanistan, organizzazione non governativa a carattere umano e sociale, i contagi aumentano in maniera esponenziale, il virus sta mietendo vittime senza nessuna attività preventiva da parte del governo.

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AL VIA LE INDAGINI DELLA CPI SUL CONFLITTO AFGHANO

laragnatelanews.it – Gianpaolo Mascaro – 10 aprile 2020

 I giudici della Camera d’Appello della Corte Penale Internazionale hanno votato all’unanimità per l’accoglimento della richiesta avanzata dall’organo procuratore riguardo alla possibilità di intraprendere le indagini volte ad accertare i crimini internazionali perpetrati durante il conflitto in Afghanistan a partire dal primo maggio del 2003 e a punire, di conseguenza, i responsabili.

L’accusa aveva già provato ad ottenere l’autorizzazione in parola nel novembre del 2017 tuttavia, come si legge sul sito ufficiale della ICC, la Pre-Trial Chamber II aveva negato la richiesta in quanto, dato il lungo lasso temporale trascorso e la modifica sostanziale dello scenario politico e istituzionale del paese rendere troppo difficoltosa la raccolta delle prove sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio. Dunque, in poche parole, l’avvio delle indagini era stato considerato non utile alla cura degli interessi della giustizia.

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