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Autore: Anna Santarello

Gli ostaggi di Baghlan rilasciati dai talebani dopo 48 ore

Sherzai TOLOnews – KABUL 28 luglio 2015

KIDNAP 28JULAY 300x210Undici ostaggi sono stati rilasciati lunedì dopo essere stati nelle mani dei rapitori talebani per 48 ore nel nord della provincia di Baghlan.

I talebani hanno rapito dei civili sabato fermando un autobus nella zona di Pol-e-Khrome, la capitale del Baghlan.

I passeggeri liberati hanno dichiarato di essere stati rilasciati in cambio del capo talebano di quella provincia, che era in carcere, dichiarazione confermata dalle autorità locali.

Uno degli ostaggi liberati ha detto: “Due macchine ci hanno fermato, ci hanno portato in una moschea e ci hanno detto che uno dei loro uomini era stato arrestato, per questo motivo ci hanno rapiti”.

Lo scambio è stato gestito dagli anziani del villaggio, ed è la stessa cosa che è successa ai 19 passeggeri di un autobus su 31,rapiti nella provincia di Zabul all’inizio dell’anno.

“I talebani ci hanno tenuti in una moschea senza dirci niente, dopo di che con l’aiuto degli anziani del villaggio siamo stati rilasciati”, ha detto lunedì a TOLOnews un altro uomo rilasciato.

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Afghanistan, rapiti 16 passeggeri bus

Redazione ANSA – KABUL 26 luglio 2015

ecae752412480be56d591e61771df45e 300x179Un commando armato ha sequestrato 16 passeggeri di un bus in viaggio nell’Afghanistan settentrionale, rilasciandone poi cinque perché non sciiti. Lo riferisce oggi Tolo Tv.

Il capo della polizia della provincia di Baghlan, Abdul Jabbar Purduli, ha indicato che il rapimento è avvenuto ieri sera nelle vicinanze del capoluogo Pol-e Khumri e che i rapiti appartenevano prevalentemente alla comunità hazara di fede sciita.

 

Afghanistan: talebani stanno vincendo. Record di morti tra gli uomini della sicurezza governativa.

International Busines Time ed. Italiana, di Emanuele Vena – 24 luglio 2015

In Afghanistan la vittoria dei talebani si avvicina. È questo lo scenario che si presenta a metà del 2015, con le forze di sicurezza nazionali impegnate ormai soprattutto nel tentativo di “mantenere la situazione di stallo”, limitando le perdite e preservando posizioni simboliche nei vari distretti.

Sembrano quindi assolutamente insufficienti i rinforzi inviati nel Paese da Obama, prima di procedere ad un graduale quanto definitivo ritiro delle truppe statunitensi. E così, anziché creare i presupposti per la vittoria, l’inefficacia del nuovo impegno a stelle e strisce rischia di rendere ancora più inquietante lo scenario che verrà a configurarsi dopo il loro rientro in patria. Una situazione tale da produrre oltre 4 mila morti tra soldati ed agenti di polizia e più di 7 mila feriti nel solo primo semestre del 2015, con un aumento del numero di incidenti del 50% rispetto alla prima metà del 2014, accrescendo i numeri di un bilancio peraltro considerato già da tempo “insostenibile”.

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Messaggio di RAWA di solidarietà e cordoglio per il massacro di Suruç

Dalla pagina Facebook di RAWA – 23 luglio 2015

Cari compagni curdi,
Il nostro cuore è a pezzi per il massacro di oltre 30 compagni a Suruç. L’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane (RAWA) condanna fermamente il massacro di Suruç e porge le più sentite condoglianze a tutti i curdi combattenti ovunque per la libertà. 
L’amore, l’altruismo e l’entusiasmo dei giovani della Associazione della Gioventú Socialista (SGDF) che volevano aiutare i coraggiosi rivoluzionari curdi in Rojava hanno umiliato il mondo.

Il sangue innocente di questi incredibili giovani è stato versato dalle iene dell’ISIS con il supporto diretto del dispotico regime di Erdogan per fiaccare lo spirito dell’epica resistenza dei combattenti curdi. È un fatto ormai noto che l’ISIS, creatura dell’imperialismo occidentale, è fortemente sostenuto dal regime fascista e fondamentalista di Erdogan, nel tentativo di schiacciare la lotta ispiratrice e progressista del popolo curdo per la giustizia e la democrazia.

Tuttavia, per le persone la cui storia è segnata da lotte eroiche e per i quali tali sacrifici sono abituali, queste azioni repressive serviranno soltanto a rafforzare la loro volontà di combattere. Stiamo già assistendo a grandi proteste nelle strade della Turchia, di condanna per questi omicidi selvaggi. Difendiamo i rivoluzionari curdi nella loro lotta risoluta contro il fondamentalismo islamico, per la loro libertà e indipendenza!
Le donne di RAWA sono particolarmente motivate ​​dal coraggio e dalla lotta delle donne curde. Il sangue di questi giovani che hanno sacrificato la loro vita per la causa della giustizia non sarà mai dimenticato!

[Trad. a cura di CISDA]

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Analisi: Del costo della guerra in Afghanistan abbiamo già parlato, grazie proprio ad una dichiarazione di Alessandro Di Battista.

Pagella Politica – 23 luglio 2015

551a69ed534db 15925077208 171b150a5f o“Soltanto all’Italia la guerra in Afghanistan è costata 5 miliardi di euro, in più continua a costare un milione di euro al giorno”. (MIn. 17:58)

Del costo della guerra in Afghanistan abbiamo già parlato, grazie proprio ad una dichiarazione di Alessandro Di Battista. Questa volta il deputato 5 Stelle aggiunge un nuovo dato, ossia il costo giornaliero della guerra, in un Paese in cui siamo presenti ormai dal lontano 2002.

Quanti sono i costi della missione militare?

Le missioni militari italiane vengono rifinanziate dal parlamento una o due volte all’anno (dipende dalle rate concordate) nel cosiddetto “Decreto Missioni”. In tale decreto sono elencate le missioni militari italiane e l’ammontare destinato alla gestione dell’operazione, in riferimento al periodo indicato nella rata del provvedimento. Il sito del Ministero della Difesa ci informa delle 35 attività in cui sono coinvolti i nostri militari, attraverso un utile (ma poco pratico) pdfDopo il dettaglio del personale militare, il documento continua con le specifiche di ogni singola missione. In merito alla missione Isaf (International Security Assistance Force), disponiamo delle informazioni degli oneri finanziari dal 2002 in poi.

Ai dettagli della missione Isaf aggiungiamo anche quelli di Eupol Afghanistan (le due missioni dell’esercito italiano nel Paese) e da qui ricostruiamo anno per anno l’evoluzione dell’investimento italiano in Afghanistan. Il risultato è molto vicino alla cifra riportata da Di Battista. Dal 2002 al 2014 l’investimento dell’Italia è stato pari a 4.965.314.404,00 euro, poco sotto ai 5 miliardi menzionati dal grillino (per chi fosse interessato, è disponibile il nostro foglio di calcolo).

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Il mullah: «Giù le mani dall’Afghanistan»

Il manifesto di Giuliano Battiston – 23 luglio 2015

Afghanistan. Dopo l’accordo nucleare iraniano, i Talebani avvallano i colloqui: per difendersi dall’avanzata del Califfato e dal cambiamento degli equilibri regionali.

«Fre­niamo gli entu­sia­smi», «per ora nes­suna svolta», «vedremo nelle pros­sime set­ti­mane», «dei Tale­bani non mi fido». Dall’Afghanistan arri­vano mes­saggi chiari: qual­siasi entu­sia­smo è pre­ma­turo. È vero, il comu­ni­cato con cui il mul­lah Omar, il lea­der della guer­ri­glia tale­bana, ha dichia­rato che il nego­ziato è legit­timo è un pas­sag­gio impor­tante. Segna una svolta. Avalla i col­lo­qui infor­mali e non che si sono svolti negli ultimi mesi.

E si somma alla noti­zia, con­fer­mata nei giorni scorsi dal Con­si­gliere per la sicu­rezza nazio­nale, Hanif Atmar, che il secondo incon­tro uffi­ciale tra i rap­pre­sen­tanti del governo e quelli dei bar­buti si terrà il 30 luglio. Ma prima che gli incon­tri e le dichia­ra­zioni pro­du­cano i loro effetti sul ter­reno di bat­ta­glia ci vorrà del tempo. I tempi della diplo­ma­zia. Lun­ghi in ogni caso. E par­ti­co­lar­mente in quello afghano, dove sia il fronte gover­na­tivo sia quello anti-governativo sono fram­men­tati. Qual­cuno a Kabul azzarda let­ture per­fino meno otti­mi­sti­che: il mes­sag­gio dell’Amir-ul-Momineem, il «coman­dante dei cre­denti», non sarebbe tanto un segno di forza, quanto un sin­tomo di debo­lezza. Una rea­zione, più che una deci­sione vera e pro­pria. L’ultimo ten­ta­tivo della vec­chia guar­dia dei Tale­bani, la shura di Quetta, il con­si­glio legato all’Emirato isla­mico d’Afghanistan (il governo rove­sciato dagli ame­ri­cani nel 2001), di rima­nere in sella. Di con­ti­nuare a eser­ci­tare ege­mo­nia poli­tica all’interno di una galas­sia sem­pre meno coesa. E di rispon­dere alle insi­die rap­pre­sen­tate dalla pre­senza in Afgha­ni­stan degli uomini dello Stato islamico.

La disputa in atto
La disputa tra Tale­bani e Stato isla­mico non riguarda tanto le que­stioni ideo­lo­gi­che o dot­tri­na­rie (le dif­fe­renze ci sono, rile­vanti), ma il denaro. Gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi arri­vano con soldi veri, «pesanti». Quelli che i paesi del Golfo hanno deciso di tagliare ai Tale­bani, un inve­sti­mento poco pro­dut­tivo, e di dirot­tare sul Califfo, un mar­chio in espansione.

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Afghanistan: la guerra continua, tutti i giorni, e colpisce ovunque.

Il manifesto di Giuliano Battiston – 23 luglio 2015

Afghanistan. Per l’Onu sono oltre 180.000 gli sfollati

Nelle set­ti­mane scorse il pre­si­dente Ash­raf Ghani si è recato a Khost, pro­vin­cia orien­tale dell’Afghanistan, al con­fine con il Pakistan.

Ha incon­trato i fami­liari delle vit­time dell’attentato del 12 luglio, che ha pro­vo­cato la morte di 27 civili, inclusi 12 bam­bini, e quella di 6 uomini delle forze di sicu­rezza afghane.

Si è con­ge­dato ras­si­cu­rando la popo­la­zione: «garan­ti­remo la vostra sicu­rezza». Il giorno suc­ces­sivo il vice-presidente ed ex war­lord Abdul Rashid Dostum, fon­da­tore del par­tito Jumbesh-e-Milli, ha preso un volo per la pro­vin­cia nord-occidentale del Faryab.

Con sé, ha por­tato alcuni uomini della sua «mili­zia» per­so­nale. Ha pro­messo che in pochi giorni ripor­terà la calma in quell’area, dove la pre­senza delle forze anti-governative si fa ogni giorno più ingente e minacciosa.

I due epi­sodi rac­con­tano lo stato delle cose in Afgha­ni­stan: la guerra con­ti­nua, tutti i giorni, e col­pi­sce ovun­que. A rimet­terci, i civili. Secondo i dati delle Nazioni Unite (Unhcr), il con­flitto ha costretto un milione di per­sone (circa il 3% della popo­la­zione) a migrare all’interno del paese.

Lo scorso anno, sareb­bero state 180.000 le per­sone costrette ad abban­do­nare la pro­pria casa, il numero più alto da quando la guerra è comin­ciata, nel 2001, e desti­nato ad aumen­tare quest’anno.

La mag­gior parte di que­sti spo­sta­menti riguarda l’area del nord-est. La pro­vin­cia più col­pita, quella set­ten­trio­nale di Kun­duz, al con­fine con il Tajikistan.

Secondo l’ultimo rap­porto della mis­sione delle Nazioni Unite a Kabul, anche quest’anno il numero delle vit­time civili (feriti e morti) è supe­riore a quello dell’anno precedente.

Non dimenticheremo mai Ezgi Sadet, Büşra Mete e le altre vittime dell’esplosione a Suruç!

Solidarity Party of Afghanistan (SPA) – July 21, 2015

Anche Hambastagi, il partito della Solidarietà afghano, invia un messaggio di cordoglio per il massacro di Suruç

Cari compagni di ESP e di SGDF,
la terribile notizia dell’attacco suicida durante il raduno dei giovani della Federazione delle Associazioni Socialiste della Gioventù (SGDF) a Suruç, ha scioccato tutti noi qui in Afghanistan, specialmente nel momento in cui coloro che amano la libertà assieme alle organizzazioni e ai partiti progressisti provenienti da differenti parti del mondo stanno dando una mano per la ricostruzione di Kobane. Gli autori di questo orrendo crimine e i loro mandanti sapevano molto bene che l’allestimento di un parco giochi, di una biblioteca e di una foresta memoriale sarebbero stati più efficaci dei loro campi di addestramento terroristi, ecco perchè hanno tentato di mettere tutto questo a tacere dalle radici.

Anche se i funzionari governativi turchi appartenenti al partito fascista dell’AKP hanno apparentemente condannato l’attacco, è molto evidente che un tale efferato crimine non poteva essere commesso senza il supporto del partito al governo turco. La loro condanna è pura menzogna e demogogia. I terroristi di Daesh (ISIS) e i loro padroni imperialisti avevano pensato di conquistare Kobane nell’arco di poche ore o giorni, ma gli indomiti guerrireri di Kobane, specialmente le donne epiche di questa terra, hanno dimostrato loro che erano in errore.

Noi condanniamo fermamente questo nefasto crimine per mano degli uomini dell’ISIS – gli scagnozzi vili dei paesi imperialisti. Esprimiamo la nostra solidarietà con il grande dolore del Partito Socialista degli Oppressi (ESP), della Federazione delle Associazioni Socialiste della Gioventù (SGDF) e di tutti i turchi che amano la libertà. Non dimenticheremo il voto di sangue di Ezgi Sadet, Büşra Mete e le altre vittime del bombardamento di Suruç per continuare la nostra lotta risoluta per la libertà e la democrazia. Ci appelliamo a tutte le persone impegnate e alle organizzazioni progressiste affinchè portino avanti la loro battaglia implacabile contro le forze reazionarie religiose e non e contro i pilastri imperialisti del mondo in ogni modo possibile.

Şehíd Namirin! Il martire non muore!

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Operatori umanitari, un mestiere pericoloso.

Vita. it di Donata Columbro – 21 luglio 2015

2eed3b44 bb82 461a bc44 9f977d9325c1 largeNel 2014 ci sono stati meno attacchi contro gli operatori umanitari nel mondo, diminuiti del 30 per cento, ma rimane un anno record: 120 rimasti uccisi, 88 rapiti e 121 presi in ostaggio. L’Afghanistan il paese più pericoloso. A fare i conti Aidworkersecurity.org un progetto di Humanitarian Outcomes

Nel 2014 gli attacchi contro gli operatori umanitari nel mondo sono diminuiti del 30 per cento. Ma i numeri rimangono altissimi: in 27 paesi sono 329 gli operatori coinvolti come vittime in episodi di violenza, sparatorie, sequestri, di cui 120 rimasti uccisi, 88 rapiti e 121 presi in ostaggio.

Sono i dati dell’ultimo rapporto di Aidworkersecurity.org, un progetto di Humanitarian Outcomes, team di analisi e ricerca che dal 1997 raccoglie informazioni per monitorare lo stato della sicurezza dei lavoratori dell’umanitario nel mondo. Meno attacchi, ma cifre preoccupanti, rispetto al 2012, in linea con l’aumento dei migranti in fuga da violenze e conflitti.

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Decine di morti e feriti a Suruç.

Rete Kurdistan Italia – 20 luglio 2015

suruç patlama 20 Temmuz 2015 660x325Il co-presidente del DBP (Partito democratico delle regioni) di Urfa İsmail Kaplan ha dichiarato che una attacco suicida ha causato un’esplosione a Suruç, distretto di Urfa, che ha preso di mira circa 300 membri della Federazione delle associazioni della gioventù socialita) prima del loro trasferimento a Kobanê.

Kaplan ha dichiarato che,secondo un rapporto iniziale, oltre 50 persone hanno perso la loro vita e decine sono rimasti feriti.

L’esplosione si è verificata nel giardino del Centro culturale Amara dove i giovani si trovavano dal loro arrivo ieri nel distretto.I giovani si erano radunati nel giardino per rilasciare un comunicato alla stampa prima di recarsi a Kobanê.

Il giardino del centro culturale si è trasformato in un bagno di sangue dopo l’esplosione a causa di corpi dei giovani sparsi a pezzi.
Le ambulanze sono accorse sul posto per trasportare i feriti negli ospedali. I corpi delle vittime rimangono in giardino.

URFA – ANF