Skip to main content

Autore: Anna Santarello

Nuovo report di Human Rights Watch: Ten dollar Talib

Afghanistan: Qualsiasi accordo non dovrebbe ignorare la violenza dei Talebani sulle donne (Afghanistan: Talks Shouldn’t Ignore Taliban Abuse of Women)
Human Rights Watch,  July 13, 2010
(Kabul) – Un recentissimo report di HRW afferma che i continui attacchi dei Talebani sulle donne in Afghanistan dimostrano la necessità che i diritti delle donne divengano una priorità in qualsiasi accordo politico con le forze insorgenti.
Il governo Afghano e i suoi supporter internazionali hanno ignorato la necessità di proteggere le donne nei programmi che prevedono la reintegrazione dei combattenti insorgenti e non hanno garantito che i diritti delle donne siano inclusi nei possibili accordi con i Talebani.
Il report “The Ten dollar Talib” and the women’s rights: Afghan Women and the Risks of Reintegration and Reconciliation” si focalizza sulla sfida potenziale ai diritti delle donne posta dai futuri accordi del governo con le forze insorgenti. Il report descrive come nelle aree sotto il controllo Talebano, le donne siano spesso soggette a minacce, intimidazione e violenze,  l’educazione delle ragazze sia impedita e le donne in posizione di primo piano nella politica e nell’attivismo siano attaccate e uccise impunemente. HRW sostiene che il governo Karzai non mostra segnali che rispondano alle preoccupazioni sollevate da questi attacchi. Sono state fornite solo deboli assicurazioni. Nel marzo 2009, ad esempio, Karzai ha firmato la legge sul diritto di famiglia per la comunità Scita (che nega alle donne il diritto alla custodia dei figli e la libertà di movimento, tra gli altri diritti), nel 2008 ha perdonato  per ragioni politiche due condannati per stupro.
Alcuni sostenitori internazionali della politica di reintegrazione sostengono che gli insorgenti sono fondamentalmente non-ideologici; combattono solo per denaro. Gli Stati Uniti e le forze NATO e molti fra i principalo donatori sostengono fortemente i programmi di reintegrazione che vengono ampiamente finanziati. Il loro supporto per la riconciliazione con i Talebani è più limitato.
Malgrado le promesse fatte dai supporter internazionali di promuovere i diritti delle donne, HRW esprime preoccupazione che anche questi possano sacrificare i diritti delle donne in nome di una exit strategy dall’Afghanistan. Ad esempio, malgrado il governo Afghano abbia dichiarato che gli insorgenti che si reintegreranno o riconcilieranno dovranno sottostare alla costituzione Afghana che stabilisce uguali diritti per le donne, non c’è un meccanismo per assicurare il rispetto della legge.
Il governo Afghano ha cercato di cooptare le fazioni offrendo loro impunità per i crimini di guerra e altre serie violazioni delle leggi internazionali.
La giustizia per gravi crimini dovrebbe essere al cuore di qualsiasi processo di riconciliazione. HRW chiede che i membri del governo che si sono macchiati di tali crimini siano sottoposti alla giustizia così come una più stringente vaglio dei candidati alle scadenze politiche. I report descrive le condizioni che dovrebbero essere incluse in qualsiasi processo di reintegrazione o riconciliazione per assicurare i diritti delle donne.
Il diritto al lavoro, ad avere una formazione, al potersi impegnare nella vita politica dovrebbero essere garantiti esplicitamente. Individui con un passato di seri abusi contro le donne e le ragazze dovrebbero essere esclusi dal potere. Le donne leader hanno la necessità di essere completamente coinvolte nei processi decisionali sia per la reintegrazione che per la riconciliazione, poiché potrebbero essere esse stesse le migliori garanti dei loro diritti.

Oltre 1200 Talebani uccisi dagli Italiani

Articolo de L’Espresso

di Gianluca Di Feo

06 luglio 2010

E si tratta solo di una stima per difetto, potrebbero essere molti di più. La maggioranza delle vittime è stata fatta dai parà della Folgore. Iniziata con un piccolo contingente a Khost, la nostra missione è gradualmente cresciuta: a settembre i soldati tricolori saranno in 40

È il dato più segreto della seconda repubblica: quanti sono gli ‘insurgents’ uccisi dai soldati italiani nel corso della missione di pace in Afghanistan? Nonostante gli eufemismi, una prima stima mostra un vero bilancio di guerra: tra i 1.200 e i 1.500 talebani ammazzati.

Il numero – attribuito a fonti “ufficiosissime” – è stato fornito dal direttore di ‘Rid’ (Rivista Italiana Difesa) Andrea Nativi, uno dei più autorevoli e informati analisti militari, autore tra l’altro del dossier sulle forze armate della Fondazione Icsa, che ha come presidente onorario Francesco Cossiga e come presidente l’ex sottosegretario e parlamentare Pd Marco Minniti.

Il calcolo delle vittime riguarda tutti i sette anni della presenza tricolore in Afghanistan, cominciata nel 2003 con l’invio di un piccolo contingente a Khost, nella zona sul confine pachistano, e potenziata dal 2005 con lo schieramento di una forza sempre più grande nella regione sud-occidentale e a Kabul. Mentre fino al 2007 le truppe impegnate in combattimento erano pochissime – circa 150 uomini più un nucleo di commandos della Task Force 45 – dal 2008 c’è stata un’escalation: attualmente ci sono tre “raggruppamenti da battaglia” che impegnano quasi 1500 alpini e bersaglieri in azioni di fuoco contro i talebani.

Gli scontri avvengono quasi tutti i giorni, con utilizzo di mortai pesanti da 120 millimetri per proteggere le basi avanzate, soprattutto nella zona caldissima di Bala Murghab e in quella di Shindad. Frequenti sono anche gli interventi degli elicotteri Mangusta armati con cannoncini da 20 millimetri a tiro rapido e missili aria-terra.

Gran parte di quei caduti nelle file degli insorti sarebbero però stati inflitti dalla Folgore durante la lunga campagna estiva dello scorso anno. Dalla fine di maggio 2009 i paracadutisti hanno reso molto più incisiva la presenza occidentale nei punti chiavi della regione affidata agli italiani. I combattimenti sono stati intensi in tutta la fascia sul confine della regione di Kandahar, la patria dei talebani, per intercettare i guerriglieri islamici che tentavano di fuggire all’accerchiamento anglo-americano. Diverse operazioni sono state lanciate poi dalla Folgore per riprendere il controllo della zona sulla frontiera turkmena da cui transitano i carichi di oppio e i rifornimenti di armi gestiti dai fondamentalisti.

Inoltre dal maggio 2009 è caduta ogni differenza tra forze italiane e statunitensi: il comando di tutta la Nato è passato a un generale americano e i reparti dei due paesi hanno cominciato a combattere fianco a fianco, spesso chiedendo l’intervento dei bombardieri dell’Us Air Force per spianare i nuclei di resistenza. Una stagione di scontri sempre più intensi, segnata dal grande attentato di Kabul in cui hanno perso la vita sei parà e da una serie di attacchi con l’uso di kamikaze contro le nostre pattuglie.

In inverno la missione è stata affidata ai fanti della Brigata Sassari che, anche a causa delle nevicate e della difficoltà di movimento, hanno dovuto ridurre il numero di incursioni, respingendo contrattacchi su larga scala dei talebani, come quello avvenuto alla fine dell’anno intorno Bala Murghab. Adesso è la volta degli alpini della Taurinense, uno dei reparti più addestrati ed esperti nelle spedizioni internazionali, che hanno ripreso le azioni in tutto il territorio.

Entro fine settembre i militari italiani saranno oltre 4000, concentrati nella regione occidentale, con altri mezzi corazzati come le autoblindo pesanti Freccia. Ai tre “battle group” che conducono rastrellamenti si aggiungono poi i nuclei meccanizzati, anche con cingolati Dardo, che istruiscono e accompagnano al fronte l’esercito nazionale afghano. Da circa un mese nella zona di Bala Murghab sono ripresi i combattimenti e anche in questi giorni l’area è considerata calda.

Nessun osservatore, nemmeno la propaganda talebana, ha mai accusato gli italiani di sparatorie dirette o “collaterali” contro civili. Le 1200-1500 vittime provocate dai nostri soldati sarebbero quindi tutti miliziani. Spesso i corpi dei caduti vengono perquisiti e fotografati per ottenere informazioni utili sulla loro nazionalità e cercare di capire quanti guerriglieri stranieri siano ancora al fianco dei talebani di nazionalità afghana o pakistana. Ma tutte le notizie sono custodite dai vertici militari e dal governo nel segreto più assoluto: non c’è mai stata una comunicazione al parlamento.
L’altro segreto della “missione di pace” riguarda i prigionieri. Quanti sono stati? A chi li consegniamo? Ne abbiamo catturati molti e quasi sempre sono finiti nelle mani dei rappresentanti del governo di Kabul. Tutte le truppe della Nato infatti hanno formalmente il compito di assistere le autorità locali e per questo assieme ai soldati italiani c’è sempre almeno un ufficiale afghano. Diverse fonti attendibili sostengono però che in più di un’occasione i guerriglieri che si sono arresi a parà e fanti sono stati consegnati ai marines, per il tempo necessario a interrogarli o definitivamente. Anche in questo caso, non esistono versioni ufficiali: abbiamo migliaia di militari in Afghanistan ma non hanno mai catturato dei prigionieri. Uno dei tanti paradossi della “missione di pace” che avrebbe fatto oltre 1200 morti.

“Mantieni viva la luce della speranza”: programma di sostegno agli orfanotrofi di AFCECO

TRADUZIONE A CURA DI GRAZIELLA MASCHERONI

Luglio 2010
AFCECO 1 300x60Cari amici degli orfanatrofi di AFCECO
Cosa succede se decidessimo di aprire un nuovo orfanotrofio? In un paese in guerra, trovati i finanziamenti, la città, la posizione, la casa, il personale, perfino la selezione dei bambini potrebbero sembrare un’operazione senza fine. Poi comincia il vero lavoro: infatti mettere insieme 60 bambini provenienti dalle province di Jalalabad, Kunar, Laghman e Nuristan, bambini che sono stati dentro e fuori la scuola o non vi sono mai stati, bambini che hanno vissuto nelle strade, nei campi, nei vicoli ed essenzialmente soli, diventa un’impresa ardua.

Ma come un bel giardino, se preparato con cura a attenzione, crescerà. Inoltre, se si seguono certe tecniche e filosofie verrà gestito con minime ingerenze e molto amore. Questo è il caso del nostro nuovo orfanotrofio di Jalalabad. Tre mesi, in attesa dell’inizio della scuola, riteniamo essere il tempo sufficiente per far loro acquisire le capacità per noi scontate, come vivere in una casa con altre persone, dividersi i compiti, curarsi i denti, usare e pulire un bagno , saper mangiare bene. Un’altra grande barriera è rappresentata dalla lingua.
Non meno di cinque diverse lingue improvvisamente si incontrano presentando una difficoltà di comunicazione.
Nell’orfanotrofio di Jalalabad convivono con la propria lingua bambini di origine Pashtun, Nouristani, Pashai, Kohistani e Arabi Afghani. Per quanto sembra formidabile, questo fatto non è nuovo. Basta guardare le nostre ragazze Mahbooba e Farzana, che sono rispettivamente Nuristani e Hazara. Al loro arrivo quasi sette anni fa, non potevano comunicare con nessuno nell’orfanotrofio. Ora parlano cinque lingue diverse. “Il terreno è stato preparato con la corretta quantità di acqua e sole”. I bambini crescono anche con l’aiuto di alcuni studenti afghani volontari e alcuni tutor che hanno stipulato un ottimo rapporto con AFCECO. Inoltre, con particolare attenzione per l’ambiente, educazione e uguaglianza, tutti gli ostacoli sembrano annullarsi.
Tutto sembra migliorare a Jalalabad, poiché, grazie al sostegno degli sponsor Terry Cardwell e Doffie Rotter abbiamo acquisito un’auto usata per l’orfanotrofio che ritenevamo molto utile. Vogliamo inoltre ringraziare tutti coloro che hanno e continuano a contribuire per il trasporto. Abbiamo un lungo cammino da percorrere per la fornitura di mezzi di trasporto sia per Kabul che per Herat, ma grazie a voi abbiamo iniziato bene. Luglio significa esami di medio termine per tutti i bambini a Kabul. Ogni lezione verrà sospesa mentre loro studiano fino a tardi. C’è un grande spirito di competizione fra i nostri giovani studenti, che si concluderà con l’ottenimento di un buon livello nella classe. E ‘con orgoglio che vediamo anno dopo anno così tanti dei nostri bambini occupare la top ten della loro classe, in competizione con centinaia di altri bambini, (e anche, a volte superando il nepotismo che troviamo all’interno del governo). Auguriamo loro buona fortuna per affrontare un periodo difficile.

Continua a leggere

Afghanistan: spy story dietro la morte di due romani nel 2006

Afghanistan/ Messaggero: spy story dietro morte 2 romani nel 2006

Uccisi da eroina. Omicidio? Forse sapevano di fondi Onu spariti

postato 1 giorno fa da APCOM

Roma, 3 lug. (Apcom) – Stefano Siringo e Iendi Iannello, due giovani romani morti a Kabul nel 2006, potrebbero essere stati uccisi perché avevano scoperto che i fondi destinati alla ricostruzione in Afghanistan avevano preso “strade inconfessabili”. È quanto si legge oggi sul quotidiano Il Messaggero, che riporta lo scenario prospettato dal giudice per le indagini preliminari Rosalba Liso, che ha disposto nuove indagini sulla loro morte.

Siringo era un impiegato del ministero degli Esteri, Iannello un contabile dell’Ildo, un’organizzazione dell’Onu che si occupa di sviluppare i sistemi giudiziari nei paesi del terzo mondo. Sono morti per una dose di eroina pura all’89%, una percentuale di principio attivo altissima anche per i tossicodipendenti abituali, ricorda il giornale.

Continua a leggere

Duro tirocinio per le neo-giornaliste afghane

DI SEETA, TRADOTTO DA ELENA INTRA

Ripreso da Afghan Women’s Writing Project

giornaliste afghaneVivo nella provincia dell’Afghanistan occidentale dove sono nata. Ho terminato i miei studi—metà in Iran come immigrata, e metà nel mio paese colpito dalla guerra—e ho sempre covato il desiderio di diventare scrittrice e giornalista. Il mio sogno è sempre stato quello avere in mano un microfono e intervistare la gente.

Ma nella mia provincia non c’erano donne che lavoravano nel mondo dell’informazione. Le donne della mia città hanno imparato a tollerare parecchi problemi, perché in genere manca un buon livello d’istruzione.

Dopo aver finito il liceo, ho iniziato a cercare lavoro. Ho sentito che un quotidiano stava cercando un reporter, quindi ho fatto domanda. I miei amici ridevano di me, ma gli ho risposto che sarebbe stato un successo.

Ho sostenuto un colloquio con una gentile signora, che poi mi ha richiamato per una seconda intervista, e dopo una settimana, mi ha telefonato dicendo “Vorremmo assumerti come giornalista freelance.” All’epoca non sapevo cosa volesse dire ‘giornalista freelance’, ma sentivo che si trattava della decisione giusta e ho accettato il posto.

Continua a leggere

Afghanistan, Talebani attaccano Ong Usa: almeno 1 straniero morto

KABUL (Reuters) – Attentatori suicidi hanno attaccato oggi la sede di un’organizzazione umanitaria americana in Afghanistan, uccidendo almeno uno straniero e ferendone circa 20, ha detto un funzionario provinciale.

L’attentato, avvenuto prima dell’alba, è stato compiuto nella provincia relativamente tranquilla di Kunduz da talebani armati e da attentatori suicidi che hanno invaso gli uffici di Development Alternatives, nei pressi di un hotel. Lo riferisce a Reuters il governatore provinciale Mohammad Omar.

Un attentatore si è fatto esplodere davanti al cancello d’ingresso permettendo agli altri di entrare. Omar riferisce che una volta entrati, i militanti si sono scontrati contro le guardie di sicurezza e la polizia per sei ore. Lo scontro a fuoco potrebbe essere ancora in corso.

Un portavoce talebano, Zabihullah Mujahid, ha detto che almeno sei militanti hanno partecipato all’operazione.

Secondo il suo sito internet, Development Alternatives è una delle principali organizzazioni, specializzata nella ricostruzione post-conflitto e nella gestione di governi locali, aziende agricole e risorse naturali.

Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia

I dollari nascosti in valigia: un tesoro in fuga da Khabul

Dal Corriere – 29 giugno 2010

La denuncia Il Wall Street Journal: coinvolti gli attuali leader del Paese

Il fiume di denaro proviene in parte dagli aiuti internazionali destinati all’Afghanistan e in parte dai proventi del traffico di droga. Negli ultimi tre anni portati all’ estero 3 miliardi.

WASHINGTON – I primi a trasferire all’ estero casse di lingotti sarebbero stati i talebani alla vigilia della caduta di Kabul. Un tesoro – si racconta – trasferito negli Emirati Arabi a bordo dei jet forniti da un trafficante russo. Una «tradizione» proseguita in modo legale, e truffaldino, dagli attuali padroni del potere afghano.

Negli ultimi tre anni – ha rivelato il Wall Street Journal – sarebbero stati portati fuori dal Paese ben 3 miliardi di dollari. Valige di soldi impilate in appositi contenitori e poi caricate sugli aerei in partenza ogni giorno dalla capitale. Un fiume di denaro dichiarato alla dogana ma senza la regolare documentazione: non se ne conosce l’origine né la destinazione finale. Funzionari della Nato non escludono che i fondi siano stati sottratti ai progetti di cooperazione finanziati dall’ Occidente.

E altre somme consistenti sarebbero invece i ricavi del traffico internazionale di stupefacenti. Inoltre la somma di 3 miliardi è solo una parte di un bottino ben maggiore. Un’ inchiesta condotta nel dicembre dello scorso anno ha ipotizzato che ogni giorno da Kabul partano 10 milioni di dollari, frutto di operazioni illegali.

Continua a leggere

Afghanistan: talebani incendiano due scuole, decapitato un preside

News Esteri

Ultimo aggiornamento: 27 giugno, ore 13:49

Kabul, 27 giu. (Adnkronos/Dpa) – Ancora nuovi attacchi dei talebani contro le scuole afghane. Due scuole elementari nel sud dell’Afghanistan sono state date alle fiamme, mentre è stato decapitato il preside di un’altra scuola dello stesso distretto.

Lo ha reso noto, con un comunicato diffuso oggi, il ministero dell’Istruzione afghano precisando che Sakandar Shah Mohammadi, preside della Al Berooni School nel distretto di Qara Bagh della provincia di Ghazni è stato decapitato ieri.

Le donne afghane e la dipendenza dalla droga

Afghanistan – Women Wed to Addiction Find Relief at Kabul Center
12/07/08
By Masha Hamilton

WeNews correspondent

Afghanistan – Donne dipendenti da droga trovano sollievo in un centro clinico a Kabul.

(Estratto da una ricerca effettuata nel luglio 2008)
Di Masha Hamilton
WeNews correspondent

Womens addict Aumenta continuamente in Afghanistan la dipendenza delle donne dalla droga, che aspirano il fumo esalato dai mariti. Una clinica riservata a sole donne è stata aperta l’anno scorso a Kabul. La direttrice stima che circa un terzo delle donne della città siano dipendenti.

Kabul, Afghanistan. In un edificio di cemento cosparso di fori di pallottole e collocato sul lato di una collina in una zona pericolosa, un gruppo di donne dipendenti da droga è riunito in due nude stanze occupate da una famiglia. Molte hanno con loro dei bambini e ascoltano un’appassionata operatrice sociale che le sta spingendo a recarsi al centro per trattamenti anti-droga riservato alle donne.
“Sorelle, se i vostri mariti fumano eroina o se voi stesse prendete l’oppio come medicina, sappiate che è come ingerire veleno”, dice Nadara Saee, accucciandosi davanti a loro. “Inoltre, questo è un grande peccato contro l’Islam e vi rende incapaci di prendervi cura dei vostri bambini. Per favore, ascoltatemi. Dovete farvi curare”.
“In nome di Dio, voglio venire”, mormora la 45enne Torpakai, che come molti afghani ha un solo nome. “Tuttavia, non ho ancora il permesso di mio marito. Se Dio vorrà, dovrebbe darmelo domani”.
“Allora torneremo domani, sorella”, promette Saee.

Continua a leggere

All’interno di una miniera di carbone afghana che si sta sgretolando

mines1 150x150Inside a crumbling Afghan coal mine
By Quentin Sommerville
BBC News, Pul-e Khumri, northern Afghanistan
The coal wagon rattles along, descending sharply under the hills of Pul-e Khumri, deep into the mine.
At about 100m (328ft) down, the tunnel narrows and it is striking how primitive it all looks.
The roof is held up by bent and twisted wooden stakes which look like they were put in many hundreds of years ago rather than 60 years ago, when the mine was first dug.
It was the Soviets who first discovered Afghanistan’s huge mineral wealth: coal, gold, silver, iron and copper ore, and more besides.

 

Continua a leggere