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Autore: Anna Santarello

Afghanistan fallimento dell’intelligence occidentale: Talebani organizzati da anni per la presa del Paese

PRP Channel, 30 novembre 2021 PRP Channel 30 nov

Secondo un  rapporto, reso noto domenica scorsa dal Wall Street Journal, i talebani l’estate scorsa sono riusciti a prendere il potere in pochissimo tempo, secondo un piano ben studiato

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Turchia accusata di usare armi chimiche sui curdi. E il mondo tace

Voci Globali, 29 novembre 2021 

[Traduzione a cura di Valentina Gruarin dell’articolo originale pubblicato su openDemocracy] 2H3W5E8.max 760x504

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) si è appellato ad alcune organizzazioni internazionali perché indaghino sulle accuse da esso rivolte alla Turchia che pare abbia usato, più di 300 volte, armi chimiche contro le forze curde nella regione del Kurdistan, in Iraq.

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Gli avvocati dello studio legale Asrın si rivolgono alle istituzioni internazionali: smascherate questo isolamento illegale

Uikionlus, 28 novembre 2021 Avvocati Ocalan

L’ufficio legale di Asrın si è rivolto alle istituzioni internazionali in merito alla situazione del leader del PKK Abdullah Öcalan e Ömer Hayri Konar, Hamili Yıldırım e Veysi Aktaş e ha chiesto loro di prendere posizione sull’isolamento di Imrali.

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Afghanistan: le aziende cinesi sono interessate alle riserve di litio

Sicurezza Internazionale, 29 novembre 2021

I rappresentanti di più aziende cinesi sono arrivati in Afghanistan con visti speciali e stanno conducendo ispezioni in loco per potenziali progetti legati al litio, mentre altri hanno preso contatti su tali progetti. La notizia è stata diffusa dal quotidiano cinese Global Times, il 23 novembre, citando diversi uomini d’affari cinesi in Afghanistan

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Afghanistan, la grande fame a Kabul: a Herat i bambini muoiono denutriti

In Afghanistan si sta consumando una crisi umanitaria senza precedenti la comunità internazionale dopo il disastro di metà agosto deve trovare il modo di inviare gli aiuti senza legittimare il governo talebano

Corriere della Sera Esteri, 28 novembre 2021, di Lorenzo Cremonesi FAME Kabul

Le immagini dalla clinica di Herat di Medici senza frontiere mostrano bambini di un chilo e mezzo, devastati da polmoniti e malattie da denutrizione. «Le mamme non hanno latte, muore un bambino al giorno»

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Telekabul del Terzo Millennio

Enrico Campofreda, 22 novembre 2021

afghanistan veloLa Telekabul del Terzo Millennio, prende corpo nella capitale afghana sotto le indicazioni del dicastero per la Promozione della Virtù e della Prevenzione del Vizio, sì proprio così. Se ne occupa direttamente il ministro Muhammad Khalid Hanafi, che ieri in conferenza stampa ha annunciato di voler reclutare giornalisti da opporre alla ‘propaganda negativa’ che investe il governo talebano. L’idea, immaginiamo, sia quella di promuovere propri propagandisti più che giornalisti, e si pensa di allargare la professione alle stesse donne. Tutto il personale dovrà essere in linea coi valori della Shari’a, ideologicamente ed esteticamente, per cui le anchor indosseranno l’hijab, e più spesso il niqab che lascia liberi solo gli occhi. Probabilmente i cronisti sfoggeranno una fluente barba. Il ministero vuole anche ricondurre la visione di film a princìpi corretti che non contrastino la legge islamica. “Ogni trama che insulti riti religiosi e la dignità umana non dovrebbe essere mandato in onda” ha dichiarato Hanafi, rifacendosi al materiale proveniente da produzioni di Paesi vicini che non adottano un adeguato “sistema di filtraggio”. Il riferimento è rivolto a filmografia e varietà considerati indecenti, tollerati e trasmessi, ad esempio dalla tivù pakistana. Ma il concetto dell’indecenza del ministro-censore è ampio, e può comprendere la presenza sulle scene di personaggi femminili. Cosicché il dicastero darebbe via libera a contenuti interpretati da soli attori di sesso maschile. Inoltre “Serie e immagini del profeta sono assolutamente vietate”. Tutto ciò non viene posto come imposizione governativa, bensì sotto forma di “consiglio” rivolto a media e addetti ai lavori. Un consiglio che va ad aggiungersi ad altri, questi più spinti e divulgati sotto forma di norme relative sempre all’abbigliamento e all’orientamento di studentesse universitarie e giornaliste, che prendendo un eccesso di libertà rischiano la fustigazione. Appena dopo la presa del potere i turbanti avevano sostenuto la volontà di rispettare l’indipendenza dei media, purché questi non ostacolassero i ‘valori nazionali’. Nel mese di settembre il suddetto ministero della Promozione della Virtù, in sostituzione del  ministero degli Affari femminili, già  impediva alle donne l’esercizio di molti lavori. Eppure nei Palazzi dell’Emirato ci si sente innovativi. Nel quinquennio 1996-2001 il governo del mullah Omar, disdegnava qualsiasi apertura ai media, vietava film e intrattenimenti giudicati nel complesso immorali. All’epoca i più facoltosi, possessori di apparecchi televisivi, rischiavano oltre alle pene di fustigazione e possibili carcerazioni lo smembramento del demoniaco elettrodomestico. L’unica stazione radio udibile era Voice of Shari’a. Oggi è tutta un’altra storia.

Afghanistan: se i media hanno una responsabilità nel disastro

Il regista Yourish: “Anche nel cinema domina la narrativa occidentale”. 

Luciana Borsatti, Babel, 19 novembre 2021

afghanistan media“Abbiamo perso tutta la nostra fiducia e la nostra speranza nella comunità internazionale e anche nei media internazionali. Questi ultimi del resto sono stati i principali attori nel dar forma alla narrativa della guerra in Afghanistan, concentrandosi su alcuni aspetti del conflitto e dando conto dei fatti in modo selettivo, e così sono stati profondamente coinvolti nel crearsi dell’attuale situazione”.

Ilyas Yourish è un giovane regista afgano che oggi vive a Bruxelles, ma che fino alla presa di Kabul da parte dei talebani si recava spesso in patria: le ultime riprese per il film “Kamay”, diretto insieme a ShahrokhBikaran, le aveva compiute nell’Afghanistan centrale a metà luglio, poche settimane prima che i talebani conquistassero la capitale dopo il ritiro degli Usa e della Nato dal Paese.

Ora il film – la storia di una ragazza di una zona rurale che cerca la verità sul misterioso suicidio della sorella nell’università di Kabul – è in post-produzione, ma il pensiero di Yourish va soprattutto ai colleghi rimasti in patria. Per questi si era mobilitato insieme a un gruppo di amici cercando per loro, tramite diverse ambasciate europee, una via di fuga – sforzi solo in parte riusciti, visto che 25 suoi connazionali sono stati accolti dai Paesi Bassi (16), dall’Italia (7) e dalla Finlandia (2), mentre 13 sono in attesa di evacuazione in Germania. Ma altri 200, tra gente del cinema e loro familiari, restano bloccati e temono per la loro vita, talvolta costretti a cambiare domicilio anche due volte la settimana.

Con Yourish, ospite insieme ad AboozarAmini (autore di “Kabul City in the Wind”) del festival Middle East Now nell’ottobre scorso a Firenze, parliamo ora proprio della narrativa occidentale sull’Afghanistan e di come questa abbia contribuito a determinare il destino del Paese.

“Per esempio certi video dei talebani che picchiavano le donne e giustiziavano le persone nello stadio di Kabul – risponde – sono stati usati dai media mainstream per giustificare in qualche modo l’invasione americana del 2001”. Non che non si dovesse agire per fermare i crimini dei talebani, prosegue Yourish, “ma quando si è trattato per le forze Nato di concludere la missione in Afghanistan, gli stessi media internazionali, coordinandosi con i talebani, si sono recati nei loro territori e riportato come governavano e se rispettavano o meno i diritti delle donne”.

Oppio ed eroina, ecco cosa tiene in piedi il Pil dell’Afghanistan

L’ultimo rapporto delle Nazioni unite: dal Paese centroasiatico arriva l’80% degli oppiacei consumati nel mondo. Calano del 21% gli ettari coltivati a papavero, ma cresce la resa. E anche il prezzo

Alessandro De Pascale – il Manifesto – 20 novembre 2021

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Il primo dato, ovviamente, è ad effetto: «Otto consumatori su 10», tra quanti attualmente usano oppio, morfina ed eroina, si ritrovano tra le mani oppiacei afghani. Il dato è contenuto nell’ultimo report sulla droga in Afghanistan appena diffuso dall’Ufficio contro la droga e il crimine (Unodc) delle Nazioni unite. Spiegando così, in maniera dirompente, come anche nel 2020 quel remoto e montuoso Paese dell’Asia centrale senza sbocchi sul mare, ora tornato in mano ai talebani e al loro emirato islamico, abbia rappresentato «l’85% della produzione globale di oppio, rifornendo circa l’80% di tutti i consumatori di oppiacei nel mondo».

Gli oppiacei sono del resto, da decenni, l’unico prodotto con il quale l’Afghanistan partecipa al mercato mondiale. Peraltro da leader incontrastato e fin dall’invasione e occupazione del Paese da parte di anglo-americani e Nato avvenuta nel 2001.

Agli afghani coinvolti in questo business, sempre stando alle ultime stime dell’Unodc, gli oppiacei garantiscono «tra 1,8 e 2,7 miliardi di dollari di profitti». Tra mercato interno ed esportazioni estere, oppio ed eroina generano ormai per l’Onu «tra il 9% e il 14% del prodotto interno lordo» dell’Afghanistan, superando persino il valore delle esportazioni legali di beni e servizi ufficialmente registrate, «stimate nel 2020 al 9% del Pil».

Tornando all’oppio che si raccoglie dalla pianta di papavero, «il raccolto del 2021 completato a luglio», in concomitanza con la presa del potere dei talebani, «ha visto per il quinto anno consecutivo una produzione ai massimi storici, pari a 6.800 tonnellate, in grado di garantire potenzialmente fino a 320 tonnellate di eroina pura da smerciare nei mercati di tutto il mondo».

Questo grazie a un aumento della resa di oppio per ogni ettaro (+8% rispetto allo scorso anno), che per l’Unodc è riuscita a compensare il calo registrato per la prima volta quest’anno di aree coltivate in Afghanistan a papavero da oppio: 177mila ettari, con una riduzione di 47mila rispetto al 2020 (-21%).

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