Il 2 dicembre 2024 dall’enclave jihadista di Idlib sono usciti, armati sino ai denti, i tagliagola che, in questi tempi di alleanze variabili, hanno conquistato la dignità di “ribelli”, e non perché abbiamo cambiato programma ma perché adesso chi li sostiene è palesemente la Turchia, con il beneplacito di USA e Israele. Hanno attaccato la città martire di Aleppo, preso TalRifaat e Hama. Dai media arrivano notizie di rapimenti di combattenti delle YPJ (Unità di Protezione delle Donne), caricate sui camion brutalmente e portate chissà dove, colpevoli di essere soggettività oppresse che hanno osato invece autodeterminarsi con la lotta.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che non ha mai smesso di vessare la zona autonoma dei kurdi, adesso, sconfitti gli hezbollah in Libano – ormai impossibilitati a dare sostegno alla Siria – prova a liquidare i kurdi per interposta persona dando il via libera ai gruppi jihadisti. Gli obiettivi che Erdogan vorrebbe raggiungere sono ambiziosi: impadronirsi di altri pezzi della Siria del Nord; tenere, quantomeno, sotto controllo i kurdi e, perché no, liberarsi dei milioni di profughi siriani spingendoli verso le terre del Rojava.
Tutto ciò con piena soddisfazione di Benjamin Netanyahu che ha bisogno di smantellare la Siria per attaccare l’Iran, il colpo grosso da offrire in dono a Trump, una volta insediatosi come presidente, che chiuderà i suoi occhi e quelli del resto dei cosiddetti Paesi democratici sulla strage dei palestinesi.
Ci verrà detto, per addomesticare il nostro disgusto, che tutto ciò viene fatto per costruire la pace. Ma nessuna pace si costruisce sulle case distrutte, i corpi straziati e la prepotenza del più forte. Solo un progetto che prevede la costruzione di una società laica, democratica ed ugualitaria, dove cooperano tra loro etnie, confessioni, cultura e identità diverse, che rispetti la terra e che metta al centro del cambiamento la rivoluzione delle donne può portare pace in quell’area i cui confini sono stati tracciati, quasi ottant’anni fa, dall’Occidente colonialista solo per fomentare l’instabilità dell’area, sfruttarla e controllarla.
Diciamo BASTA MOBILITIAMOCI in sostegno alle combattenti kurde E AL POPOLO CURDO e contro ogni fondamentalismo, compreso quello economico imperiale dell’Occidente.
MOBILITIAMOCI per i territori autonomi del Nord-Est della Siria, affinchè delle valorose combattenti non debbano sacrificarsi a causa della nostra indifferenza.
Rete Jin Milano, 05 dicembre 2024
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