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Autore: Anna Santarello

Decima cerimonia di diploma per le donne dell’OPAWC VTC

dal sito di OPAWC (Organization Promoting Afghan Women’s Capabilities)

graduation opawc 300x200Lunedì 23 gennaio 2017, abbiamo celebrato le nostre studentesse che hanno completato un anno nei nostri centri di formazione. Lo scopo di questo incontro è stato quello di consegnare i certificati di merito e completamento alle 182 persone che sono venute in questi centri, facendosi carico di tutti i rischi e le difficoltà, per terminare i loro programmi di alfabetizzazione e di abilità.

Questa è stata una giornata molto speciale per le nostre studentesse, che imparano migliaia di cose nuove, migliorando in questo modo le loro vite, trasformandosi così da mendicanti in donne sicure di sé. Hanno celebrato questo traguardo con entusiasmo.

Hanno preso parte al programma la maggior parte degli studenti che avevano appreso l’alfabetizzazione e le competenze artigianali nei centri di formazione di OPAWC, ma soprattutto sono state le donne a preparare e gestire l’intero evento in autonomia, fornendo un programma più interessante, realizzando così un grande risultato per OPAWC.

Il programma ha trattato diversi argomenti, tra i quali un discorso di Latifa Ahmady, direttrice esecutiva di OPAWC, che ha dato brevi ma importanti informazioni sulla situazione attuale delle donne in Afghanistan e sull’importanza dell’apprendimento per le donne.

Una delle nostre coraggiose e laboriose donatrici, Silvia Riccheri, che sostiene sempre OPAWC e le donne afghane, ha tenuto un meraviglioso discorso sulla lotta delle donne in questa difficile situazione in Afghanistan, che corrono molti rischi per cercare di resistere in piedi sulle proprie gambe. È stata felice di vedere i risultati di OPAWC e ha lodato OPAWC per il suo duro lavoro in questa situazione critica.

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Donne afgane imbracciano le armi contro l’ISIS

Dal portale di telecomunicazioni australiano SBSSBS – 15 gennaio 2017

women 2Sarebbero più di un centinaio le donne della provincia di Jawzjan, nel Nord dell’Afghanistan, che hanno preso le armi per combattere da sole le forze dell’ISIS. La loro decisione – affermano – deriva dal fatto che l’esercito afgano non sta facendo nulla per proteggere le loro famiglie. Hanno perso il marito, uno o più figli, uno o più fratelli per mano dei talebani o dell’ISIS, che si sta affermando in questa provincia al confine con il Turkmenistan.

“I talebani e l’ISIS mi hanno ucciso nove famigliari: cinque figli e quattro nipoti”, afferma Gul Bibi, anziana raggiunta per telefono nella provincia di Jawzjan.

Nel dicembre scorso un gruppo di donne si è presentato al comandante della locale polizia, Sher Ali, ottenendone armi e munizioni. Ma non sono una vera e propria organizzazione paramilitare e non hanno nessun addestramento specifico: l’unica cosa che sanno fare è puntare l’arma e sparare.

Da più di dieci anni i talebani imperversano nella provincia di Jawzjan, conducendo attacchi antigovernativi e contro le truppe straniere.
Secondo la testimonianza di Mohammad Reza Ghafoori, portavoce del governatore della provincia, lo Stato Islamico ha iniziato a infiltrarsi nella provincia – in posizione strategica nell’Asia centrale – all’inizio del 2016, quando un comandante talebano a capo di circa 50 uomini ha stipulato ufficialmente un’alleanza con gli estremisti dell’ISIS.

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Approvata alla Camera la risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani

dal sito di Amnesty International

AmnestyInternational1La Commissione Esteri della Camera dei Deputati approva la risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani che riprende le richieste di una rete di organizzazioni della società civile italiana per la protezione degli attivisti impegnati nella tutela dei diritti umani nel mondo. “Un importante passo in avanti”: così commenta Francesco Martone, responsabile advocacy dell’organizzazione “Un ponte per…”, l’approvazione della risoluzione sui Difensori dei Diritti Umani avvenuta oggi alla Commissione Esteri della Camera e presentata a prima firma dall’On. Marietta Tidei (PD).
“La presa di posizione del Parlamento giunge in una fase di grave acutizzazione dell’attacco alle donne a agli uomini impegnati nella difesa dei diritti umani nel mondo, e ad un mese dalle iniziative per ricordare Bertha Caceres, attivista indigena honduregna uccisa per essersi opposta ad un progetto di diga nella sua terra”, spiega Martone.

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In un anno e mezzo 9000 membri di HDP arrestati e 2500 incarcerati

da Retekurdistan – 6 Febbraio 2017

hdpgozaltina 640x325Il deputato di HDP Yıldırım ha affermato che gli attacchi contro HDP si sono intensificati aggiungendo: ” Noi non siamo solo un partito politico, noi siamo un movimento popolare. Siamo un albero che prende la sua forza dalle sue radici. Più ci potate e più forza avremo.”

Il vicepresidente del gruppo di HDP Ahmet Yıldırım ha dichiarato che 9000 membri di HDP sono stati arrestati nell’ultimo anno e mezzo e che gli attacchi al partito si sono intensificati durante il processo referendario sulla base dell’alleanza AKP/MHP.

Yıldırım ha evidenziato che adesso con il referendum nel programma nazionale, gli attacchi contro HDP da parte dell’alleanza AKP/MHP si sono intensificati e ha aggiunto: ” Noi non siamo solo un partito politico, noi siamo un movimento popolare. Siamo un albero che prende la sua forza dalle sue radici. Più ci potate e più forza avremo.”

Il vicepresidente del gruppo del Partito Democratico dei Popoli (HDP) e deputato di Muş Ahmet Yıldırım è intervenuto sul processo referendario e gli attacchi contro il suo partito e ha affermato che l’AKP ha aumentato l’intensità degli attacchi sulle opposizioni con la speculazione del colpo di stato.

“In risultato dell’ondata di violenza e della cultura del conflitto creata dal governo nell’ultimo anno e mezzo, circa 9000 dei nostri membri sono stati arrestati e 2500 di loro sono stati incarcerati. Se questo fosse accaduto a qualsiasi altro partito, quel partito non riuscirebbe oggi a tenere aperti i propri uffici. Il governo dell’AKP sta mostrando una spettacolare speculazione del colpo si stato in seguito al tentativo di colpo di stato con l’obiettivo di eliminare tutte le dinamiche di opposizione.Quando un cambiamento di regime, cioè il sistema presidenziale, è stato aggiunto a questo mix negli ultimi 4-5 mesi, hanno scelto di distruggere tutte le entità che vedono come ostacolo sulla questa strada.In questo quadro, i nostri Co-presidenti, i parlamentari, i co-sindaci e tanti tanti amici che hanno lavorato nelle sezioni provinciali e distrettuali sono stati incarcerati.“

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Abbraccio mortale: Donald Trump e i curdi in Siria

da Retekurdistan – 7 Febbraio 2017

Rojava1 660x325La prosecuzione e l’intensificazione del piano potato avanti soprattutto dal governo Obama per la strumentalizzazione die curdi siriani è lo scenario più probabile della politica di alleanze degli USA in Siria. Tuttavia non è l’unico possibile. Rapporti dei media sul rifiuto del piano delineato dall’amministrazione Obama per la presa di Raqqa nei giorni scorsi hanno condotto a speculazioni su un possibile nuovo indirizzo della politica degli USA in Siria.

Donald Trump manda segnali contraddittori che rendono immaginabili anche scenari fino ad ora impensabili. Una cosa la delinea l’esperto militare russo Ivan Konovalov in un colloquio con Sputnik News: Per la liberazione di Raqqa il Presidente USA deve cercare di farsi spalleggiare da Damasco e da Mosca. ” L’offensiva principale dell’esercito siriano è l’unica strada: La conquista di Palmira, la liberazione di Deir Ezor e poi l’avanzata su Raqqa. E questo significa che Trump deve collaborare con Assad e la Russia.”

Konovalov considera segnale di un nuovo orientamento l’ordine di Trump di differire il piano delineato dal governo Obama che puntata sull’addestramento e il rifornimento di armi per le YPG curde. Come ha riferito il Washington Post il 2 febbraio, la squadra di Trump ha respinto il piano per la presa di Raqqa elaborato dai suoi predecessori come “cattivo lavoro”: “Hanno messo a disposizione informazioni, ma abbiamo trovato grossi buchi.”

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Le Nazioni Unite revocano le sanzioni per un noto signore della guerra afghano

Reuters – Sabato 4 Febbraio 2017

warlord 150x150Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha revocato le sanzioni contro l’uomo forte afghano Gulbuddin Hekmatyar, aprendo la strada al noto signore della guerra per tornare apertamente in Afghanistan.

Il governo afghano ha richiesto la mossa come parte di un accordo di pace con Hekmatyar e il suo gruppo militante, Hezb-i-Islami, nel mese di settembre.

L’accordo è stato criticato da afgani e da alcuni gruppi di attivisti per il perdono concesso a Hekmatyar e a molti dei suoi combattenti.

Anche se Hekmatyar ha avuto un ruolo limitato durante il conflitto in corso in Afghanistan, è stato una figura importante durante la sanguinosa guerra civile degli anni novanta, quando fu accusato di aver lanciato indiscriminatamente razzi su Kabul, così come le altre violazioni dei diritti umani.

Portavoce di Hekmatyar e del governo afghano non sono stati immediatamente raggiungibili per un commento.

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Taliban afghani, governo e affari

Blog – E. Campofreda, 1/2/2017

talibFra assalti vincenti, ritirate tattiche, accordi in corso, vecchi piani e nuovi affari, i talebani restano al centro della politica afghana. Recenti episodi di cronaca riguardano la provincia meridionale di Helmand i cui 14 distretti sono in totale subbuglio. Sei risultano controllati dai turbanti, altri sette sembrano destinati a cadere nelle loro mani, minacciati come sono da ogni tipo di agguato. Nelle ultime settimane ne hanno attuati taluni a sorpresa contro postazioni dell’esercito, introducendosi dentro siti pattugliati tramite tunnel scavati sotto il terreno
Conseguenze non tragiche, con conflitti a fuoco caratterizzati più da ferimenti che da uccisioni, però i dati dell’anno che si è chiuso mostrano un ulteriore aumento delle perdite dell’Afghan National Security Forces, le truppe che da anni gli Stati Uniti assemblano e addestrano per la sicurezza d’un territorio che risulta sempre più insicuro.
Nel 2016 i soldati di Kabul morti sfiorano quota settemila, con una crescita di duemila rispetto dell’anno precedente. Il premier Abdullah, che giorni addietro è stato scortato per far visita e sollevare il morale delle truppe in alcuni distretti contesi del sud-ovest, fra i maggiori c’è Lashkar Gah, ha dichiarato che l’esercito controlla il 57% del territorio nazionale.
Ciò significa che il restante 43% è in mano a quei nemici che lui stesso spera diventeranno amici o perlomeno alleati.

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Campagna di crowdfunding per sostenere un progetto a sostegno dei bambini curdi yazidi del campo profughi a Midyat in Turchia

Yazidi 150x150 copyIl Servizio Civile Internazionale (SCI) Italia, ha lanciato una campagna di crowdfunding per sostenere un progetto da portare avanti a Midyat (Turchia), a sostegno dei bambini curdi yazidi ospiti nel campo profughi che sorge alle porte della città.

Da circa 2 anni SCI Italia è presente in Kurdistan. Ha organizzato progetti di volontariato che hanno portato più di 40 volontari europei a lavorare nel campo profughi di Fidanlik, allestito vicino a Diyarbakir (Kurdistan turco), dove ha trovato rifugio parte dei curdi yazidi scappati dalla persecuzione perpetrata dall’ISIS in Shengal (Iraq), il 3 agosto 2014. Ora i profughi rimasti, circa 1500, sono stati spostati dal governo nel campo di Midyat.

Oltre ai campi di lavoro, SCI Italia vuole sostenere i volontari locali con un progetto pilota per la realizzazione di una scuola di inglese per bambini.

Per fare questo, abbiamo bisogno di tutti voi!

Cosa potete fare?

  • Partecipare agli incontri di approfondimento che stiamo organizzando per raccontare il Kurdistan e quanto sta accadendo, portare testimonianze sui nostri campi in Kurdistan e presentare il nuovo progetto;
  • diffondere l’iniziativa tra tutti coloro che possano essere interessati;
  • donare: qualsiasi contributo sarà prezioso.

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Afghanistan, l’orchestra al femminile che sfida i talebani

Corriere della Sera – di Viviana Mazza 31/1/2017

AfcecoDavos 300x224Intrecciano melodie orientali e occidentali, usando strumenti a corda come il rubab e il sarod accanto al flauto e al piano. Sono tutte pioniere. «Nagira è la prima violoncellista afghana, mentre Gulalai e Huma sono le prime suonatrici di sitar», spiega al Corriere della sera Negin Khpolwak. E lei è la prima donna a condurre un’orchestra tutta al femminile in Afghanistan.

L’orchestra si chiama Zohra, è formata da ventinove ragazze adolescenti, e ha concluso martedì il suo primo tour in Europa. La generazione di Negin — che compie domani vent’anni — è la prima a tentare di ricostruire la propria libertà a partire dalla musica, in un Paese dove i musicisti sono stati controllati e censurati già sotto il regime comunista, costretti all’esilio e, sotto i talebani, la loro arte è stata vietata, punita e considerata blasfema.

Dopo aver suonato al forum economico mondiale di Davos il 20 gennaio, le ragazze si sono esibite a Zurigo, a Berlino e a Ginevra, dove hanno ricevuto il premio «Freemuse». Sempre con il velo sulla testa, applaudite anche da immigrati afghani orgogliosi. «Gli afghani amano la musica — spiegava Negin al telefono da Weimar, prima di esibirsi nell’ultimo concerto del tour ieri sera —.

Prima dei talebani, c’erano cantanti donne, anche se i musicisti erano per lo più uomini». Tuttora però, nel suo Paese, molti musulmani conservatori considerano la musica contraria alla tradizione — figuriamoci se a suonare è una donna. «In Afghanistan, molte persone non sono istruite, vivono nei villaggi, non lasciano che le figlie vadano a scuola perché credono che il loro posto sia a casa. Ma anche noi siamo esseri umani, e tutti gli esseri umani devono studiare».

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In memoria di Meena, a 30 anni dal suo assassinio

il messaggio del CISDA

meena red 300x300Cara Meena, sei scomparsa 30 anni fa, uccisa da spietati fondamentalisti misogini che non volevano ostacoli sul loro cammino. Fondamentalisti capaci di commettere ogni crimine e che nessun potere costituito, in questi 30 anni, ha voluto fermare.

Tu rappresentavi un ostacolo alla barbarie di una guerra senza fine che in Afghanistan non ha risparmiato nessuno; la tua caparbia volontà di batterti per migliorare le vite di donne e bambini, per costruire una cultura di pace aprendo scuole, orfanotrofi, grantendo servizi sanitari di base, non era tollerabile. La tua denuncia contro il fondamentalismo e la misoginia doveva essere zittita

Hanno ucciso te, Meena, ma non la tua lotta, non la tua speranza in un mondo migliore.
RAWA, la straordinaria associazione che hai fondato e che noi donne del CISDA siamo orgogliose di sostenere dal 1999, ha raccolto il tuo testimone e lo ha tenuto stretto, seguendo instancabilmente la strada che tu avevi tracciato, nonostante gli enormi rischi e le difficoltà che le sue attiviste devono affrontare ogni giorno, da sempre.
Hai segnato la strada, Meena, e, ne siamo sicure, RAWA “mai tornerà indietro”.

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