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Autore: Anna Santarello

Dalla parte di chi difende i diritti umani: incontro con il Relatore Speciale ONU Michel Forst

dal sito di indifesadi, 8 maggio 2017

Video integrale dell’evento.

FotodigruppoForst 1024x373“È in corso una vera e propria guerra contro i difensori e le difensore dei diritti umani nel mondo, e sono necessari strumenti e strategie di protezione più efficaci”. Durante l’evento “Dalla parte di chi difende i diritti umani”, tenutosi lunedì 8 maggio presso la sede della FNSI (Federazione Nazionale della Stampa) a Roma, il Relatore Speciale ONU sui Difensori e le Difensore dei Diritti Umani Michel Forst ha denunciato sempre più attacchi mirati contro chi lotta in modo pacifico per difendere i diritti umani.

Nel 2016, sono stati uccisi 282 difensori/e in 22 Paesi nel mondo. Gli omicidi sono solo la punta dell’iceberg: come ha ricordato Forst, spesso sono preceduti da una serie di intimidazioni, minacce di morte, campagne di diffamazione, criminalizzazione e aggressioni.

“Da quando ho iniziato a far sentire la mia voce contro le violazioni dei diritti umani da parte dei fondamentalisti sono stata costretta a vivere nascosta. Devo cambiare continuamente casa, ho ricevuto minacce di morte e hanno cercato più volte di uccidermi. È da un anno che non posso vedere mio figlio. E non sono la sola: tutti coloro che fanno sentire la propria voce nel mio Paese rischiano la vita”, ha raccontato la difensora afgana Malalai Joya, che con coraggio si batte per i diritti delle donne in Afghanistan denunciando la corruzione e gli abusi dei politici locali.

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Malalai Joya in difesa dei difensori

di Enrico Campofreda, Incertomondo.libreriamo, 10 maggio 2017

Untitled design 5 1Partecipando all’assise In difesa di, organizzata a Roma da alcune Ong italiane impegnate nel sostegno e nella “difesa dei difensori dei diritti umani” (avvocati, giornalisti, scrittori, mediatori culturali, cooperanti, attivisti) l’ex parlamentare afghana Malalai Joya (espulsa nel 2007 dall’Assemblea e più volte minacciata di morte) ha espresso la sua ennesima testimonianza sul caos, sul degrado, sulla morte che non s’allontana dal suo Paese. Un’area dove il conflitto esiste ininterrottamente da 38 anni, fomentato da grandi potenze e da attori regionali.

Dal 2001 le sorti dei 30 milioni di afghani sono in mano ai progetti guerrafondai statunitensi che in quella terra hanno fatto migliaia di vittime, in gran parte civili, e continuano a sperimentare nuove armi di distruzione di massa come la Moa, la cosiddetta (dal presidente Trump) “madre di tutte le bombe”.
“Dopo l’uso dell’uranio impoverito, del fosforo bianco, delle bombe a grappolo con cui hanno massacrato il nostro popolo, gli Stati Uniti e i Paesi occidentali, continuano l’occupazione a sostegno del governo fantoccio di Kabul” ha denunciato Joya nel suo intervento.

Proseguendo: “Due sono i tumori da estirpare in Afghanistan: l’occupazione militare e il fondamentalismo tuttora presente negli stessi ruoli istituzionali, quest’ultimo è rivolto a opprimere la popolazione e la gente, ma viene protetto e foraggiato dall’Occidente per giustificare la presenza delle proprie truppe. In queste settimane uno dei più sanguinari signori della guerra – Gulbuddin Hekmatyar –, un tempo ricercato quale massacratore di migliaia di afghani, è rientrato nella nostra capitale per presiedere, a nome del governo, colloqui coi talebani. Anche questo è un insulto a chi, in ogni angolo del mondo, si batte contro l’oppressione e per l’affermare la giustizia e l’autodeterminazione”. Purtroppo le iniziative di organismi non governativi, delle strutture internazionali a cominciare da quella delle Nazioni Unite, poco o nulla possono davanti a logiche geopolitiche incentrate sul sovrapotere imperialista, nonostante Esecutivi e Parlamenti di tante nazioni si riempiano la bocca di democrazia e libertà, continuando a inviare (come fa l’Italia) i propri militari nelle sedicenti “missioni di pace”.

Enrico Campofreda

Dove sono andate le 3.485 donne e bambine Yazide?

di Erdogan Altan, dal sito di UIKI, 7 maggio 2017

raqqa 2 599x275È ancora in corso la vendita di donne e bambine nei mercati preposti nel centro della città di al-Raqqa. Qual è il destino delle 3.485 donne e bambine yazide che sono state fatte sparire negli ultimi cinque mesi?

I combattenti dell’Ira dell’Eufrate stanno procedendo con la loro campagna e i mercenari hanno cominciato a muovere le loro forze verso il governo di Deir e—Zor.

Un mercato per la vendita delle donne
Ci sono due principali mercati per la vendita delle donne; uno di questi si trova ad Est della città e l’altro a Sud e coloro che comprano le donne sono in maggioranza cittadini arabi. Questi ripetono “Allah è grande” tre volte, che è sufficiente per completare l’acquisto per il matrimonio. La maggior parte delle donne yazide sequestrate per esser vendute, hanno cercato di fuggire dall’editto di Şengal (o “sorte di Sengal”?).

Nel mercato dentro la città di al-Raqqa i cittadini hanno parlato con l’opinione pubblica internazionale. Dissero che la maggior parte delle donne sono trattate come serve. Secondo i mercenari, infatti, il servo è leale a tutto il mondo che combatte per il bene di Allah e dell’Islam. A questo serve vendere le donne, dissero.

Vita a al-Raqqa prime e dopo ISIS
Prima della guerra civile in Siria, c’era un’Università privata e alcune scuole del governo e la vita era differente rispetto ad altri paesi arabi. Quando, nel 2011, cominciò la guerra e le bande dei mercenari vincolate alla Coalizione Nazionale occuparono al-Raqqa, la situazione cambiò. Dall’anno 2014 la situazione è peggiorata ancora e si è convertita in un bastione dei mercenari.

La gente non può opporsi o organizzare qualsiasi attività contro i mercenari; e tutto questo sotto un regime di regole durissime e punizioni come il sacrificio, la lapidazione e l’esecuzione.

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Rapporto di IHD: 7.907 violazioni dei diritti della regione curda in 3 mesi

dal sito di UIKI, 7 maggio 2017

ihd logoLa sezione di IHD di Diyarbakir ha riportato 7.907 violazioni dei diritti della regione curda in tre mesi durante i quali 90 persone, tra cui tre bambini, sono morti in in un contesto di conflitto. L’Associazione dei Diritti Umani di Diyarbakir (IHD) ha pubblicato il suo rapporto sulle violazioni dei diritti umani commesse nella regione curda di Turchia negli ultimi tre mesi.

Intervenendo alla conferenza stampa in cui è stato annunciato il report, il vicepresidente di IHD di Diyarbakir Raci Bilici ha richiamato l’attenzione sulle irregolarità assistite durante il referendum del 16 aprile, il quale si è svolto sotto stato di emergenza e in un contesto diseguale che getta dubbi sulla credibilità delle elezioni.

Riferendosi al contesto di conflitto e di violenza che continua ad esistere in Turchia, Bilici ha affermato che tutto ciò ha causato anche una continuazione dell’aumento sistematico delle violazioni dei diritti umani in tutti gli aspetti della vita.

Bilici ha ricordato che migliaia di persone sono morte dal 2015, quando sono scoppiati i combattimenti, e ha evidenziato un quadro amaro di guerra che deve essere risolto per vie democratiche.

Per quanto riguarda lo stato di emergenza (OHAL) in atto in Turchia da oltre 9 mesi, Bilici ha dichiarato che l’ OHAL è una forma autoritaria di governo che da quando è stato proclamato lo scorso anno, ha portato a sempre maggiori ambiti fondamentali , come ad esempio i decreti legge che che limitano la libertà di pensiero, di espressione e di stampa, i diritti economici e sociali.

Bilici ha sottolineato che lo stato di emergenza ostacola il progresso democratico e che limita le libertà dovrebbe essere posto a termine immediatamente e le persecuzioni che ha causato dovrebbero essere rimosse.

Bilici ha affermato che le violazioni dei diritti sono aumentati nel corso dei primi tre mesi del 2017 anche nella regione curda a causa di tali circostanze, che comprendono diversi casi di esecuzioni sommarie, maltrattamenti, divieto del diritto di riunione e di manifestazione, limitazione della libertà di pensiero , espressione e di stampa, la violenza contro le donne ei bambini, e la restrizione dei diritti economici e sociali.

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Paura e dubbi per il ritorno del “macellaio di Kabul” per colloqui di pace.

Sune Engel Rasmussen – Kabul – The Guardian 4 maggio 2017

3957Uno dei più famosi signori della guerra afghani, accusato di molteplici attacchi terroristici e crimini di guerra è tornato trionfalmente a Kabul, in un contesto pubblico dopo 20 anni.

Gulbuddin Hekmatyar, come parte dell’accordo di pace sottoscritto col governo afghano lo scorso anno, è rientrato nella capitale con un a scorta armata e 4 elicotteri dell’esercito .

Ma entrando a Kabul la processione sembrava poco una delegazione di pace e più una milizia che esibiva lanciarazzi e mitragliatrici sul retro dei camioncini.

Hekmatyar  si è diretto verso il palazzo presidenziale dove è apparso vicino al Presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani. “La cosa più importante per me è terminare questa guerra e salvare il paese dalla crisi” ha dichiarato il vecchio ex leader dei ribelli.

Non tutti in città si sono convinti.   Per alcuni questo rientro ha riportato alla mente la guerra civile degli anni ’90, quando la capitale era bombardata dalle varie fazioni in guerra.

Il gruppo Hezb-i-Islamisi di Hekmatyar si pensa abbia distrutto e ucciso più di ogni altro signore della guerra. Primeggia tra tutti per un primato assoluto di abusi sui diritti umani. Oltre a bombardamenti indiscriminati su civili è accusato di assassini di intellettuali, femministe e sostenitori della casa reale. I suoi seguaci hanno diretto luoghi di tortura in Pakistan e gettato acido sulle donne…

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“Sono una criminale. Qual è il mio crimine?”: il tributo di vite umane dell’aborto in Afghanistan

Sune Engel Rasmussen e Fatima Faizi  Kabul  The  Guardian  26 aprile 2017

4832Quando Maryam fece un aborto, suo marito la picchiò e umiliò. La sua storia non è insolita in Afghanistan, tuttavia le interruzioni di gravidanza illegali e insicure sono in aumento.

Come sposo novello, il marito di Maryam le promise di lasciarla finire l’università e diplomarsi. Poi lei rimase incinta e tutto cambiò. “Per una settimana fui sotto shock. Se la famiglia di mio marito avesse saputo che ero in cinta non mi avrebbe permesso di finire l’università” Così Maryam agì prontamente, trovò un’ostetrica disposta a farla abortire, vendendo i gioielli della sua dote per ricavare 250.000 afghani (€ 2.900).

In clinica qualcosa andò storto. Maryam finì in ospedale dove, al suo risveglio, trovò suo marito che le urlava: “Perché hai fatto questo? Perché hai ammazzato il mio bambino?”.

La punizione iniziò appena fu dimessa. Nella società afghana l’aborto è visto come una macchia all’onore della famiglia; il marito difese il suo onore picchiandola e rapandola a zero. “Per far vedere che ero una puttana” raccontò Maryam.

La storia di Maryam non è fuori dal comune. L’aborto in Afghanistan è severamente stigmatizzato e raramente legale. Tuttavia il numero di aborti illegali è in aumento, grazie anche alla maggior presenza di ostetriche qualificate.

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Afghanistan: record produzione oppio

ANSA – KABUL, 2 maggio 2017

Rapporto Sigar, +43% nonostante campagna Usa anti narcotraffico

131b8e0902fccdacb236c8f1a345b40fLa produzione di oppio in Afghanistan ha raggiunto un nuovo record nel 2016 nonostante i miliardi di dollari spesi da Washington per la repressione del narcotraffico. Lo ha sostenuto nel suo ultimo rapporto al Congresso americano l’Ispettorato generale speciale Usa per la ricostruzione in Afghanistan (SIGAR). Nel documento trimestrale, riferisce Tolo Tv, il SIGAR rivela che lo scorso anno la produzione di oppio è cresciuta del 43%, nonostante una campagna anti-droga delle agenzie statunitensi costata 8,5 miliardi di dollari.

Contemporaneamente l’azione di sradicamento delle piantagioni di papavero da oppio, al minimo storico degli ultimi dieci anni, è stata “pressoché impercettibile”. In base ai dati raccolti dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) il valore potenziale lordo degli oppiacei è stato di 1,56 miliardi di dollari, ossia equivalente al 7,4% del Prodotto interno lordo (Pil) dell’Afghanistan nel 2015.

 

Bambini malnutriti sono in aumento nella provincia afghana.

Mohammad Ibrahim Spesalai 28 aprile 2017 – Rawanews

L’aumento dei combattimenti e la continua crisi economica mettono a grave rischio la salute di  molti.

yezidi 630x325 599x275Un numero crescente di bambini nella provincia meridionale di Kandahar stanno soffrendo di malnutrizione, secondo i responsabili sanitari locali, più di 36.000 hanno bisogno di assistenza.

Ahmadullah Faizi, responsabile del reparto della nutrizione del distretto sanitario di Kandahar, ha spiegato a IWPR (Institute for War and Peace Reporting) che i bambini malnutriti sono aumentati in due anni di circa 4.000, parlando solo di quelli i cui genitori si sono rivolti ai centri di assistenza pubblica.

In tutto il paese le Nazioni Unite parlano di 1.3 milioni di bambini malnutriti sotto i 5 anni.

Questo porta problemi di salute irreversibili sia a breve che a lungo termine. Si rallenta la crescita, ne risente lo sviluppo cognitivo e un abbassamento di difese porta ad ammalarsi più frequentemente.

La situazione si sta aggravando per l’aumento di combattimenti, per un rallentamento dell’economia… e per il rientro dal Pakistan di molti rifugiati.

  • Secondo le Nazioni Unite solo il 60%degli afghani hanno accesso alla sanità con una diminuzione nelle aree più remote del paese.
  • Faizi si raccomanda alle famiglie di rivolgersi immediatamente ai centri sanitari …i quali monitorano i bambini e li controllano settimanalmente per un periodo di 4 mesi. Questi centri sanitari forniscono due tipi di alimentazione supplementare, entrami gratuiti. I prodotti (RUCF) forniti dall’UNICEF  sono ad alto contenuto energetico: 550 calorie per 100 grammi e sono usati per i casi più gravi.

Senza una maggiore sicurezza e sviluppo economico, in particolare in certi distretti, la malnutrizione si potrebbe sviluppare ulteriormente… L’attivista per i diritti umani Haji Faiz Mohammad ha detto che le risorse locali sono stare rese insufficienti per l’immensa pressione dovuta al carico di persone che si sono rifugiate nella zona e che provengono da distretti e provincie vicine. La disoccupazione è  fonte di miseria e il governo locale deve porre la creazione di posti di lavoro come una priorità…

Traduzione a cura del CISDA