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Autore: Anna Santarello

La stretta sulla residenza è uno dei problemi del decreto sicurezza

Annalisa Camilli – Internazionale – 9 gennaio 2019

147289 mdIl decreto immigrazione e sicurezza, diventato legge il 27 novembre del 2018 con l’approvazione in parlamento, suscita divisioni e critiche sia all’interno della maggioranza sia tra le file dell’opposizione. Dopo l’attacco del sindaco di Palermo Leoluca Orlando e del sindaco di Napoli Luigi De Magistris – che hanno annunciato di non voler applicare la legge, perché “è un testo inumano che viola i diritti umani” – molti altri sindaci hanno detto che boicotteranno la norma. Una mappa compilata dalla ricercatrice Cristina Del Biaggio raccoglie tutte le adesioni degli amministratori locali contro il decreto, in totale un centinaio.

Uno dei punti più contestati della legge è l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica. Leoluca Orlando, con una nota inviata al capoarea dei servizi al cittadino, ha chiesto d’indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione del decreto sicurezza e di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”. Ma perché è così importante essere iscritti all’anagrafe e cosa comporta esserne esclusi? E infine, ha senso sospendere l’applicazione del decreto o basta applicare correttamente le norme esistenti?

Cosa prevede il decreto
La legge 113/2018 (anche detta decreto sicurezza e immigrazione o decreto Salvini) prevede delle modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 142/2015 attraverso un comma secondo cui “il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”. Secondo Enrico Gargiulo, docente di fondamenti di politica sociale all’università Ca’ Foscari di Venezia, il decreto introduce una “rivoluzione nel campo del diritto all’anagrafe”, perché “per la prima volta si nega in maniera chiara a una categoria di persone un diritto soggettivo perfetto”, contravvenendo alla costituzione e ad altre norme generali sull’immigrazione come il Testo unico del 1998.

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Lucano: «Una buona notizia in un periodo di amarezza»

Giansandro Merli – il manifesto – 31 gennaio 2019

lucanoNobel per la pace. Raccolte oltre 90mila firme per candidare Riace. L’ex sindaco: «Chi ci governa è come Pinochet, passa con autorità sulla pelle degli esseri umani»

Gli applausi durante una conferenza stampa non capitano spesso, ma attorno alla figura di Domenico Lucano si addensano più eccezioni che consuetudini. Compresa questa. Quando arriva all’iniziativa «Riace Nobel per la pace 2019» alcuni dei presenti si alzano in piedi, chi sta parlando cede il microfono, tutti battono le mani. Ha mezz’ora di ritardo e fuori piove.

Attraversa la sala incerto, stringe qualche mano e prende posto. Si ritrova un microfono davanti e gli occhi della platea addosso. Abbassa lo sguardo, respira profondamente, farfuglia un saluto e qualche ringraziamento.
Poi dice: «Questa raccolta di firme per candidare Riace al Nobel – sono oltre 90mila, tra cui 2.750 docenti e 1.250 associazioni – è una buona notizia in un periodo in cui prevale l’amarezza. Vorrei condividere questa iniziativa con tutti i rifugiati del mondo e con chi desidera una società più giusta e umana. La mia situazione personale è una cosa insignificante rispetto a quello che sta succedendo».

Mentre Lucano parla il pubblico è in silenzio, rapito da concetti semplici ma profondi pronunciati a voce bassa. Di sottofondo resta solo il rumore degli scatti delle macchine fotografiche. Tutti gli obiettivi sono puntati su di lui. «Sono diventato un personaggio improvvisamente, senza volerlo, senza alcun merito» dirà.

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Diventa Sponsor AFCECO – Orfanotrofio Mehan a Kabul

CISDA – 31 gennaio 2019

Diventa Sponsor AFCECORiceviamo dall’Orfanatrofio di Kabul AFCECO questa richiesta:

Care amiche e cari amici,
quest’anno abbiamo spazio per ospitare altre trenta ragazze nel nostro orfanotrofio Mehan a Kabul.

Ragazze che provengono principalmente dalle zone dell’Afghanistan sotto l’influenza dei Talebani e dell’ISIS.
Abbiamo scelto ragazze talentuose e meritevoli da ospitare e far studiare.

Ragazze che giocheranno un ruolo significativo nel futuro dell’Afghanistan.

Finora solo dieci di queste ragazze sono state sponsorizzate, mentre le altre venti stanno ancora aspettando uno sponsor.
Non possiamo permetterci di accoglierle senza sponsorizzazioni almeno parziali.
Quindi stiamo facendo questa richiesta urgente per avere il vostro aiuto.

Vi chiediamo di fare la differenza nella vita di queste ragazze, sponsorizzandone una.

Grazie di cuore

Pashtana – Direttore AFCECO

 

 
AFCECOBanne

Visita la pagina dei nostri ragazzi da sponsorizzare

 

Si ricomincia dai taleban sul corpo delle donne

AfghanistanGiuliana Sgrena

afghanistan donne costrette a indossare il burqaL’accordo prevede il ritiro di tutte le truppe straniere in cambio di un impegno taleban a impedire che Isis e al Qaeda abbiano nel paese la loro roccaforte.

C’è chi ha sempre sostenuto che la soluzione del conflitto afghano passava attraverso un accordo con i taleban: la pace si tratta con i nemici.
Con i nemici si tratta una tregua, la pace è più complicata e impegnativa e richiede anche un’intesa politica.
Gli Usa hanno tentato più volte l’accordo con i seguaci di mullah Omar e ora sembra sia stato raggiunto, anche perché gli studenti coranici ora controllano nuovamente buona parte del paese.

E non dimentichiamo che gli Usa, insieme all’Arabia saudita e al Pakistan sono stati gli sponsor dei taleban fin dall’inizio. L’accordo si basa sull’impegno a ritirare tutte le truppe straniere dal paese in cambio di quello talebano a impedire che gruppi jihadisti dell’Isis o di al Qaeda facciano dell’Afghanistan la loro roccaforte, dopo essere stati cacciati (anche se non completamente) da Siria e Iraq.

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Dentro o fuori: l’isolamento deve essere spezzato

Uikionlus – 25 gennaio 2019

carcereA nome di prigionieri e prigioniere del PKK e PAJK in Turchia, Deniz Kaya dichiara che lo sciopero della fame contro l’isolamento di Abdullah Öcalans va avanti.

Come portavoce dei prigionieri e delle prigioniere del processo PKK e PAJK in Turchia, Deniz Kaya in una dichiarazione scritta ha fatto sapere che la coalizione di governo AKP e MHP a fronte delle richieste degli scioperanti della fame punta a spezzare la resistenza con metodi da guerra speciale. Lo sciopero della fame iniziato il 16 dicembre da un primo gruppo di prigionieri per la fine dell’isolamento del fondatore del PKK Abdullah Öcalan, al quale si sono uniti circa 250 prigionieri e prigioniere, va avanti fino a quando Öcalan potrà “vivere e lavorare in libertà”, così Deniz Kaya.

La dichiarazione afferma inoltre che il fatto che la politica curda Leyla Güven prosegua il suo sciopero della fame iniziato il 7 novembre anche dopo il suo rilascio di ieri dal carcere anche “fuori” ha un grande significato. “Come prigioniere e prigionieri del PKK e del PAJK continuiamo la nostra resistenza con grande determinazione. Facciamo appello al nostro popolo e all’opinione pubblica democratica di schierarsi con la nostra lotta e di dargli voce. Che sia dentro o fuori – l’isolamento deve essere spezzato.”

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I AM THE REVOLUTION

Locandina i am the revolutionRegia: Benedetta Argentieri

DOCUMENTARIO – 2018, 74 minuti

Promosso da Possibile Film con CISDA

Alla prima nazionale del 25 febbraio a Milano sarà, con ogni probabilità, presente Selay Ghaffar portavoce del Partito Afghano della Solidarietà e una delle tre protagoniste del documentario.

In mezzo alla guerra e al fondamentalismo, sono cresciute donne leader che comandano eserciti, organizzano la fuoriuscita delle altre donne dalla schiavitù, guidano forze politiche laiche e progressiste, andando villaggio per villaggio a sfidare i talebani.

Queste donne praticano la democrazia più avanzata che possiamo immaginare nei contesti meno favorevoli possibili.
Queste donne testimoniano la rivoluzione necessaria ovunque.

In quattro città, Milano, Torino, Roma e Bologna verrà proiettato il documentario I am the revolution.

Le proiezioni di Torino, Roma e Bologna saranno confermate al raggiungimento di un minimo di partecipanti. Prenotate subito, grazie.

La prima nazionale sarà il 25 febbraio a Milano presso il Cinema Plinius – ore 20:15
per prenotare i biglietti collegarsi al sito Movieday

Il 4 marzo a Torino presso il Cinema Lux – ore 20:45
per prenotare i biglietti collegarsi al sito Movieday

Il 5 marzo a Roma presso la Multisala Barberini – ore 20:30
per prenotare i biglietti collegarsi al sito Movieday

Il 7 marzo a Bologna presso il Cinema Galliera – ore 21:30
per prenotare i biglietti collegarsi al sito Movieday

CISDA – Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus

Talebani in marcia verso il governo, tremano le donne

Enrico Campofreda, dal suo blog – 28 gennaio 2019

Ghaffar 2218L’inviato speciale Khalilzad – dopo sei giorni di fitti colloqui in Qatar coi talebani e nella possibilità d’un vicino accordo, su indicazione del suo boss il Segretario di Stato statunitense Mike Pompeo – è atterrato a Kabul.

Deve parlare col presidente Ghani e convincerlo che ciò che i taliban vogliono: escluderlo da qualsiasi funzione attiva in merito al possibile accordo, sia un bene per l’intero Paese. Cesserebbe, almeno sulla carta, un conflitto durato 17 anni e tre mesi, sebbene resti ancora aperta la questione del ritiro delle truppe straniere.

Un altro punto su cui la guerriglia non transige e che vede da ieri l’Italia possibilista con la ministra Trenta. Ma certe decisioni non si prendono a Roma, sarà Washington a valutare la chiusura del Resolute support.

Ai talebani risulta più praticabile non fornire aiuti sul proprio territorio al jihadismo di Qaeda e dell’Isis, seppure sul tema devono pronunciarsi anche i gruppi fratelli e rivali sostenuti dal Pakistan. Comunque per questa concessione i turbanti richiedono l’ingresso di propri rappresentanti in un governo a interim, notizia riferita da fonti talebane e non confermata da nessun portavoce americano.

Gli informati sostengono: ancora per poco. E’ sicuramente questo l’ennesimo boccone avvelenato che Khalilzad offre a un presidente fantoccio, sempre più bistrattato dalla Casa Bianca.

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Le donne afghane chiedono all’Europa di agire per Leyla Güven

tecritleyla 599x275Alcune attiviste afgane hanno inviato delle lettere al Consiglio d’Europa e a diverse altre istituzioni europee per sostenere la lotta di Leyla Güven e il leader del popolo curdo Abdullah Öcalan

Selay Ghaffar, portavoce del Partito della Solidarietà afghano (Hambastagi) con sede a Kabul, l’ex deputata e attivista politica Malalai Joya, e il comitato internazionale dell’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane (Rawa) hanno inviato un messaggio al Consiglio d’Europa, alla Commissione europea, all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e al Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) in solidarietà con Leyla Güven con oggetto: “Iniziativa internazionale per Leyla Güven”.

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Tribunale dispone il rilascio di Leyla Guven dal carcere

UIKI – 25 gennaio 2019

leyla 700x325 599x275La politica curda Leyla Güven che è in sciopero della fame da 79 giorni per protestare contro l’isolamento è co-Presidente del DTK e deputata HDP per Hakkari.

Leyla Güven, che è al 79° giorno di uno sciopero della fame a tempo indeterminato per protestare contro l’isolamento aggravato del Leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, è stata rilasciata dal carcere.

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Afghanistan ‘si salvi chi può’ ma tutti fanno finta

Remocontro  – 23 gennaio 2019, di Piero Orteca

TALEB MOTO 520x330Kamikaze Talebani fatto saltare una base dell’Intelligence afghana. Avviene mentre in Qatar sono in corso ‘colloqui di pace’ tra gli inviati di Trump e milizie sunnite afghane.
-Ma a Doha in realtà si sta discutendo di come gli americani possano abbandonare il Paese senza perdere la faccia.

Why Afghanistan is more dangerous than ever? “Perché l’Afghanistan è diventato più pericoloso che mai?” Si chiede l’autorevole BBC nell’analizzare gli sviluppi di una maldestra “stabilizzazione” politica, sociale e culturale, condotta con largo dispendio di mezzi (e di vite umane) dall’Occidente in quasi 20 anni.

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