Dalle madrase a TiKToK, l’imperativo è indottrinare
La battaglia contro l’estremismo deve essere combattuta non solo con armi e diplomazia, ma con idee, istruzione e verità. Solo contrastando la narrazione dei talebani possiamo sperare di proteggere la prossima generazione dall’ideologia distruttiva che cerca di definire il loro futuro
Ali Ahmadi, Rukshana Media, 19 novembre 2024
In Afghanistan, la storia dei giovani non è solo un racconto di crescita all’ombra della guerra, ma anche di indottrinamento sistematico. La presa dei talebani sulle giovani menti sta diventando sempre più forte, passando dalle scuole religiose tradizionali chiamate madrase alle piattaforme dei social media che mirano a creare una nuova generazione di radicali devoti alle idee estremiste dei talebani.
Da quando i talebani sono emersi negli anni ’90, le madrase sono state la pietra angolare della loro strategia per indottrinare i giovani. Queste istituzioni, in particolare nelle aree rurali, spesso forniscono l’unica istruzione accessibile e gratuita per i bambini provenienti da famiglie povere. I genitori credono che sia un rifugio sicuro per l’apprendimento; tuttavia, è anche il centro di preparazione della prossima generazione di combattenti talebani.
Con un curriculum strettamente incentrato sui testi religiosi, insegnato senza impegno critico o interpretazione, gli studenti sono spesso isolati dal mondo esterno, che sono incoraggiati a guardare con sospetto e ostilità. L’influenza dei talebani assicura che queste scuole insegnino una versione dell’Islam rigida, esclusiva e apertamente antagonista a qualsiasi cosa percepita come occidentale o moderna, plasmando così una visione del mondo profondamente allineata con la loro ideologia estremista.
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ToggleDa scuole laiche a madrase per rimodellare l’istruzione
Secondo il Ministero dell’Istruzione dei Talebani, in Afghanistan ci sono circa 20.000 di queste madrase, di cui 13.500 sono controllate dal governo. Dal loro ritorno al potere nell’agosto 2021, hanno anche istituito la Direzione dei seminari jihadisti, che supervisiona la costruzione e il funzionamento da tre o dieci madrase in ciascuno dei 364 distretti dell’Afghanistan, un progetto vasto e ambizioso sufficientemente da radicalizzare un’intera generazione.
Tuttavia, la presa dei talebani sull’istruzione si estende ulteriormente con la trasformazione sistematica delle scuole laiche e dei centri di formazione degli insegnanti in madrase. Nemmeno le università sono state risparmiate, poiché i talebani hanno introdotto corsi ideologici per sostituire l’istruzione laica. Ad esempio, hanno triplicato i crediti obbligatori in studi islamici e sia gli insegnanti che gli studenti sono tenuti a studiare una resa glorificata dell’evoluzione dei talebani come risultati.
Inoltre il gruppo nomina lealisti talebani, spesso ex combattenti, a posizioni accademiche chiave, tra cui la dirigenza universitaria. Un esempio lampante è l’Università di Herat, dove il preside è stato sostituito con un combattente talebano noto per aver convinto giovani reclute a compiere missioni suicide, come riportato dal Times Higher Education. Allo stesso modo, i ministri dell’istruzione e dell’istruzione superiore sono due mullah con studi religiosi di base, evidenziando la loro missione di rimodellare l’istruzione in un meccanismo di conformità ideologica.
L’era digitale aumenta la diffusione dell’ideologia
Mentre le madrase tradizionali, le università e le scuole rimangono strumenti potenti per i talebani, l’era digitale ha aperto nuove strade per diffondere la loro ideologia. Piattaforme di social media come TikTok, X (ex Twitter) e Facebook, che sono molto popolari tra i giovani afghani, sono diventate l’ultimo campo di battaglia per la macchina della propaganda dei talebani.
Secondo un rapporto del Toda Peace Institute, tra aprile e metà settembre 2021, i talebani hanno pubblicato oltre 100.000 tweet, mentre una rete di almeno 126.000 account X ha “ritwittato” i loro contenuti quasi 1 milione di volte.
Dopo la caduta di Kabul, i talebani hanno intensificato la loro campagna sui social media per presentarsi come governanti capaci del paese. Hanno lanciato hashtag mirati come #KabulRegimeCrimes, accusando l’ex governo afghano di crimini di guerra, e #WeStandWithTaliban per creare un’illusione di ampio sostegno pubblico. Un altro hashtag, #ﻧَﺼْﺮٌ_ﻣٌﻦَ_اللهِ_ (“La vittoria viene da Dio e l’aiuto di Dio è vicino”), ha fatto appello al sentimento religioso, utilizzando il concetto di jihad per raccogliere sostegno, come dettagliato da Zafar Iqbal, editorialista e autore di “The Troubled Triangle: US – Pakistan Relations under the Taliban Shadow”.
Un rapporto che analizza l’attività dei talebani su X ha rivelato che all’8 maggio 2022 i loro contenuti avevano raggiunto oltre 3,3 milioni di account. Ciò evidenzia la vasta portata della loro influenza online e l’efficacia delle loro strategie di propaganda digitale nel diffondere la loro narrazione.
I giovani particolarmente vulnerabili alla manipolazione
La strategia dei talebani sui social media consente loro di aggirare i tradizionali guardiani delle informazioni, raggiungendo direttamente le case e i telefoni in tutto il mondo. Questa capacità presenta una nuova sfida per coloro che cercano di contrastare l’estremismo, poiché non si tratta più di combattere un’ideologia radicata in villaggi remoti, ma una che è diffusa in tutto il mondo in tempo reale.
Questa presenza digitale non riguarda solo la diffusione di propaganda; riguarda la creazione di una realtà alternativa in cui la visione del mondo dei talebani è la norma. Poiché fanno appello a sentimenti religiosi ed etno-nazionali, i giovani, sia in Afghanistan che nel resto del mondo, sono particolarmente vulnerabili a questo tipo di manipolazione.
Le conseguenze di questa strategia sono di vasta portata: in Afghanistan, porterà a una generazione meno istruita, più isolata dal resto del mondo e più suscettibile alla radicalizzazione; oltre i confini dell’Afghanistan, la diffusione dell’ideologia talebana attraverso i social media potrebbe ispirare e radicalizzare gli individui in tutto il mondo, portando a un aumento dell’estremismo e del terrorismo.
L’impatto tragico sui bambini
L’impatto degli sforzi di indottrinamento dei Talebani, durati decenni, è evidente nelle statistiche. Negli ultimi 20 anni, circa 33.000 bambini sono stati uccisi o mutilati in Afghanistan, una media scioccante di un bambino ogni cinque ore, secondo Save the Children.
I bambini afghani non sono stati solo vittime collaterali del conflitto. Molti sono stati direttamente coinvolti come combattenti, costretti a diventare attentatori suicidi e combattenti. L’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo riferisce che migliaia di bambini sono stati reclutati nelle fila dei talebani, spesso addestrati nelle madrase e reclutati con la forza, la manipolazione o false promesse.
Anche dopo la presa del potere dei talebani nel paese, alcune fonti suggeriscono che il reclutamento di bambini continua e si stima che migliaia di bambini potrebbero ancora far parte delle loro forze.
Il processo di trasformazione dei bambini in armi da guerra spesso inizia in età molto precoce. Rapporti da varie fonti, tra cui Al Jazeera e CNN, indicano che bambini di appena sei anni sono stati reclutati dai talebani, sottoposti al lavaggio del cervello per fargli credere che il martirio in nome della jihad sia il loro destino. La manipolazione psicologica impiegata dai talebani è agghiacciantemente efficace, usando promesse di ricompense celesti e la glorificazione della violenza per cancellare l’innocenza dell’infanzia.
Gli sforzi dei talebani per radicalizzare i giovani afghani rappresentano non solo una minaccia per l’attuale generazione ma un pericolo incombente per il futuro dell’intera nazione. Il sistematico lavaggio del cervello dei bambini assicura che il ciclo di violenza ed estremismo continuerà, con ogni nuova generazione sempre più radicata nella visione radicale del mondo dei talebani.
Misure più forti per prevenire la propaganda estremista
La comunità internazionale deve riconoscere la gravità di questa situazione e agire per contrastare l’influenza dei talebani. Ciò richiede non solo strategie politiche ma anche riforme educative e supporto a narrazioni alternative che promuovano la pace e la tolleranza. Le piattaforme dei social media devono anche assumersi la responsabilità dei contenuti che ospitano, implementando misure più forti per prevenire la diffusione della propaganda estremista.
Mentre il mondo osserva l’evolversi della situazione in Afghanistan, è imperativo che non chiudiamo un occhio sulla guerra che si sta combattendo contro le menti dei suoi giovani. La battaglia contro l’estremismo deve essere combattuta non solo con armi e diplomazia, ma con idee, istruzione e verità. Solo contrastando la narrazione dei talebani possiamo sperare di proteggere la prossima generazione dall’ideologia distruttiva che cerca di definire il loro futuro.
Ali Ahmadi è un ricercatore e laureato in studi sullo sviluppo presso l’Università di East Anglia, Regno Unito
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