Gino Strada: “Tanta gente da curare mentre la pace è ancora lontana”
di Piera Matteucci, 28 novembre 2012, Repubblica.it
ROMA – Il fondatore di Emergency è tornato a Kabul, dove si trova uno degli ospedali chirurgici aperti per assistere le vittime di guerra. “Ogni mese aumenta il numero dei ricoverati e la situazione sanitaria locale è drammatica”. Per proseguire l’attività c’è bisogno di risorse, ma la crisi si fa sentire. Attentati ed esplosioni quasi quotidiani (l’ultimo solo qualche giorno fa a Maydan Wardak, a sud ovest di Kabul, con due morti, più di 90 feriti e la distruzione di un centro medico), un’assistenza sanitaria pubblica praticamente assente e tanta incertezza sul futuro. Questo è l’Afghanistan di oggi, come lo racconta Gino Strada, il fondatore di Emergency che, a Kabul, ha aperto uno dei tre ospedali chirurgici costruiti dall’Associazione fondata nel ’94, per curare le vittime di guerra, da qualunque parte arrivino.
“I politici italiani in visita non sanno cosa accade davvero”. Dal dicembre 1999 fino alla fine di marzo di quest’anno, sono 3.269.901 le persone assistite da Emergency, negli ospedali e nei 35 posti di primo soccorso e centri sanitari allestiti in tutto lo Stato. Un’attività vasta e complessa, resa ancora più complicata dalle difficoltà economiche e da un clima tutt’altro che pacifico. “La preoccupazione cresce di giorno in giorno – dice Strada – non solo la nostra, ma anche quella del presidente Hamid Karzai, del ministro dell’Interno e di tanti rappresentanti politici che ho incontrato in questi giorni. Negli ultimi dieci anni di guerra, che molti preferiscono chiamare pace, la situazione in Afghanistan è notevolmente peggiorata. Molti politici internazionali, anche italiani vengono qui, ma si fermano solo nelle basi militari. Poi vanno via, dicendo che va tutto bene. Non visitano veramente il Paese, per rendersi conto di com’è la reale situazione e di come si vive qui”.
“La guerra ha arricchito molti”. Un’enorme differenza tra una piccola parte della popolazione che, anche grazie alla guerra, è riuscita ad accumulare ricchezze smisurate e la maggior parte delle persone che, invece, vive peggio di prima. “Negli ultimi tempi – prosegue Strada – c’è stata l’esplosione di problemi fino a qualche anno fa sconosciuti o marginali: criminalità comune, droga, prostituzione, Aids… A Kabul è pericoloso anche uscire di casa. Per fortuna le nostre abitazioni sono di fronte all’ospedale e la vita di chi è impegnato qui si divide tra casa e lavoro. Le condizioni sono drammatiche, la città è una grandissima centrale militare, con checkpoint ogni 100 metri e fili spinati ovunque. In una condizione come questa, è difficile parlare di pace”. Ed è ancora più difficile se si pensa che, ogni mese, il numero di feriti di guerra, invece che diminuire, aumenta, con una media che tocca le 250 unità e con picchi più elevati durante il periodo estivo, quando la gente si muove di più e gli attentati mietono più vittime.