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Autore: Anna Santarello

Afghanistan: Kabul accetta l’ufficio di rappresentanza talebana a Doha

Atlas, Luca Pistone – 28 dicembre 2011
L’Afghanistan accetterà l’istituzione di un ufficio di relazioni con i talebani in Qatar. L’organismo si occuperà dei negoziati tra l’amministrazione Karzai e gli studenti delle scuole coraniche, senza però alcun coinvolgimento di attori esterni, ha annunciato il Governo afghano. L’Alto Consiglio per la Pace dell’Afghanistan, in una nota alle missioni straniere, ha elencato i principi base del nuovo organo.
Le preoccupazioni di Kabul sono gradualmente aumentate da quando Stati Uniti, Qatar e Germania, concordarono in segreto con i talebani l’apertura dell’ufficio di relazioni a Doha, la capitale del Qatar. Le autorità statunitensi hanno organizzato quest’anno almeno sei incontri con i ribelli, la maggior parte in Germania e a Doha con rappresentanti del mullah Omar, leader della fazione talebana Quetta Shura, con l’obiettivo di porre solide fondamenta per le trattative tra il gruppo e il Governo di Kabul.
Un ufficio di rappresentanza per i talebani è considerato il giusto punto di partenza per le trattative di pace e Doha in passato ospitò più volte le riunioni per i contatti iniziali.
Ma la commissione di pace afghana – che ha subito una serie di battute d’arresto, compreso l’assassinio del suo capo in settembre – ha detto che i negoziati con i talebani potranno iniziare “solo quando termineranno le violenze contro i civili, verrà tagliato ogni legame con Al Qaeda, e sarà accettata la Costituzione afghana che garantisce i diritti e le libertà civili, inclusi i diritti delle donne”.

corsivo a cura della redazione.

Afghanistan, neocolonialismo italiano

E-il mensile online, Enrico Piovesana – 22 dicembre 2011

romaniPerché in tempi di crisi e dolorosi tagli alla spesa pubblica, il governo Monti è pronto a spendere ben 137 milioni di euro per l’ampliamento dell’aeroporto di Herat, in Afghanistan. E perché nessuno ne ha parlato?
Da un breve comunicato della Presidenza della repubblica afgana, ripreso dall’agenzia di stampa Reuters, si apprende che sabato scorso, 17 dicembre, Paolo Romani, ex ministro dello Sviluppo Economico del governo Berlusconi e oggi rappresentante del nuovo ministro Corrado Passera in Afghanistan e Iraq, era a Kabul a presentare il progetto e lo stanziamento.

Mostrando a un compiaciuto Karzai la planimetria dei lavori di ampliamento dello scalo afgano, disegnata da “un team di esperti italiani”, Romani ha “offerto 137 milioni di euro come prestito a lungo termine” per la costruzione di un nuovo terminal, nuove piste d’atterraggio e strade di collegamento che faranno di Herat il secondo scalo aeroportuale internazionale dell’Afghanistan.

I dettagli dell’accordo non sono stati resi noti. Quando è prevista la restituzione di questo finanziamento? Quali aziende italiane sono coinvolte nel progetto? Ma soprattutto quali interessi economici italiani di lungo termine giustifichino un simile investimento?

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Accordi tra governo afgano e Talebani sull’istruzione pubblica

L’istruzione pubblica è stato un ambito critico di scontro tra il governo di Kabul e i Talebani fin dal 2001. Nel 2010-2011, tuttavia, la posizione delle parti rispetto al sistema dell’istruzione pubblica è sembrata diventare cruciale per il procedere dei negoziati politici. Del resto, gli attacchi cruenti e la strategia aggressiva dei Talebani contro il sistema scolastico statale negli ultimi anni hanno procurato loro poco consenso, poiché solo piccole porzioni della popolazione si sono riconsciute oppositrici così radicali della scuola statale. Questo fatto ha stimolato un ripensamento tra i Talebani circa la posizione da telere verso la scuola pubblica.

L’istruzione pubblica è sempre stata oggetto di controversie in Afghanistan fin delle sue origini negli anni Cinquanta. Le comunità rurali e in particolar modo i mullah vi si sono sempre opposti, a volte con azioni violente. Prima del 1978, il governo di Kabul (attento a non inimicarsi i contadini più di quanto strettamente necessario in vista di un piano di cambiamenti lenti e graduali) aveva tenuto sotto controllo gli oppositori della scuola pubblica.  Tutto cambiò nel 1978, quando prese il potere un regime di estrema sinistra, che dispose di intensificare l’uso dell’istruzione come veicolo di mordenizzazione e di indottrinamento ideologico.

Gli abitanti dei villaggi rurali e i mullah, sempre sospettosi, si risolsero allora a ribellarsi apertamente contro l’istruzione pubblica. Le riforme dell’istruzione pubblica furono una delle principali cause delle sollevazioni del 1978-1979. Tra il 1978 e il 1992 l’opposizione conservatrice e islamista prese a bersaglio le scuole pubbliche, incendiandone a migliaia; migliaia di insegnanti rimasero uccisi in episodi di violenza.

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Menzione speciale del Premio Pace a HAWCA

L’associazione afgana HAWCA (Humanitarian Assistance for the Women and Children of Afghanistan) è stata insignita della menzione speciale del Premio per la Pace 2011 della Regione Lombardia lo scorso 13 dicembre con la seguente motivazione:

HAWCA è un’associazione che opera nell’ambito dell’assistenza ai profughi afghani fuggiti in Pakistan a causa della guerra. Ha contribuito a migliorare le condizioni di vita di tanti afgani, soprattutto donne e bambini, che vivono ancora in uno stato di emarginazione sociale. Grazie a un contributo del Ministero degli affari esteri e in collaborazione con ActionAid realizzerà un progetto triennale per la lotta alla violenza contro le donne a Herat.

Il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane), che collabora da anni con HAWCA e ha avuto un ruolo centrale nel progetto congiunto per il Centro culturale di Kabul e le Case di accoglienza per donne maltrattate in Afghanistan, si congratula con le amiche e gli amici di HAWCA a Kabul e Herat.

Afghanistan, replica al ministro Terzi

di Enrico Piovesana –  PeaceReporter

Qualche appunto alla lettera a Repubblica del ministro degli Esteri Giulio Terzi “L’impegno dell’Italia non si ferma”

612051 234x300Il marchese Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, ex ambasciatore italiano in Israele e Stati Uniti, oggi ministro degli Esteri del governo Monti, scrive il 6 dicembre una lettera sul quotidiano La Repubblica a proposito dell’Afghanistan, intitolata “L’impegno dell’Italia non si ferma”.
 
“Non possiamo permetterci di disperdere quanto di positivo, ed è molto, costruito in questi anni”, scrive il diplomatico.
Tra i “numerosi ed evidenti segnali di progresso che non possono essere sottostimati”, Terzi di Sant’Agata cita il fatto che “l’Afghanistan ha oggi istituzioni democraticamente elette”. Curioso che a dirlo sia il membro di un governo non democraticamente eletto. A parte il cattivo gusto, ricordiamo al ministro l’imbarazzo della comunità internazionale in occasione delle scandalose farse elettorali messe in scena dal regime-fantoccio di Kabul.

I colossali e sfacciati brogli elettorali architettati nel 2010 dal presidente Karzai e dai signori della guerra suoi alleati – milioni di falsi voti affluiti da province dove avevano votato poche migliaia di persone – vennero denunciati dagli osservatori internazionali e dalla stampa mondiale. La legittimità democratica delle istituzioni afgane venne messa in discussione dalle stesse Nazioni Unite, organizzatrici del voto: lo statunitense Peter Galbraith, numero due della missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) si oppose all’insabbiamento dei brogli e per questo fu costretto a dimettersi dall’amministrazione Obama.
Terzi falsifica una realtà ben riassunta dalle parole della nota ex parlamentare democratica e scrittrice afgana, Malalai Joya: “In Afghanistan non abbiamo una democrazia, ma una sua grottesca caricatura. Il potere è in mano a un regime mafioso e corrotto dominato da criminali di guerra, signori della droga e fondamentalisti che dovrebbero trovarsi al Tribunale dell’Aja, non al governo e in parlamento, protetti e stipendiati dall’Occidente”.

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Manifestazione del SAAJS per i diritti umani

saajs 11 150x150In occasione della Giornata internazionale per i diritti umani (10 dicembre), il SAAJS (Social Association of Afghan Justice Seekers, Associazione afgana per la giustizia) ha guidato a Kabul una manifestazione pubblica per chiedere giustizia per le vittime dei crimini contro l’umanità perpetrati in Afghanistan negli ultimi trent’anni.

La manifestazione è stata organizzata dal SAAJS insieme al Transitional Justice Coordination Group (Gruppo di coordinamento per la giustizia transizionale) e ad altre associazioni di vittime. La rete televisiva afgana Tolo TV ha documentato l’evento (vedi il servizio).

Il SAAJS ha inoltre diffuso il seguente comunicato:

LA PACE SENZA GIUSTIZIA È INUTILE!

Oppressi compatrioti,

l’Associazione sociale degli afgani che vogliono giustizia (SAAJS, Social Association of Afghan Justice Seekers) organizza la manifestazione odierna per celebrare la Giornata internazionale per i diritti umani in Afghanistan, un paese dove ancora oggi siamo testimoni di violazioni dei diritti umani su larga scala; dove la violenza contro le donne continua nelle sue forme più disastrose; dove i bambini e le donne vivono nel costante rischio di subire violenze, come essere rapite e stuprate; dove la corruzione dell’ammistrazione pubblica, responsabile di conseguenze nefaste nella gestione della giustizia per i comuni cittadini, ha raggiunto livelli mai visti prima; dove, nonostante il flusso di miliardi di dollari di aiuti internazionali, la povertà e la disoccupazione continuano a schiacciare la gente; dove la coltivazione estensiva e la produzione di oppio non solo è il più grosso ostacolo per la sicurezza, ma sta trasformando la società in un narcostato.

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Bonn due, in Afghanistan l’immutato scenario della propria guerra

Enrico Campofreda, 6 dicembre 2011

karzai 300x150Riunendosi a Bonn per parlare d’Afghanistan la diplomazia internazionale ha applicato alla perfezione una delle regole del poliziesco classico: il ritorno dell’assassino sul luogo del delitto. La città tedesca aveva ospitato nel 2001 l’avvìo del sostegno all’Enduring Freedom. La sua riproposizione è parsa un dejà vu aggravato da dieci anni d’occupazione militare che quel Paese sta pagando più con distruzioni che ricostruzioni. Mentre la popolazione conta 60.000 vittime. In Germania accanto all’establishmen mondiale (cento nazioni, mille delegati fra cui sessanta ministri degli esteri) non poteva mancare Hamid Karzai, il simbolo della “democrazia” riportata in terra afghana dalla missione Isaf.

È stato lui a lanciare ai convenuti il monito per il proseguimento degli aiuti: “La solidarietà, il vostro sostegno saranno cruciali in modo che noi potremo conservare gli obiettivi conseguiti e continuare a rivolgerci alle restanti prove”. Chiede altri 10-12 anni d’intervento che costerebbero ai bilanci delle nazioni promotrici cifre spaventose. Solo gli Stati Uniti hanno dirottato finora nelle guerre afghane e irachena quattromila miliardi di dollari. Nel ritorno a Bonn Hillary Clinton ha cercato di riversare sugli alleati i futuri impegni di spesa, pur sapendo che ciascun governo è alle prese con le ristrettezze della crisi.

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LA GUERRA E L’OCCUPAZIONE SONO L’UNICA TUTELA DEI DIRITTI DELLE DONNE IN AFGHANISTAN?

Se dovessimo credere a tutto ciò che è stato detto alla conferenza di Bonn sull’Afghanistan, le forze d’occupazione costituirebbero quella sottile linea che protegge le donne afghane da abusi e violenze molto peggiori…

Di Lindsey GermanStop the War Coalition – 6 Dicembre 2011

malalai joya bonn 400 300x190Malalai Joya alla manifestazione contro la guerra tenutasi a Bonn.

È decisamente incredibile verificare quanto l’occupazione militare in Afghanistan si basi su argomenti legati alla liberazione delle donne per giustificare la sua continuazione.

Se dovessimo credere a tutto ciò che è stato detto alla conferenza sull’Afghanistan tenutasi a Bonn lo scorso 5 dicembre, le forze d’occupazione costituirebbero quella sottile linea che protegge le donne afghane da abusi e violenze molto peggiori.

L’uccisione di migliaia di innocenti viene giustificata in nome dei diritti delle donne.

Laura Bush e Cherie Blair hanno sostenuto i relativi mariti in questa propaganda di guerra.

Nell’ultima decade, da quando è iniziata la guerra, il denaro speso in Afghanistan per l’occupazione è dieci volte superiore a quello utilizzato per la ricostruzione. Inoltre, la maggior parte di questa ricostruzione è strettamente legata a obiettivi miliari.

Di conseguenza, in questi dieci anni la condizione femminile è rimasta fondamentalmente inalterata e i miliardi spesi per la guerra non sono mai stati incanalati in progetti sociali che potessero migliorare la vita delle donne. Inoltre, attualmente molte donne temono che le trattative segrete con i Talebani possano indebolire ulteriormente la loro posizione. Temono anche che i tagli applicati agli aiuti internazionali possano danneggiare quei progetti legati all’educazione femminile.

Il problema fondamentale risiede nel fatto che è impossibile affrontare le disuguaglianze strutturali che le donne subiscono in Afghanistan promuovendo la guerra e l’occupazione come loro unica tutela. Nella realtà, questa giustificazione non cambia assolutamente le strutture dell’oppressione, lasciando le donne in una posizione estremamente vulnerabile.

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RIUSCIRÀ LA CONFERENZA DI BONN AD OTTENERE RISULTATI POSITIVI PER LE DONNE AFGHANE?

The Guardian

MDG Selay Ghaffar Execut 006 300x180Benché le donne afghane siano state invitate al tavolo della conferenza, l’attivista Selay Ghaffar afferma che l’uguaglianza di genere in Afghanistan potrà essere raggiunta solo se si metterà realmente in pratica ciò che viene dichiarato.

Selay Ghaffar, direttrice esecutiva dell’Associazione Umanitaria per le Donne e i Bambini dell’Afghanistan (Hawca), parteciperà alla conferenza che si terrà a Bonn lunedì prossimo.

Selay Ghaffar, una delle attiviste di maggior rilievo per i diritti delle donne afghane, teme che i fragili risultati ottenuti dalle donne in Afghanistan negli ultimi dieci anni possano venire gravemente compromessi se la comunità internazionale deciderà di tenere incontri a porta chiusa con i gruppi di rivoltosi e il governo di Hamid Karzai.

Lunedì prossimo i leader mondiali si riuniranno a Bonn, in Germania, per discutere il ritiro delle truppe internazionali programmato per il 2014 e la conseguente transizione al governo afghano. Tuttavia, benché la preoccupazione per i diritti delle donne fosse l’apparente giustificazione per l’intervento militare iniziato nel 2001, Ghaffar afferma che tutto fa presupporre che l’uguaglianza di genere sia un argomento non contemplato al tavolo dei negoziati.

Il governo del Regno Unito è tra coloro che sottolineano la crescita della visibilità femminile nella società afghana – nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle cariche politiche – avvenuta durante questi ultimi dieci anni. “Questi risultati sono fragili”, ci dice Ghaffar, a capo della ONG Hawca – Associazione Umanitaria per le Donne e i Bambini dell’Afghanistan – che ha sede a Kabul e che gestisce case di accoglienza per donne maltrattate (shelter) e programmi di sostegno legale per le donne che vivono in aree rurali. “Certo, attualmente esiste un ministero nazionale per gli affari femminili, tuttavia non viene considerato”, afferma. “Nel 2008 il governo ha lanciato un piano di azione nazionale di 10 anni per le donne, ma ciò che si è ottenuto finora è molto poco. Benché il numero di donne al governo sia aumentato, la maggior parte di loro riveste un ruolo simbolico”.

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Attentato antisciita a Kabul, almeno 54 morti e 160 feriti

Altri quattro morti a Mazar-i-ShariF. Karzai: «Mai prima d’ora»

Da: Corriere della Sera – Esteri

Giornata di sangue tra Afghanistan e Pakistan, in occasione dell’Ashura, la festa più sacra per gli sciiti di tutto il mondo. A Kabul l’attacco portato da un kamikaze davanti all’ingresso di un santuario sciita ha fatto decine di vittime, almeno 55 morti e 135 feriti, secondo un portavoce della polizia. L’atentato è stato rivendicato dall’organizzazione terroristica islamica pachistana «Lashkar-e Jhangvi Al-Alami», gruppo che si è distinto in passato per attacchi contro personalità iraniane e fedeli sciiti in Pakistan. Le autorità di Kabul hanno puntato il dito contro i talebani, che hanno invece smentito qualsiasi coinvolgimento. La guerriglia ha anzi «condannato con fermezza» gli attentati «anti-islamici» commessi a Kabul e Mazar-i-Sharif contro dei «compatrioti innocenti».

Un altro attentato è stato messo a segno a Mazar i Sharif, quarta maggiore città afghana nel nord del Paese, dove quattro persone sono morte per l’esplosione di una bicicletta-bomba vicino ad una moschea. Alcuni feriti anche a Kandahar a causa di una moto-bomba. E un attacco durante i riti dell’Ashura anche in Pakistan, dove a Karachi una bomba ha fatto due feriti.

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