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Autore: Anna Santarello

Malalai Joya nell’elenco dei 100 pensatori top global 2010 della rivista Foreign Policy

93. Malalai Joya (ATTIVISTA / AFGHANISTAN): perché impersona un Afghanistan autonomo e indipendente.

Da: Defense Committee for Malalai Joya

Foreign Policy, Dicembre 2010

fp top global thinkers 2010 224x300Decisa difensora dei diritti umani, appassionata oppositrice del fondamentalismo, intrepida sostenitrice di una civica cultura afghana, Malalai Joya – sopravvissuta a numerosi tentativi di omicidio fin dal 2003 e sospesa dal parlamento nel 2007 per averlo paragonato ad una “stalla piena di animali” – è esattamente il tipo di donna afghana per cui l’occidente continua a combattere…

Questo non significa che sia felice nell’attuale situazione di dipendenza del suo Paese. “Gli Afghani devono affrontare tre nemici”, ha dichiarato in una recente intervista, “le forze di occupazione, i talebani e i signori della guerra”. Joya iniziò la sua battaglia in ambito umanitario durante il regime talebano, realizzando centri sanitari e orfanotrofi clandestini in opposizione ai governanti fondamentalisti.

Ed è molto scettica sulla buona fede delle potenze di Kabul che affermano di credere nei diritti umani. “Gli afghani non pensano che la guerra tra la NATO, il governo afghano e i talebani sia l’unica alternativa possibile” obietta Joya. E afferma: “La democrazia senza indipendenza non ha alcun significato”.

 

Afghanistan, proteste a Kabul dopo diffusione risultati elezioni

reuters

KABUL (Reuters) – I responsabili elettorali afghani hanno reso noti oggi i risultati quasi definitivi delle elezioni parlamentari del 18 settembre scorso, anche se l’esclusione di altri tre candidati e vibranti proteste continuano a gettare ombre sul voto.
La credibilità dei risultati avrà un peso notevole sulla revisione della strategia della guerra in Afghanistan del presidente Usa Barack Obama, in programma per il mese prossimo, mentre si intensificano gli episodi di violenza e vacilla il sostegno popolare, soprattutto dopo le contestate elezioni presidenziali dello scorso anno.
Le pesanti accuse di brogli in entrambi gli appuntamenti elettorali hanno fatto aumentare i dubbi sulla credibilità del governo del presidente afghano Hamid Karzai, proprio mentre Stati Uniti e Nato sono chiamati a riconsiderare il loro impegno in Afghanistan.

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Il talebano che negoziava con Karzai era un impostore

ilpost   23 novembre 2010

L’uomo che diceva di essere il braccio destro del mullah Omar era un impostore, dice il New York Times
Aveva posto condizioni molto moderate per raggiungere un accordo di pace
Negli ultimi mesi i giornali di tutto il mondo hanno dato molto risalto alla notizia dei dialoghi segreti in corso tra governo afghano e talebani. I dialoghi sono già iniziati, aveva scritto lo scorso 6 ottobre il Washington Post. E aiuteranno a negoziare un accordo che velocizzerà la fine della guerra. Oggi invece il New York Times scrive che Akhtar Muhammad Mansour, uno dei leader talebani che avevano partecipato a questi incontri segreti, in realtà non è il vero mullah Akhtar Muhammad Mansour ma solo un impostore, e che quindi tutte le informazioni raccolte finora non possono essere considerate attendibili.

Il New York Times scrive che l’uomo avrebbe incontrato rappresentanti del governo afghano e della NATO almeno tre volte, di cui una alla presenza del presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai. «Non è lui e gli abbiamo dato un sacco di soldi», ha detto una fonte anonima direttamente coinvolta nell’operazione. I rappresentanti del governo americano dicono che erano sempre stati molto scettici fin dall’inizio sulla vera identità dell’uomo che diceva di essere Mansour, considerato il braccio destro del mullah Omar. I dubbi si erano intensificati dopo il terzo incontro, che si era tenuto a Kandahar, quando un uomo che in passato aveva conosciuto Mansour è andato a dire agli ufficiali afghani che quello con cui stavano parlando non gli assomigliava per niente.

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Malalai Malalai Malalai Malalai

Dall’Australia intervista a Malalai Joya: “ponete fine a questa disgustosa guerra”

Articolo di Liz Walsh – 19 novembre 2010

MalalaiMalalai Joya al parlamento afghano

Durante questi ultimi nove lunghi anni, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno distrutto l’Afghanistan e stanno tuttora occupando il territorio afghano. A condanna di questa barbara guerra, sono poche le voci afghane che si sono levate così energicamente come quella di Malalai Joya.

Joya è apparsa sulla scena internazionale come fervente oppositrice alla guerra e combattente per i diritti delle donne nel 2003, quando venne eletta alla Loya Jirga, assemblea convocata per ratificare la costituzione afghana. Fu in questa occasione che, durante il suo primo discorso, Joya lanciò un tagliente attacco ai signori della guerra presenti.

Nel 2005 fu eletta al parlamento afghano, che utilizzò come piattaforma per continuare la sua coraggiosa denuncia verso tutti gli oppressori del popolo afghano, dal corrotto regime fantoccio di Karzai all’insorgenza dei Talebani nonché alle forze di occupazione.

Nel 2007 Joya venne espulsa in modo permanente dal parlamento afghano. Non ci sorprende che non si sia levata alcuna voce di protesta da parte delle forze occupanti nei confronti di questo chiaro attacco alla democrazia.

Dopo la sua espulsione, Joya ha cominciato a viaggiare in tutto il mondo per far conoscere al pubblico occidentale la verità sull’occupazione. Attualmente sta viaggiando per tutta l’Australia e organizza manifestazioni con i rifugiati, proteste contro la guerra e conferenze presso le università. Disponibile a parlare con chiunque voglia ascoltarla, Joya ha trovato anche il tempo di parlare con me del suo attivismo politico, di ciò che pensa sull’occupazione e delle sue speranze per il futuro.

Joya non è sempre stata un’attivista politica. “All’inizio ero un’attivista sociale, non volevo diventare una politica”. Per quasi tutti gli anni ’90, mentre l’Afghanistan era dominato dai Talebani, Joya ha lavorato con l’Organizzazione per la Promozione delle Capacità delle Donne (OPAWC), creando scuole clandestine di alfabetizzazione per ragazze e donne adulte.

Lei stessa ricevette la sua educazione in una scuola gestita dall’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane (RAWA), mentre viveva con la sua famiglia in un campo profughi in Pakistan, in esilio forzato dopo l’invasione sovietica del 1979. Fu qui che Joya sviluppò la sua incrollabile dedizione all’importanza dell’educazione per i diritti delle donne.

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Tabula rasa

Peacereporter   18 Novembre 2010

Nella provincia afgana di Kandahar le truppe Usa radono al suolo tutte le case, a volte interi villaggi, abbandonati dai civili sfollati, per neutralizzare eventuali trappole esplosive
Le migliaia di sfollati fuggiti nelle scorse settimane dai distretti rurali attorno a Kandahar, dove da fine settembre è in corso l’offensiva militare americana Dragon Strike, non avranno più una casa a cui tornare, perché le loro abitazioni abbandonate vengono deliberatamente demolite dalle truppe Usa per neutralizzare mine e trappole esplosive che i guerriglieri talebani possono avervi nascosto, e che hanno già provocato decine di vittime tra le fila americane.

Complessi di edifici e spesso interi villaggi disabitati vengono rasi al suolo ricorrendo all’uso di bulldozer blindati, artiglieria pesante e aviazione. Vengono sistematicamente demoliti anche tutti i muri di cinta, i ponti sui canali e i muretti divisori tra i campi, dove il nemico potrebbe nascondersi per tendere imboscate. Per la stessa ragione, non vengono risparmiati nemmeno i filari di alberi, abbattuti a sventagliate alzo zero di mitra pesanti.

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Almeno altri quattro anni di guerra

Peacereporter – 17 Novembre 2010

Al vertice Nato di Lisbona che si apre venerdì, Obama presenterà il suo piano per l’Afghanistan: altri 48 mesi di guerra sempre più dura, dopo i quali le truppe occidentali rimarranno, senza limiti, a sostegno dell’esercito afgano
La guerra d’occupazione degli Stati Uniti e della Nato in Afghanistan durerà almeno altri quattro anni, ma la presenza militare occidentale nel paese proseguirà, senza limiti, ben oltre il 2015.

Questo è il piano che il premio Nobel per la pace, Barak Obama, presenterà venerdì al vertice dell’Alleanza atlantica di Lisbona: altri 48 mesi di guerra ‘dura’ alla Petraus (con un’escalation dei bombardamenti aerei e un sempre più massiccio ricorso ai raid notturni delle forze speciali), al termine dei quali dovrebbe avvenire il ritiro del grosso delle ‘truppe combattenti’ (da completare, talebani permettendo, entro la fine del 2014), lasciando comunque sul campo decine di migliaia di truppe Nato con il compito di assistere l’esercito afgano nella prosecuzione della guerra (il che presuppone molti altri anni di operazioni militari a sostegno delle truppe afgane).

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Report sulla situazione dei bambini in Afghanistan

Presentato ufficialmente nel giugno 2010 a New York e a Kabul, il report dell’organismo Watchlist on Children and Armed Conflict (“Osservatorio sui bambini nei paesi in guerra”) offre il quadro più aggiornato della tragica situazione dei bambini in Afghanistan. Se vogliono raggiungere la pace, il governo afgano, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e la comunità internazionale devono porre la priorità sulla protezione dei bambini e mettere fine all’impunità per coloro che violano i diritti dei bambini.

“Conosco molte famiglie in Afghanistan che hanno paura perfino di lasciare uscire i bambini di casa. Accade così spesso che i bambini restino vittime di attacchi suicidi o altri tipi di attentati che non è considerato sicuro neppure mandarli a scuola o dal medico, negando quindi loro quei diritti che tutti i bambini dovrebbero avere” ha riferito il Direttore di Save the Children per l’Afghanistan, Fazel Jalil, che era presente al lancio del report. “I bambini in Afghanistan stanno soffrendo enormemente e il governo e i suoi partners internazionali devono prendersi le loro responsabilità per proteggerli.”

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Intervista a Samia Walid

di Cristiana Cella
L’Unità – 31 ottobre 2010

Samia Walid, che fa parte di Rawa (Associazione rivoluzionaria delle donne afghane), è in questi giorni in Italia, invitata dal Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane. Rawa è un’organizzazione che combatte da 33 anni per un governo laico e democratico e per i diritti umani, quelli delle donne in particolare. Da Samia apprendiamo una storia, accaduta alcuni mesi fa. Una storia che continua purtroppo a ripetersi, attraverso diversi protagonisti e vittime, con devastante regolarità. La vicenda raccontata da Samia Walid è quella di Rasul, che abita in un villaggio nella zona di Herat. Rasul piange senza ritegno, le mani aperte, vuote, davanti al viso. I suoi bambini, la moglie, tutti in fila, a terra, coperti da un lenzuolo, morti. Gli aerei della Nato hanno bombardato il matrimonio di sua sorella, uccidendo 47 persone.

Danni collaterali. Capita di sbagliarsi. Gli afghani si riuniscono in molti per i matrimoni, convogli di macchine rumorose, sospette. Sparano perfino in aria per fare festa.
«Non ho mai avuto niente a che fare con i talebani, li consideravo nemici -racconta Rasul a Samia. Ma adesso andrò a combattere con loro. Che altro posso fare contro questi soldati stranieri?»

Significa che i talebani acquistano consenso tra la popolazione, Samia?
«Noi sappiamo bene di cosa sono capaci i talebani, eppure è così, purtroppo. La guerra ha alimentato odio e disperazione, ha scavato ferite profonde. Gli afghani scelgono il meno peggio, il meglio non c’è. Quando gli aerei bombardano, i “ribelli” sono già scappati al sicuro, e a morire sono i civili, soprattutto donne e bambini. Ma non è il solo motivo. Imbracciare un fucile in cambio della sopravvivenza è una scelta comune e sono esasperati dal sistema di corruzione del governo Karzai che gli rende impossibile la vita quotidiana. È il risultato paradossale di questa guerra».

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La guerra in Afghanistan: il nono anniversario dell’olocausto e del genocidio

RAWANEWS

A cura di: Dr Gideon Polya

Traduzione di Francesca Fiocco

laghman killed sep 25 271x300Questa foto ritrae gli abitanti di un villaggio rurale, raggruppati attorno ai corpi di civili che, in base ai loro racconti, sono stati uccisi durante un attacco della forze NATO nel villaggio di Armul, nella provincia di Laghman l’8 dicembre 2009. Migliaia di civili afghani innocenti sono stati uccisi in questa guerra finanziata da forze straniere.

La Guerra in Afghanistan è all’inizio del suo decimo anno. E’ diventata la Guerra più lunga degli Stati Uniti. Il 7 Ottobre 2010, data che segna il nono anniversario dell’invasione degli Stati Uniti in Afghanistan, il costo della Guerra afghana in termini di vite umane è stato stimato in circa 4.9 milioni tra morti violente e morti non violente, dovute allo stato di privazione in cui vive la popolazione, imposto dagli Invasori.

L’Olocausto e il Genocidio in Afghanistan, senza una fine ed imposti dall’Alleanza guidata dagli USA, hanno raggiunto ormai le dimensioni dell’Olocausto degli Ebrei durante la seconda Guerra Mondiale (circa 6 milioni di morti, 1 su 6 a causa della povertà). Le persone con una coscienza devono continuare ad opporsi con forza a questa enorme violenza contro l’Umanità. A supporto di questo pensiero, ho preparato un elenco documentato e dettagliato sui fatti di morte della Guerra afghana, includendo anche le ultime informazioni del 7 Ottobre 2010.

1. Morti non violente registrate dopo l’invasione causate dalla povertà: 3,7 milioni.

2. Morti violente registrate dopo l’invasione: 1,2 milioni (dato per assunto che il livello di violenza della Guerra in Afghanistan è stato 4 volte inferiore rispetto alla Guerra in Iraq e la percentuale delle morti violente e non violente registrate durante quest’ultimo conflitto è inferior del 1.3%).

3. Bambini sotto ai 5 anni morti dopo l’invasione: 2,6 milioni

4. Rifugiati afghani: 3,2 milioni, di cui 2,7 milioni scappati in Iran e Pakistan e 0,4 milioni trasferitisi in zone diverse da quella di residenza in Afghanistan (IDPs).

5. I bombardamenti USA e l’offensiva pakistana nel nord ovest del Pakistan supportata dagli USA ha provocato 2,5 milioni di rifugiati di etnia Pashtun.

6. Morti relative a bambini sotto i 5 anni durante l’occupazione: 311.000 di cui il 90% dei casi si poteva evitare e sono causati dal livello di povertà.

7. Le statistiche parlano di un tasso annuo di morte infantile del 7% per i bambini afghani sotto i cinque anni: percentuale che ricorda quella del 4% dei Polacchi e del 5% degli Ebrei francesi nei rispettivi Paesi durante l’occupazione nazista.

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Il mio popolo ingannato con elezioni truffa anche Obama ci ha delusi intervista a Malalai Joya

di Cristiana Cella
l’Unita 28 ottobre 2010

Alle elezioni di settembre Malalai Joya non si è candidata. Perché?
«Queste sono state le elezioni più fraudolente della nostra storia. Partecipare a questa beffa, significava dare credito al governo, essere complici di un inganno. Avrei perso la fiducia del mio popolo. Sapevo comunque dai miei sostenitori nel governo che Karzai e la sua cricca di fondamentalisti erano decisi a non lasciarmi vincere a nessun costo. E poi ci sono state le innumerevoli minacce di morte contro di me e i miei sostenitori. Molto concrete. Non posso rischiare la vita delle persone che mi sostengono e mi proteggono».

Le prime proiezioni sulle elezioni stanno già uscendo. Cosa ti aspetti?
«I risultati erano già decisi e le proiezioni lo confermano. Sono stati manipolati per consolidare un Parlamento fondamentalista e corrotto fino al midollo. La gente ha visto perfino in tv i Signori della Guerra e i loro uomini che si riempivano da soli le urne con schede false, stampate in Pakistan. Che organizzavano pullman con i loro elettori comprati».

Migliaia di voti sono stati annullati in questi giorni dalla Commissione Elettorale. È un segnale positivo?
«Sacrificheranno qualche candidato minore per mostrare che c’è un controllo. Per salvare la faccia. Ma chi doveva essere eletto lo sarà». Non cambierà nulla, quindi, nel nuovo Parlamento? «Da noi si dice: ‘Il cane è fratello dello sciacallo’. Questa dispendiosa e sanguinosa sceneggiata serve agli Usa per mostrare la maschera “democratica” e legittimare l’occupazione e il governo che ha imposto. Sarà peggio che nel 2005. Allora speravamo almeno in una parvenza di democrazia e qualche brava persona, realmente democratica, è stata eletta. Oggi no».

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