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Autore: Anna Santarello

La Svizzera sostiene la richiesta di un’indagine indipendente su Kunduz

Redazione di Internazionale – 16 ottobre 2015

logo itLa Svizzera sostiene la richiesta di Medici senza frontiere (Msf) per un’indagine indipendente sul bombardamento statunitense che il 3 ottobre ha distrutto l’ospedale dell’organizzazione umanitaria a Kunduz, nel nord dell’Afghanistan. Ieri la commissione internazionale umanitaria per l’accertamento dei fatti (Ihffc), con sede a Berna, ha accolto la richiesta di Msf e si è attivata grazie alla Svizzera: infatti l’intervento di questo organismo internazionale è possibile solo se sollecitato formalmente da uno degli stati che lo riconosce. Se l’Ihffc otterrà il consenso di Washington e Kabul, che non riconoscono la competenza dell’istituzione, comincerà a indagare sull’attacco.

Il ministro degli esteri svizzero Didier Burkhalter ha detto che il ricorso all’Ihffc è “una buona soluzione” e ha spiegato che il suo paese ha scritto ai governi statunitense e afgano per inoltrare la richiesta della commissione. Il capo della diplomazia svizzera è intervenuto di fronte a novecento persone, tra cui rappresentanti di governo, di organizzazioni internazionali e non governative, riunite a Ginevra, in occasione di un incontro preparatorio per il World humanitarian summit che si terrà a Instanbul dal 23 al 24 maggio 2016.

La Giornata mondiale degli insegnanti in Afghanistan

Dal sito di OPAWC

La Giornata mondiale degli insegnanti è stata celebrata nel Centro di formazione professionale di OPAWC a Kabul il 5 ottobre 2015

Per la Giornata mondiale degli insegnanti, lo scorso 5 ottobre, gli studenti del Centro di formazione professionale gestito da OPAWC a Kabul hanno recitato poesie, tenuto discorsi celebrativi e si sono esibiti in canzoni tradizionali.

opawc celebration teacher day2015.jpg 300x199Gli insegnanti del Centro di formazione professionale di OPAWC.

Il direttore amministrativo del centro, Mohammad Mauroof Rayan, e la direttrice di OPAWC Latifa Ahmady hanno parlato del ruolo importantissimo degli insegnanti per la comunità. Hanno chiesto agli studenti di mettersi in gioco e di sfruttare al massimo l’opportunità che hanno avuto di arricchire le loro conoscenze, mentre in 16 province le scuole sono chiuse a causa della guerra e i ragazzi non hanno alcuna possibilità di studiare.

Del resto, la situazione di guerra ha limitato molto le celebrazioni per la Giornata dell’insegnamento quest’anno, anche se alcune istituzioni governative hanno organizzato funzioni ufficiali. In una di queste è intervenuto il ministro dell’Educazione Assadullah Hanif Balkhi, che ha detto: “Migliorare la vita degli insegnanti è stata un’assoluta priorità nei nostri programmi e non lascerò nulla di intentato per migliorare la loro condizione nel Paese”.

L’anno scorso, il presidente Ashraf Ghani ha annunciato un programma per distribuire terra in cui vivere a tutti gli insegnanti del Paese, ma questo programma non è mai stato realizzato. Ora promette: “Tutti i governatori provinciali e gli ufficiali pubblici distribuiranno con la massima  urgenza terra a scopo residenziale agli insegnanti e vi assicuriamo che questo processo sarà completato in sei mesi”.

In realtà, le condizioni in cui si trovano gli insegnanti in Afghanistan sono pessime: nelle province più pericolose molti vengono uccisi o rapiti.

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Prolungata la missione militare italiana in Afghanistan

dal blog di Enrico Campofreda – 17 ottobre 2015

Renzi, il diktat sull’Afghanistan

gunman 9sep 2015 300x186L’ordine amerikano – Renzi, il premier che non accetta “diktat da Bruxelles” lo riceve dalla Casa Bianca, anzi direttamente dal Pentagono per bocca del segretario alla Difesa statunitense Carter. Così appena Obama annuncia di lasciare uomini e armi in Afghanistan per tutto l’anno venturo, Palazzo Chigi rapidamente s’adegua. Settecentocinquanta militari italiani, tuttora in forza alla Resolute Support della Nato, resteranno sul suolo afghano. A fare cosa?

Sicuramente a prendere ordini dal comando Usa prolungato d’un anno, tempo utile per investirne l’elezione presidenziale d’Oltreoceano. In una fase in cui si rimpasta la fisionomia geostrategica del Medio Oriente piccolo e grande, un disimpegno militare verrebbe giudicato dall’elettore statunitense medio come una resa a jihadisti e avversari in genere.

Vantaggio che i Democratici non vogliono offrire ai Repubblicani. Il governo italiano fa da valletto a queste danze. Alla domanda su quali siano le prospettive del prolungamento della permanenza in Afghanistan nessuno degli strateghi di Washington risponde. Prendono tempo a vista.

Obiettivi falliti – Quel che appare evidente è l’inadeguatezza della costosissima struttura militare locale, sostenuta, assieme al governo della cosiddetta unità nazionale, dal Segretario di Stato Kerry. Due flop in un anno solo. La presunta normalizzazione afghana è una favola buona per la propaganda, i fatti dimostrano ben altro: tutte le province sono insicure, l’addestramento dell’ANF non riesce a creare reparti operativi e affidabili, il reclutamento (incentivato a suon di dollari) e le diserzioni si susseguono a ritmi costanti, vanificando gli impegni economici e spesso offrendo soldati e armi alla guerriglia talebana.

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Donne che resistono per costruire della pace

dal blog di Giuliana Sgrena

La voci di Selay Ghaffar (Afghanistan), Rada Zarkovic (Bosnia) e Ozlem Tanrikulu (Kurdistan), donne che resistono per costruire della pace, della democrazia.

«Un altro mondo è possibile ma solo se costruito dalle donne con le donne». Ozlem Tanrikulu, presidente dell’Ufficio informazione del Kurdistan a Roma e membro del Congresso Nazionale del Kurdistan, non ha dubbi. Solo le donne con la loro cultura, la loro esperienza politica, la loro pratica nella società possono smascherare gli stereotipi maschilisti che vorrebbero le donne chiuse in casa senza partecipare alla vita sociale e politica. Ozlem chiude con estrema chiarezza e incisività una mattinata di testimonianze di donne «resistenti» giunte da mondi diversi ma che hanno in comune la visione del mondo e «l’atra via» da intraprendere.

All’incontro, organizzato ieri (15 ottobre) a Roma dalla rivista Confronti con il sostegno dei fondi ottenuti dalla Chiesa valdese con l’8 per mille, hanno partecipato Selay Ghaffar (Afghanistan) e Rada Zarkovic, presidente della cooperativa bosniaca «Insieme».

MDG Selay Ghaffar Execut 006 300x180Sono volti noti al mondo italiano della solidarietà. Selay Ghaffar, già presidente di Hawca – Humanitarian Assistance for women and children of Afghanistan – molto impegnata in progetti di inserimento delle donne nel processo e nello sviluppo del paese, la ritroviamo nella nuova veste di portavoce di Hambastagi (Solidarietà), l’unico partito di opposizione in Afghanistan. Non è un compito facile per una donna nel momento in cui il paese sta vivendo una situazione di insicurezza crescente, soprattutto per le donne, che vengono lapidate, stuprate, acidificate, costrette a sposarsi bambine. Ma non solo: le vittime si contano a centinaia: assassinii, arresti, torture. Ricorda il crimine di Kunduz contro l’ospedale di Medicins sans Frontieres e la forte repressione nei loro confronti.

Soprattutto Selay denuncia l’occupazione occidentale, che dura ormai da 14 anni: «Ci hanno detto che intervenivano per combattere il terrorismo, in Afghanistan invece è avvenuto il contrario, ora non abbiamo solo i taleban ma si sta espandendo anche l’Isis. Persino la gente normale ora ha capito che gli Usa non volevano combattere il terrorismo ma solo difendere i loro interessi».

Perché hai deciso di passare dall’impegno sociale a quello politico?
«Mi sono resa conto che occorre un cambiamento politico e per farlo occorre una risposta politica. Quando è nato Hambastagi nel 2004 eravamo in 700, nel 2014 gli iscritti erano 31.000, il 33 per cento sono donne, ma nella leadership la nostra presenza è del 50 per cento». Le donne con cui hai lavorato ti seguono nella tua attività politica? «Sì, lavoriamo con il popolo – giovani, studenti, donne – per renderlo cosciente che il nostro paese è occupato e che solo il popolo afghano può decidere del proprio futuro, nessuno ci porterà da fuori la libertà e l’indipendenza», risponde la portavoce di Solidarietà. Libertà e indipendenza con un governo democratico e laico, e in più un tribunale che giudichi i responsabili dei crimini di guerra che ora sono al potere – con il governo di John Kerry, come viene definito in Afghanistan – o in parlamento.

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Comunicato del Partito afgano della Solidarietà (Hambastagi)

dal sito di Hambastagi, 7 ottobre 2015

kunar nato airstrike children

Bambini uccisi da un bombardamento della NATO nella provincia di Konar.

La democrazia e il benessere del popolo afgano possono essere raggiunti solo cacciando gli invasori e i loro tirapiedi

Sono trascorsi ormai quattordici anni di occupazione dell’Afghanistan da parte degli USA e dei suoi alleati. Gli invasori sono arrivati sotto l’ipocrita bandiera della “Guerra al terrore” e hanno trasformato la nostra patria in un cimitero di gente indifesa, uccidendo e depredando, facendo crescere la produzione e il commercio di oppio come mai prima d’ora, portando la guerra,  ingrassando criminali e signori della droga. Perseguendo interessi geostrategici ed economici, le potenze d’occupazione hanno allestito basi militari dotate delle più moderne attrezzature, con lo scopo di mantenere il nostro Paese nel rogo della guerra e del terrore.

All’inizio dell’occupazione, i predoni degli USA e dei loro alleati andavano sbraitando di aver sconfitto i talebani e i terroristi. Ma i fatti di oggi, con il peggioramento delle condizioni di insicurezza in tutto l’Afghanistan e la caduta di Kunduz, svelano apertamente le sinistre mosse e le bugie degli invasori e dei loro tirapiedi tecnocrati.

Questi ultimi quattordici anni di perfide mosse politiche hanno dato alla gente la chiara consapevolezza che il terrorismo è uno strumento nelle mani del governo statunitense per sfruttare il mondo e rendere schiave le nazioni.

La proliferazione dei gruppi legati all’ISIS, armati e finanziati dal governo americano in Afghanistan e in altre parti del mondo, non è che la continuazione delle vecchie politiche di morte di cui siamo stati vittime negli ultimi quarant’anni, che di volta in volta hanno preso il nome di Ikhwan, talebani o Al-Qaeda e di altri assassini fondamentalisti che hanno operato con il supporto dei servizi segreti pakistani (ISI) e di altri governi fantoccio. Oggi l’ISIS sta gettando in un medioevo di sangue non solo l’Afghanistan, ma anche la Siria, l’Iraq e altri Paesi.

L’assassinio di più 300.000 afgani indifesi da parte di forze statunitensi e NATO, i massacri di civili per i bombardamenti in varie parti dell’Afghanistan, i test di armi chimiche, l’umiliazione sui corpi dei morti, lo stupro di donne e il recente bombardamento sull’Ospedale di Medecins Sans Frontières a Kunduz che ha ucciso il personale medico e indifesi pazienti: tutto questo è il risultato della “democrazia” dei B52 degli invasori, mentre i loro tecnocrati e sostenitori tirapiedi chiedono senza vergogna al popolo afgano di essere grato per il “sacrificio” e la “cooperazione” dei criminali americani e della NATO.

All’inizio di questa storia, gli USA hanno versato miliardi di dollari nelle tasche di elementi sanguinari e bande di criminali attraverso Karzai e i suoi compari. Li hanno così trasformati in capimafia di prim’ordine e poi li hanno messi insieme in un regime deforme in modo che questi burattini preparino il terreno per ogni bagno di sangue e ogni crimine secondo il desiderio del loro padrone. Gli occupanti hanno voluto un Afghanistan in balia dell’insicurezza, dell’instabilità e della guerra, per esportare il terrorismo nell’Asia Centrale e specialmente per colpire la Russia e la Cina.  La vera vittima di questa politica fraudolenta è la nostra sfortunata gente.

Il Partito afgano della Solidarietà (SPA) considera e aborrisce il 7 ottobre (giorno dell’invasione dell’Afghanistan nel 2001 da parte degli USA e dei Paesi della NATO) alla stessa stregua dell’apocalisse del 27 dicembre (invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica nel 1979).

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Aprire un’inchiesta su Kunduz attraverso la Corte Penale Internazionale?

Da Internazionale – 8 ottobre 2015

116326 mdL’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere (Msf) ha accusato gli Stati Uniti e le truppe della Nato di aver commesso un crimine di guerra a Kunduz, in Afghanistan, nel bombardamento dell’ospedale di Msf, dove si trovavano circa 180 persone, uccidendone 22.

Medici senza frontiere accusano gli Stati Uniti di aver violato la Convenzione di Ginevra e chiedono un’inchiesta indipendente sull’accaduto. Washington ha chiesto scusa per quello che ha definito “un errore”. Ma qual è il quadro giuridico internazionale a cui Msf fa appello? Che leggi tutelano gli ospedali anche in zone di conflitto? […] Lo abbiamo chiesto al giurista Gabriele Della Morte, professore di diritto internazionale all’università cattolica di Milano.

 […] Che crimine commette chi attacca un ospedale? E c’è una strada per accertare i fatti di Kunduz in maniera indipendente?

Una strada potrebbe essere quella della Corte penale internazionale. Sulla base di quello che sappiamo: gli operatori di Msf avevano comunicato le coordinate dell’ospedale, gli Stati Uniti non hanno rispettato le indicazioni ricevute e hanno bombardato un ospedale uccidendo 22 persone. Se tutto quello che sappiamo è accertato o è accertabile, siamo di fronte a un crimine di guerra. Sia sotto il profilo dell’omicidio, sia sotto il profilo della mancata protezione dei civili, in particolare delle strutture sanitarie. Ci sono due articoli nello statuto della Corte penale internazionale relativi ai crimini di guerra: l’articolo 8.1.b e poi l’articolo 8.2.e, terzo subcomma, dedicati ai conflitti internazionali, i quali dicono che dirigere intenzionalmente degli attacchi contro edifici materiali, personale, unità e mezzi di trasporto sanitari è un crimine di guerra.

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Il CISDA e il Kurdistan

Il CISDA e il KurdistanIl CISDA e il Kurdistan

Logo CISDA piccolo1La storia dell’impegno del CISDA per il Kurdistan ha origine nel gennaio 2015, quando tre esponenti del CISDA si incontrano a Londra con alcune militanti curde di Suruç (Turchia meridionale, al confine con la Siria). Da quella conversazione, in cui visioni ed esperienze politiche si intrecciano e sempre più chiaramente si rivelano consonanti, nasce il progetto di una delegazione in Kurdistan composta da compagne del CISDA e insieme da attivisti politici afghani, delegazione che si concretizza effettivamente nei primi quindici giorni del marzo 2015.

L’incontro di Londra non era casuale: già da mesi, dall’autunno 2014, il CISDA stava seguendo con attenzione le manifestazioni che si stavano moltiplicando in Afghanistan a sostegno dell’eroica resistenza di Kobane di fronte all’avanzata dell’ISIS  (vedi articolo pubblicato sul sito).

La delegazione aveva quindi il compito di favorire l’incontro tra attivisti politici curdi e militanti dei movimenti democratici afghani, con l’obiettivo di sostegno politico vicendevole. Inoltre, si volevano portare aiuti economici all’esausta popolazione curda di Kobane sfollata a Suruç.

Tra il 1° e il 15 marzo 2015, la delegazione organizzata dal CISDA ha quindi consegnato i fondi raccolti in Italia (10.000 euro) suddividendoli tra i seguenti beneficiari:

  • Rojava Solidarity di Suruç, per l’acquisto beni di prima necessità per gli sfollati di Kobane ospitati nei campi profughi della città;
  • Municipalità di Kobane, per la ricostruzione della città;
  • Campo Profughi nei pressi di Diyarbakir, per gli Yazidi sfollati;
  • partito HDP, per attività a favore degli sfollati di Kobane (allestimento e mantenimento campi);
  • Women Peace Initiative Center di Istanbul, per il pagamento delle spese di viaggio delle volontarie che si recano a lavorare tra i profughi di Kobane per periodi che variano da tre a sei mesi;
  • Hevay Sor (Mezza Luna Rossa del Kurdistan).

Il CISDA intende proseguire la cooperazione con queste realtà politiche curde, senza per questo sottrarre attenzione e impegno per le attività delle associazioni che da sempre sostiene in Afghanistan. Tiene quindi aperta la comunicazione e lo scambio con l’UIKI (Ufficio Italiano Informazioni Kurdistan) e con le Mezza Luna Rossa del Kurdistan, continuando anche a raccogliere fondi e organizzando iniziative a favore del Kurdistan.

Questa apertura politica al Kurdistan è non solo condivisa, ma anzi decisamente incoraggiata dai movimenti democratici afgani con i quali collabora il CISDA.

Condanniamo l’attacco alla Marcia per la Pace di Ankara!

UIKI – October 10, 2015

AnkaraCondanniamo fermamente il massacro avvenuto questa mattina ad Ankara. Oggi ad Ankara era in programma una manifestazione pacifica organizzata dai sindacati (KESK, DISK, TMMOB, TTB, SES) e dalle organizzazioni della società civile a favore della pace e la libertà.

Quando la gente, che si era radunata nella piazza della stazione centrale di Ankara, stava per iniziare a muoversi con il corteo sono esplose due bombe. La prima bomba è esplosa nello spezzone del corteo dell’HDP. Il bilancio è di 97 morti e più di 516 feriti, di cui molti in gravi condizioni, ed esiste un grande pericolo che il numero di morti possa aumentare.

Molti feriti sono ancora in attesa delle ambulanze per essere portati al’ ospedale. Dopo le esplosioni è arrivata sul posto la polizia che invece di aiutare a soccorrere i feriti ha attaccato i superstiti con gas lacrimogeni e ha ostacolato i soccorsi.

Mentre i canali di informazione liberi lanciano appelli a donare urgentemente il sangue per i feriti gravi, la gente che si reca in ospedale viene cacciata via dalla croce rossa turca che afferma che non c’è bisogno di donazioni. Tutte le vittime di questo massacro sono martiri per la pace e per la libertà.

Questo è un attacco da parte di chi vuole la guerra. È un attacco contro la volontà espressa da tutti coloro che da ogni parte del paese si sono recati ad Ankara per chiedere la pace.

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Manifestazione globale per la libertà e la ricostruzione di Kobane

UIKI Onlus – 6/10/2015

Kurdi 300x158Il CISDA aderisce alla giornata globale di azione per Kobane: Il 1^ Novembre 2015 scendete in piazza e manifestate.

APPELLO URGENTE ALL’AZIONE: Manifestazione globale per la libertà e la ricostruzione di Kobane. Appuntamento per la Manifestazione Globale: 1 novembre 2015, ore 14.00.

La resistenza determinata degli uomini kurdi e delle donne kurde in quella regione di confine strategica che è il Rojava (Kurdistan occidentale in Siria), ha ispirato persone e governi in tutto il mondo quando l’assedio della città da parte di Stato Islamico (ISIS) è stato respinto con successo appena un anno fa. La loro lotta è diventata un simbolo della resistenza popolare contro la violenza senza pietà e le orrende atrocità commesse da ISIS.

In risposta, il 1 novembre 2014 è stato lanciato un appello urgente per una giornata globale di azione per Kobane e per l’umanità chiedendo a tutte e tutti di mostrare solidarietà con Kobane e di dare assistenza umanitaria e materiale.
In tutto il mondo centinaia di singole e singoli e di organizzazioni che rappresentano migliaia di persone hanno firmato quell’appello, comprese personalità di spicco come il Professor Noam Chomsky e l’Arcivescovo Desmond Tutu, che entrambi sono da molto tempo sostenitori della lotta kurda per l’autodeterminazione, che Premi Nobel come Adolfo Erez Esquivel e Jose Ramos-Horta, già presidente di Timor Est e Nora Cortinas, cofondatrice delle Madri della Plaza de Mayo in Argentina e la cantante palestinese Reem Kelani.
Tuttavia non c’è sostegno ufficiale, la logistica dell’invio di aiuti a Kobane è stata gravata da difficoltà insormontabili e la popolazione di Kobane ha continuato a soffrire e molte famiglie sono fuggite verso luoghi più sicuri. Per questo ora è ancora più urgente aprire un corridoio umanitario che vada dalla Turchia a Kobane per facilitare l’arrivo del flusso di aiuti nella città che sta ancora affrontando gli attacchi di ISIS.

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Se questo è ciò che significa “Enduring Freedom”, abbiamo davvero bisogno di ripensare al perché siamo lì

Brave New Films (da sito Rawanews) – October 7, 2015

81899272 81899271Eppure, anche sulla scia di terribili crimini di guerra, i falchi di guerra stanno ancora spingendo per mantenere più truppe nel paese.
Oggi (7 ottobre) è il 14° anniversario di “Enduring Freedom” – il giorno in cui gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan. Abbiamo speso miliardi di dollari, ma non siamo più sicuri.

Di volta in volta, abbiamo visto che le soluzioni militari NON FUNZIONANO per risolvere i problemi politici.
La scorsa settimana, le forze americane hanno bombardato l’ospedale in Afghanistan di Medici senza Frontiere.

PERCHÉ SIAMO ANCORA LÌ?

Bin Laden è morto, e i bombardamenti sui civili non fanno altro che creare militanti futuri. Eppure, anche sulla scia di questi crimini di guerra terribili, i falchi di guerra stanno ancora spingendo per avere più truppe nel paese.
È il momento di ripensare l’Afghanistan.

Guarda il lungometraggio GRATIS qui: