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Autore: Anna Santarello

Eventi: “Parole e immagini delle donne afghane” il 4/10 alla LUD

SelayIn Afghanistan la resistenza delle donne c’è, e si fa sentire.

Alla Libera Università delle Donne di Milano – Corso di Porta Nuova, 32 – il 4 Ottobre alle ore 16 si terrà un incontro di parole e immagini con

Selay Ghaffar (Partito della Solidarietà), Laura Quagliuolo (CISDA), Isabella Balena (fotografa), Carla Dazzi (Insieme si può)

Fotografie di Isabella Balena e Carla Dazzi

“Le donne di RAWA, Selay Ghaffar (Partito della Solidarietà), Bilquis Roshan (senatrice indipendente), Malalai Joya (ex deputata e attivista per i diritti umani), le ragazze di AFCECO, le donne di HAWCA, del SAAJS e di OPAWC ci hanno accompagnate, nel marzo 2019, in un viaggio a Kabul e in un villaggio nei pressi di Jalalabad”.

 

 

Intervista: le lotte delle donne afghane contro il patriarcato, l’imperialismo e il capitalismo.

KOMUN – 29 settembre 2019*

RAWA protest rally against Taliban in Peshawar April28 1998 696x375Le donne in Afghanistan sono state vittime delle guerre e dell’occupazione del loro paese per decenni. La difficile situazione delle donne afghane è stata spesso strumentalizzata dalle forze imperialiste, in particolare dagli Stati Uniti, per giustificare e legittimare le loro politiche di guerra nella regione.

Nonostante questo, le donne si sono messe in prima linea nella lotta contro le forze imperialiste e fondamentaliste nel loro paese. Quella che segue è un’intervista condotta da attiviste del Movimento delle donne curde con Samia Walid, attivista di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane). È stata pubblicata per la prima volta in tedesco, su “Kurdistan Report.

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Afghanistan: difensori dei diritti umani sotto attacco

Amnesty International – 28 agosto 2019

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“I gruppi afgani impegnati nella difesa dei diritti umani stanno subendo intensi attacchi da parte delle autorità e dei gruppi armati e i difensori dei diritti umani e gli attivisti sono sottoposti a intimidazioni, molestie, minacce e violenze”, ha dichiarato oggi Amnesty International in un briefing.

Sullo sfondo della crescente violenza in Afghanistan, dove l’anno scorso sono stati registrati i più alti livelli di morti civili e il mese scorso è stato il più violento degli ultimi due anni, i difensori dei diritti umani e gli attivisti sono stati ampiamente ignorati dal governo afgano e dalla comunità internazionale.

Nel briefing Defenseless Defenders: Attacks on the Afghanistan Human Rights Community , Amnesty International ha segnalato come il governo afghano non sia riuscito a indagare sui ripetuti attacchi contro gli attivisti per i diritti umani, a volte accusandoli addirittura di “fabbricare” le loro denunce e persino suggerendo di prendere le armi per difendersi.

“Questo è uno dei momenti più a rischio per essere un attivista per i diritti umani in Afghanistan. Non solo operano in un ambiente tra i più pericolosi, ma affrontano le minacce sia del governo che dei gruppi armati. Il governo afghano ha il dovere di rispettare, proteggere e sostenere gli attivisti, di indagare sulle minacce e gli attacchi contro di loro e di fermare i possibili responsabili”, ha affermato Omar Waraich, vicedirettore di Amnesty International per l’Asia meridionale.

“La comunità internazionale ha un ruolo importante da svolgere. Si è a lungo reso omaggio al coraggio degli attivisti per i diritti umani in Afghanistan, ma non si è stati in grado di sostenere i loro sforzi e supportarli efficacemente in questo momento sempre più difficile. La comunità internazionale deve intervenire e fornire agli attivisti l’aiuto di cui ha urgente bisogno.”

Violenza, minacce e omicidi

Nel briefing, Amnesty International ha spiegato in dettaglio come i difensori e gli attivisti dei diritti umani siano stati intimiditi, molestati, minacciati e persino uccisi in attacchi che le autorità afghane non hanno indagato e perseguito.

  • Nell’ottobre 2015 due membri della Commissione indipendente per i diritti umani (AIHRC) sono stati uccisi e altri due feriti nell’ esplosione di una bomba in una strada della provincia orientale di Nangarhar. “Ad oggi, purtroppo, il governo non ha arrestato nessuno”, ha detto ad Amnesty International un funzionario dell’AIHRC. “Non siamo stati informati di alcun progresso [nelle indagini].”
  • Nel settembre 2016, Khalil Parsa, un attivista per i diritti umani della provincia di Herat, è stato colpito con sette proiettili mentre tornava a casa, dopo che aveva ricevuto una serie di minacce che gli intimavano di interrompere il suo lavoro sui diritti umani. Quando ha segnalato queste minacce alla direzione nazionale della sicurezza gli è stato semplicemente detto di informarli se si fosse verificato un incidente. Dopo che ebbe lasciato temporaneamente il Paese in cerca di un luogo più sicuro, gli è stato detto che il governo non avrebbe indagato sull’attacco contro di lui.
  • Nell’ottobre 2018, “Mohammed” –  non è il suo vero nome – stava tornando a casa a Kabul quando è stato seguito fino a casa e ferito al fegato da un proiettile. Nonostante si sia rivolto alle autorità, non ha ricevuto alcuna protezione; gli è stato detto di comprarsi una pistola per “proteggersi”. E’ stato costretto a trasferirsi per la sua sicurezza.
  • Hasiba – non è il suo vero nome – è un avvocata che difende le donne che hanno subito violenza domestica, vogliono il divorzio o affrontano accuse penali. Dal 2017 ha ricevuto ripetute minacce violente, anche con l’acido. La polizia ha registrato il suo caso ma non ha preso ulteriori provvedimenti, costringendola a chiudere il suo studio legale per sette mesi.

Minacciato dal governo

Nel dicembre 2016 il presidente afghano Ashraf Ghani ha promesso di proteggere i diritti dei difensori e attivisti dei diritti umani. “La protezione dei difensori dei diritti umani è di esclusiva responsabilità del mio governo e dei suoi rami legislativi e giudiziari”, ha dichiarato in una conferenza dell’AIHRC.

Lungi dal mantenere questo impegno, il governo stesso è stato responsabile di intimidazioni, molestie e minacce contro i difensori e gli attivisti dei diritti umani. Nel giugno 2016 le autorità afghane hanno represso con un eccesso di forza una protesta contro le vittime civili nel conflitto che si svolgeva nella piazza Zanbaq di Kabul. Uno degli organizzatori ha detto ad Amnesty International che in una precedente protesta era stato contattato dall’ufficio del Presidente per essere avvertito di sgombrare le tende dei manifestanti perché potevano essere “sotto attacco” da gruppi armati – cosa che ha interpretato come una minaccia.

Nel maggio 2017, in vista della presa in esame del problema della tortura in Afghanistan da parte dell’Onu, un gruppo della società civile è stato costretto a rimuovere dal suo “rapporto ombra” i nomi degli alti funzionari governativi che vi erano menzionati.

“Non c’è fiducia”

Visti i fallimenti nel proteggere i difensori e gli attivisti dei diritti umani e nell’indagare e perseguire le minacce e gli attacchi contro di loro, diversi attivisti hanno dichiarato ad Amnesty International di non avere fiducia nel governo. “Abbiamo capito che non verremo protetti”, ha dichiarato l’attivista per i diritti umani “Ishaqzia”.

Questa sensazione è stata esacerbata da incidenti in cui le autorità hanno accusato gli attivisti di aver inventato le minacce contro di loro o in cui si sono rifiutati di offrire protezione.

“Shahzad” è un attivista per i diritti umani che ha ricevuto minacce dai talebani su Facebook. “Sei un servitore degli ebrei e degli infedeli”, diceva uno dei messaggi, “abbiamo informato i mujaheddin che ti manderanno all’inferno”. Quando Shahzad ha denunciato le minacce all’AIHRC, le hanno inoltrate alla direzione nazionale per la sicurezza (NDS) – agenzia di intelligence dell’Afghanistan-, ma questa ha rifiutato di prenderle sul serio considerandole “fabbricate”.

Due attivisti intervistati da Amnesty International hanno detto che quando hanno riferito di attacchi contro di loro non hanno ricevuto protezione e si sono invece sentiti dire di acquistare armi e proteggersi.

“I difensori e gli attivisti per i diritti umani in Afghanistan hanno mostrato grande coraggio, sebbene operino in un contesto molto difficile. Nonostante le gravi minacce alla loro vita e al loro benessere, continuano a opporsi all’ingiustizia e difendere i diritti degli altri. È giunto il momento che anche le autorità afghane e la comunità internazionale difendano i loro diritti ”, ha affermato Omar Waraich.

Sorsi di libertà a Kabul

Internazionale – 19 settembre 2019, Fatima Faizi, David Zucchino, The New York Times Stati Uniti

Bar Kabul

Certi giorni la vita a Kabul è soffocante per Hadis Lessani Delijam, una ragazza di 17 anni che frequenta l’ultimo anno delle superiori. Un giorno per strada un uomo l’ha rimproverata perché era truccata e vestiva all’occidentale.

È una vergogna, le ha urlato l’uomo. Un’altra volta una donna di mezz’età l’ha insultata perché chiacchierava con un ragazzo. “Mi ha detto delle cose così brutte che non ho il coraggio di ripeterle”, racconta la ragazza.

Quando vuole stare tranquilla si rinchiude in un posto inaspettato: un bar. “Solo qui posso rilassarmi e sentirmi libera, anche solo per poche ore”, racconta Delijam, seduta a capo scoperto in un bar, vicino a due ragazzi con cui sta chiacchierando.

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Un drone americano ha ucciso 30 civili in Afghanistan, dice Reuters.

 Il Post – 19 settembre 2019

Due degli uomini feriti dall'attacco del drone, Nangarhar, 19 settembre 2019 (AP Photo/Wali Sabawoon)Secondo diverse fonti locali il bombardamento aveva come obiettivo un gruppo di miliziani dell’isis, ma per errore ha colpito decine di raccoglitori di pinoli.

La sera di mercoledì 18 settembre un drone americano ha ucciso diverse persone a Wazir Tangi, nella provincia di Nangarhar, nell’Afghanistan orientale. In base a diverse fonti locali, Reuters scrive che ci sono almeno 30 morti e 40 feriti: in base a loro fonti, sarebbero civili che avevano appena finito di raccogliere pinoli in un campo. Un portavoce dell’esercito americano in Afghanistan, Sonny Leggett, ha ammesso che nella zona è stato effettuato un bombardamento con un drone militare per colpire alcuni miliziani dello Stato Islamico, o ISIS: «sappiamo che secondo alcune accuse sono morti dei civili, e stiamo lavorando con funzionari locali per capire cosa è successo».

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Afghanistan, camion bomba vicino a ospedale: è strage.

adnkronos – 19/9/2019

Afghanistan polizia ambulanzaNuovo sanguinoso attentato in Afghanistan. Almeno 20 persone sono morte a causa dell’esplosione di un camion bomba a Zabul, città capoluogo di provincia dell’Afghanistan meridionale. Lo ha riferito un’esponente del governo locale, Fawzia Kakar, citata dall’agenzia di stampa ‘Dpa’.

L’esplosione è avvenuta vicino a un ospedale e a un edificio che ospita i servizi segreti afghani. L’attentato è stato rivendicato dai Talebani. Uno dei loro portavoce, Qari Yousuf Ahmadi, ha dichiarato che decine di agenti dell’intelligence sono stati uccisi.

In Afghanistan vengono uccise 74 persone al giorno.

 TPINews – 17/09/2019, di Laura Mellissari

vittime civili guerra afghanistanI dati delle Nazioni Unite indicano che in Afganistan muoiono più civili a causa dei conflitti armati che in qualsiasi altra parte della Terra.

In Afghanistan vengono uccise 74 persone al giorno: il disastroso bilancio della guerra

Il bilancio della guerra in Afghanistan è più disastroso che mai, e a farne le spese sono i civili. Nel paese vengono uccise 74 persone al giorno. È la triste media che ha caratterizzato il mese di agosto, secondo quanto riferisce la Bbc.

Una violenza inarrestabile, che colpisce l’intero paese, sempre più in crisi. Nel mese di agosto 2019 sono morte in tutto 2.307 persone a causa della guerra in Afghanistan.

La maggior parte delle persone uccise erano combattenti, invece un quinto di loro erano civili. La Bbc ha confermato che in tutto sono stati 473 i civili uccisi, e 786 i feriti nel solo mese di agosto.

Altre 1.948 persone sono rimaste ferite.

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ARRIVA IN FRIULI SELAY GHAFFAR: LA RIVOLUZIONARIA CHE LOTTA PER LE DONNE AFGHANE.

 nelPaese.it – 18/09/2019 – Scritto da Redazione Friuli Venezia Giulia.

Salay FriuliLotta ogni giorno per la democrazia, la parità di genere e i diritti umani delle donne che vivono in terre martoriate dalle guerre. Lei è una combattente, figlia di un combattente, e si batte per sradicare il fondamentalismo islamico che in Afghanistan ha soggiogato le donne, imprigionate dalle catene dell’oppressione.

Si chiama Selay Ghaffar ed è portavoce di Hambastagi, il Solidarity Party of Afghanistan fondato nel 2004 e oggi all’opposizione.
Si tratta dell’unico movimento politico laico a Kabul, che ha tra i suoi obiettivi l’affermazione del secolarismo a livello statale, l’educazione e l’emancipazione femminile. Martedì 24 settembre alle 20.30 sarà all’aula magna della Casa dello studente di Fiume Veneto (Pn) per parlare di “Diritti umani e condizione della donna in Afghanistan” all’interno dell’incontro organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Fiume Veneto in collaborazione l’associazione Purlilium Act e la ong Insieme si Può.

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Afghanistan, Trump conferma l’uccisione di Hamza bin Laden

La Stampa – Giorgio Stabile – 14 Settembre 2019

bin ladenGli Stati Uniti hanno confermato l’uccisione di Hamza bin Laden, anticipata dai media americani lo scorso 31 luglio.  Hamza, figlio del fondatore di Al-Qaeda e suo erede designato, in una operazione, condotta al confine fra Afghanistan e Pakistan, simile a quella che portò all’eliminazione del padre, nel maggio del 2011, nella città pachistana di Abbottabad. Questa volta, però, non è stato condiviso nessun dettaglio.

La notizia della morte di Hamza è stata fatta trapelare da alcuni funzionari alla tv Nbc lo scorso 31 luglio. Ieri è arrivata la conferma dalla Casa Bianca. Una risposta, anche, alle minacce proferite dal capo di Al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, proprio nel giorno dell’11 settembre.

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In Afghanistan salta la pace. «Ma la scusa di Trump non regge»

ilmanifesto – 13 settembre 2019 – Giuliano Battiston

negoziati afghanistanL’inviato Khalilzad che promette e non mantiene. I Talebani insoddisfatti. Gli Usa incerti sul ritiro. L’errore strategico del Pakistan, che alza troppo il tiro e consegna al presidente afghano Ghani un successo inaspettato. Per Antonio Giustozzi, tra i più autorevoli studiosi del movimento degli studenti coranici, sono le ragioni che hanno fatto saltare il negoziato tra gli Usa e i Talebani, il cui leader, Haibatullah Akhundzada, ora rischia grosso.

Condotto per mesi a Doha dall’inviato americano Zalmay Khalilzad, l’accordo prevedeva il ritiro delle truppe straniere, la garanzia che i jihadisti a vocazione globale non avrebbero avuto spazio nel Paese, una riduzione della violenza in alcune aree e la disponibilità dei Talebani a negoziare in futuro con altri attori politici afghani, incluso il governo di Kabul.

Il 7 settembre Trump ha detto che il negoziato con i Talebani era saltato a causa dei loro attentati. Mossa per ottenere maggiori concessioni, tentativo di rivedere quanto già concordato o accordo troppo ambiguo?

La scusa di Trump non regge. I Talebani erano insoddisfatti dell’andamento dei negoziati. Khalilzad ha fatto promesse che non ha mantenuto. Non è riuscito a convincere Ghani a farsi da parte. Così ha proposto che, anziché un governo a interim, a negoziare con i Talebani fosse una delegazione rappresentativa di tutte le correnti politiche, anche di opposizione. Ghani ha accettato la delegazione, ma le ha negato potere negoziale autonomo. Non era quello che i Talebani speravano ed era inaccettabile anche per i pachistani, molto ostili verso Ghani, che contraccambia.

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