L’Unità – di Cristiana Cella (attivista CISDA) – 15/12/2013
Karzai respinge la proposta di legge sul ritorno della lapidazione e la comunità internazionale tira un sospiro di sollievo. Il ministro della Giustizia afferma che c’è stato un equivoco. Il caso sembra archiviato come una falsa mossa. Ma le attiviste dei diritti delle donne non si fidano di affermazioni ambigue, sotto la spinta dell’opinione pubblica mondiale.
La proposta di legge, divulgata dal ‘Guardian’, e poi rientrata, è un segnale allarmante dell’audacia dei giudici fondamentalisti, che lavorano sulla riforma del sistema legale, evidentemente consapevoli dell’accordo del Parlamento.
‘Non si tratta- afferma Selay Ghaffar, in visita in Italia in questi giorni, – di una mossa isolata ma di un pericoloso processo, già ampiamente in corso.’ Selay ha denunciato con forza, in ogni suo incontro istituzionale o dibattito pubblico, la drammatica deriva dei diritti delle donne in Afghanistan.
‘Le leggi che le proteggono, sancite dalla Costituzione, vengono erose, passo dopo passo dal parlamento di Karzai. Come, ad esempio, la norma che stabiliva a 16 anni l’età minima per il matrimonio, recentemente cancellata. Il matrimonio forzato precoce, che raggiunge in Afghanistan il 52%, continuerà a devastare la vita e la salute delle bambine, senza alcuna sanzione.’ Lo stesso accade per la legge Evaw, (per l’eliminazione della violenza contro le donne) sottoscritta da Karzai nel 2009, e già poco applicata. Il Parlamento ha messo in discussione gran parte dei suoi articoli come antislamici e rischia di essere, a poco a poco, eliminata. Così, il ricorso alla legge si fa sempre più difficile e i casi di violenza potrebbero non essere più perseguibili.
L’impunità, sempre più diffusa, toglie qualsiasi freno alla barbarie. Come nel luglio scorso, quando i torturatori della piccola Sahar Gul, legati al potere politico, sono stati liberati, senza nemmeno avvertire le parti in causa.
Violenza domestica, stupro, traffico e prostituzione forzata, droga, insicurezza nelle strade, minacce per chi cerca di contrastarla, sono casi con cui ogni giorno, specialmente nelle province, si confrontano le operatrici di Hawca. A questo si aggiunge l’abbassamento progressivo delle quote di presenza femminile, nel Parlamento e nella pubblica amministrazione, dove è, ormai, al 9% e potrebbe scendere ancora. ‘Si tratta – spiega Selay- di una violenza di sistema, un progetto che sottrae e rende inefficaci le poche conquiste ottenute. Significa che le donne, passo dopo passo, devono essere rispedite dentro le case, private dei loro diritti.’