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Autore: Anna Santarello

Afghanistan, una nuova coscienza sulle scale del dolore

13 dicembre 2013 – dal blog di Enrico Campofreda

saajs photo exhibition dec 9 10 13Ogni gradino un volto, ogni volto un afghano diventato vittima del suo desiderio di non soggiogarsi a nessuno: all’invasore sovietico, ai signori della guerra civile, ai turbanti talebani, ai caschi dell’Isaf. Vittime di decenni di bombe che continuano a lasciare lo strascico di morte e i parenti nel lutto. Con queste persone da anni lavora la Social Association of Afghan Justice Seekers guidata da Weeda Ahmad.

Dopo aver superato la diffidenza dei primi tempi nella raccolta di dati che ricostruiscono gli eventi familiari basandosi su percorsi geografico-temporali che parlano di morte, persecuzioni, scomparse, fughe oggi il Saajs riesce a portare gente in strada. Sua la manifestazione pubblica organizzata questa settimana a Kabul.

Uomini e donne afghane che reclamano giustizia per i cari estinti, che chiedono d’incriminare gli assassini, d’identificarli, sebbene la domanda sia retorica perché diversi ceffi dell’arcinota categoria dei signori della guerra siedono in Parlamento. Sayyaf, Fahim, Khalili, Dostum, Khan da oltre trent’anno fanno il bello e il cattivo tempo sulla scena nazionale.

Sopravvivono a qualsivoglia Enduring Freedom, ricoprono cariche di primissimo piano col benestare dei potenti del mondo e si propongono addirittura per la presidenza della Repubblica Islamica nella campagna elettorale già partita. Contro di loro la caparbia volontà di Weeda può poco, sebbene in sei anni abbia raggiunto obiettivi parziali ma significativi.

Racconta lei stessa: “Iniziammo nella capitale, allargandoci nelle province di Herat e Badakshan, quindi a Nangarhar, Parwan, Paktiya, Balkh, Bamyan. Tutte toccate da vari conflitti, tutte segnate da morti e lutti. Raccogliere le testimonianze di familiari duramente colpiti era difficilissimo. Il dolore resta a fondo nel cuore, si cerca di non parlarne per non protrarre le sofferenze.

Giravamo per le case, ma la gente non si fidava. Potevamo essere fiduciari del governo o spie. Gradualmente le cose sono cambiate: la nostra insistenza, i motivi disinteressati hanno aperto spiragli così parecchie persone si sono confidate. Il successo è stato riuscire a creare una rete di famiglie che, oltre a narrarci la propria storia, ha partecipato ai corsi sui diritti. E alcuni di loro sono diventati investigatori e collaboratori della nostra associazione”. Purtroppo gli speranzosi passi compiuti con l’interessamento delle Nazioni Unite e dell’Umana, avvenuti sino al 2010, sono scemati nell’ultimo biennio.

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Quanti dollari buttati al vento a Kabul

di Gianandrea Gaiani – 11 dicembre 2013 – ilsole24ore

Afghan Air Force C 27A 258Dagli aerei cargo italiani al comando hi-tech per le forze afghane, la lista delle opere incompiute e dei programmi militari abortiti dal comando statunitense in Afghanistan sembra destinata ad allungarsi con l’avvicinarsi della conclusione dell’attuale missione militare Usa/Nato prevista per la fine dell’anno prossimo.

Nell’ambito della cooperazione militare con le forze afghane Washington aveva dato il via nel 2009 alla realizzazione di un “Pentagono afghano”, un quartier generale hi-tech destinato ai vertici militari di Kabul e ai consulenti statunitensi che dovrebbero restare nel Paese asiatico almeno fino al 2024, se il presidente Hamid Karzai si deciderà a firmerà l’accordo bilaterale di sicurezza recentemente messo a punto.
Un edificio di cinque piani con uffici, sale operative e bunker per ospitare 2.200 militari, costati finora 107 milioni di dollari ma non ancora completato, nonostante il progetto prevedesse solo un anno di lavori.

I cantieri sono fermi da settembre, forse non casualmente da quando Karzai ha cominciato a mostrarsi ostile a rinnovare la presenza militare statunitense e della Nato in Afghanistan. Secondo il Washington Post il problema è che i soldi per il progetto, realizzato dagli statunitensi ma eseguito in gran parte da maestranze e aziende afghane, sono esauriti e per completare l’opera è stata sottoposta al Pentagono una richiesta per altri 24 milioni di dollari. Le stime iniziali dei costi si sono rivelate irrealistiche, anche per la difficoltà a reperire sul mercato afghano materiali pregiati come l’acciaio di qualità.

Il colonnello Butch Graham del Combined Security Transition Command ha parlato di «esaurimento dei fondi», mentre Mohammad Rafi, proprietario di un’impresa edile di Kabul, ha confermato al quotidiano statunitense che lo stop ai lavori è scattato a settembre e che è ancora in attesa di alcuni pagamenti.

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Malalai Joya: “Il silenzio è il peggior nemico della vera democratizzazione afghana”

di Enrico Campofreda dal suo blog – 4 dicembre 2013

Malalai Joya copyLa donna che non teme i signori della guerra, Malalai Joya, l’attivista coraggiosa costretta in Afghanistan alla clandestinità dopo gli attentati cui è fortunatamente scampata, sta portando la sua voce in varie città italiane. L’abbiamo intervistata su un treno che viaggiava verso il meridione.

Malalai, lei in questo mese si è recata in alcune nazioni europee, quanto servono al suo progetto politico simili incontri?
Servono per denunciare quanto sta accadendo nel mio Paese. In dodici anni d’occupazione abbiamo assistito a una guerra militare e a una di propaganda. La seconda non è meno pericolosa perché ha alleati ovunque.
Purtroppo non riusciamo a far conoscere la reale situazione perché dell’Afghanistan parlano soprattutto figure ufficiali come Karzai che dipendono dall’Occidente. Io denuncio da tempo ciò che vedo e quello che raccogliamo tramite una crescente rete di attivisti democratici, però abbiamo difficoltà nel diffondere le verità scomode. I miei viaggi servono a raccontarle.

È in contatto con associazioni di volontariato o con partiti?
In Italia e negli Stati Uniti ci rapportiamo a organismi che si occupano di condizione femminile e diritti umani, egualmente in Germania dove sono stata accolta anche nel Bundestag. La linea comune con queste associazioni è la difesa delle donne, l’unico partito che ha accettato d’incontrare il mio staff è l’Spd tedesco.

In Italia abbiamo rapporti con singoli parlamentari, in genere sono della sinistra. Una volta un giornalista tedesco mi chiese perché mai io che non mi proclamo di sinistra fossi invitata dai gruppi lì collocati. Gli risposi che la domanda avrebbe dovuta farla a loro.

Gran parte delle forze politiche dei Paesi dell’Unione Europea sostiene la cosiddetta “missione di pace” Isaf, lei cosa ne pensa?
La missione contrabbanda per pace un’ingerenza nella vita geopolitica ed economica del mio Paese. E’ un’azione inaccettabile. Gli alleati occidentali degli Usa mettono le proprie truppe al servizio dei comandi Nato che sono statunitensi. Purtroppo non fanno altro che duplicare quanto l’esercito americano fa già in maniera indipendente e posso assicurarvi che non è quello che noi afghani auspichiamo.
L’occupazione occidentale appare speculare a quella sovietica, ogni “liberatore” è arrivato con propri slogan: i russi con pane e lavoro, una casa per tutti, parità di diritti; gli americani hanno contrabbandato la guerra al terrorismo, l’attacco al fondamentalismo per liberazione delle donne. Falsità. Di entrambi abbiamo visto gli effetti sul terreno, cosicché i miei concittadini non vogliono saperne né del socialismo reale né d’una democrazia che sa di dittatura.

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‘‘La lapidazione non verrà reintrodotta’’ afferma il presidente Karzai

di Emma Graham-Harrison – 28 Novembre 2013 – The Guardian

Afghan women 011Il governo di Hamid Karzai fa marcia indietro sulla decisione di reintrodurre la brutale pena che ha scatenato reazioni di protesta in tutto il mondo

Il governo afgano ha fatto marcia indietro sulla proposta di legge che prevedeva la reintroduzione della lapidazione pubblica per adulterio, dopo che la notizia di una relativa bozza di legge aveva suscitato l’indignazione della comunità internazionale.

Il presidente afgano Hamid Karzai ha dichiarato in un’intervista che la pena, divenuta simbolo della brutalità del regime talebano, non verrà reintrodotta.

‘‘Non è corretto. Il ministro della giustizia è contrario’’ ha riferito il presidente a Radio Free Europe a pochi giorni dall’appello del ministro inglese Justine Greening che chiedeva di bloccare la reintroduzione della pena.

L’attuale codice penale afgano risale a più di trent’anni fa. Il governo in carica sta abbozzando un nuovo testo che unifichi le leggi frammentarie in vigore e che includa anche i crimini non presenti nella precedente versione, come il riciclaggio di denaro e reati che all’epoca ancora non esistevano, come quelli informatici.

Il ministro della giustizia che presiede la revisione del codice penale è un noto conservatore che già lo scorso anno aveva condannato la maggior parte dei rifugi per donne vittime di violenza definendoli dei bordelli.

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PARTE RACCOLTA PROVE SU CRIMINI CONTRO UMANITÀ

2 dicembre 2013 – misna.org

BattistonCrimini contro l’umanità sarebbero commessi in modo massiccio in Afghanistan e ora meritano più attenzione e l’avvio di procedimenti contro i responsabili. Il dato emerge dal Rapporto preliminare sulle attività di ricerca della Corte di giustizia internazionale (Icc), in cui l’ufficio del pubblico ministero ha chiesto che sia data priorità all’inchiesta che riguarda il paese asiatico.

L’ufficio ha riscontrato che “crimini di guerra e crimini contro l’umanità sono stati commessi e continuano a essere commessi in Afghanistan”. Forse anche per un’azione repressiva insufficiente del governo nell’indagare e nel perseguire questi crimini. Un’eventualità che sarà indagata.

L’iniziativa segnalata dall’Icc è appoggiata dall’organizzazione non governativa americana Human Rights Watch (Hrw), il cui direttore Richard Dicker ha esortato gli investigatori a una missione di raccolta di dati e di testimonianze, con la speranza che le prove raccolte chiariscano che crimini gravissimi, denunciati dall’ong, “sono ancora commessi nel paese” e che “questo possa avviare un’inchiesta approfondita come base di un processo di giustizia”.

Occorre, ha aggiunto Dicker, “segnalare a coloro che in Afghanistan violano i diritti umani che non possono evitare per sempre la giustizia”.

L’inchiesta del pubblico ministero dell’Icc è stata avviata sei anni fa ed è la più lunga nella storia dell’organismo al quale l’Afghanistan ha aderito nel 2003.

[CO]

Afghanistan, ancora la lapidazione per adulterio “Un ritorno al regime dei talebani”

Comunicato stampa – ROMA. 27 novembre  2013

esecuzioSconcertano le notizie provenienti dall’Afghanistan sulla volontà del Governo Karzai di reintrodurre la lapidazione per adulterio. Sarebbe un passo indietro di molti anni, una riedizione del regime talebano. Mi auguro che la comunità internazionale si faccia sentire e sventi questo pericolo”.
Lo dichiara Delia Murer, deputata Pd, componente della commissione Affari sociali della Camera, a proposito delle notizie diffuse da alcuni media internazionali e dalla Ong Human Rights Watch sulla prima bozza di revisione del codice penale afgano, che conterrebbe l’uccisione tramite lapidazione pubblica per l’adulterio.

“A dodici anni dalla caduta dei talebani – continua la deputata Murer – rischia di tornare un vero e proprio marchio di fabbrica di quella cultura, che è contro i diritti umani e contro le donne, i cui diritti in Afghanistan fanno fatica ad essere riconosciuti.

Lo scorso maggio il Parlamento ha bocciato una legge contro la violenza sessuale e sono innumerevoli i racconti di discriminazioni e violenze subite dalle donne su quel territorio. Auspico una reazione decisa dalla comunità internazionale. I processi di pace e di affermazione della democrazia passano anche per il rispetto dei diritti umani e per la tutela della donna da ogni forma di violenza”.

Afghanistan, Sharif incontra Karzai: accordo su colloqui con talebani

30 NOVEMBRE 2013 – LaPresse.it

Pakistan e Afghanistan hanno trovato un accordo con cui permettere ai membri del Consiglio di pace afghano di continuare i colloqui con il mullah Abdul Ghani Baradar, rilasciato da Islamabad a settembre. Lo ha annunciato il premier pakistano Nawaz Sharif, che ha incontrato a Kabul il presidente afghano Hamid Karzai. La scarcerazione del leader talebano, ha detto Sharif, è un segno dell’impegno di Islamabad per la pace in Afghanistan. “Il mullah Baradar è stato rilasciato, ne abbiamo parlato a lungo oggi e siamo entrambi d’accordo su un meccanismo che permetta i colloqui tra gli ufficiali afghani e il mullah Baradar”, ha dichiarato Sharif.

Ha aggiunto che il 2014 sarà una “pietra miliare”, perché le forze straniere lasceranno l’Afghanistan, che prenderà il controllo pieno del proprio futuro e della propria sovranità. “Dal nostro punto di vista, la chiave per una pace duratura in Afghanistan nel 2014 e oltre è una soluzione politica inclusiva. Ecco perché il Pakistan ha saldamente appoggiato una pace a guida afghana e controllo afghano e un processo di riconciliazione”, ha dichiarato Sharif.

“Colgo l’occasione per chiedere ancora una volta che tutte le parti coinvolti si impegnino e uniscano nel sostenere gli sforzi di pace. È decisivo per ribaltare il ciclo distruttivo del conflitto”, ha proseguito, assicurando a Karzai che il suo Paese “continuerà a estendere tutti gli aiuti possibili per il processo di pace afghano”. Karzai, a sua volta, ha detto che lavorando insieme i due Paesi “saranno salvati da terrorismo ed estremismo”. La visita di un giorno di Sharif in Afghanistan è la prima dalla sua elezione.

KARZAI INCASSA LE SCUSE DEGLI AMERICANI

29 Novembre 2013, – Giuliano Battiston – Lettera22

 71341482 020112589 1Nel braccio di ferro sull’Accordo bilaterale di sicurezza con gli Stati Uniti, il prsidente afghano ottiene un punto a suo favore: il generale Joseph Dunford, a capo delle truppe straniere in Afghanistan, si è scusato per le vittime civili

Nello scontro diplomatico sull’Accordo bilaterale di sicurezza con gli Stati Uniti, dal quale dipende la presenza militare americana in Afghanistan dopo il 2014, Hamid Karzai incassa un punto a suo favore.

Giovedì sera il presidente afghano ha infatti ricevuto le scuse personali del capo delle truppe americane e Nato in Afghanistan, il generale Joseph Dunford, per il raid della Nato che alcuni giorni fa ha causato la morte di un bambino e il ferimento di due donne, nella provincia meridionale dell’Helmand.

Karzai aveva rilasciato una dichiarazione molto dura, sostenendo che quell’attacco “rivela che le forze americane non hanno rispetto per le vite afghane”, tornando poi a minacciare di non firmare l’Accordo con gli Stati Uniti, se non soddisfano le condizioni da lui poste a conclusione dei quattro giorni della Loya Jirga.

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Afghanistan, no alla lapidazione nel codice penale

29 novembre 2013 – di Claudia Guarino – Reporter Nuovo

Nel codice penale afghano non verrà reintrodotta la lapidazione come pena per il reato di adulterio. Lo annunciano tre parlamentari afghane: Shukria Barakzai, Nilufar Ibrahimi, Raihana Azad.
Nei giorni scorsi si era infatti parlato di un piano di revisione della normativa penale da parte del governo afghano.
Secondo quanto affermato da Ashfar Azimi, capo del dipartimento di diritto penale del ministero della giustizia, il progetto iniziale prevedeva di inserire “l’attuazione della lapidazione per l’adulterio. Se l’adultero o l’adultera è celibe o nubile sarà punito invece con cento frustate”.

L’ipotesi, che fortunatamente si è arenata, sarebbe stata un vero e proprio ritorno al passato per l’Afghanistan. Un richiamo al regime talebano dove la lapidazione era la pena prevista per l’adulterio e per il furto l’amputazione della mano.

La notizia della possibile reintroduzione della pena della lapidazione nel codice penale afghano era stata rivelata da Human rights watch. A questa erano seguite le proteste di molte associazioni a tutela dei diritti umani, che avevano poi lanciato un appello alle più alte cariche afghane per bloccare l’inserimento della norma.
Per chi pensava di reintrodurre la lapidazione nel codice penale è stato uno smacco. Nella realtà dei fatti però, questa pratica non si è mai fermata. Il 21 luglio scorso in un villaggio a nord di Kabul, alcuni militanti islamisti hanno ucciso una donna di 21 anni, lapidandola fino alla morte.