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Autore: Anna Santarello

LETTERA AL MIO MOLESTATORE

di Noorjahan Akbar – the post internazionale

una lettera al mio molestatore orig 1 main 300x151Caro signore, io non conosco il suo nome, ma è passato accanto a me una settimana dopo l’Eid-ul-Fetr, nel bazar di Kabul.
Potrebbe ricordarsi di me. Ero la giovane donna che indossava una sciarpa bianca, una lunga tunica rossa ricamata e dei pantaloni scuri. Ero in piedi vicino a una bancarella di ortaggi e stavo contrattando il prezzo della menta fresca quando lei mi è passato accanto e, con nonchalance, mi ha pizzicato il sedere.

Io sono arrossita. Il vecchio signore che vendeva gli ortaggi se n’è accorto, ma non ha detto nulla. Probabilmente vede scene di questo tipo ogni giorno. Anche a me è successo più di una volta, ma in questo caso mi sono sentita più imbarazzata perché il signore anziano l’aveva notato.

Io, signore, l’ho rincorsa e l’ho afferrata per il polso. Spaventata e ancora sudata, ho iniziato a urlare. “Perché l’ha fatto? Come si permette? Si comporta così anche a casa con i suoi familiari?”.

E lei, signore, ha cominciato a urlarmi contro ancora più forte. “Tu sei pazza! Io non ho fatto niente. Non vale la pena nemmeno avvicinarsi a una come te”.

Ero troppo imbarazzata per raccontare alla gente quello che lei mi aveva fatto. Probabilmente, lei ricorda ancora come ci guardavano. Altre donne mi hanno consigliato di mantenere la calma, avvertendomi che questo scandalo sarebbe servito solo a rovinare la mia reputazione, ma io non avevo intenzione di mollare in quel momento.

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Afghanistan, sui colloqui di pace il fantasma di Omar

dal blog di Enrico Campofreda – 15 LUGLIO 2015

Mullar Omar pictured 2001 011 300x180 copyDicono che strizzando l’occhio abbia annuito e apprezzato la mossa diplomatica. Fra mistero e mito aleggia un messaggio attribuito al mullah Omar, lo si rintraccia su un sito web divulgatore del verbo talebano. È un’approvazione dei colloqui che la scorsa settimana si sono svolti nei pressi di Islamabad, impegnando lo staff e il presidente afghano Ghani in trattative con un gruppo di leader talebani anti Isis.

L’incontro, preceduto nel mese di maggio da informali chiacchierate intercorse in territorio cinese e qatarino, stabilisce la palese intenzione di cooptare i capi Taliban disposti ad accordarsi su una tregua e una successiva pace.

Insomma si reimposta la linea di condotta tenuta da Karzai e Petraeus, che fra il 2009 e 2010 avevano avviato trattative per poi lasciarle cadere. I tempi son cambiati. Le truppe Nato di terra lasciano l’Afghanistan, ma fra i combattenti della regione il fondamentalismo resiste creando spaccature nella già divisa famiglia talebana.

Ora il pericolo sono gli irriducibili avvicinatisi allo Stato Islamico, o che comunque ne usano la sigla come sta accadendo in altre aree orientali fortemente instabili. Far parlare il mullah Omar è un azzardo assoluto.

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Vite Preziose – Aggiornamenti

IL LUNGO CAMMINO DEL PROGETTO VITE PREZIOSE – Luglio 2015

Storie di donne forti che hanno bisogno di noi.

Il nostro progetto continua, da giugno 2011, a sostenere la volontà di cambiamento delle donne afghane. Gli sponsor di Vite Preziose sono persone straordinarie, hanno aiutato e seguito con affetto le donne del progetto per 4 anni, non facendo mai mancare il loro sostegno economico e psicologico, chiedendo notizie, mandando loro dei messaggi commoventi. Alcuni non hanno potuto continuare  nella sponsorizzazione per così tanto tempo e le loro amiche sono, ora, senza sostegno. Ne hanno ancora bisogno nel loro difficile percorso. Cerchiamo qualcuno che raccolga il testimone della staffetta di solidarietà. Ecco le loro storie.

SEEMA

La storia di Seema all’inizio del progetto

Mi chiamo Seema e sono di Bamyan. Ho 35 anni. Sono sposata da 20 anni con mio cugino, tossicodipendente. Una lunga catena di giorni sempre uguali, con le sue botte dentro. Dal primo giorno mi ha picchiata, è un’abitudine, sembra non possa farne a meno. Ha sempre bisogno di soldi per la droga. Sa che ne ho e li vuole. Per questo mi picchia. Gliene do un po’, gli altri li nascondo e lui lo sa, non gli bastano mai. Ma io non parlo, devo difenderli per le mie figlie. Lavoro, per farle crescere e mandarle a scuola. Mi metto il burka e vado a pulire le case degli altri.
Mi piace lavorare, pulire mi piace, pulire tutta la sporcizia che ho intorno. È un segreto, il mio lavoro, tra me e le mie figlie. Quando se ne accorge, mi picchia anche per questo.
Quando esce, l’aria della casa diventa più leggera. Possiamo respirare e immaginare una vita senza di lui. Ma poi torna sempre. Da un anno le cose sono peggiorate. Esce poco e io non posso lavorare. Niente più scuola per le mie figlie, i soldi non bastano. Le ragazze sono cresciute e lui se n’è accorto. Ha cominciato a picchiare anche loro.
Questo no, è troppo. Non posso proteggerle e ho paura del futuro. Ho paura perché adesso lui ha un lavoro: fa prostituire delle ragazze, le vende agli amici drogati come lui. Ho paura che faccia quello che ha minacciato, vendere anche le bambine, le sue. Devo portarle via di qui e farle studiare.

GLI SVILUPPI, CON L’AIUTO DEL PROGETTO E  DELLA SUA SPONSOR
Le cose cominciano a migliorare con il sostegno mensile di Francesca. Seema può provvedere a sé e alle figlie senza dover sottostare ai ricatti del marito. Hawca sorveglia che il denaro che riceve non diventi eroina per lui. Le sue figlie cominciano a frequentare la scuola e lei stessa studia, per poter un giorno realizzare il suo sogno. Vivere da sola con le sue figlie, poterle mantenere e farle studiare perché abbiano un destino migliore del suo.
Un giorno il marito porta a casa degli uomini, drogati come lui, e mostra con orgoglio le sue figlie, come al mercato. È soddisfatto, sono piaciute. La reazione di Seema e delle figlie è violentissima.
Questo lei non lo permetterà mai. E, adesso che riceve il denaro mensile, può, anche lei, ricattare il marito: il denaro che entra in casa, smetterà di arrivare se lui impedisce alle ragazze di studiare o se cerca di venderle! Il marito lascia perdere ma Hawca, comunque, lo tiene d’occhio, per scongiurare le sue pericolose iniziative. Seema, che è l’unica a sostenere la famiglia, trova un lavoro come cuoca in un ufficio.
Deve smettere, per un periodo, per mettere al mondo un’altra bambina. Le figlie sono brave a scuola e lei ritrova la speranza. Intanto le avvocate di Hawca cercano di ottenere il divorzio. La tossicodipendenza del marito è un punto a suo favore ma il problema è ottenere la custodia delle figlie, Seema non le può lasciare con lui.

ULTIME NOTIZIE
Seema ha trovato un lavoro migliore, in una casa di persone ricche del suo quartiere, la piccola cresce bene e le ragazze vanno a scuola. Sembra davvero che le cose si mettano sempre meglio. Ma, un mese fa, un brutto colpo fa precipitare il fragile equilibrio della sua vita. Il marito attraversa la strada, con una delle bambine. Un’auto della polizia, a forte velocità, li investe. Muoiono entrambi.
Seema non riesce a dimenticare quel giorno, è sconvolta. Non può più lavorare perché deve occuparsi delle figlie piccole. Come sempre in Afghanistan, nella tragedia s’inserisce anche la minaccia di una vita ancora peggiore. Il cognato, come da tradizione, pretende che lei lo sposi e vada a vivere con lui. Seema non ne ha nessuna intenzione e continua a rifiutare. Lei vuole vivere da sola con le figlie e riuscire a lavorare e a mantenerle.
Seema non ha più sponsor da tempo e ha davvero bisogno di aiuto immediato. Non sappiamo quanto potrà resistere al ricatto del cognato, avendo, adesso, molti problemi di sopravvivenza.

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Mariam al campo di Libera a Trezzano

dal sito di Libera

11665604 468847893297806 665226094913955802 n 300x180 211707563 468854536630475 7708261715907092494 n 300x180Oggi (9 luglio x chi legge) al campo di E!state Liberi a Trezzano sul Naviglio è intervenuta Mariam, attivista politica dell’associazione Rawa (Revolutionary Association of Women of Afghanistan): ci ha raccontato della lotta per i diritti civili e sociali in Afghanistan, della battaglia contro i signori della guerra e i fondamentalismi, del desiderio di libertá e democrazia.

“Fa parte della natura umana avere paura, ma fa parte della natura umana anche lottare per la libertá”.

https://www.facebook.com/liberalombardia

Afghanistan, irruzione nel compound di Medici Senza Frontiere a Kunduz

Repubblica.it – 3 luglio 2015

161240106 8b5a0b24 426d 4ac4 974c 90b01e8ca924 copyViolenta azione di uomini armati delle forze speciali afghane nel centro traumatologico dell’organizzazione. “È una violazione inaccettabile del diritto internazionale umanitario, che protegge le strutture e le attività mediche dagli attacchi”. Hanno minacciato l’équipe e arrestato tre pazienti, poi rilasciati.

KUNDUZ  (Afghanistan) – Uomini armati delle forze speciali afghane sono entrati nel compound dell’ospedale di Medici Senza Frontiere (MSF), isolando la struttura e sparando in aria. Hanno poi aggredito fisicamente tre persone dello staff, sono entrati in ospedale con le armi spianate ed hanno arrestato tre pazienti ricoverati. Un componente l’équipe medico ospedaliera è stato minacciato con una pistola.

Dopo circa un’ora, gli uomini armati hanno rilasciato i tre pazienti e se ne sono andati. “Siamo scioccati da questo incidente”- ha detto il dottor Bart Janssens, direttore delle operazioni di MSF – dalla sua apertura nel 2011, il centro traumatologico di Kunduz è un luogo in cui tutti i pazienti possono ricevere cure medico-chirurgiche gratuite in tutta sicurezza. Questo grave evento mette a rischio la vita di migliaia di persone che si affidano al centro per ricevere cure urgenti”.

L’unico centro traumatologico del nord est afgano.

Il centro di Medici Senza Frontiere è l’unica struttura del genere in tutta la regione nord-orientale dell’Afghanistan a fornire cure traumatologiche salvavita. Nel 2014, sono stati assistiti più di 22.000 pazienti e sono stati effettuati più di 5.900 interventi chirurgici.

MSF è stata in grado di fornire questo tipo di assistenza in un contesto così volatile, grazie al fatto che le sue attività mediche sono riconosciute e rispettate dalla comunità e da tutte le parti in conflitto. MSF applica un regolamento rigoroso che vieta l’ingresso delle armi in tutte le sue strutture. Le minacce al personale e ai pazienti di MSF e l’impossibilità di fornire cure mediche in un ambiente sicuro costringono ora lo staff medico e infermieristico a sospendere temporaneamente le attività nel centro traumatologico.

È stato chiesto un incontro urgente con i ministri della Difesa e dell’Interno per avere rassicurazioni ufficiali che le attività mediche sarano rispettate e che incidenti similI non si ripetano più.  “In tutti i conflitti in cui MSF opera, non ci schieriamo con nessuna delle parti – spiega ancora Janssens – i nostri medici trattano tutte le persone in base alle loro esigenze mediche e non fanno distinzioni di razza, etnia, convinzioni religiose o appartenenza politica del paziente. Qualsiasi persona ferita bisognosa di cure mediche urgenti, al centro di MSF a Kunduz le riceverà”.

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Mine in Afghanistan: a un medico-leggenda sostegno dalla Cooperazione

ONUITALIA.COM – 10 luglio 2015

06alberto 1 master675 e1436563492568 620x263Alberto Cairo a Kabul, foto New York Times

ROMA – Le mine sono ancora un problema enorme per l’Afghanistan. Solo il mese scorso, una di loro ha ucciso almeno nove bambini, tutti sotto i 5 anni di età, e 10 adulti nella provincia meridionale di Helmand.

Il gruppo di civili uccisi nello scoppio stavano viaggiando in un veicolo passeggeri che ha colpito una mina nella regione agricola di Marjah, secondo l’agenzia di stampa indipendente Pajhwok.

Le mine antiuomo uccidono e feriscono mutilando selvaggiamente. I sopravvissuti a un’esplosione hanno bisogno di sostegno. Con questo in mente, l’Italia si è impegnata a contribuire alla Croce Rossa Internazionale per finanziare un progetto di riabilitazione ortopedica.

Il contributo del Dipartimento per la Cooperazione Internazionale del Ministero degli Affari Esteri italiano è pari a mezzo milione di euro. I fondi rispondono all’appello speciale mine 2015 del Comitato Internazionale della Crioce Rossa (ICRC): saranno destinati al centro per la riabilitazione guidato dal dottor Alberto Cairo a Kabul. Otre ai servizi ortopedici e alla distribuzione delle protesi, il finanziamento servirà anche a formare personale locale e creare un ambiente fisico che non ostacoli il movimento dei disabili eliminando le barriere architettoniche.

In Afghanistan, ci sono ancora circa 5.000 siti potenzialmente minati. Secondo il Centro di Coordinamento delle azioni antimine in Afghanistan, oltre il 50 per cento delle vittime delle mine sono bambini – la maggior parte uccisi o mutilati dalle armi nascoste. Più di 130.000 afghani disabili sono passati attraverso la semplice clinica di riabilitazione del dottor Cairo a Kabul nell’arco di diversi decenni.

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Afghanistan, record di sempre per l’oppio, e dalla Colombia aumenta l’export di coca

L’Espresso – 9 luglio 2015

imageDall’inizio della guerra la coltivazione di papaveri è cresciuta trenta volte. Così l’eroina costa meno e uccide di più, passando anche dall’Italia. Mentre i consumi cambiano.

Immaginate tutti i vigneti di Piemonte, Lombardia, Toscana, Veneto e Friuli Venezia Giulia insieme convertiti a produrre oppiacei su scala globale. È l’estensione delle coltivazioni di papaveri da oppio raggiunta dall’Afghanistan nel 2014, il massimo di sempre, almeno da quando esistono le statistiche: 224mila ettari di terra messi a reddito per diventare oppio, eroina o morfina nelle vene di uomini e donne di tutto il mondo. Una corrente mondiale che passa in buona parte dai porti europei. E dall’Italia.

Sono i dati raccolti nell’ultimo rapporto dell’ufficio “droghe e crimine” delle Nazioni Unite. Pagine e grafici che mostrano un mercato florido e sempre più conveniente. Dalla Colombia – dove, nonostante i miliardi spesi per la “War on drugs” americana in fumigazioni e controlli, i fatturati dell’export di cocaina sono raddoppiati nell’ultimo anno – all’Afghanistan appunto, dove dieci anni di guerra hanno portato le coltivazioni di oppio ad aumentare di trenta volte, passando dal minimo di 7mila ettari raggiunto nel 2001 al record senza precedenti di oggi, corroborato da un calo delle azioni di “sradicamento” delle piantagioni e dalle esportazioni facili.
Con il boom delle coltivazioni in Afghanistan, raddoppiate solo dal 2010 ad oggi, e la rincorsa nella produzione di paesi come Laos e  Birmania, il volume totale di oppio essicato che circola nel mondo ha superato le settemila tonnellate all’anno. Il consumo dei prodotti derivati inizia già localmente. Ma è l’esportazione a valere: verso la Cina, dove sono in aumento i consumatori. E verso l’Occidente, dove i traffici cambiano strada seguendo i buchi nei controlli.

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Afghanistan, Ghani dialoga coi talebani anti Isis

Dal blog di Enrico Campofreda – 8 luglio 2015

KandaharContinui approcci diplomatici e militari sono in atto fra talebani e istituzioni afghane. Quest’ultime provano a limitare l’antico fronte conflittuale coi Talib della vecchia guardia (Shura di Quetta) puntando ad avvicinarla e accordarsi con una componente che si scontra con attuali dissidenti incentivati dallo Stato Islamico.

 
Negli ultimi mesi l’Isis ha inserito alcune sue “menti” nella crepa che s’è creata fra gruppi come i Teerik-e Taliban e tutti coloro che dubitano della presenza in vita d’un leader che ha segnato la storia recente di questo movimento combattente: il mullah Omar.

 
Nelle scorse settimane unità di veterani talebani hanno attaccato a sud e a est di Jalalabad gruppi di colleghi schierati da mesi con lo Stato Islamico e per questo diventati nemici. In un distretto i fedeli ad Al Baghdadi avevano rimpiazzato i talebani locali, avviando incursioni anche nei territori delle aree tribali (Fata).

 
Ne sono seguite crudeli esecuzioni che prevedevano la decapitazione di quei guerriglieri fuggiti di fronte a una delle rare offensive dell’esercito afghanoNelle località dove i talebani hanno cambiato bandiera, finendo sotto lo stendardo nero, le atrocità verso le persone sono aumentate e fra le vittime s’annoverano anche gli insorgenti che evitano di mettersi al servizio del Califfo di Raqqa

L’offensiva talebana di primavera ha visto in prima fila questi soggetti particolarmente aggressivi, contro tutti. Lo scontro fra fazioni s’è impossessato del panorama politico-militare di alcune aree, riproducendo schemi che ricordano la sanguinosissima guerra civile che imperversò dal 1992 al 1996 fra molti Signori della guerra.

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Una delegazione afgana in Pakistan per tenere i colloqui con i taliban

Internazionale – 7 luglio 2015

Una delegazione afgana è arrivata nella capitale pachistana per tenere quelli che alcune fonti vicine al governo di Kabul hanno definito “negoziati con i taliban”. Nella stessa giornata, la capitale afgana è stata colpita da due attentati suicidi che hanno causato la morte di almeno 25 persone. Sono stati resi noti pochi dettagli sull’incontro. In un tweet, l’ufficio del presidente afgano Ashraf Ghani ha confermato che il gruppo è composto da esponenti dell’Alto consiglio di pace, un’organismo creato cinque anni fa per negoziare con i taliban.

I funzionari del governo afgano hanno incontrato rappresentanti dei taliban già in altre occasioni, ma si è sempre trattato solo di contatti informali. Ultimamente Il governo afgano è stato fortemente criticato dopo che i servizi segreti afgani e pachistani hanno firmato un accordo per rafforzare la collaborazione nelle operazioni contro il terrorismo. Molti politici hanno accusato Ghani di svendere gli interessi del paese a Islamabad.

Gli attacchi di oggi fanno parte di una lunga serie di attentati dell’offensiva estiva dei taliban in Afghanistan, che si è dimostrata più efficace rispetto al passato. Sono state attaccate 26 province su 34 e gli attacchi suicidi a Kabul si sono moltiplicati. Il rapporto della missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama), pubblicato a febbraio, denuncia che nel 2014 a causa dell’intensificazione dei combattimenti sul terreno sono morte 10.548 persone, un aumento del 22 per cento rispetto all’anno precedente.

Afghanistan, stop al giudice donna

L’Avvenire – 8 luglio 2015

​La “svolta rosa” non c’è stata. Lei ce l’aveva messa tutta: candidata alla Corte Suprema dell’Afghanistan dal presidente Ghani il 30 giugno, prima (e unica) donna in mezzo a otto colleghi maschi, oggi ha pronunciato il suo programma di giudice ai deputati della Camera bassa. I quali però hanno bocciato la sua nomina, raggranellando solo 88 preferenze tra i 193 deputati votanti.

Una decisione piuttosto traumatica, visto che il capo dello Stato si era detto certo che i deputati avrebbero appoggiato la sua candidata, sia perché giudice esperto sia perché donna. E Ghani ha fatto della questione della valorizzazione del ruolo femminile e dell’emacipazione delle donne, troppo spesso vittime di violenze impunite, un punto d’onore del suo mandato, iniziato lo scorso settembre.

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