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Autore: Anna Santarello

Afghanistan: prima dell’arrivo dei talebani ripetuti crimini di guerra e bagni di sangue senza sosta

Amnesty.it 15 dicembre 2021

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Secondo un rapporto diffuso oggi da Amnesty International, prima della presa del potere dei talebani in Afghanistan le forze di sicurezza afgane, l’esercito statunitense e gli stessi talebani si sono resi responsabili di attacchi che hanno causato enormi sofferenze alla popolazione civile.

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TJA: il 2022 sarà l’anno della vittoria

Retejin.org 2 gennaio 2022

Il TJA (Movimento delle Donne Libere) ha festeggiato il nuovo anno dei popoli e delle donne che resistono alla dominazione maschile e ha detto che il 2022 sarà l’anno della vittoria.

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Traduciamo il comunicato da ANF, 1 gennaio 2022.

Il Tevgera Jinên Azad (TJA), Movimento delle Donne Libere, ha scritto in un comunicato per il nuovo anno:

“Noi, popoli, identità e donne che hanno resistito con fatica e sacrificio per migliaia di anni e hanno protetto tutte le bellezze che venivano cercate per essere distrutte, ci stiamo lasciando indietro l’anno 2021.

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Imprenditori, uomini d’affari, contractor: chi ha vinto davvero la guerra in Afghanistan

Open, 1 gennaio 2022  Open 1 1 22

Un’inchiesta del Wall Street Journal parla di una spesa di 14 trilioni di dollari da parte del Pentagono. Molti finiti nelle tasche di produttori di armi e appaltatori. Il caso degli interpreti

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Afghanistan, un bilancio dell’esperienza militare italiana

Contropiano – Andrea Vento

A distanza di quattro mesi dal ritiro delle forze Nato e dal ritorno dei Talebani al potere, nel nostro Paese ancora non sono stati improntati né una seria riflessione pubblica, né un bilancio politico ufficiale sui risultati di 20 anni di presenza militare, sui suoi esiti, i sui suoi costi e sulle ricadute sulla popolazione afghana.

Il mal pianificato ritiro delle forze armate Usa e Nato disposto dall’amministrazione Biden, a seguito degli Accordi di Doha, sottoscritti da Trump il 29 febbraio 2020, e la drammatica fuga dal Paese degli occidentali e dei loro collaboratori dopo la repentina presa di Kabul da parte dei Talebani del 15 agosto, hanno concluso, con la partenza degli ultimi voli di evacuazione del 31 agosto 2021, la ventennale presenza militare, anche italiana, in Afghanistan.

Nonostante fossimo stati fra i principali attori delle vicende militari degli ultimi vent’anni del Paese centroasiatico, fin dalla seconda metà di agosto l’attenzione politica e mediatica è stata tuttavia indirizzata sulla questione del caotico e parziale trasferimento all’estero dei collaborazionisti afghani e sul nuovo esodo di profughi, le vere vittime dell’intera vicenda, che il ritorno dei Talebani al potere ha innescato.

Migliaia di persone che, a vario titolo, avevano prestato servizio per le forze della Nato o per il corrotto governo di Asrhaf Ghani sono state in pratica abbandonate al rischio delle probabili ritorsioni talebane.

I responsabili della disastrosa esperienza afghana nell’intento di distogliere l’attenzione dalle reali cause del disastro, si sono adoperati per implementare una ben architettata campagna di distrazione di massa.

Il ceto politico direttamente coinvolto e i media compiacenti, infatti, hanno cercato di sollevare sdegno nell’opinione pubblica nostrana in modo da far apparire come unici responsabili delle violenze e del caos di quei giorni agostani gli “studenti coranici”.

La formazione del nuovo governo monocolore talebano ai primi di settembre, in disprezzo di un fondamentale pilastro degli Accordi di Doha, ha innescato come ritorsione sia il mancato riconoscimento politico del nuovo esecutivo, sia l’applicazione di “sanzioni economiche” occidentali.

Le nuove misure restrittive, divenute ormai una consolidata prassi ai danni dei governi che intendono sottrarsi all’assoggettamento Usa, hanno portato, da un lato, al congelamento dei 9 miliardi di $ di fondi della Banca Centrale Afghana depositati all’estero e, dall’altro, alla sospensione dei generosi finanziamenti e aiuti (pari ad almeno il 20% del Pil afghano) che avevano tenuto in piedi fino a quel momento la traballante Repubblica Islamica dell’Afghanistan, il nuovo stato creato dagli occidentali dopo l’invasione del 2001.

Una gravissima crisi umanitaria, con il 72% della popolazione in condizioni di povertà già a settembre 2021, e pesanti ripercussioni economiche, con il crollo del Pil autunnale stimato intorno al 40%, sono gli inevitabili effetti di tali provvedimenti.

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“Libertà, lavoro, cibo”: fanno il giro del mondo le immagini delle donne afghane in piazza a Kabul

Luce, 29 dicembre 2021, di Letizia Cini donne protesta

La protesta arriva a pochi giorni dal decreto che stabilisce che le donne afghane non possano allontanarsi per più di 75 chilometri dal luogo di residenza se non sono in compagnia di un parente stretto di sesso maschile.

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Afghanistan. Con il governo talebano chiusi 231 media, 6.400 giornaliste e giornalisti disoccupati

AgenPress.it, 26 dicembre 2021 

Aggiornaliste_copy.jpgenPress – Dalla caduta dell’ex governo afghano il 15 agosto, i media in Afghanistan hanno dovuto affrontare nuove sfide che hanno portato alla chiusura di molti punti vendita e hanno causato la perdita del lavoro a molte donne reporter, Reporters Without Borders (RSF) e l’Afghan Independent Journalists Association (AIJA) ha detto mercoledì.

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Afghanistan, nuova stretta dei talebani sui diritti delle donne: niente viaggi se non accompagnate

Continuano gli attacchi ai diritti delle donne del governo talebano

Luce, 26 dicembre 2021, di Camilla Prato LUCE 26dic01

Ancora un passo indietro per i diritti delle donne nell’Afghanistan dei talebani. L’ultima stretta imposta dai sedicenti studenti coranici vieta di viaggiare da sole per lunghe distanze (oltre i 72 km),

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Il tempo della libertà è arrivato: Appello per una mobilitazione in Italia il 12 febbraio per la liberazione di Abdullah Öcalan

Uiki Onlus, 20 dicembre 2021

Ocalan libertàDa 23 anni Abdullah Öcalan è stato imprigionato a seguito della cospirazione internazionale del 15 febbraio 1999. Per oltre dieci anni è stato l’unico prigioniero nell’isola fortezza di Imrali. Nonostante le condizioni indescrivibili del suo isolamento non ha mai smesso di sperare in una soluzione pacifica ai conflitti in Medio Oriente. Per diversi anni Öcalan è riuscito a negoziare con il governo turco per raggiungere questo obiettivo. La stragrande maggioranza della popolazione curda vede Abdullah Öcalan come proprio rappresentante, e ciò è stato confermato dalla raccolta di firme di oltre 3,5 milioni di curdi nel 2005. Ocalan è un attore politico e il suo status ha anche dimensioni politiche più ampie. La società curda, così come gli analisti politici, lo considerano un leader nazionale e il rappresentante politico dei curdi.

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Laiche e resistenti, Malalai Joya e le altre

Simona Maggiorelli, Left, 23 dicembre 2021

Malalai Joya ritrattoLa crisi umanitaria afgana è la peggiore che si sia mai vista, ammettono le Nazioni unite: «Un milione di bambini rischia di morire di fame nei prossimi mesi».

Dopo 40 anni di guerra e cinque mesi di governo talebano l’Afghanistan è al collasso sanitario, economico, politico. Povertà, fame, mancanza di servizi essenziali, violenza quotidiana contro le donne alle quali è impedito studiare e lavorare liberamente, violenze e abusi sui bambini venduti come merce, repressione di ogni dissenso e persecuzione di giornalisti e attivisti…

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