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Autore: Anna Santarello

Kabul-Kobanê: Hambastagi manifesta per la resistenza kurda

12 ottobre 2014 – dal blog di Campofreda

kabul manifesta per i kurdiUn nucleo combattivo di attiviste e attivisti del Partito della Solidarietà è sceso stamane per le vie di Kabul manifestando vicinanza al popolo kurdo della Rojava assediato nella cittadina di Kobanê.

Cartelli e striscioni esposti sottolineavano come Stati Uniti e Nato siano corresponsabili di quanto sta accadendo nel nord della Siria e dell’Iraq. Si pratica un attacco di facciata alle truppe dell’Isis che sono state tollerate per mesi e finanche finanziate e armate.

È la stessa strada intrapresa da tempo in Afghanistan verso alcune componenti talebane e soprattutto nei confronti di molti fondamentalisti e Signori della guerra presenti nelle istituzioni (Parlamento e alte cariche dello Stato).
La nota rappresentante dell’opposizione Malalai Joya in un comunicato ha ricordato ”…la nobiltà delle donne e degli uomini di Kobanê che da soli difendono le proprie case, la terra, la libertà e il loro onore

Io sostengo profondamente le eroine di Kobanê, lo spirito di resistenza contro i criminali dell’Isis e imparo umilmente dal loro orgoglio e patriottismo”.

“Un esempio di onore e coraggio, un simbolo di umanità e di battaglia per la libertà contro criminali ignoranti.
Voi non siete soli i questa gloriosa battaglia. Tutti gli amanti della libertà e i progressisti del mondo sono al vostro fianco, sostengono la vostra lotta contro l’oppressione, contro la mentalità medievale dei fondamentalisti che vedono le donne dimezzate rispetto agli uomini, ritenendole oggetto della propria animalesca lussuria.

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Afceco di Kabul, l’istruzione contro l’abbandono

14 ottobre 2014 – Enrico Campofreda –  liberiamo.it

wbresize.aspx I ragazzi di Kabul conoscono l’acronimo Afceco. Magari non tutti lo decriptano in Afghan Child Education and Care Organization, ma sanno che in quella palazzina a tre piani, lungo una via polverosa o fangosa della periferia, si prendono cura di chi non ha neppure un parente che possa aiutarlo.

Gli orfani sono una piaga di quel Paese da tredici anni occupato dalle truppe Nato e da trentacinque afflitto da guerre senza fine. A perdere entrambe i genitori o anche gli zii sono tuttora in parecchi.

L’orfanotrofio di Afceco è essenziale, né ricco né povero, si presenta soprattutto dignitoso.
È animato da un nutrito, gruppo di efficienti volontari coordinati da due coniugi che si chiamano Andeisha e Jamshid.

L’organismo non riceve alcun finanziamento governativo, s’autogestisce grazie alle donazioni estere, e per tutto il 2013 ha registrato una vera persecuzione da parte dello staff dell’ex presidente Karzai che l’accusava – in maniera totalmente infondata – di convertire i giovani ospiti ad altre fedi (soprattutto il cristianesimo) e d’incentivare la prostituzione. Proprio così! Si trattava di addebiti infamanti che avrebbero dovuto gettare discredito sull’iniziativa e farla naufragare.

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Il 17 Ottobre incontro a Bologna per parlare e conoscere il progetto Vite Preziose

Bologna, 17 Ottobre 2014

Centro delle Donne | via del Piombo 7 | Bologna – venerdì 17 ottobre dalle 17 alle 20

Incontro con la giornalista dell’Unità Cristiana Cella che ci parlerà del progetto Vite Preziose (che sostiene a distanza le donne afghane vittime di violenze) e del lavoro della Ong afghana Hawca (Humanitarian Assistance for the Women and Children of Afghanistan).

Sarà organizzato un mercatino di solidarietà a sostegno di questo progetto: Marisa Borioni, una designer romana, porterà capi di abbigliamento e accessori (poncho, sciarpe, foulard, collane borse etc.) creati e prodotti artigianalmente nel suo laboratorio, offrendoli in vendita a prezzi molto competitivi. Il ricavato della vendita sarà devoluto alla Ong Hawca.

Marisa Borioni – Titolare dell’omonima s.r.l. con sede a Bracciano (Rm), è, da quasi 30 anni, impegnata, nel settore della moda femminile, a promuovere la creatività e a favorire la realizzazione artigianale di prodotti di abbigliamento ed accessori, coniugando la tradizione del lavoro manuale TUTTO ITALIANO con la modernità dei materiali, dei colori e dei relativi abbinamenti.

Ha promosso, anche in precedenza, analoghi eventi, facendosi conoscere ed apprezzare per l’originalità delle sue proposte, e per il carattere ever green dei capi/accessori di sua produzione.

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Le donne in Afghanistan: diamo voce a chi non ha voce. Incontri a Milano con Mariam Rawi della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA)

Afhanistan 150x150Sono passati 12 anni dal crollo delle Torri Gemelle di New York e dall’inizio dell’offensiva in Afghanistan promossa dagli Stati Uniti alla guida di un’ampia coalizione, che prometteva di liberare il mondo dal terrorismo, portare la democrazia in quel paese e liberare le donne afghane dall’oppressione del regime dei talebani.

Quelle promesse avevano acceso qualche speranza nella popolazione afghana, allora già stremata da quasi 25 anni di guerre: l’invasione sovietica seguita da una sanguinosissima guerra civile e infine l’arrivo del regime dei talebani avevano ridotto il paese in macerie e la popolazione alla miseria e alla disperazione.
Le donne afghane erano costrette al silenzio, all’impossibilità di curarsi, di studiare e vivevano sotto il burqa.

Che cosa è cambiato in Afghanistan dal 2002 a oggi?

  • Le donne sono state davvero liberate?
  • Il paese si è dotato di istituzioni democratiche?
  • I colpevoli dei crimini di guerra sono stati assicurati alla giustizia?

13 Ottobre alle ore 20,30 al Cinema Beltrade in via Oxilia 10 a Milano incontro con Mariam Rawi della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA), una delle organizzazioni femminili afghane indipendenti più attive e affermate in campo sociale in Afghanistan.

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«L’accordo Obama – Ghani è tra un padrone e un servo»

Il Manifesto – Giuliana Sgrena – 9.10.2014

BarackObamaAshrafGhaniPresidentObamaJkLfpJw9htQlMartedì 8 sono stati impiccati a Kabul cinque uomini ritenuti responsabili dello stupro di quattro donne avvenuto il 23 agosto scorso.

A nulla sono serviti gli appelli di Amnesty international per evitare l’esecuzione, ma non si tratta certo di una eccezione in Afghanistan. «È però la prima volta negli ultimi tredici anni che qualcuno viene condannato per uno stupro.

Le violenze contro le donne sono all’ordine del giorno in Afghanistan, ma non sono mai punite, anzi a volte sono le vittime ad essere incarcerate», sostiene Mariam Rawi di Rawa (Revolutionary association of the women of Afghanistan) appena arrivata in Italia su invito del Cisda.

Secondo Mariam tuttavia ad essere impiccati non sarebbero i veri responsabili dello stupro, a compiere l’orrenda violenza sarebbero stati due comandanti al servizio e protetti dal leader fondamentalista Sayyaf. Ora sarebbero fuggiti all’estero.

Con Mariam Rawi abbiamo parlato anche delle novità portate dal nuovo governo.

Il primo atto del nuovo presidente afghano, Ghani, è stata la firma dell’accordo Usa-Afghanistan che Karzai si era rifiutato di sottoscrivere. L’Accordo permette agli Usa di mantenere in Afghanistan circa 10.000 uomini (più altri 5.000 della Nato) dopo il ritiro previsto alla fine dell’anno.

Questo accordo rappresenta la legalizzazione della presenza Usa in Afghanistan. Anche se l’accordo non fosse stato firmato non credo che gli americani se ne sarebbero andati. Hanno una presenza militare, interessi economici e hanno investito molti soldi, quindi vogliono trarne dei benefici. Le basi militari permetteno anche il controllo del traffico della droga.

Con l’accordo gli americani possono fare e stare quanto vogliono. La differenza rispetto al passato è che quando c’è una occupazione c’è anche resistenza. Ora c’è solo molta confusione. Soprattutto, con la garanzia di impunità per i militari le truppe Usa hanno le mani libere per commettere qualsiasi crimine contro la popolazione.
Si tratta di un patto tra un padrone e un servo ed è chiaro che a beneficiarne saranno solo gli Usa. Inoltre questo accordo ha un grande impatto sulla regione, soprattutto nei confronti dei nostri vicini come Cina e Russia. Nel caso di una guerra con i paesi della regione l’Afghanistan sarà la base militare per gli Usa.

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Comunicato Stampa dell’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane

RAWALogo2 150x150Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane – 7 ottobre 2014

Scacciamo gli occupanti USA e NATO con la nostra unità!
Abbasso gli occupanti USA e NATO!

Le persone che soffrono di Afghanistan non si erano ancora riprese da 10 anni di occupazione della superpotenza sovietica, quando vennero attaccate da un’altra  superpotenza cinica e sanguinaria nel 2001.
La nostra gente, stanca di guerra, ha subito ancora una volta il fuoco dell’oppressione e il saccheggio imposto dagli occupanti e dai loro tirapiedi. Gli Occupanti dell’Afghanistan hanno trasformato questo Paese in un laboratorio per testare i traditori e i regimi corrotti e dispotici.

Il 7 ottobre coincide con il 13 ° anniversario dell’occupazione dell’Afghanistan da  parte degli Stati Uniti, messa in scena sotto la bandiera della ‘guerra al terrorismo’, la difesa dei diritti umani, dei diritti delle donne e della democrazia. Per garantire questi falsi e ingannevoli obiettivi, gli Stati Uniti hanno appoggiato fondamentalisti misogini, terroristi, criminali di guerra e agenti tecnocrati.

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Rawa, la lotta politica per il cambiamento culturale dell’Afghanistan

Blog di Enrico Campofreda – 7 Ottobre 2014

RawaMarchMariam (come abitudine il nome è di fantasia per ragioni di sicurezza) è una delle centinaia di militanti della Revolutionary Association Women of Afghanistan attiva nel proprio Paese. È presente in questi giorni in Italia dove terrà incontri pubblici in alcune città (Bologna, Milano, Venezia, Vicenza) per illustrare la pianificazione dei programmi dell’organizzazione verso la condizione femminile. L’abbiamo incontrata a Roma discutendo, fra l’altro, della nuova fase interna rispetto alle mutazioni geopolitiche.

Mariam cosa s’aspetta la popolazione afghana dal nuovo corso della presidenza Ghani?
Le elezioni cosiddette democratiche sono state una farsa, il nostro popolo non s’aspetta nulla.

Nonostante la palese impasse elettorale, con la reciproca accusa di brogli fra i candidati finali, la comunità internazionale definisce questo percorso democratico. E’ ipocrisia o un piano preordinato?
Di sicuro non siamo di fronte a una situazione democratica. Il Paese è sotto occupazione della Nato che interviene con contingenti di 47 nazioni (fra cui l’Italia, ndr), queste elezioni hanno rappresentato un insieme di giochi messi in atto dagli Stati Uniti. Il volere dei cittadini non è mai rientrato negli intenti del precedente regime fantoccio (Karzai, ndr).

Gli antichi signori della guerra restano in primo piano, nelle Istituzioni (Dostum è vicepresidente) o nelle alleanze di vertice (Sherzai, Sayyaf sono vicini al Capo Esecutivo Abdullah). Ultimamente s’è verificato un cospicuo riarmo dei privati. Tutto ciò preoccupa?
Coi fondamentalisti al potere il rischio della guerra civile è sempre presente. Nonostante i nuovi vertici lancino proclami di unità nazionale i fondamentalisti non hanno mai appoggiato l’unione delle varie etnìe afghane. Al contrario puntano a sostenere il proprio gruppo etnico e alimentare i contrasti fra fazioni. Avviene tuttora, i loro interessi sono altri.
La distribuzione di armi da parte dei candidati ai sostenitori dimostra la totale instabilità del percorso politico. Ora hanno raggiunto un accordo, ma solo due mesi fa erano pronti a spararsi addosso. Ci sono le prove di consistenti furti di armi in dotazione all’esercito, episodi per nulla sporadici e marginali. Non iniziative di singoli o bande, ma di organismi paramilitari. Tutto ciò si nota nelle aree rurali dove circolano moltissime armi, che trasformano diatribe personali in omicidi, come nel caso del povero Safa (il giovane militante di Hambastagi freddato da un prepotente locale, ndr).

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Uomini potenti e comandanti di milizie irregolari coinvolti in casi di abusi sessuali

PAN – 24 Settembre 2014 – di Naheed Bashardost

donne afghanistanIndividui potenti, comandanti di milizie irregolari e uomini armati sono stati coinvolti in più di 245 casi di abusi sessuali avvenuti in varie province nel corso degli ultimi sei mesi; questi i risultati di un report pubblicato di recente. L’indagine realizzata dalla New Afghanistan Women Association (NAWA) è stata condotta a Kunduz, Takhar, Jawzjan, Herat, Balkh e nella provincia di Sar-i-Pul, intervistando 2.000 tra uomini e donne.

L’indagine rivela che 65 dei 245 casi di aggressioni sessuali hanno coinvolto bambini e 25 delle vittime sono decedute a seguito di queste violenze o sono stati abbattuti dopo gli attacchi armati.

Parlando ad una conferenza stampa, il direttore del NAWA, Shafiqa Habibi, ha dichiarato che il 35 per cento dei casi ha coinvolto individui potenti, comandanti e uomini armati irresponsabili. Il Vice Ministro degli Affari Femminili, Syeda Muzhgan Mustafawi, ha detto alla fonte giornalistica Pajhwok Afghan News che la violenza contro le donne è uno dei più gravi problemi di genere e la forma peggiore è quella degli abusi sessuali. Il sondaggio del NAWA voleva fare luce  su questi case e sulle loro conseguenze. Nonostante il fatto che 13 organizzazioni hanno lavorato per eliminare la violenza contro le donne, i casi non sono diminuiti finora. Sulla base dei dati del Ministero degli Affari Femminili, 1.500 casi di violenza contro le donne sono state registrate durante la prima metà del 2013, mentre il numero è salito a circa 3.000 casi di quest’anno.

La Democrazia: un insediamento fallito in Afghanistan.

ZNet Italy – 4 ottobre 2014, Di Justin Podur.

afghanistanabdullahahmadzaiNella foto: Abdullah Abdullah (a sinistra) e (Ashraf Ghani a destra).

Nel 2000 George W.Bush e Al Gore sono stati il vincitore e il perdente in un’elezione presidenziale degli Stati Uniti molto combattuta, con Gore che aveva ottenuto il 48,4% dei voti, e Bush il 47,9%, tra irregolarità e brogli. Alla fine il problema è stato risolto non ricontando i voti, ma con una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di non contare i voti. Questo è stato irregolare, bizzarro e una parodia dell’elezione. Ma la recente elezione afgana è stata peggiore.

Considerate tutta la disperazione di coloro che si sono resi conto che i loro voti non contavano, tutta la disillusione per un sistema elettorale non trasparente che si è avuta negli Stati Uniti nel 2000, e immaginate dei cambiamenti. Immaginata un paese straniero, diciamo il Regno Unito, che arriva a negoziare un accordo di condivisione del potere tra Gore e Bush.

Immaginate l’accordo che comportava il dover fare cambiamenti d’urgenza alla Costituzione degli Stati Uniti per soddisfare le ambizioni sia del vincitore che del perdente della competizione. Immaginate il perdente che insiste non soltanto per l’annullamento del risultato elettorale, ma anche perché il risultato non venga mai reso pubblico. Questo ci porta più vicino – ma la recente elezione afgana è stata ancora peggiore.

L’antefatto: nell’ottobre del 2001, il vincitore dichiarato dell’elezione degli Stati Uniti, George W. Bush, ha mandato le truppe a invadere l’Afghanistan e a causare un cambiamento di regime a Kabul. La maggior parte degli afgani dal 1996 al 2001 erano stati sotto il controllo dei talebani, un gruppo appoggiato dal Pakistan che stava combattendo per il controllo del territorio e delle risorse dell’Afghanistan.

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Inizia l’era Ghani, l’Afghanistan si somiglia.

Enrico Campofreda – enricocampofreda.blogspot.it – 1 ottobre 2014

ashraf ghani ahmadzai 29 september 2014Il neo presidente Ashraf Ghani Ahmadzai era appena uscito dagli appuntamenti di rito: giuramento solenne su Costituzione e Corano, accompagnato dall’avversario ora amico e Capo dell’Esecutivo Abdullah Abdullah, dai deputati anziani Mojaddedi e Sayyaf, quest’ultimo antico signore della guerra, dai suoi vice presidenti Sarwar Danish più Rashid Dostum, signore della guerra anche lui, quando mister Cunningham, ambasciatore statunitense a Kabul, avvertiva il consulente afghano per la sicurezza che il Bilateral Security Agreement era ancora lì in attesa di assenso.

Detto e fatto. In ventiquatt’ore Ghani ha firmato il documento come primo tributo offerto ai suoi tutori occidentali che in tal modo potranno giustificare una presenza armata su quel territorio fino al 2024. Poi il Capo di Stato s’è autoincensato ricordando che dal 1978 lui è il primo a succedere pacificamente a un predecessore.
Eppure, in piena continuità col passato, promuove alla vicepresidenza un pezzo da novanta del combattentismo criminale qual è l’uzbeko Dostum. Né più né meno di quanto aveva fatto Karzai con figure della stessa risma: Khalili e Fahim.

Fra le novità che non cambiano affatto nelle terre dell’Hindu Kush ci sono gli immarcescibili signori della guerra sempre pronti a dividersi il Paese in zone d’influenza e spartirsi gli affari. Taluni parzialmente legali (la divisione dei finanziamenti internazionali), molti palesemente illegali (i proventi di coltivazione, produzione e smercio degli oppiacei derivati dal papavero), robetta che fa sorridere più d’una mafia mondiale. All’Onu lo sanno e non se ne curano, il fatto non costituisce reato ma reddito e si prosegue.

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