Analisi e Difesa – 5/2/2019 di P. Orizio
Il ritiro dei soldati americani – 2.000 dalla Siria e 7.000 dall’Afghanistan – annunciato da Trump a metà dicembre e le conseguenti dimissioni del Segretario alla Difesa hanno creato i presupposti per la realizzazione di un ambizioso progetto: la privatizzazione della guerra in Afghanistan.
E forse, anche della Siria. Da almeno un anno infatti Erik Prince, ex proprietario di Blackwater, ha proposto con insistenza di supportare Kabul contro talebani e terroristi attraverso un contingente privato.
La cronica instabilità del Paese asiatico, nonché l’uscita di scena di James Mattis, principale ed ultimo oppositore in carica rendono il traguardo quanto mai raggiungibile. L’attacco costato la vita a quattro americani – un contractor, 1 agente della Defense Intelligence Agency e 2 militari – a Manbij, potrebbe portare ad un maggiore ruolo dei privati anche in Siria: l’ennesima guerra al terrore dichiarata prematuramente conclusa.
Il piano di Prince
Dopo che nell’estate 2017 il presidente Trump, su pressione di Mattis e McMaster, ha optato per l’invio di ulteriori 3.500 militari in Afghanistan invece dei contractors, Erik Prince ha avviato un’intensa campagna di lobbying. Alla ricerca di sostenitori, si è rivolto a tutta una serie d’interlocutori ed agenzie che potessero influenzare Casa Bianca e Governo afghano. Eloquente il video impiegato per perorare la sua causa.
Sostanzialmente, il piano prevede un rimpiazzo dei 17.000 soldati NATO (di cui 8.500 americani) e 29.000 contractors del Dipartimento della Difesa attualmente dispiegati in Afghanistan con 6.000 contractors e 2.000 operatori delle forze speciali, incorporati tra le fila dell’Esercito afghano. I contractors, che per un 60% sarebbero ex membri delle forze speciali USA e per un 40% dei Paesi NATO, avrebbero l’appoggio di una forza aerea – anch’essa privata – per operazioni di supporto aereo ravvicinato, avio ed elitrasporto e MEDEVAC (evacuazione di feriiti dal campo di battaglia).
Si otterrebbe così un’ immediata e drastica riduzione dei costi: da circa 76 miliardi all’anno a 5 miliardi di dollari preventivati da Prince: 3,5 per contractors, aerei e logistica e 2 per gli uomini delle forze speciali.
Altro obiettivo è la riduzione dello sforzo logistico, non solo attraverso una forza più contenuta e quindi meno esigente, ma risolvendo l’annoso problema del carburante. Tra il 2008 e 2016 le forze americane in Afghanistan hanno consumato 2,8 miliardi di galloni di carburante per un costo di 13 miliardi di dollari. L’idea sarebbe di costruire due raffinerie per trasformare il diesel in carburante avio risparmiando così denaro, riducendo il rischio di attacchi ai convogli di autocisterne e limitando la dipendenza dal Pakistan.