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Autore: Anna Santarello

Hamid Karzai appoggia un “codice di comportamento” che limita i diritti delle donne

Da: RAWA.ORG

karzai fahim khalili 300x177Il presidente afghano approva il “codice di comportamento” che le attiviste hanno definito un enorme passo indietro sul tema dei diritti femminili

Il presidente afghano ha appoggiato il “codice di comportamento” emanato dall’influente consiglio di religiosi che le attiviste hanno definito un enorme passo indietro sul tema dei diritti femminili nel paese.

Le dichiarazioni del presidente Hamid Karzai a favore del documento rilasciato dal consiglio degli Ulema, che consente ai mariti, in certi casi, di picchiare le mogli e incoraggia la segregazione di genere sono viste come una mano tesa ai taleban.

Gli USA e Karzai sperano di portare i taleban a negoziati che portino alla conclusione del decennale conflitto nel paese. Ma le attiviste sono preoccupate che le conquiste fatte dalle donne dopo il 2001 vengano così cancellate. Durante il regime dei taleban che precedette l’invasione americana del 2001, alle ragazze era vietato frequentare le scuole e le donne dovevano indossare il burqa, che le copriva dalla testa ai piedi. Le donne non erano autorizzate a uscire di casa senza essere accompagnate da un maschio della famiglia.

Il “codice di comportamento” pubblicato venerdì dal consiglio degli Ulema e inserito nel quadro di una più estesa dichiarazione riguardo a questioni politiche nazionali, comprende una serie di linee guida che le donne religiose dovrebbero osservare volontariamente, ma le attiviste sono preoccupate che questo passo preannunci un grosso passo indietro rispetto all’orientamento che dal 2001 a oggi ha consentito l’emanazione di leggi tendenti a estendere i diritti femminili.

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Samia Walid di RAWA è in Italia. Ecco dove è possibile incontrarla

Samia Walid, una giovane rappresentante di RAWA è arrivata in Italia per raccontare la situazione Afghana. Questi i possibili momenti di incontro:

MILANO 5 MARZO ore 17
dalle ore 15 alla Camera del Lavoro sala Carlini
“La condizione delle donne afghane”
organizza Cisda e Cgil

COLOGNO MONZESE 6 MARZO
dalle ore 14 V. Neruda 5
alla Scuola popolare donne migranti c/o casa in movimento

COLOGNO MONZESE 7 MARZO
dalle ore 10 scuola superiore ISIS V. da Vinci
alle ore 21 Casa in Movimento V. Neruda 5

AIRUNO (Lecco) 9 MARZO
dalle ore 21 presso la sala consiliare del Comune di Airuno
serata pubblica e con  associazioni locali promossa dal Cisda in collaborazione con l’associazione culturale La mongolfiera

MILANO 10 MARZO
dalle ore 21 –  Via Hermada 14 al Centro Culturale della Cooperativa
“La situazione dell’Afghanistan”
alle ore 22,30 ci trasferiamo al Teatro della Cooperativa al civico 8
al termine dello spettacolo teatrale un breve intervento
di Samia

MILANO 11 MARZO
dalle ore 16 V. Barrili 21
Circolo Sel “Centopassi” Mi Zona 5
“Le donne in Afghanistan: diamo voce a chi non ha voce”

BOLZANO 12 MARZO
dalle 18 alla Sala di Rappresentanza del Comune – Vicolo Gumer 7
Voci contro la violenza – Incontro con Samia Walid dell’associazione afghana RAWA e di una rappresentante del CISDA

TORINO 13 MARZO
dalle ore 15 Casa del Quartiere San Salvario – Via Morgari 14 Torino
Incontro con Samia Walid e l’Associazione donne in difiesa della società civile
alle ore 18 incontro in collaborazione con il centro studi Sereno Regis in Via Garibaldi 14

PRESEZZO (BERGAMO) 14 MARZO
dalle 14,15 all’Istituto Superiore Statale “Betty Ambiveri” Via C. Berizzi, 1
La delegata di RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan) Samia Walid incontra gli studenti del Liceo delle Scienze Umane e Liceo Linguistico “Betty Ambiveri”

C.I.S.D.A. Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

 

“L’8 Marzo non ci cambia la vita, 365 giorni sì!” Culture a Confronto – ROMA

MERCOLEDI’ 7 MARZO alle ore 17.30 – Piazza Margana 41 – ROMA – il Coordinamento Donne IDV di Roma ti invita all’incontro:
“CULTURE A CONFRONTO”.

Intervengono:

  • MARISA PAOLUCCI – autrice del libro “Tre donne una sfida”: Iran – Shirin Ebadi, Nobel per la pace 2003 / Sudan – Fatima Ahmed Ibrahim / Afghanistan: Malalai Joya
  • MARCO CURATOLO – Presidente ONG I.H.R. per i diritti umani in Iran
  • PATRIZIA FIOCCHETTI – CISDA: Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane.

Intermezzi musicali a cura di:

  • Ornella Bartolazzi – arpista
  • Daniele Penco – tenore

Afghanistan: anche i giornalisti nel mirino della guerra

Atlas, Serena Grassia – 29/2/2012

Atlas 150x150Sono i civili a pagare il prezzo più alto della guerra in Afghanistan, come in tutte le guerre. Lo ha denunciato senza mezzi termini il rapporto delle Nazioni Unite il mese scorso, sciorinando il numero allarmante di vittime civili, bambini compresi.

Oggi dalle montagne dell’Afghanistan è arrivata un’altra denuncia allarmante, quella dei giornalisti, preoccupati per le minacce alla libertà di stampa che in un paese martoriato dalla guerra si traducono in minacce alla vita stessa dei giornalisti.

Martedì scorso Samad Bahadarzai Khan, responsabile di Radio Milma Ghan, è stato trovato morto, decapitato, dopo che un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella sua casa a Paktika, una provincia a sud-est, lo ha prelevato e portato via.

I talebani hanno rivendicato l’attentato. Ma Bahadarzai non aveva nemici, non era affiliato ad alcun clan di insurgents in conflitto con altri, “e allora perché lo hanno ucciso?” ha chiesto in conferenza stampa Sadiqullah Tawhidi, capo di NAI, un’organizzazione che si occupa della libertà dei media in Afghanistan.

“Perché era un giornalista” è la risposta più plausibile, perché con i talebani l’informazione era praticamente vietata, perché le radio, le tv, i giornali, in Afghanistan sono nati o rinati dopo la caduta degli estremisti.

“È stato un atto disumano e anti-islamico, ancor più perché senza movente: ingiustificabile”, ha concluso Tawhidi.

Per ricordare Bahadarzai, la NAI ha chiesto al governo di dedicargli un incrocio o una strada nella provincia di Kabul o di Paktika.

Due operatori dell’informazione sono stati uccisi in Afghanistan nel 2011: Farhad Taqaddosi, cameraman di Press tv, morto il 20 settembre e Ahamad Omid Khpalwak, dell’agenzia Pajhwok, ammazzato il 28 luglio.

Altri 80, invece, sono stati minacciati, sequestrati o picchiati, ha concluso Tawhidi. Non è un caso, per la NAI, che Bahadarzai sia stato ucciso proprio nel momento in cui l’Afghanistan è ripiombato nella guerriglia scatenata dall’episodio del rogo del Corano.

“La gente ha il diritto di dimostrare ma non può farlo mettendo in pericolo la vita degli altri e o abusando della violenza”, denunciano i giornalisti.

Per l’organizzazione dei media afghani la situazione è chiara: con la guerriglia, gli omicidi mirati e gli attacchi kamikaze, non ultimo quello che ieri ha ammazzato altre nove persone a Jalalabad, i rapporti tra l’Afghanistan, gli Stati Uniti e gli altri paesi della NATO nel futuro potrebbero incrinarsi, il che significherebbe maggiore caos, quello necessario agli estremisti islamici per delegittimare Karzai, attaccare i suoi alleati e riprendersi ancora una volta Kabul.

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Non c’è soggetto migliore del “Massacro di Afshar” per il nuovo film di Angelina Jolie in Afghanistan

Da: kabulpress

di Mohammad Amid Wahidi

Giovedì 23 Febbraio 2012

JolieDue mesi dopo la prima del film in cui debutta come regista e che ha avuto un successo mondiale, Angelina Jolie ha annunciato ai media che intende scrivere una sceneggiatura sulla Guerra Civile in Afghanistan.

Il suo primo film “Nella terra del sangue e del miele”, molto apprezzato dalla critica e che racconta della guerra civile nella Ex Jugoslavia, ha aumentato la sua fama in quanto regista emergente e ha mostrato sia la sua capacità di dirigere ottimi film che il suo straordinario talento artistico.

Questo annuncio sembra essere una buona notizia per tutti coloro che cercano giustizia in Afghanistan: le vittime della guerra civile e di genocidi quali il Massacro di Afshar.

Dopo dieci anni e l’alternarsi di ben due governi, l’Afghanistan sta tuttora soffrendo per la mancanza di giustizia e il popolo afghano ormai non crede più che l’attuale governo corrotto possa applicare la giustizia transazionale, tuttavia milioni di persone considerano ancora il cinema un mezzo efficace per realizzare questo sogno. Infatti, mostrare i crimini commessi in quegli anni può spingere i criminali di guerra verso la corte di giustizia.

Afshar 300x213Il Massacro di Afshar, brutale genocidio e macchia di vergogna nella storia contemporanea dell’Afghanistan, ha causato la perdita di almeno 5.000 persone innocenti, incluse donne e bambini, in un’operazione militare di un giorno nella parte ovest di Kabul nel febbraio 1993.

Questo palese massacro è stato riportato da varie organizzazioni internazionali per i diritti umani che conservano nei loro archivi numerosi documenti con nomi, statistiche, foto e video delle persone uccise e catturate.

Inoltre, esistono molti documentari con interviste ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime, che possono contribuire alla realizzazione di una sceneggiatura incisiva che denunci questa orribile e violenta fase della storia afghana contemporanea.

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Afghanistan, le vere ragioni della rabbia

Di Enrico Piovesana

Da: E-Il mensile on line

rabbia 300x169Non c’è solo la sensibilità religiosa ferita (e una certa dose di fanatismo) dietro la rabbia popolare degli afgani scatenatasi dopo la notizia degli ennesimi Corani bruciati dai militari Usa nella base americana di Bagram (rabbia contrastata a fucilate dalle truppe Nato e dalla polizia afgana, con un bilancio provvisorio di 4 dimostranti morti e decine di feriti).

L’ennesimo atto ‘sacrilego’ è la goccia che fa traboccare un vaso stracolmo di rabbia e frustrazione per un’occupazione militare decennale che non ha portato nessun miglioramento alle condizioni di vita della popolazione. Anzi.

Non lontano dalla superbase Usa di Bagram (un’oasi americana trapiantata nel cuore dell’Afghanistan, con shopping center, fast-food, pizzerie, palestre e gioiellerie, dove vivono oltre 20mila soldati) c’è il campo profughi di Nasaji Bagrami. Anche qui vivono circa 20mila persone: donne, anziani e tantissimi bambini sfollati dai combattimenti di questa ‘missione di pace’ e completamente abbandonati a loro stessi, senza cibo, medicine e coperte.

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Kabul, l’ira degli Afghani dopo il rogo del Corano

Kabul, la sede Usa chiusa e blindata

da: repubblica.it

Sede USAUna persona è morta e almeno 21 sono rimaste ferite da colpi di arma da fuoco durante le violente manifestazioni. In fiamme un compound riservato a contractor stranieri. E la folla urla: “Morte agli americani”

KABUL – L’ambasciata americana in Afghanistan è stata chiusa e lo staff è rimasto bloccato al suo interno a causa delle violente manifestazioni a Kabul per protestare contro le copie del Corano bruciate ieri nella base Usa a Bagram.
A Jalalabad una persona è morta e almeno 21 sono rimaste ferite da colpi di arma da fuoco durante le violente manifestazioni. Lo ha reso noto un medico dell’ospedale, assicurando di aver visto il corpo all’ospedale. “Si tratta – ha detto – di un giovane che partecipava alla manifestazione”.

La polizia afghana ha però smentito di aver sparato sulla folla. A Kabul i manifestanti hanno dato fuoco ad un compound riservato a contractor stranieri. Secondo un testimone le fiamme hanno danneggiato parte della guesthouse nel complesso del Green Village, dove vivono e lavorano 1.500 contractors stranieri.

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Rapporto di Amnesty International sull’Afghanistan: mezzo milione di persone vive nella miseria a causa della guerra

Amnesty International – 23/02/2012

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In un nuovo rapporto sull’Afghanistan, diffuso oggi, Amnesty International denuncia la condizione di 500.000 persone abbandonate dal governo e dai donatori internazionali e che sopravvivono nella miseria e a rischio di morte in ripari di fortuna attorno alle città del paese.
Le rigide condizioni invernali nei campi intorno alla capitale Kabul hanno causato la morte di 28 bambini nel giro di un mese. Per il governo afgano, le persone morte di freddo in tutto il paese sono oltre 40.
 Il rapporto di Amnesty International, intitolato “In fuga dalla guerra, incontro alla miseria. La sofferenza dei profughi interni dell’Afghanistan”, denuncia come l’escalation degli scontri armati abbia prodotto mezzo milione di sfollati e causi 400 nuovi sfollati al giorno. Nella sola Kabul vi sono 35.000 sfollati, distribuiti in 30 insediamenti informali.
 “Migliaia di persone vivono al gelo, in luoghi sovraffollati e sull’orlo dell’inedia e il governo non solo non si occupa di loro ma impedisce anche che ricevano gli aiuti” – ha dichiarato Horia Mosadiq, ricercatrice di Amnesty International sull’Afghanistan.
 In tutto il paese, le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie non possono portare gli aiuti in modo efficace agli sfollati, poiché è fatto loro divieto di fornire quelle forme di assistenza che potrebbero favorire la stabilizzazione degli insediamenti. Per esempio, invece di scavare pozzi permanenti, devono consegnare l’acqua per mezzo delle taniche.
 “Le autorità locali limitano gli sforzi umanitari sostenendo che gli sfollati stanno per andare via. Si tratta di una crisi umanitaria e dei diritti umani largamente nascosta ma orribile” – ha commentato Mosadiq.
 “Non sappiamo dove siano finiti gli aiuti internazionali. Non capiamo perché il governo non sia in grado di darci il minimo riparo” – ha detto ad Amnesty International Yahya, un uomo che vive nell’insediamento informale di Chaman-e-Babrak di Kabul.
 Molti abitanti degli insediamenti informali hanno raccontato ad Amnesty International di aver lasciato le loro case per fuggire dal conflitto. I combattimenti si sono allargati a zone dell’Afghanistan che in precedenza erano considerate pacifiche. Il numero delle vittime civili è costantemente aumentato di anno in anno a partire dal 2007 arrivando nel 2011, secondo la Missione d’assistenza Onu in Afghanistan (Unama), a oltre 3000.
 La grande maggioranza delle vittime civili è causata dai talebani e dagli altri gruppi armati, anche se molti sfollati hanno riferito ad Amnesty International di essere fuggiti per timore degli attacchi aerei della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) e di essere usati come scudi umani dai talebani.
 Amnesty International ha chiesto alla Corte penale internazionale di indagare sui crimini di guerra commessi dai talebani e da altre parti coinvolte nel conflitto in Afghanistan.

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AFCECO: sospesa l’erogazione dei fondi per il New Learning Center!

Cari sponsor e sostenitori di AFCECO

mountainview2 300x197Spero di trovarvi bene. Vi scrivo in un momento di estrema urgenza. Abbiamo appena saputo che l’erogazione dei fondi USAID per il New Learning Center di AFCECO è stata interrotta.

Probabilmente avete ricevuto report e notizie dall’Afghanistan a proposito dell’incredibile opportunità che il New Learning Center di AFCECO ha offerto a più di 500 bambini degli orfanotrofi di Kabul. Il sostegno scolastico, il programma di musica, di arte, il corso di leadership, di computer e i corsi di lingue hanno accresciuto le capacità e le competenze dei bimbi oltre qualsiasi livello fuori dal Centro. Inoltre, i concerti per gli ospiti, i film, le cerimonie di premiazione e altre iniziative ospitate dal New Learning Center hanno arricchito il talento e la visione dei bambini.

Senza il New Learning Center, i bambini saranno di nuovo seduti sul pavimento delle loro aule in orfanotrofio, ricevendo quel poco di formazione che riusciremo a raccogliere ruotando intorno al quartiere. La centralizzazione dei programmi nel New Learning Center garantiva anche maggiore sicurezza, piuttosto che dover organizzare molte iniziative diverse all’interno degli orfanotrofi. Per saperne di più sulle molte attività svolte dai bambini nel New Learning Center potete visitare il sito www.afceco.org

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Che cosa funziona in Afghanistan

Il Centro medico Hamoon di Farah offre prestazioni mediche gratuite e di qualità in un contesto sociale fortemente segnato dalla povertà e dalla guerra. Il Centro viene gestito da OPAWC con l’aiuto di donatori internazionali, tra cui il CISDA. L’anno scorso ha potuto continuare a operare grazie a una sostanziosa donazione da parte dell’OSF, l’Opera San Francesco. Per informazioni sul Centro, si veda l’articolo pubblicato lo scorso 4 gennaio a questo link. Riportiamo qui la storia di una delle tante pazienti del Centro Hamoon.

La signora Bibi-Said Shah Ala è una madre che ha perso tre giovani figli e 15 membri della sua famiglia durante i bombardamenti degli Stati Uniti. Ci racconta: “Sono devastata dal dolore, voglio solo morire, nel mio cuore c’è solo fuoco, sto bruciando per i miei bei figli.”

La signora Ala continua così: “Porto i miei nipotini, ormai orfani e affidati solo a me, molte volte in questo ospedale. Ringrazio tanto OPAWC per la conduzione di questo ospedale: è veramente un servizio indispensabile per questa povera società formata per lo più da vedove e orfani. I bambini ricevono qui gratuitamente le medicine e anche del cibo, come dei cereali: tutto questo risulta essere per me di grande aiuto, dato che io ho scarsissimi mezzi economici”.

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