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Autore: Anna Santarello

L’ombra di Hekmatyar sul governo di Kabul

Blog – Campofreda – 31/10/2016.

hekmatyar 300x206Il lanciatore di razzi si proietta ufficialmente in politica. In realtà dalla politica Gulbuddin Hekmatyar non è mai uscito, la sua presenza, ingombrante e inquietante, ha oltre trent’anni di storia. Da quand’era studente d’ingegneria all’università di Kabul e abbracciava ideali marx-leninisti poi riconvertiti verso un Islam, più che puro, fanatico.

Così da mujaheddin antisovietico si trasformò in signore della guerra a tuttotondo fondando l’Hezb-i Islami, partito mai tramontato nell’Afghanistan resistente a due invasioni e a tutti i dopoguerra possibili, anche quelli successivi al conflitto civile degli anni Novanta.

Hekmatyar il pashtun, fondamentalista tutto d’un pezzo è al tempo stesso un abile osservatore d’ogni mossa politica, qualità che gli ha permesso di sopravvivere a ogni fase che la terra dell’Hindu Kush sta conoscendo, col comune denominatore degli scontri armati, ma non solo.

Non è un segreto che l’attuale leadership afghana del presidente Ghani e i suoi tutor statunitensi cerchino soluzioni patteggiate per un presente e futuro per loro ingestibili. Le cercano riaprendo il dialogo coi nemici che dal 2001 hanno ufficialmente spodestato – i talebani – scalzati solo dai palazzi di Kabul, non dal territorio nazionale. Infatti i talib controllano una grossa fetta che oscilla fra le 15 e le 27 province su trentaquattro. Hekmatyar, come altri potentati armati, in tutti questi anni ha continuato a vivere indisturbato in Afghanistan perché nessuno lo ricercava.

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Ankara e IS mano nella mano

Kevin Hoffmann – 25 ottobre 2016 – UIKI

isis 2 599x275Siria del nord: Truppe turche alleati jihadisti si scontrano pesantemente con le milizie curde e i loro alleati-Dopo che settimana scorsa è iniziata l’offensiva da tempo annunciata contro la città irakena di Mosul con milioni di abitanti, l’esercito irakeno e i peshmerga curdi hanno potuto registrare rapide conquiste di territorio.

Ora sono solo a distanza di pochi chilometri dalla città. Nel frattempo sono nuovamente divampati scontri tra l’esercito turco e le unità arabe e curde delle »Forze Siriane Democratiche« (FDS) nella Siria del nord. Dopo che truppe di Ankara giovedì e venerdì scorsi hanno ucciso con bombardamenti e fuoco di artiglieria numerosi combattenti delle FDS e dozzine di civili, nel fine settimana ci sono stati violenti scontri intorno alla città di Marea.

Questa è sotto occupazione da parte delle truppe turche e dei gruppi islamisti loro alleati dell‘ »Esercito Siriano Libero « (ESL). A pochi chilometri dalla città iniziano i territori controllati dalla milizia curda YPG e dalle FDS. Da Marea l’esercito turco nello scorso fine settimana ha bombardato il villaggio di Sheih Issa liberato dalle FDS e comuni circostanti.
Qui però ha incontrato la risposta dell‘ »Esercito dei Rivoluzionari« stazionato sul posto, che originariamente faceva anch’esso parte dell’ESL – ma dall’ottobre 2015 è parte delle FDS. Secondo l’agenzia stampa curda ANF negli scontri sono rimasti uccisi almeno tre ufficiali turchi, un capo dei gruppi dell’ESL e un numero ignoto di soldati. Inoltre sarebbero stati distrutti un carro armato, nove veicoli armati e abbattuto un drone di sorveglianza turco.

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Afghanistan, Dostum minaccia Ghani

Enrico Campofreda – 26 ottobre 2016 dal suo Blog

26afghanistan superJumbo5B15D 300x192Da ieri il presidente afghano Ghani non dormirà sonni tranquilli. Il vice che si è scelto, il signore della guerra d’origini uzbeke Rashid Dostum, ha parlato fuori dai denti e l’ha avvertito: guai a non rispettare il suo ruolo e la sua etnia. Nel farlo pubblicamente, in una conferenza stampa, ha sfoggiato tutta la prosopopea possibile, compreso l’aggressivo look del guerriero, come fosse un capitano di ventura rinascimentale. Di quella tipologia il generale ha tutti i geni.

Pochi come lui possono vantare una versatilità nel trasformismo politico-militare che attraversa quarant’anni di storia afghana: due invasioni di eserciti stranieri, una sanguinosa guerra civile e ogni dopoguerra. Dostum è stato coi sovietici e coi governi “amici” voluti da Mosca e con la Cia che, dopo aver organizzato i mujaheddin contro i russi, li ha foraggiati anche contro i talebani, a loro volta sostenuti tramite gli alleati sauditi e pakistani. Tutto ciò è più che storia, diventa letteratura della storia del popolo afghano sottoposto al Grande gioco delle potenze mondiali dal XIX secolo a oggi.

Dostum è finito al fianco di Ghani, ultimo fantoccio del progetto statunitense di controllare l’Afghanistan, per garantire al presidente voluto dalla Casa Bianca un’incolumità di fronte al pericolo, nient’affatto teorico, che dopo le elezioni presidenziali del 2014 i gruppi stretti attorno alla candidatura sua e di Abdullah prendessero le armi, gli uni contro gli altri. L’exit strategy (mai compiuta del tutto) doveva concludersi e la recita della democratizzazione del Paese, cui contribuisce anche l’Unione Europea, necessitava di nuovi attori.
Così i contendenti, e i signori della guerra che gli stavano attorno, trovarono il compromesso: Ghani presidente, Abdullah premier, Dostum vicepresidente, Sayyaf presente nel sottobosco parlamentare oltre che di governo. Contro questo disegno, che per reggersi non può dimenticare il pashtunwali e tutte le regole fra clan tribali, Dostum ha iniziato a scalpitare perché le etnie pashtun, cui appartiene Ghani, e tajika, riferimento familiare di Abdullah, la fanno da padrone.

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La situazione delle donne in Afghanistan è peggiore che con i talebani

Emma Gascó 26 ottobre 2016 da diagonalperiodico.net per Marx21

malalai 300x200Il 7 Ottobre 2001 gli Stati Uniti lanciavano sull’Afghanistan l’operazione “Libertà duratura”. Quindici anni dopo abbiamo intervistato la deputata e attivista afghana Malalai Joya sull’occupazione militare, la situazione delle donne e la politica del paese (EG).

Qual è la situazione delle donne in Afghanistan dall’occupazione? Vi sentite liberate?

Sfortunatamente la situazione delle donne in Afghanistan è un disastro ancora maggiore, in paragone con l’epoca dei talebani. Gli uomini e le donne dell’Afghanistan non sono stati affatto liberati. Soffrono di ingiustizia, insicurezza, corruzione, disoccupazione, povertà… Le donne ed i bambini sono quelli che stanno peggio. La catastrofica situazione delle donne fu un’ottima scusa affinché la NATO occupasse il nostro paese ma, in realtà, ci ha collocato in prima linea rimpiazzando il regime dei talebani, misogini e fondamentalisti, con i signori della guerra, altrettanto misogini e fondamentalisti, che sono pappa e ciccia coi talebani e che ingannano il popolo afgano mascherati da democratici.

Per questo motivo la situazione, specialmente per le donne, è un inferno nella maggior parte del paese. Perfino a Kabul le donne non si sentono sicure. Il drammatico caso di Farjunda, una ragazza di 27 anni accusata di avere bruciato un Corano, è sufficiente per capire la situazione di disastro assoluto delle donne. L’anno scorso, il 19 marzo, la linciarono brutalmente in pieno giorno, a pochi chilometri dal palazzo presidenziale, molto vicino alla Polizia afgana e alle truppe straniere. Dopo averla bastonata, la investirono con un’automobile, bruciarono il suo corpo e lo gettarono in un fiume vicino. Questa storia è già sufficiente per capire la situazione di insicurezza, la violazione dei diritti umani nel nostro paese. E nelle aree rurali è ancora peggio. Stupri, violenza machista nelle case, attacchi, bastonature a donne, lapidazioni… La violenza contro le donne si è acutizzata.

 

A confronto con l’epoca dei talebani le donne e gli uomini del nostro paese avevano un nemico che erano i terroristi talebani ma in questi 15 anni dopo la nostra occupazione gente ha quattro nemici: i signori della guerra, i talebani, le forze di occupazione e l’Isis. Ed è vero che in alcune città grandi, Kabul, Herat, Mazzolare-i-Sharif, alcune donne hanno accesso a lavoro ed educazione, ma è solo per giustificare l’occupazione. Nelle aree rurali questo regime burattino e corrotto non ha fatto niente. A terra i talebani, i signori della guerra ed i terroristi dell’Isis continuano a commettere atrocità contro gli uomini e donne del nostro paese, specialmente le donne. Ma dal cielo, le forze di occupazione bombardano alla cieca e le vittime sono persone innocenti, nel nome di una supposta guerra contro il terrore. È una guerra contro i civili innocenti. Migliaia di persone sono state assassinate in questi 15 anni di occupazione, soprattutto donne e bambini.

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Attenzione sulla difficile situazione dei rimpatriati dal Pakistan

Ziaurrahman Yar  25 ottobre 2016  Tolonews

refugeeeeeees 25 300x210Nei mesi scorsi migliaia di rifugiati sono tornati a casa dopo anni in Pakistan. Centinaia di questi rifugiati sono ora sistemati in campi profughi nella provincia di Laghman e stanno affrontando mancanza di cibo, di servizi sanitari, scarsità di acqua potabile e di altre necessità di base.

Chi è rientrato dal Pakistan afferma che sono stati costretti dai militari a ritornare a casa.

“Siamo in questo campo profughi da un mese, i nostri bambini sono ammalati e non c’è ospedale che li curi”, così ha detto Haji Gul, un rifugiato.

“La mia famiglia aveva una vita migliore in Pakistan, ora che siamo tornati nel nostro paese, il governo non si cura delle nostre sofferenze” ha detto Kamran, un altro rifugiato.

“Centinaia di famiglie vivono in questo campo, vivono all’aperto sotto delle tende” ha riferito il Governatore di Laghman Sarhadi Zuwak.

Traduzione a cura del CISDA

AFGHANISTAN. Boom della produzione di oppio: +43%

Ticinonline – 23 ottobre 2016
Nel 2016 sono state raggiunte le 4.800 tonnellate.

KABUL – La produzione di oppio in Afghanistan ha registrato una forte crescita nel 2016 raggiungendo le 4.800 tonnellate, con un incremento del 43% rispetto allo scorso anno.

I dati emergono da un Rapporto diffuso oggi dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) il quale precisa che anche le aree dedicate alla coltivazione del papavero da oppio sono aumentate a 201.000 ettari, in crescita del 10% rispetto ai 183.000 ettari che occupavano un anno prima.

Lo studio ha inoltre confermato che l’84% della produzione di oppio viene dalle province occidentali e meridionali dell’Afghanistan, e che la leadership provinciale spetta ad Helmand, dove si trova il 40% delle terre dedicate alla coltivazione del papavero.

In un comunicato firmato dal direttore esecutivo dell’Unodc, Yury Fedotov, si sottolinea che il Rapporto mostra un preoccupante fallimento degli sforzi per combattere il persistente problema delle droghe illecite e il loro impatto su sviluppo, salute e sicurezza.

Fedotov ha anche chiesto infine a tutti i Paesi di dare il loro appoggio per raggiungere gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile in Afghanistan che generi, fra l’altro, occupazione e sicurezza sociale.

L’esercito turco lancia 60 missili Grad in Nord Siria

UIKI onlus – 21 ottobre 2016

L’esercito turco occupante lancia 60 missili Grad nei villaggi della regione di Shehba nel Rojava.

afrin1 599x275L’esercito turco occupante lancia 60 missili Grad nei villaggi di Um al-Hosh, Um al-Qura e Şêx Îsa della regione di Shehba in Rojava.

Alcuni missili hanno colpito i villaggi, ma non è stato ancora chiarito l’esito dei bombardamenti.
Intensi scontri e il bombardamento dell’esercito turco nella regione continuano.

La Turchia e bande affiliate attaccano i villaggi di al-Hosh e Herbel
L’esercito turco occupante e le bande affiliate hanno attaccato i villaggi di, Um al-Qura, Um al-Hosh e Herbel nella regione di Shehba del Rojava.

L’esercito turco occupante e le bande affiliate hanno attaccato i villaggi di Hesiye, Um al-Qura, Um al-Hosh e Herbel nella regione di Shehba del Rojava. I soldati turchi e le bande bombardano le posizioni delle forze rivoluzionarie nel corso di attacchi coordinati.

Aerei da guerra turchi bombardano il villaggio di Hesiyê e l’artiglieria bombarda la città di Sheikh Îsa nella regione Shehba del Rojava.

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UNAMA: aumentano le vittime civili in Afghanistan.

AGC News – di Luigi Medici, 21 ottobre 2016.

05afghanistanunam05La Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) ha pubblicato il 19 ottobre i dati sulle vittime civili nel paese per primi tre trimestri del 2016. I dati mostrano un incremento del numero di vittime tra i civili.

Tra il 1° gennaio e il 30 settembre, Unama ha documentato 8397 vittime civili dei conflitti (2562 morti e 5835 feriti), un netto meno uno per cento rispetto allo stesso periodo del 2015.
Le operazioni terrestri sono rimaste la principale causa di vittime civili, seguite da operazioni suicide e attacchi con Ied, riporta globalsecurity.org.

I gruppi anti-governativi hanno causato il 61 per cento delle vittime civili, 1569 morti civili e 3574 feriti (5143 vittime civili totali).

Anche se è una diminuzione del 12 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2015, Unama denuncia il perpetuarsi di attacchi deliberati contro i civili: il 23 per cento di tutte le vittime civili sono state causate da forze filo-governative, cioè 1897 vittime civili (623 morti e 1274 feriti), con un incremento del 42 per cento rispetto allo scorso anno. L’undici per cento delle vittime civili è stato provocato da combattimenti terrestri, il restante è attribuibile a ordigni inesplosi.
Unama si dice profondamente preoccupato per il continuo aumento di vittime tra i bambini, aumentati di anno in anno a partire dal 2013. Nei primi nove mesi del 2016, Unama ha documentato 2461 vittime bambini (639 morti e 1822 feriti), un 15 per cento in più rispetto al dato del 2015; più della metà delle vittime tra i bambini è stata causata da operazioni terrestri.
Unama ha documentato 877 donne tra le vittime civili (240 morti e 637 feriti), un 12 per cento in meno, dovuto principalmente a un minor numero di donne vittime di attacchi suicidi e Ied.

Gli scontri tra le forze governative e non hanno causato 3254 vittime civili (829 morti e 2425 feriti), il 39 per cento di tutte le vittime civili; un aumento del 18 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2015.

La lunga strada del ritorno dei rifugiati afghani

euronews.com – 20 ottobre 2016

400x225 346681Il dramma dei rifugiati afghani

Saranno oltre mezzo milione gli afghani a tornare in patria entro la fine dell’anno dal Pakistan.

Un ritorno forzato dopo l’aut aut di Islamabad: dal 15 novembre gli afghani non registrati dovranno lasciare il Pakistan. Quasi 300.000 sono gli sfollati registrati da gennaio a settembre all’interno dell’Afghanistan.

Siamo nella provincia di Nangarhar, sul principale asse di ritorno degli afghani provenienti dal Pakistan. Questa strada è ormai costantemente bloccata per l’afflusso di mezzi di ogni tipo carichi di rifugiati. Il controllo alle frontiere è diventato un problema. Il Pakistan vuole rimpatriare gli oltre due milioni e mezzo di rifugiati afghani presenti da tempo nel paese. Circa 300 famiglie al giorno si recano all’ufficio del registro di Samarkhel vicino a Jalalabad. Tra i tanti c‘è Mohamad Qadur che aveva 8 anni quando fuggì in Pakistan, durante l’invasione sovietica.

“Siamo scappati in Pakistan perché c’era la guerra, la nostra casa era stata distrutta, alcuni dei nostri parenti uccisi. Per questo abbiamo vissuto lì per 38 anni. Non siamo riusciti a comprare casa perché le proprietà costano troppo, sia nei villaggi che nelle città. Prima non riuscivamo a tornare in Afghanistan ma ora siamo stati costretti”, ci racconta Mohamad Qadur.

Rimpatri volontari e rimpatri forzati

Gli afghani non registrati in Pakistan ricevono aiuti solo per un mese alla frontiera a Torkham. Quelli con i documenti a posto sono invece incentivati a tornare volontariamente con una borsa di rimpatrio di 400 dollari ciascuno. Donazione che, nella regione, è distribuita nel centro di Samarkhel, gestito dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati”:https://www.unhcr.it/:“L’assistenza comprende servizi legati alle attività di rimpatrio, programmi di vaccinazione, una formazione anti-mine, assistenza sanitaria. Oltre a questo, siamo qui per offrire alle famiglie anche una consulenza legale per esempio in caso di contenziosi riguardanti le proprietà”, ci spiega uno dei volontari, Abdul Wali.

Il picco di rimpatriati ormai presenti nei centri urbani e nelle vicinanze, soprattutto a Nangarhar, sta creando una situazione difficile da gestire, specialmente in vista dei mesi invernali. Il flusso di rifugiati è senza precedenti. “In questo momento stiamo registrando più ritorni quotidiani che in tutti i primi 6 mesi dell’anno, e questo a partire da luglio. Abbiamo oltre 230 mila rifugiati e parliamo di quelli ufficiali, ovvero coloro che hanno ricevuto uno status di rifugiato in Pakistan. Ma ci sono oltre un milione mezzo di afghani in Pakistan, che non hanno questo status e che stanno tornando”, dichiara Pierre Prakash, del programma di aiuti umanitari della UE.

https://www.flickr.com/photos/euronews/sets/72157675266876776

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L’AFGHANISTAN HA RIPRESO I COLLOQUI SEGRETI CON I TALIBAN IN QATAR.

The Post Internazionale  18 ottobre 2016

trattative taliban afghanistan qatar orig mainTra settembre e ottobre si sono tenuti due round di trattative alla presenza di un diplomatico americano, secondo quanto rivelato dal Guardian.

Taliban e i rappresentanti del governo afghano hanno riavviato i colloqui segreti in Qatar, secondo quanto riportato dal Guardian martedì 18 ottobre. Il quotidiano britannico sostiene di aver ricevuto l’informazione da fonti anonime tra i ribelli e tra i funzionari governativi di Kabul.

Due round di colloqui si sarebbero tenuti in Qatar, dove il gruppo islamista ha un ufficio diplomatico, nei mesi di settembre e ottobre. Avrebbe partecipato il mullah Abdul Manan Akhund, fratello del mullah Omar, l’ex capo dei talebani morto nel 2013. Anche un alto diplomatico americano sarebbe stato presente alle riunioni.

I precedenti colloqui di pace, avvenuti con l’intermediazione del Pakistan, hanno prodotto scarsi risultati e si sono bloccati quando gli Stati Uniti hanno ucciso l’ex leader dei Taliban, il mullah Akhtar Mansour, in un attacco con un drone in Pakistan lo scorso maggio.

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