Skip to main content

Autore: Anna Santarello

L’ONU tenta di coprire le uccisioni di civili in Afghanistan di USA-NATO

RawaNews, 12/6/2011
Da Martin Iqbal
Mail Online, 29 maggio 2011: Quattordici donne e bambini sono stati uccisi dopo che aerei da guerra della Nato hanno bombardato le loro case nel sud-ovest dell’Afghanistan. Altre sei sono rimaste ferite durante l’attacco, secondo fonti locali, dopo il raid aereo nel distretto di Nawzad, nella provincia di Helmand.
Un comunicato stampa dell’11 giugno dalla Missione di assistenza dell’ONU in Afghanistan dichiara il mese di maggio 2011 come il mese più sanguinoso per i civili afghani a partire dal 2007. Tuttavia questo annuncio cela un tentativo gravemente pernicioso di coprire le uccisioni da parte degli USA-NATO di civili in Afghanistan.
Nel suo report, UNAMA documenta 368 morti collegate ai conflitti civili e 593 feriti civili nel maggio 2011. Georgette Gagnon, direttore dell’attività sui Diritti Umani di UNAMA dichiara che, “più civili sono stati uccisi in maggio che in qualunque altro mese a partire dal 2007, quando UNAMA cominciò a documentare le vittime civili”.
Il disgustoso tentativo delle Nazioni Unite di nascondere l’uccisione di civili da parte delle forze USA-NATO emerge dall’analisi della segmentazione delle cause di morte (sottolineatura mia):
Elementi anti-governativi sono stati responsabili di 301 morti civili (82 per cento di tutte le morti civili in maggio).
Quarantacinque morti civili (12 per cento di tutte le morti civili in maggio 2011) sono state attribuite alle forze pro-governative.
Ventidue morti, il sei per cento delle morti civili del maggio 2011 non poteva essere attribuite ad alcuna delle parti in conflitto perché la maggior parte di questi decessi sono stati causati da fuoco incrociato.
Quindi, secondo questa dichiarazione da parte dell’ONU, il 94% di morti civili afghani sono causate da altri afghani, e il 6% non poteva essere attribuito ad alcuna parte. Il comunicato stampa non contiene alcuna menzione dei termini “US” o “NATO” di sorta.
Poi, nascosta verso la fine della dichiarazione (ancora senza mai menzionare le parole “US” o “NATO”), si trova una sola frase in diretta contraddizione con il ‘non poteva essere attribuita ad alcuna parte’: “Gli attacchi aerei hanno causato il tre per cento del totale delle morti civili in maggio”.
Confrontiamo questa dichiarazione con i seguenti rapporti di morti civili causati dalla NATO nel maggio 2011:
■ 15 maggio 2011: Afghanistan: soldati Usa uccidono molte donne e bambini
■ 29 Maggio 2011: gli attacchi aerei della Nato uccidono 52 afghani
■ 29 Maggio 2011: attacchi aerei della NATO uccidono 32 civili afghani e 20 poliziotti
Questi due episodi da soli avrebbe portato il mese di Maggio 2011 a un numero più vicino al quindici per cento di civili morti per mano degli USA-NATO. Dato di gran lunga superiore al tre per cento, non attribuito a nessuno, sepolto nelle statistiche delle Nazioni Unite.
La spudorata dichiarazione di UNAMA riflette la politica degli Stati Uniti di dichiarare i civili morti come ‘insorgenti’, e richiama l’attenzione sul fatto che l’ONU è complice nel nascondere i crimini di guerra della NATO in Afghanistan e altrove.
Pubblicato originariamente il 12 giugno 2011

PARTITA DI CALCIO TRA LE RAGAZZE DI AFCECO E LA NAZIONALE FEMMINILE AFGHANA

DA: AFCECO.ORG

Cari amici degli orfanotrofi AFCECO.

 

Il 9 giugno scorso le ragazze della squadra di calcio degli orfanotrofi AFCECO hanno giocato contro la Nazionale Femminile Afghana presso il campo dell’AUAF (Università Americana dell’Afghanistan a Kabul). Per la prima volta l’allenatore – che ha allenato entrambe le squadre – si metteva veramente in gioco, poiché si trattava della prima vera partita che la squadra giocava, per di piu’ contro una squadra piu’ anziana, piu’ grossa e molto piu’ esperta. Dozzine di fans inneggiavano dagli spalti in questo aperto e storico pomeriggio.

Indossando la loro divisa color oro e viola, le ragazze AFCECO sono entrate in campo con coraggio, desiderose di mettere alla prova le loro capacità. Le loro avversarie, in divisa bianca, non le hanno trattate con i guanti, ma al contrario hanno dato avvio alla partita con grande professionalità.

Alla fine del primo tempo il punteggio era quattro a zero a favore della squadra nazionale, un risultato apparentemente deludente. Man mano che la partita progrediva, le ragazze in viola allentavano la loro grinta, diminuendo quell’atteggiamento di sfida che avevano all’inizio. Tuttavia, il secondo tempo ha visto un gol anche da parte delle nostre ragazze, che attaccavano la palla e la passavano con la stessa fisicità delle loro possenti antagoniste.

Alla fine, visto il loro grande senso di competizione, le ragazze erano deluse, ma tutti noi, incluso il loro allenatore, ci sentivamo invece estremamente orgogliosi di questa squadra.

Se non siamo stati sufficientemente chiari nelle newsletter precedenti, vorremmo evidenziare nuovamente ai nostri amici e sostenitori quanto il programma di AFCECO costituisca un grosso progresso per i nostri bambini e per l’intera società. Abbiamo potuto vedere con i nostri occhi il percorso che queste giovani donne hanno fatto, trasformandosi da riservate e auto-limitanti ragazze afghane in atlete competitive, equilibrate e piede di fiducia in loro stesse. Vorremmo esprimere ufficialmente la nostra gratitudine a Richard Riess, sponsor ufficiale della squadra, a tutti i nostri sostenitori, ad AUAF per la generosa disponibilità del campo e del personale addetto alla sicurezza, al nostro allenatore che si è dedicato completamente sia alla squadra nazionale che a quella dell’orfanotrofio, e alle ragazze della squadra nazionale per aver accettato di giocare e aver fatto vivere alle nostre ragazze una profonda esperienza che le renderà una squadra vera e completa.

Lo staff di AFCECO

Per altre foto: http://www.flickr.com/photos/afceco/sets/72157626808910055/

Lettera aperta sulla violenza contro donne e bambini

14 maggio 2011
L’Afghan Women’s Network (Rete di Donne Afghane) ancora una volta denuncia gravi preoccupazioni circa la crescente violenza contro donne e bambini in Afghanistan e condanna fermamente questi atti.
Lo stupro di gruppo di una ragazzina di 12 anni nella provincia di Takkar, avvenuto lo scorso 20 aprile, è solo l’ultimo scempio che si aggiunge al già tragico numero di casi di violenza sessuale contro bambine e donne in questa provincia. Solo nell’ultimo mese, oltre a questo stupro si sono avuti almeno altri tre casi di abusi sessuali nella stessa provincia. Recentemente una donna è stata uccisa dal marito e sua sorella è stata rapita. Nella maggior parte dei casi, questi crimini non hanno alcuna conseguenza penale, il che rinforza la cultura dell’impunità in Afghanistan.

L’Afghan Women’s Network si appella con forza alle istituzioni competenti perché siano fatte estese indagini e siano avviati procedimenti legali in tutti i casi che disgraziatamente si sono risolti in una sorta di amnistia per i colpevoli.

Ci appelliamo con insistenza al Parlamento afghano perché interpelli il Ministro degli Interni e il Governatore della provincia di Takkar ed esiga le dimissioni del capo della Polizia di Takkar, che non ha impedito tali efferati crimini.

L’Afghan Women’s Network chiede al Parlamento di riconoscere la violenza contro le donne e gli abusi sessuali sui bambini come un problema nazionale e dichiari ferma determinazione e decisione su questi argomenti, così che il popolo afghano possa avere fiducia nei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario e quindi sostenerli con il proprio consenso.

La violenza e gli atti disumani perpetrati contro donne e bambini sono il riflesso di una società malata. Abbiamo bisogno di modelli di comportamento esemplari per la protezione delle donne e dei bambini. Perciò, l’AWN esprime apprezzamento per la decisa presa di posizione del deputato Ahmad Farhad Majidi, che ha condannato lo stupro di gruppo della ragazzina di 12 anni nella provincia di Takkar nel corso di una seduta plenaria in Parlamento. Le persone come il signor Majidi provano che i problemi dei bambini e delle donne non sono limitati a una zona geografica o a una minoranza linguistica, ma sono un problema di ordine nazionale.

Noi donne afghane esigiamo serie indagini sui casi di violenza e stupro di bambini e donne da parte dei tre poteri dello Stato, affinché sia assicurata la protezione legale all’interno di una società sicura.

[Dal sito web del Global Network of Women Peacebuilders]

Arrestato per narcotraffico il fratello di due parlamentari afghane

Era stata tranciante l’attivista di Rawa Samia Walid che, intervistata in occasione d’un suo recente tour italiano, denunciava l’assoluta inaffidabilità delle attuali parlamentari afghane. Donne sì, ma complementari alla parvenza di democrazia che Hamid Karzai spaccia per normalizzazione. La notizia che ha visto lunedì scorso, nel Badakhshan provincia del nord-est, l’arresto del fratello di due parlamentari per traffico di droga può suonare come una conferma. Naturalmente la parentela non è sinonimo di partecipazione a illegalità o crimini, però nel sistema dei clan afghani i rapporti familiari sono funzionali a ruoli ben precisi. E chi come le militanti della Revolutionary Association Women of Afghanistan è impegnato in quel territorio ben conosce le cento maschere con cui violenza, corruzione e illeciti vengono coperti. Purtroppo l’odierno Parlamento afghano è una di queste finzioni. L’Istituzione è esautorata dal ruolo di legittimo rappresentante di un popolo che è da decenni oppresso da invasioni e guerre. Tragica conferma sono state le elezioni dell’autunno scorso – propagandate in pompa magna da Stati Uniti e Unione Europea – che hanno riproposto la nota sequela d’intimidazioni verso i pochi deputati slegati da legami coi Signori della guerra, quindi un crescendo di brogli superiori alle stesse presidenziali che nel 2009 riconfermarono Karzai e risultati assolutamente incerti, giudicati inaffidabili dalla maggior parte degli osservatori internazionali dislocati nei seggi. Per la cronaca Hedayatullah, fratello delle onorevoli Mariam e Fawzia Kufi, è stato arrestato con due complici con un cospicuo carico di oppio. Potrebbe essere rimasto vittima di vendette trasversali praticate dai businessmen del narcotraffico, il più illustre è Ahmed Walid il fratello del presidente. In una conferenza stampa il ministro della lotta al narcotraffico Baaz Mohammad Ahmadi ha fatto sfoggio dei risultati delle operazioni antidroga svolte finora che hanno portato al sequestro di 7 tonnellate di stupefacenti. Il politico ha sottolineato l’impegno del governo nell’orientare gli ufficiali della polizia locale a intensificare i controlli. Il ministro ha anche dichiarato che l’anno scorso 1.100 ettari di terreno erano stati destinati a piantagioni di papavero da oppio, in 60 ettari le

Il fratello di Fawzia Koofi è stato arrestato con 52,7 chili di oppio nella provincia del Badakhshan.
La parlamentare afghana Fawzia Kofi con il diplomatico statunitense Richard Holbrooke in un dibattito pubblico (2007, foto AP).

 coltivazioni vennero sradicate dagli agenti. Quest’anno le piantagioni da papavero individuate sono salite a 3.500 ettari, 55,5 ettari – sostiene il suo dicastero – sono state distrutte. [Enrico Campofreda, 8 giugno 2011]

Vedi anche l’articolo (in inglese) MPs’ brother, friends held with drugs

Gates a Kabul per colloqui sulla strategia afghana

The Washingtin Post, Joshua Partlow, 4/6/2011
KABUL-USA il segretario alla Difesa Robert Gates è atterrato a Kabul il Sabato pomeriggio per una serie di incontri ad alto livello con funzionari Usa e afghani sul punto di svolta nella guerra quasi decennale. Al termine del suo mandato come segretario della difesa, Gates arriva nel mezzo di una crescente opposizione afghana alla strategia militare della NATO in Afghanistan.

Il presidente Hamid Karzai in questa settimana ha chiesto la fine di tutti i raid aerei della coalizione sulle case afghane e ha ribadito la sua opposizione ai raid notturni e alle vittime civili. Le richieste hanno messo gli Stati Uniti nella difficile posizione di tentare di placare Karzai e al tempo stesso difendere la loro lotta aggressiva contro i talebani.

Gates si consulterà anche con il generale David Petraeus e altri comandanti militari poiché sono in via di definizione le raccomandazioni sul numero di truppe che si dovranno ritirare dall’Afghanistan a partire dal prossimo mese. Ci sono attualmente circa 100.000 soldati americani nel paese e il Presidente Obama ha promesso di avviare il ritiro a partire dal prossimo mese di luglio. L’uccisione di Osama bin Laden, il capo di al-Qaeda, e i costi esorbitanti della guerra hanno rafforzato la posizione di coloro dentro la Casa Bianca che stanno spingendo per un più piccolo contingente statunitense maggiormente focalizzato sulle operazioni anti-terrorismo più che su una operazione di ampia nation-building e contro-insurrezione. Gates è stato uno dei sostenitori dell’aumento delle truppe di 30.000 uomini voluta da Obama a fine 2009.

Tra le questioni pressanti vi è lo stato dei negoziati con i talebani. L’amministrazione Obama ha concentrato maggiormente l’attenzione sulla questione negli ultimi mesi e i rappresentanti del Dipartimento di Stato hanno incontrato un funzionario dei talebani che ha detto di essere vicino al leader Mohammad Omar in Qatar e in Germania. Il governo Karzai sostiene da tempo la necessità dei colloqui di pace, ma l’esercito americano è stato scettico su questa possibilità e ha cercato di indebolire l’insurrezione con operazioni militari per raggiungere una posizione negoziale migliore.

L’arrivo di Gates è coinciso con un altro giorno sanguinoso in Afghanistan: quattro soldati della Nato sono rimasti uccisi in un’esplosione nell’area orientale del paese. Il mese scorso, 57 soldati della coalizione sono morti in Afghanistan, il più alto totale mensile dell’anno finora, secondo il sito icasualties.org che registra le vittime militari.

UNHCR: preoccupazione per la situazione dei i profughi interni

campo profughi mancanza d'acquaWakht News Agency, June 1, 2011 di A. Aziz Ibrahimi
L’alta commissione delle Nazioni Unite per i rifugiati – UNHCR – con un report redatto insieme alla Banca Mondiale, ha espresso preoccupazione per i profughi interni in Afghanistan nelle provincie di Kabul, Herat e Kandahar.
La ricerca dichiara che la disoccupazione, la mancanza di un riparo e la povertà sono le sfide principali che devono affrontare le persone sfollate, aggiunge che queste vivono nella zona dove il piano urbanistico non era stato ancora attuato.  Alessandra Morelli, dell’UNHCR in Afghanistan,  ha dichiarato ai giornalisti che era preoccupata per la situazione degli sfollati interni. “Stanno soffrendo la mancanza di ripari, di occupazione e di povertà”. Ha chiesto ai paesi donatori di fornire aiuto agli sfollati per poter affrontare con urgenza i loro problemi. Il vice ministro Afghano per i rifugiati e rimpatriati, il dottor Abdul Samad Hami ha dichiarato ai giornalisti che “La ricerca è stata molto efficace e ci potrebbe aiuterebbe ad affrontare i problemi delle persone sfollate all’interno del paese”. Secondo lui, gli sfollati sono in gran parte fuggiti dalle provincie irrequiete di Kandahar, Helmand, Oruzgan, Nangarhar e Herat per le regioni relativamente sicure e necessitano di strutture sanitarie e istruzione. Più di 70.000 famiglie, che includono 433.000 persone hanno lasciato le loro aree residenziali per le aree rurali relativamente sicure.

Karzai: ‘Basta raid Nato contro i civili’

_30F6JoxY-0PeaceReporter, 31/5/2011
“È il mio ultimo avvertimento alle forze Nato. Non verranno più tollerati attacchi contro le case degli afgani”. Con queste parole, il presidente afgano Hamid Karzai ha intimato all’Alleanza di cessare i raid aerei che possano provocare vittime tra la popolazione. Il rischio, ha spiegato Karzai, è che la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) possa essere percepita dai civili come una “forza di occupazione”.Lo riferisce l’agenzia di stampa Xinhua.
Il presidente afgano ha parlato nel corso di una conferenza stampa, ed è apparso categorico. “Gli afgani soffrono per il terrorismo e per la guerra al terrorismo. Se la Nato non smetterà di effettuare radi aerei contro le case degli afgani, la sua presenza verrà considerata come forza di occupazione, contraria alla volontà del popolo afgano. Da questo momento, raid aerei contro le case della gente non sono più consentiti”.
Lo scorso sabato quattordici civili – tra cui donne e bambini – sono rimasti uccisi in un attacco Nato nella provincia meridionale dell’Helmand.

Aperto il terzo centro di assistenza legale di HAWCA

Da HAWCA.ORG

Dopo l’apertura del “Legal Aid Center per le donne vittime di violenza ” nella città di Herat nel luglio del 2009 e nella Città di Kabul nel novembre del 2009, HAWCA ha aperto il suo terzo centro assistenza legale a Jalalabad City per raggiungere le donne vittime della violenza dell’Afghanistan dell´est.

Questo progetto è stato fondato dall´associazione Womenkind Worldwide,  Unitarian Universalist Service Committee (UUSC) e Cordaid con l’aiuto dell’organizzazione afghana, Fayaz Foundation con sede nei Paesi Bassi, attiva nella difesa dei diritti umani. Questo centro lavora per le vittime della violenza domestica, violenza sessuale e violenza in genere verso le donne.

In questo centro alcuni avvocati con l’aiuto di studenti in legge  e avvocati praticanti, forniscono consulenza e assistenza legale e gli psicologi forniscono il supporto psico-sociale consigliando così le donne e le ragazze vittime di violenza domestica e sessuale.

Questo progetto prevede  anche corsi di formazione giuridica  per neolaureati in legge e per altre donne e ragazze in genere. Per raggiungere il suo obiettivo il progetto utilizzerà le strategie seguenti:

 1. Offrire assistenza legale gratuita, offrire consulenza e accompagnare ai processi le donne  che hanno subito violenze (Violence Against Women VAW), sostegno psico-sociale, fornire le cure sanitarie ai casi critici, ed inoltre si desidera effettuare un lavoro di sensibilizzazione e formazione delle donne sui loro diritti umani.

2. Promuovere la cultura dell´aiuto legale gratuito tra gli avvocati della difesa.

3. Aumentare l’impegno delle persone responsabili a rafforzare il sistema formale giudiziario, implementandone l´applicazione reale.

 

HAWCA ha aperto il centro di assistenza legale nel centro di Jalalabad, nel mese di aprile 2011. Mrs Selay Ghaffar, Direttrice Esecutivo, ed un gruppo dello staff di HAWCA, hanno  viaggiato insieme nella provincia per incontrare diverse organizzazioni e istituti e per poter aprire il terzo centro di assistenza legale e l’ufficio regionale di HAWCA ad est dell´Afghanistan.

Il team di HAWCA ha incontrato il signor Fazil Hadi, capo della Corte Pubblica, ed il Sig. Tahir  Rohani, capo del Tribunale Locale, che hanno apprezzato l’entrata nella rete territoriale della provincia di Nangarhar ed hanno mostrato il loro sostegno. Il team di HAWCA ha anche incontrato il dottor Mohammad Saber, Cancelliere all´Università di Nangarhar ed il signor Aman, Professore di Diritto e Facoltà di Scienze Politiche. Si è provveduto alla firma di un protocollo per l’inserimento degli studenti nel centro per effettuare il loro tirocinio e per intensificare il coordinamento con l´università durante il tirocinio ed altri eventi.

HAWCA ha inoltre incontrato:
Mrs Anisa, Capo del “Department of Women Affaire” (Dowa) di Nangarhar; il Dr. Sharaf Sharifi, Regional Manager di ACBAR; Ms. Minako Kakuma dall’UNHCR; Mr. Sultan Agha da Global Rights, il signor Daniele Rumolo, Il Delegato dell´associazione per i diritti umani di UNAMA; Dr. Takele Lakew e il dottor Hazrat-ur-Rahman da IMC; Ms.  Angeza Shinwari, membro del Consiglio Provinciale, ed alcuni altri membri di organizzazioni nazionali ed internazionali della società civile.

L’inaugurazione è avvenuta il 17 maggio 2011.

 Il personale di cui sopra insieme ad alcuni altri ospiti provenienti dalle Nazioni Unite (UN Women), Qanoon donne Ghukhtonkai, AWN, Donne per le donne(Women for Women ) ed altre organizzazioni erano presenti all´evento.

Mrs Selay Ghaffar ha accolto tutti con una breve cronistoria di HAWCA e del lavoro che finora è stato fatto per eliminare la violenza contro le donne (EVAW).
 Ha spiegato quali sono gli obiettivi dei donatori del progetto ed ha aggiunto quanto segue:
“HAWCA apre il suo terzo centro di assistenza legale ed ufficio regionale di
Jalalabad per assistere donne e ragazze vittime della violenza nella parte orientale del paese. Noi cercheremo di raggiungere anche i villaggi più remoti della zona per salvare vite preziose.” Gli altri interventi sono stati: Dottor Mohammed Saber, Sig. Aman, Ms. Angeza Shinwari, Sig. Tahir Rohani e Mr. Qader Helal da Qanon Ghoshtonki.

Alla fine il nastro è stato tagliato da alcuni degli ospiti. I presenti hanno anche visitato i diversi uffici e apprezzato il rinfresco.

Chi beneficia del Revisionismo verso i talebani?

The Guardian, 21/1/2011 di Rachel Reid

Farooq Wardmak,il ministro dell’istruzione afghano e alleato chiave del presidente Hamid Karzai, sostiene che i leader talebani non si oppongono più all’istruzione per le ragazze. La questione non è se questa affermazione sia vera – insegnanti e studenti che continuano ad essere terrorizzati da attacchi dei talebani l’avrebbero trovata ridicola – ma perché un alto funzionario afghano si sarebbe esposto con la diffusione di una tale falsità.

Proprio le statistiche del ministero dell’istruzione mostrano che 20 scuole sono state bombardate o bruciate tra marzo e ottobre 2010. Almeno 126 studenti e insegnanti sono stati uccisi nello stesso periodo – dati che sono in incremento rispetto all’anno precedente. E’ difficile sapere quanti di questi attacchi siano stati condotti dai talebani, ma le prove in molti casi puntano in quella direzione. Gli attacchi sono spesso preceduti da una minacciosa “lettera notturna” come questa, inviata lo scorso anno in una scuola a Kunduz, nel nord:
“Ti era già stato chiesto di chiudere la scuola e di non indurre in errore le ragazze pure e innocenti sotto questo governo non-musulmano … Questo è l’ultimo avvertimento per chiudere immediatamente la scuola … Se rimarrai in questa provincia, ricordati che tu e la tua famiglia verrete eliminati. Aspetta solo la tua morte “.
In un altro caso, una donna insegnante ha ricevuto una lettera che diceva: “Noi talebani ti avvertiamo di continuare a insegnare, altrimenti ti uccideremo in un modo orribile che non è mai stato provato da nessuna donna. Questa sarà una lezione per tutte quelle donne che come te stanno lavorando”.
Un altro insegnante è scappato dopo aver ricevuto una lettera con una minaccia dei talebani nell’ottobre 2009: “Ti avvertiamo di lasciare il tuo lavoro come insegnante il più presto possibile, altrimenti taglieremo la testa a tuoi figli e daremo fuoco a tua figlia”.
Quando ho mostrato alcune di queste lettere a Wardak lo scorso luglio, ha passato uno sguardo su di loro per un attimo, poi le gettate in disparte, dicendo: “Se avessimo tempo potrei spiegarti perché io so che questa è la grafia di pakistani, non degli afgani “. Ha continuato chiedendosi se il mullah Omar, il leader dei talebani, esistesse davvero. Questa è stata una lezione sorprendente sul revisionismo applicato ai talebani.
Oggi, come quando i Talebani erano al potere pre-9/11, alcune comunità rurali sono in grado di negoziare con loro per fermare gli attacchi in materia di istruzione. I genitori afgani vogliono che i loro figli siano istruiti, comprese le loro figlie, e lottano per questo, anche quando questo li mette a rischio.
Ma i talebani vogliono che le ragazze siano educate solo fino ai circa 10 anni, quando la pubertà e le richieste per separare i sessi hanno la precedenza. Non tutti gli attacchi sono contro le ragazze. Molte scuole e insegnanti vengono attaccati perché considerati agenti del governo nelle piccole comunità rurali o come simboli di influenza occidentale. Quando erano al potere i talebani hanno affermato che venivano negata l’istruzione alle ragazze  solo a causa delle scarse risorse, affermazione che il mullah Abdul Salam Zaeef, ex ambasciatore dei talebani in Pakistan, ha recentemente ripetuto. Tuttavia, diversi anni fa, quando intervistai il Mullah Zaeef sugli attacchi contro l’educazione, negò la tesi di Human Rights Watch sugli attacchi sistematici come fabbricazione.
Wardak minimizza gli attacchi dei talebani sulle donne e le ragazze perché ora è diventato un sostenitore di punta del governo che sostiene la necessità della riconciliazione con i talebani. Adatta la sua agenda in modo da nascondere i continui crimini dei talebani. E, come molti politici afghani, preferisce la tesi della cospirazione – che i talebani siano una creazione del tutto pakistano, piuttosto che affrontare la realtà di un movimento nato internamente che è il prodotto tanto della realtà afghane che dell’intelligence pakistana.
Vi è il rischio che alcuni politici nel Regno Unito, e degli Stati Uniti e altrove, nervosi per il numero crescente di vittime e il minore sostegno pubblico alla guerra in Afghanistan, utilizzino tali affermazioni. I governi in cerca di una strategia di uscita potrebbero utilizzarle per minimizzare gli abusi dei talebani contro le donne e le ragazze.
La maggior parte delle donne in Afghanistan disperatamente vuole la pace ma non vuole un accordo di pace cieco sul prezzo che si possa pagare. Vogliono realismo sulla natura dell’insorgenza. Anche se un accordo di pace globale sembra lontana, per ora, piccole
offerte locali sono già in corso sotto il nome della “reintegrazione” dei combattenti talebani, con la promessa di posti di lavoro e altre lusinghe. Ma non esiste un sistema per impedire che un comandante noto per aver attaccato l’istruzione delle ragazze diventi un capo locale della sicurezza, o anche un governatore distrettuale, con tutti gli evidenti rischi che questo comporta per le donne e le ragazze. Invece di cercare di ammorbidire l’immagine di un gruppo sinonimo di oppressione delle donne e delle ragazze, il ministro dell’istruzione dovrebbe preoccuparsi di aumentare le opportunità per la scuola e di proteggere le ragazze ‘dagli attacchi.
Attaccare le scuole è un crimine di guerra e non si dovrebbe mai sorvolare su ciò. Quelli che minacciano, bombardano e bruciano le scuole dovrebbero invece essere chiamati a risponderne.
Rachel Reid è una ricercatrice afghana di Human Rights Watch.

I Talebani uccidono il preside di una scuola femminile

Guardian, 25/5/2011
Un gruppo di talebani armati ha ucciso il preside di una scuola femminile nei pressi della capitale Kabul, dopo avergli più volte intimato di non insegnare in una scuola per ragazze. Khan Mohammad, il preside della scuola femminile di Porak nella provincia di Logar, è stato ucciso vicino alla sua abitazione lo scorso martedì, afferma Deen Mohammad Darwish, portavoce del governatore di Logar. “E’ stato ucciso perché voleva continuare a dirigere quella scuola,” dice Darwish.
Mateen Jafar, il provveditore agli studi della provincia di Logar, che si trova a circa un’ora di macchina da Kabul, afferma che Mohammad aveva ricevuto molte minacce di morte dai Talebani, che gli intimavano di non insegnare a ragazze. Jafar aggiunge che anche il figlio di Mohammad è rimasto ferito nell’attacco omicida.
L’istruzione per le ragazze era stata proibita durante il regime talebano tra il 1996 e il 2001, in quando “contraria all’islam”. Ma tuttora si verificano periodicamente attacchi contro le ragazze che vanno a scuola, contro i loro insegnanti e contro gli edifici scolastici.
Dopo che il governo talebano è stato abbattuto nel 2001, con l’invasione della coalizione guidata dagli USA, le donne hanno visto riconosciuti alcuni diritti, tra cui quello all’istruzione e al voto. Il governo afghano e i suoi sostenitori occidentali hanno promesso di continuare a garantire queste conquiste ma le loro promesse sembrano valere poco nel momento in cui i leader politici afghani stanno cominciando un processo di riconciliazione che include il dialogo con i Talebani.
Le agenzie di sviluppo temono che i governi occidentali si stiano concentrando troppo sui loro piani per completare il passaggio degli apparati per la sicurezza dalle forze militari straniere a quelle afghane entro la fine del 2014, senza consolidare le conquiste ottenute per le donne, come il diritto all’istruzione.
In anni recenti, le ragazze sono tornate a frequentare le scuole, specialmente a Kabul, anche se questo diritto viene difficilmente fatto valere nelle aree più remote e conservatrici d’Afghanistan.
Sotto i Talebani,  le donne non potevano avere accesso a cure mediche ed erano obbligate a indossare un burqa che le copriva dalla testa ai piedi; solo i bambini maschi avevano il diritto di andare a scuola. Molte di queste consuetudini sono ancora largamente diffuse.
Estremisti islamici gettano acido in faccia alle ragazze mentre vanno a scuola e le scuole stesse vengono bruciate. L’anno scorso c’è stata una serie di misteriosi avvelenamenti da gas nelle scuole femminili, anche a Kabul, con decine di ragazze intossicate. I talebani non hanno fatto alcuna dichiarazione su questi casi. Un report pubblicato lo scorso febbraio da alcune organizzazioni di aiuto allo sviluppo dice che l’istruzione delle ragazze è in pericolo a causa della mancanza di sicurezza, della mancanza di fondi e materiali scolastici e per l’insufficiente preparazione professionale degli insegnanti. Nello stesso report si legge che 2,4 milioni di ragazze risultano iscritte a scuola, ma che circa il 20 per cento non va regolarmente in classe. Le ragazze che di fatto frequentano la scuola si trovano spesso a dovere affrontare fino a tre ore di viaggio e molte finiscono per fare lezione a cielo aperto. Il report sottolinea la carenza di insegnanti donne – circa una su 100 nelle aree più remote e conservatrici – il che limita drammaticamente le speranze delle ragazze di ricevere un’istruzione che vada oltre alla scuola primaria.