ISPI – Claudio Bertolotti – 13 luglio 2018
I capi di stato e di governo si sono incontrati a Bruxelles l’11-12 luglio in occasione del 29.° Summit della NATO, a cui hanno preso parte i 29 paesi membri – per l’Italia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, accompagnato dai ministri Elisabetta Trenta(Difesa) ed Enzo Moavero Milanesi (Affari Esteri) –, 20 paesi partner e i rappresentanti delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, della banca mondiale e la rappresentanza parlamentare dei paesi NATO.
IL FOCUS DELLA NATO RIMANE IL FRONTE DELL’EST, MA CON UNO SGUARDO ANCHE A SUD
Dalla Readiness Initiative “Four-Thirties” – prevalentemente in funzione di capacità sul fianco orientale – alla mobilità militare, passando per l’Hub di Napoli e l’impegno contro il terrorismo attraverso una nuova missione di addestramento in Iraq e un maggiore sforzo a supporto dei partner dell’area mediorientale e nord africana, in particolare Tunisia e Giordania. In un quadro di discussione generale in cui l’argomento cardine è stato l’impegno degli alleati al mantenimento della NATO attraverso una più equa condivisione degli oneri (burden-sharing), è stata anche discussa quella che dovrà essere la capacità operativa dell’Alleanza Atlantica in un’ottica di maggiore deterrenza e difesa. Questa la sintesi del summit della NATO il cui documento finale, che si basa sul consenso unanime dei 29 Alleati: un impegno di massima che tiene conto delle ambizioni e dei diversi interessi nazionali, in primis quello statunitense.
Tra i temi sul tavolo, non il principale ma certamente quello che tiene vincolata la NATO da ormai 18 anni, la guerra in Afghanistan e l’impegno per il futuro dell’Alleanza con il governo di Kabul.
L’AFGHANISTAN RIMANE NELL’AGENDA DELLA NATO FINO AL 2024
L’ultimo Summit era stato quello di Varsavia, a luglio 2016, e in tale occasione la questione afghana era già stata posta in secondo piano, in un’ottica del progressivo disimpegno – la “transizione irreversibile” – annunciato quattro anni prima dall’allora presidente Barack Obama, in occasione del Summit NATP di Chicago del 2012. Un disimpegno formale a cui si è affiancato l’onere concreto di continuare ad assistere l’Afghanistan, in termini di risorse economiche e materiali, sino al 2020 attraverso il proseguimento di “Resolute Support“, la missione di addestramento, assistenza e consulenza a favore del governo afghano e, in particolare, delle sue forze di sicurezza.
Il 29.° Summit di Bruxelles, in linea con gli indirizzi e gli impegni precedenti, si è chiuso il 12 luglio con un nuovo incontro sull’Afghanistan al termine del quale sono stati confermati gli impegni precedenti e ne sono stati formalizzati di nuovi. A fronte della dichiarazione formale di intenti, ciò che più premeva agli Alleati era la conferma dell’impegno della NATO in Afghanistan sino a tutto il 2024, impegno contenuto al punto n.53 (di 79) della dichiarazione congiunta. Così è stato. Un esito certamente scontato, ma la posizione ufficiale dell’Alleanza è un passaggio formale necessario che andava espletato attraverso il manifesto e unanime consenso.
Molto soddisfatto il governo afghano, presente a Bruxelles con i due massimi rappresentanti – il presidente Ashraf Ghani e il primo ministro esecutivo Abdullah Abdullah –, che ottiene molto: il rinnovo fino al 2024 del sostegno economico all’Afghanistan, attualmente stabilito nella cifra di 3 miliardi di dollari l’anno fino al 2020 da parte della comunità internazionale, di cui 1,5 a carico dell’Unione Europea, e altri 5 miliardi a carico degli Stati Uniti, dei quali 4 destinati al mantenimento dell’apparato di sicurezza e difesa e 1 per lo sviluppo di progetti di assistenza civile.
Ossigeno per le casse di uno stato le cui entrate annuali derivano al 70 percento dagli aiuti internazionali e il cui bilancio è impegnato al 42 percento da spese per la difesa.
Dunque dalla “transizione irreversibile” alla conferma di una presenza militare di lungo termine che prevede, oltre al supporto finanziario necessario al mantenimento dell’apparato di difesa e sicurezza, anche la rimodulazione del dispiegamento di truppe sul terreno, tra chi si è impegnato ad aumentarlo e chi, invece, vorrebbe ridurre la presenza di proprie truppe sul terreno.