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Autore: Anna Santarello

Afghanistan: notizie di comandanti talebani convocati in Pakistan

sicurezzainternazionale.luiss.it  – Maria Grazia  Rutigliano30 marzo 2021

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Mentre continuano le violenze sul campo e si moltiplicano gli appelli diplomatici internazionali, le autorità afghane denunciano la convocazione dei comandanti talebani da parte dell’intelligence del Pakistan. Il fine sarebbe quello di “prepararsi alla guerra”. 

Nazar Ali Wahidi, vice capo della Direzione Nazionale della Sicurezza (NDS), l’agenzia di intelligence afghana, ha riferito la notizia sottolineando che le forze armate sono pronte a reprimere qualsiasi mossa ostile, se il processo di pace non dovesse progredire.

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Rebus Afghanistan. Perché Biden potrebbe chiamare l’India

Leformiche.net  – Vas Shenoy 28 marzo 2021

La deadline trumpiana del 1° maggio per il ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan si avvicina. Ma Biden ci sta pensando. Ecco quale ruolo che può giocare l’India

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Con l’accordo di pace che i Talebani hanno concordato precedentemente con l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti dovranno organizzare il ritiro delle truppe dall’Afghanistan entro i primi di maggio. I Talebani sono pronti a riprendere il potere anche con le armi: invece di andare in ferie, i soldati hanno cominciato a circondare importanti insediamenti urbani. Il portavoce dei Talebani è molto attivo e mette in guardia sul futuro: ci saranno gravi conseguenze se le truppe americane non lasciano l’Afghanistan, la tomba degli imperi, il 1° maggio.

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Afghani, l’incubo della guerra su per il Moncenisio

Enrico Campofreda dal suo Blog – 27 marzo 2021

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Cammina, respira piano, in silenzio nel buio pesto. Il valico del Moncenisio, fra le Alpi Cozie e Graie è a oltre duemila metri. Si sale con pendenze che possono oscillare al 10%. A chi conosce le cime dell’Hindukush, alte il più del doppio di questi monti, il passaggio può sembrare uno scherzo. Non lo è comunque, perché freddo, neve, abbigliamento insufficiente, buio pesto, concitazione, paura d’essere braccati e bloccati dalla polizia di confine si sommano in uno spazio di tempo che vorrebbe sfuggire al tempo. Un gruppo dei migranti afghani ha affrontato l’ascesa in tal modo, su mulattiere rocciose, sperando d’infilarsi di soppiatto in territorio francese.

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“Sono le donne a fare opposizione in Turchia, non ci fermeremo”

Huffpost – 27 marzo 2021- Giulia Belardelli

In questa intervista l’avvocata turca Nesibe Kırış dà una panoramica degli ultimi avvenimenti che stanno portando la Turchia verso una deriva autocratica, iniziata nel 2011, ma dopo le proteste di Gezi Park nel 2013 la politica si è basata su un rilancio dell’identità nazionale avviando in modo massiccio il processo di soluzione contro i curdi e si è arrivati oggi al ritiro dalla convenzione di Istanbul

Intervista a Nesibe Kırış, avvocata e attivista pCurdiprotestaer i diritti umani in prima linea nelle proteste contro la deriva autocratica Turca

La Turchia sta scivolando rapidamente verso un sistema che assomiglia sempre più a un regime autocratico. Negli ultimi dieci giorni si sono verificati eventi molto gravi, tra cui il ritiro dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la confisca di Gezi Park dalla municipalità metropolitana di Istanbul. Ne abbiamo parlato con Nesibe Kırış, 25 anni, avvocata, attivista per i diritti umani ed esponente del movimento delle donne in Turchia.

La sua voce è quella di tante giovani di donne che da giorni protestano contro la deriva reazionaria dell’alleanza al governo, rappresentata dal partito conservatore del presidente Recep Tayyip Erdoğan (AKP) e dal Partito del Movimento Nazionalista (MHP).

Nesibe, cosa sta succedendo nel tuo Paese?

“La Turchia non è mai stata una democrazia perfetta, ma nelle ultime settimane il suo stato di salute è vistosamente peggiorato. Diverse lacune democratiche sono riemerse alla vigilia del Congresso del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) per ottenere più consensi tra il suo elettorato conservatore e nazionalista.

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STAFFETTA FEMMINISTA/CISDA aderisce all’appello della Mor Çatı Women’s Shelter Foundation

StaffettaFemministaCISDA copySTAFFETTA FEMMINISTA/CISDA aderisce all’appello della Mor Çatı Women’s Shelter Foundation, organizzazione femminista fondata nel 1990 con la creazione di centri antiviolenza e case rifugio, da sempre al centro delle lotte per l’affermazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle donne in Turchia.

 

Ci rifiutiamo di ritirarci dalla Convenzione di Istanbul!
Anche se la Turchia si è sottratta all’obbligo di prevenire la violenza maschile contro le donne, noi continueremo a mantenere la nostra solidarietà con le donne e a rafforzarci insieme come abbiamo fatto per molti anni.

La Turchia, il primo paese a ratificare la Convenzione nel 2011 assumendo l’obbligo di prevenire la violenza maschile, di punire i suoi autori, di proteggere e supportare le donne contro la violenza, si è ritirata dalla Convenzione di notte con una decisione del Presidente.

La Convenzione di Istanbul, che è anche il principale riferimento della legge n. 6284 (legge turca sulla Prevenzione della violenza maschile), evidenzia la disuguaglianza di genere come causa della violenza, mette al centro il supporto alle donne con un approccio olistico e impone la prevenzione della violenza e la protezione delle donne dalla violenza.

Ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul significa cancellare la promessa di combattere la violenza contro le donne fatta a livello internazionale e non riconoscere gli obblighi assunti come Stato di combattere la violenza maschile, condannando le donne a subire violenza.

La violenza contro le donne è una questione universale e politica.

In Turchia e ovunque nel mondo, combattere la violenza contro le donne è possibile solo impegnandosi a prevenirla senza giustificazioni o discriminazioni, proteggendo le donne dalla violenza, punendo gli autori e adottando politiche integrate contro la violenza.

Le tradizioni culturali dei diversi paesi non possono essere una scusa per la violenza contro le donne. Nessun valore può essere superiore alla sicurezza della vita delle donne e al dovere degli stati di proteggere i/le propri/e cittadini/e in ogni circostanza. Questi doveri sono stati ignorati con al decisione di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul.

Per anni siamo state testimoni del disprezzo per la Convenzione di Istanbul nella lotta contro la violenza contro le donne e del fallimento nell’adozione delle misure previste dalla legge n. 6284. Ne vediamo l’impatto sulla vita delle donne. Oggi la Turchia cerca di attribuire alla Convenzione di Istanbul i costi della mancata applicazione da parte dello Stato delle stesse leggi di cui si è dotato, ovvero della mancata prevenzione della violenza contro le donne.

Gli attacchi contro le donne aumentano ogni anno.

Come donne ci rifiutiamo perfino di mettere in discussione la Convenzione di Istanbul, figuriamoci di cancellarla. E non accettiamo che lo Stato venga meno ai propri obblighi di proteggere le donne, le persone LGBTI+ e i/le bambini/e dalla violenza!

Come donne non rinunciamo nemmeno alle conquiste che abbiamo ottenuto attraverso lotte durate anni, né ci ritiriamo dalle battaglie fondamentali per le nostre vite e dal legame di solidarietà che ci unisce!

Link testo in inglese: https://en.morcati.org.tr/news/we-refuse-to-withdraw-from-the-istanbul-convention/

#IAmMySong

di Laura Quagliuolo (CISDA)

mysongNel 2001 la coalizione internazionale a guida USA ha invaso l’Afghanistan con l’operazione Enduring Freedom, adducendo diversi pretesti: democratizzare il paese, rendere inoffensivi talebani e al Qaeda, liberare le donne, costrette dal regime talebano a rispettare regole inumane.

Dopo quasi 20 anni le truppe USA – le cui intenzioni reali erano quelle di mettere sotto controllo un’area geostrategica fondamentale nel quadro asiatico e mediorientale – e quelle dei paesi che facevano parte della coalizione, sono ancora lì. Nel frattempo i diritti delle donne e i diritti umani continuano a rimanere lettera morta, il paese è sempre più devastato da attentati e guerre, la popolazione vive nel terrore, e giornalisti, difensori dei diritti umani, attivisti e attiviste, donne che svolgono lavori quali giudice, cantante, giornalista vengono quotidianamente fatti oggetto di attentati mirati a ucciderli. Un paese i cui governi che si sono succeduti sono stati riempiti di dollari in aiuti per la ricostruzione, dollari spariti nei meandri della corruzione; Transparency International colloca l’Afghanistan al 165esimo posto su 180 paesi (https://www.transparency.it/indice-percezione-corruzione).

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Gli editti di Erdoğan non fermeranno mai la lotta organizzata delle donne!

Uiki onlus – 23 marzo 2021 

Ieri sTJE Eera il governo turco ha messo in atto la sua minaccia e si è ritirato con effetto immediato dalla Convenzione di Istanbul con un decreto del presidente Recep Tayyip Erdoğan. La Convenzione di Istanbul è stata elaborata dal Consiglio d’Europa nel 2011 come un trattato internazionale e mira a creare un quadro giuridico a livello europeo per prevenire e combattere la violenza contro le donne.

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Italia-Turchia: l’indignazione a ore e le armi vendute al Talebano di Ankara Erdogan

Globalist 21 marzo 2021, di Umberto De Giovannangeli 

L’articolo pone una giusta domanda a quanti si sono, giustamente, indignati per la “guerra alle donne” scatenata da Erdogan: sostenere la lotta delle attiviste turche per i diritti umani, non passa anche da uno stop totale della vendita di armi al regime che questa guerra ha scatenato? Tra coloro che si sono indignati vi sono anche donne e uomini del Pd e dei 5Stelle, forze di Governo.

La Turchia è uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e le loro forze armerdogan militariate dispongono di elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione di AW129 Mangusta di Augusta Westland.

Come volevasi dimostrare. L’indignazione per la decisione del governo turco di uscire dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza alle donne è durato un sol giorno. Il tempo di una dichiarazione slva-coscienza, di un Tweet di denuncia. E poi, si passa oltre. E’ l’indignazione a ore made in Italy.

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L’alleanza maschile AKP-MHP è annullata agli occhi delle donne

Rete Kurdistan Italia – 21 marzo 2021

Dichiarazione dell’Assemblea delle donne di HDP sul ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul

Ieri sera è stato emanato un decristanbul turkey womeneto presidenziale a mezzanotte che annuncia il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul. Ecco la dichiarazione dell’Assemblea delle donne di HDP su questo inaccettabile attacco attacco:

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HDP rischia la chiusura dopo l’appello del procuratore capo alla Corte Costituzionale

Uiki Onlus, 19 marzo 2021

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Il Partito democratico dei popoi (HDP) è sottoposto ad un feroce attacco da parte del governo dell’AKP, che è stato cacciato dalle città chiave nelle elezioni amministrative e affronta gravi problemi economici esacerbati dalla pandemia.

Il 17 marzo, la sentenza finale contro il parlamentare di HDP Ömer Faruk Gergerlioğlu è stato letto durante la sessione plenaria del Parlamento ed egli è stato privato dello status di deputato. Alcune ore dopo è emerso che il procuratore capo della Corte di Cassazione ha presentato un atto di accusa alla Corte Costituzionale per vietare del tutto HDP. Questi attacchi contro HDP sono giunti poco dopo che il presidente Erdoğan aveva dichiarato un Piano di azione per i diritti umani che è stato promosso includendo riforme legali e sui diritti umani.

Il 2 marzo 2021 il procuratore capo della Corte di Cassazione aveva lanciato un indagine su HDP in relazione al rinvio a giudizio di nove deputati di HDP per le “proteste di Kobane” che hanno avuto luogo nell’ottobre 2014. Due settimane dopo, il procuratore aveva dichiarato nell’indagine che HDP attraverso iniziative e dichiarazioni aveva tentato di “distruggere e eliminare l’indivisibile integrità dello Stato turco con la sua nazione”. È importante osservare che sia l’indagine che il procedimento legale per la chiusura sono giunte dopo i ripetuti appelli di Devlet Bahçeli, il presidente dell’alleato di governo Partito del movimento nazionale (MHP), alla Corte Suprema per mettere al bando HDP.

In Turchia la chiusura dei partiti politici, specialmente i partiti filo-curdi, non è un eccezione storica. Fino ad ora la Corte Costituzionale ha vietato sei partiti filo-curdi. Il primo, il Partito laburista del popolo (HEP) è stato istituito il 7 giugno 1990. L’HEP si era unito alle elezioni politiche di Turchia del 1991 al Partito social democratico (SHP) e aveva ottenuto 22 seggi nella Grande Assemblea. Nel luglio 1993 la Corte Costituzionale ha messo al bando l’HEP. A seguito della sua chiusura è stato fondato il Partito della libertà e delle democrazia (OZDEP) nel maggio 1993. il 23 novembre 1993 anche l’Ozdep è stato messo al bando. İl Partito della democrazia (DEP) è seguito ad esso.

Nel marzo 1994 il parlamento turco ha tolto l’immunità a sei deputati del DEP e questi deputati sono stati successivamente condannati a 15 anni di prigione per “accuse di terrorismo”. Il 16 giugno 1994 la Corte Costituzionale ha messo al bando il DEP. Poi l’11 maggio 1994 è stato fondato il Partito della democrazia del popolo (HADEP).

Nelle elezioni amministrative del 1999 l’Hadep ha ottenuto 37 municipalità in tutta la regione curda comprese le sette citta curde maggiori.Ancora nel marzo 2003, la Corte Costituzionale turca ha sciolto anche l’HADEP. Il 9 Novembre 2005, è stato fondato il Partito della società democratica (DTP). I suoi candidati si sono presentati come indipendenti alle elezioni politiche del 2007 e avevano ottenuto 22 seggi al parlamento turco.

Nelle elezioni amministrative del 2009, il DTP ha ottenuto sindaci in oltre 100 città e paesi nella regione curda. La Corte Costituzionale turca ha vietato il partito l’11 dicembre 2009. Come si può vedere, l’HDP ha ereditato una storia di molestie e chiusure, e sebbene il presidente Erdoğan avesse affermato più volte in passato di essere contrario alla chiusura dei partiti politici, il suo AKP ha assunto la politica repressiva della Turchia contro i curdi e altre minoranze. L’HDP è già stato oggetto di intense pressioni politiche da parte del governo.

E ora siamo sull’orlo di un altro vergognoso tentativo di eliminare un partito politico. Quest’ultima fase di intenso attacco è iniziata con la fine del processo di pace da parte del governo turco nel 2015 e si è intensificata sotto il regime di emergenza nel 2016 quando i nostri ex co-presidenti, Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ, sono stati arrestati insieme a molti altri deputati. (Il caso contro il sig. Demirtaş è stato recentemente concluso dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo.

La camera ha deciso per il suo rilascio immediato – una sentenza che il governo turco ha rifiutato finora di eseguire finora). L’attacco è proseguito con l’arresto di altri deputati e la revoca del mandato parlamentare di 11 deputati di HDP. Da allora, migliaia di amministratori e membri di HDP hanno subito detenzioni e arresti e difficilmente passa giorno senza che ne vengano aggiunti altri all’elenco. Anche i rappresentanti delle amministrazioni locali hanno ricevuto la loro parte di questi attacchi.

Nel 2016, quasi un centinaio di municipalità curde sono state usurpate e rilevate da funzionari nominati dal governo, e molti dei co-sindaci curdi sono stati arrestati. Il governo turco ha continuato con questa politica coloniale sulle città curde dopo le elezioni amministrative del 31 marzo 2019.Finora, 48 dei 65 comuni gestiti dall’HDP hanno visto i loro sindaci eletti sostituiti da fiduciari nominati. Ad altri sei co-sindaci di HDP è stato negato il certificato elettorale dopo aver vinto le elezioni, con la scusa che erano stati precedentemente rimossi dal loro incarico attraverso decreti della legislazione di emergenza.

Ad oggi, 14 co-sindaci curdi eletti nel marzo 2019 e diversi sindaci eletti nel 2014 rimangono dietro le sbarre. L’HDP è più di qualche edificio e di un’entità politica formale. Rappresentiamo storie politiche diverse e una potente sociologia di molteplici lotte per il riconoscimento e la giustizia. Vi assicuriamo che le lotte storiche e le tradizioni politiche su cui è stato istituito HDP continueranno ad avere un impatto profondo sulla politica turca e curda verso una vera trasformazione democratica del paese, anche se HDP potrebbe non essere in grado di sopravvivere a questo assalto come entità politica.

L’oppressione del governo su HDP e sulle altre forze democratiche si intensificherà sicuramente nei mesi a venire, e così anche la nostra lotta.Con la presente invitiamo ancora una volta la comunità democratica internazionale ad assumere una posizione di principio, rafforzare ulteriormente la solidarietà internazionale e agire contro queste pietose mosse politiche del governo dell’AKP per vietare l’HDP e negare la volontà di milioni di persone.

Feleknas Uca & Hişyar Özsoy

Co-portavoci di HDP agli affari esteri