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Tag: Curdi

La Turchia non chiude all’attacco ai curdi: Siria ancora in bilico tra guerra e pace

Inside Over, 21 dicembre 2024, di Giuseppe Gagliano

Il  19 dicembre un portavoce del Ministero della Difesa turco ha smentito categoricamente la possibilità di un accordo di cessate il fuoco tra Ankara e le Syrian Democratic Forces (SDF), nonostante le dichiarazioni del Dipartimento di Stat

americano che annunciavano una tregua fino al 22 dicembre. Definendo l’annuncio di Washington un “lapsus”, il rappresentante turco ha ribadito che la Turchia non dialogherà con quelle che considera estensioni del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), classificato come organizzazione terroristica.

La tensione crescente tra la Turchia e le forze curde in Siria, sostenute dagli Stati Uniti, è parte di un conflitto più ampio che coinvolge anche le relazioni già fragili tra Ankara e Washington. Gli Stati Uniti, pur riconoscendo il PKK come organizzazione terroristica, continuano a collaborare con le SDF, il cui principale componente, le Unità di Protezione Popolare (YPG), è considerato dalla Turchia una minaccia esistenziale. Le forze sostenute da Ankara, tra cui l’Esercito Nazionale Siriano (SNA), hanno intensificato le operazioni lungo il confine per “liberare” le aree controllate dalle YPG.

Secondo fonti statunitensi riportate dal Wall Street Journal, un’importante concentrazione di truppe turche è stata osservata nei pressi di Kobani, città simbolo della resistenza curda, suggerendo l’imminenza di un’operazione transfrontaliera. Il dispiegamento include commandos, artiglieria e milizie alleate, in una manovra che richiama le operazioni militari turche precedenti. Le implicazioni di una nuova offensiva sono significative: oltre 200.000 civili curdi potrebbero essere sfollati, e le già vulnerabili comunità cristiane nella regione rischiano di essere travolte.

Ankara ha già lanciato tre operazioni militari in Siria dal 2016, con l’obiettivo dichiarato di impedire ai curdi di stabilire un’entità autonoma lungo il confine turco-siriano. Ora, con l’accumulo di truppe e l’intensificazione della retorica, sembra pronta a ripetere questo schema. Il portavoce turco ha dichiarato che “la lotta al terrorismo continuerà fino a quando il PKK/YPG non deporrà le armi e i combattenti stranieri non lasceranno la Siria”, senza fornire dettagli su eventuali nuove operazioni dirette.

La situazione ha attirato l’attenzione di un alto funzionario curdo, Ilham Ahmed, che ha inviato una lettera al presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, esortandolo a intervenire. Ahmed ha accusato Ankara di voler consolidare il controllo sui territori curdi prima dell’insediamento della nuova amministrazione americana, ricordando a Trump le sue precedenti promesse di proteggere le forze curde, definite “alleati fondamentali” nella lotta contro il terrorismo.

La prospettiva di una nuova offensiva turca rischia di destabilizzare ulteriormente una regione già fragile, minacciando gli sforzi internazionali per contenere il conflitto. Con Antony Blinken che non è riuscito a ottenere impegni concreti da Recep Tayyip Erdogan, e l’amministrazione Trump ancora in transizione, il futuro delle relazioni tra Turchia, Stati Uniti e SDF appare più incerto che mai. Nel frattempo, sul terreno, gli equilibri si spostano pericolosamente verso un’altra escalation, lasciando le popolazioni locali intrappolate in un conflitto senza fine.

Imminente attacco turco alle città della Siria settentrionale – L’UE deve fermare Erdoğan

pressenza.com Bolzano, Göttingen Associazione per i Popoli Minacciati 17dicembre 2024

L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) chiede all’UE di impedire al sovrano turco Recep Tayyip Erdoğan di lanciare un grande attacco alle città settentrionali siriane di Kobani e Raqqa, che sono sotto il controllo delle Forze Democratiche Siriane (SDF) guidate dai curdi.

Nei suoi colloqui con il Presidente Erdoğan, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen deve fare tutto il possibile per impedire un attacco turco alle città di Kobani e Raqqa. Nelle ultime settimane circa 200.000 rifugiati hanno trovato rifugio nella regione controllata dai curdi intorno alle due città. In caso di nuova aggressione turca, essi e centinaia di migliaia di curdi, assiri/aramaici, armeni, cristiani, yazidi, aleviti e molti sunniti che rifiutano un regime islamista in Siria dovranno fuggire. Un attacco turco sarebbe una catastrofe umanitaria e la fine di un futuro pluralistico per la Siria. La città curda di Kobani è una città simbolo nella lotta contro l’IS. Raqqa, l’ex capitale dell’IS, è stata liberata dai curdi con grande sacrificio.

Anche l’IS sarebbe rafforzato dagli attacchi turchi. Inoltre, circa 11.000 membri dell’IS potrebbero evadere dalle prigioni nella regione del Rojava e raggiungere l’Europa attraverso la Turchia. Se i membri dell’IS evadono dalle prigioni nel nord della Siria e vengono in Europa, il rischio di attacchi islamisti aumenta anche qui, ad esempio nei mercatini di Natale. I politici, soprattutto in Germania, che non riconoscono questi pericoli e sostengono Erdoğan agiscono in modo irresponsabile e mettono in pericolo la vita delle persone.

L’APM critica l’invio di un diplomatico tedesco dell’UE in Siria. Per anni abbiamo chiesto alla Germania e all’UE di fornire aiuti umanitari ai curdi che combattono contro l’IS nel nord della Siria. La richiesta è stata respinta perché il PKK curdo è classificato come organizzazione terroristica dalla Turchia e dai suoi sostenitori. La Germania e l’UE considerano l’SDF vicina al PKK. Il fatto che l’islamista HTS, che ora controlla gran parte della Siria, sia sulla lista dei terroristi delle Nazioni Unite non sembra invece essere un problema.