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Tag: Siria

Attacchi della Turchia nel nord e nell’est della Siria

Lo stato turco ha attaccato tutte le regioni della Siria settentrionale e orientale dopo l’attacco di Tal Rifaat. Almeno 7 civili sono stati uccisi.

ANF News, 24 ottobre 2024

Lo stato turco ha attaccato tutte le regioni della Siria settentrionale e orientale dopo l’attacco di Tal Rifat, che ha ucciso 4 civili. Mentre le conseguenze complete degli attacchi in molte regioni non sono chiare, è stato riferito che 3 persone sono state uccise e decine di persone sono rimaste ferite a Qamishlo.

 

CANTONE DI KOBANÊ

Lo Stato turco ha bombardato il centro della città di Kobanê con veicoli aerei senza pilota armati (SIHA) per un totale di 7 volte. Si è appreso che 3 membri delle Forze di sicurezza interna sono rimasti feriti negli attacchi.

Lo Stato turco ha preso di mira anche le strutture di servizio nella regione. Come risultato dell’attacco alla centrale elettrica di Kobanê, l’elettricità è stata tagliata in tutta la città.

Successivamente lo Stato turco bombardò i villaggi di El-Seyada, Ewn El-Dadat, El-Toxar e El-Diric a Manbij con armi pesanti e obici.

Fonti delle Forze Democratiche Siriane (SDF) hanno riferito che lo Stato turco occupante ha preso di mira la maggior parte dei villaggi situati nella campagna occidentale di Girê Spî ad Ain Issa (Gaz Elî, Bîr Kanno, Serûce, Hasadat e Naît); e che il villaggio di Ummal-Berameel_El-Muxhelat, situato a est di Ain Issa, è stato bombardato con armi pesanti.

 

CANTONE DI AFRIN E SHEHBA

Lo stato turco ha ucciso 4 persone, tra cui 1 bambino, e ne ha ferite 10 a Tal Rifaat. Allo stesso tempo, aerei da guerra e da ricognizione continuavano a volare sul Cantone di Afrin-Shahba.

L’esercito turco ha anche attaccato i villaggi di Sherawa di Birciqasê, Kilotê, Meyasê, Zirneîtî, Soxanekê, Qinêtrê, Aqîbê, Bênê; Tinib, Merenazê, Malikiyê, Elqamiyê, Şêwarqa nel distretto di Shera e i villaggi di Eyndeqnê, Miniq, Belûniyê, Şêx Îsa, Hirbil, Simuqa, Til Medîq, Til Cîcan, Nêyrebiyê, Radarê, Şealê, Xirbê nel cantone di Shehba con armi pesanti.

 

CANTONE DI QAMISHLO

D’altro canto, ha attaccato il villaggio di Mêrga Mîra a Dêrik con un SİHA. Si è appreso che la casa presa di mira dallo stato turco occupante era vuota e che non vi erano perdite se non danni materiali.

Anche i villaggi di Tepkê û Girê Wira a Dêrik figuravano tra gli obiettivi dello Stato turco.

Il villaggio di Um-Elkêf nel distretto di Til Temir è stato bombardato da obici.

Lo Stato turco ha preso di mira i centri di sicurezza nei quartieri Enteriyê e Hilko di Qamishlo e il centro sanitario Xelîc con droni. È stato riferito che 3 persone sono state uccise e molte altre sono rimaste ferite negli attacchi.

Lo Stato turco ha attaccato un magazzino di grano nel quartiere Enteriyê di Qamishlo con dei droni. Secondo le informazioni ottenute, si sono verificati danni materiali.

Lo stato turco, che prende di mira insediamenti civili e infrastrutture, ha bombardato una stazione elettrica e i suoi dintorni nella città di Amûdê. Non è stato possibile apprendere i dettagli dell’attacco.

Una delle aree di servizio prese di mira a Derik è stata la stazione di servizio Tiflê nel villaggio di Siwêdiyê nella regione di Koçerat. È stato riferito che la stazione è stata bombardata 3 volte da UAV e molti lavoratori sono rimasti feriti. Lo stato occupante l’ha poi bombardata ancora una volta. È stato riferito che le ambulanze e il pubblico non hanno potuto recarsi sul posto a causa dell’attività degli UAV.

Anche una stazione di servizio è stata bombardata a Derik. È stato riferito che la stazione di servizio nel villaggio di Banê Şikeftê in città è stata danneggiata.

Intorno alle 03:00 ora locale, il quartiere Qenatsiwês di Qamishlo è stato bombardato.
Aerei da guerra appartenenti allo stato turco occupante hanno bombardato la stazione di servizio Ûda nel villaggio di Seîde nella campagna settentrionale di Tirbespiyê nel cantone di Cizre.

Non sono ancora state ottenute informazioni in merito ai danni. La stazione in questione è stata presa di mira anche dallo stato turco occupante alla fine del 2023 e all’inizio del 2024.

(Traduzione automatica)

Nove testate internazionali accusano l’Ue di finanziare deportazioni di massa dalla Turchia verso Siria e Afghanistan

EUNEWS, 11 ottobre 2024, di Simone De La FeldL’inchiesta, coordinata dalla piattaforma investigativa Lighthouse Reports, svela l’enorme macchina con cui le autorità turche attuano vere e proprie deportazioni forzate dei profughi afghani e siriani. Bruxelles, accusata di finanziare il sistema e “chiudere un occhio”, risponde: “Turchia è partner chiave”

Bruxelles – Una nuova inchiesta giornalistica smaschera la complicità – o almeno la negligenza, se si vuole essere in buona fede – dell’Unione europea nelle sistematiche deportazioni di centinaia di migliaia di rifugiati afghani e siriani dalla Turchia verso i paesi d’origine. Nove testate internazionali, coordinate dalla piattaforma investigativa Lighthouse Reports, hanno ascoltato testimoni, raccolto prove visive e documenti in Turchia e a Bruxelles, rivelando non solo che le infrastrutture di detenzione ed espulsione sono foraggiate con denaro dell’Ue, ma che le istituzioni europee “sono consapevoli di finanziare questo sistema, ma scelgono di chiudere un occhio”.

I giornalisti di El PaísDer SpiegelPoliticoEtilaat RozSIRAJNRCLe Monde e l’italiana L’Espresso, hanno seguito l’enorme flusso di risorse – oltre 10 miliardi di euro, dal 2015 a oggi – che l’Ue ha stanziato per fare della Turchia una zona cuscinetto per impedire a milioni di rifugiati in fuga dalle persecuzioni dei talebani e dalla guerra civile in Siria di raggiungere l’Europa. E hanno scoperto 30 centri di espulsione realizzati e finanziati dall’Ue, utilizzati dalle forze di sicurezza turche per imprigionare e deportare con la forza centinaia di migliaia di persone. A supporto, l’indagine ha affiancato immagini di attrezzature finanziate dall’Ue utilizzate dalla polizia di Ankara per condurre arresti di massa nelle città turche e deportazioni in Siria. Incluso un bus con tanto di bandiera a 12 stelle stampata sulla fiancata.

Fondi utilizzati per ampliare i sistemi di rilevamento delle impronte digitali e che vengono ora utilizzati per “rintracciare e prelevare i migranti per strada”, oppure per dotare i centri di espulsione “di filo spinato e muri più alti”. Ai detenuti viene “spesso negata” l’assistenza legale, sono stipati in centri sovraffollati e con condizioni igienico sanitarie pessime. Sono sottoposti ad “abusi e persino a torture”. Secondo le testimonianze di 37 persone detenute in 22 diversi centri di espulsione finanziati dall’Ue, molti vengono costretti con la violenza a firmare documenti in cui dichiarano di voler tornare volontariamente nei Paesi da cui sono fuggiti.

L’inchiesta riporta inoltre le testimonianze di funzionari dell’Ue in Turchia e di ex personale dei centri di espulsione, supportate da rapporti e documenti ufficiali di Ankara e Bruxelles. Per 20 volte, denuncia Lighthouse Reports, le richieste alle agenzie dell’Ue di libertà di informazione per accedere ad alcuni documenti “sono state rifiutate con la motivazione che avrebbero potuto danneggiare le relazioni con la Turchia”. Dopo aver parlato con diversi diplomatici e funzionari europei sia a Bruxelles sia in Turchia, non c’è più alcun dubbio: “L’Ue è consapevole di finanziare questo sistema abusivo, e il suo stesso personale ha lanciato l’allarme al suo interno, eppure gli alti funzionari scelgono di chiudere un occhio“.

Un atteggiamento che, stando a quanto rivelato dalla stessa Lighthouse Reports la scorsa primavera, ma anche dal The Guardian e addirittura dalla Corte dei Conti europea, i vertici delle istituzioni europee stanno adottando anche nei confronti delle violazioni dei diritti umani in Tunisia e in Libia. L’accusa è inquietante: sette diplomatici europei in Turchia, che lavorano per l’Ue o per i suoi Stati membri, avrebbero dichiarato di essere a conoscenza delle deportazioni forzate di siriani e delle terribili condizioni all’interno dei centri. Mentre secondo un ex funzionario dell’Ue queste questioni sarebbero state “sistematicamente cancellate” dalle relazioni annuali dell’Ue sulla Turchia.

Da Bruxelles, un muro di gomma. Interpellata sulle denunce di Lighthouse Reports, la portavoce della Commissione europea, Ana Pisonero, ha dichiarato che “la Turchia rimane un partner chiave sulla migrazione e un Paese candidato”, e che “l’Ue riconosce gli sforzi compiuti dalla Turchia nell’accogliere 3,6 milioni di rifugiati“. La risposta è sempre la stessa, che si tratti di Turchia, Tunisia o Libia: “I finanziamenti europei forniti per i centri di espulsione e per l’assistenza al rimpatrio volontario sono nel pieno rispetto degli standard europei e internazionali”, e la responsabilità di indagare sulle accuse di violazioni ce l’hanno le autorità nazionali. “Esortiamo la Turchia a farlo”, ha aggiunto Pisonero.

[N.d.R] per ulteriori info v. anche: The EU is helping Turkey forcibly deport migrants to Syria and Afghanistan