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Autore: Anna Santarello

Afghanistan: obbligata a sposarsi a 12 anni, ora vuole il divorzio.

Giornale di Sicilia – 14 aprile 2016

samar gul afghan girl victim baad child marriageUna ragazza afghana di 18 anni, obbligata a sposarsi quando ne aveva 12 ad un mullah di 60, chiede oggi di poter divorziare non sopportando più la sua vita famigliare e le violenze domestiche.

KABUL. Una ragazza afghana di 18 anni, obbligata a sposarsi quando ne aveva 12 ad un mullah di 60, chiede oggi di poter divorziare non sopportando più la sua vita famigliare e le violenze domestiche. Lo riferisce Tolo Tv, precisando però che il marito non ha alcuna intenzione di accedere alla sua richiesta.

La giovane, di nome Samargul e originaria dello Stato settentrionale afghano di Balkh, ha raccontato all’emittente che sei anni fa fu data in matrimonio al Mullah Faiz Mohammad per sanare un incidente causato da suo fratello, che aveva avuto una relazione sessuale illecita con la figlia di quello che oggi è suo marito. In base alle usanze locali, per mettere fine alla disputa Samargul fu data in moglie a Mohammad.

«Ero bambina, ignorante, non sapevo cosa fosse bene e cosa male, ma adesso lo so e voglio divorziare», ha raccontato la ragazza spiegando di essersi per questo rivolta alla magistratura di Mazar-e-Sharif che sta esaminando il caso. «In questi anni – ha assicurato – sono stata vittima di tante violenze, picchiata e torturata. Ed ora voglio dire basta». Samargul è la terza moglie del Mullah Faiz Mohammad che ha avuto dieci figli dalle prime due.

Ai giornalisti ha confermato senza problemi di averla avuta in sposa per risolvere il problema causato dal fratello di lei.
«Ci siamo sposati sei anni fa. Lei è stata con me e non abbiamo avuto mai problemi», ha ribadito, anche se ha accusato Samargul di avere un affairè con un altro uomo. «Ma non importa – ha concluso – e comunque io non ha alcuna intenzione di divorziare.

[Per approfondire questa notizia consigliamo di leggere sul sito di RAWA in inglese]

Terrorismo di IS da Ankara: i preparativi per l’attentato erano noti.

UIKI Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia – 14 aprile 2016.

TurkeyISIS 599x275Il 14 settembre 2015 la Direzione per la Sicurezza della polizia di Ankara sarebbe stata informata dal direttore della sezione anti-terrorismo della polizia di Ankara, Hüseyin Özgür Gür, del fatto che il cosiddetto Stato Islamico (IS) stava preparando diversi attentati suicidi contro le manifestazioni di protesta in Turchia. 25 giorni dopo, quindi il 10 ottobre, al centro della capitale della Turchia c’è stato un attentato suicida di contro una manifestazione per la pace. Nell’attentato hanno perso la vita 102 persone. Alla manifestazione contro un’escalation del conflitto turco-curdo avevano invitato numerose organizzazioni sindacali. L’appello era sostenuto anche dal Partito Democratico del Popoli (HDP), nel cui spezzone del corteo quel giorno l’attentatore si è fatto esplodere.

Nonostante la manifesta situazione di pericolo, della quale la Direzione per la Sicurezza di Ankara era stata avvisata dalla sezione anti-terrorismo, l’allora direttore della polizia di Ankara, Kadri Kartal, non prese alcuna misura straordinaria per la protezione del corteo per la pace. Anche altri 62 avvisi per la sicurezza dei servizi segreti turchi MIT su attentati suicidi di US fatti tra l’1 gennaio 2015 e il giorno dell’attentato inviati in tutto il territorio nazionale alla direzione di polizia, evidentemente non hanno dato alla polizia di Ankara particolare motivo di alzare le misure di sicurezza. Nei 62 avvisi per la sicurezza sarebbe stato fatto esplicitamente il nome dell’attentatore suicida di Ankara, Yunus Alagöz.

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Che il Sacrificio di Farkhunda ci guidi nella nostra Lotta al Fondamentalismo e all’Occupazione Straniera!

Dal sito di Hambastagi – Partito della Solidarietà dell’Afghanistan – 16 marzo 2016

spa statement on martyrdom anniversary of farkhunda englishÈ trascorso un anno esatto dalla brutale uccisione di Farkhunda in pieno centro a Kabul, un fatto che ha provocato rabbia e indignazione non solo tra il popolo afghano ma in tutto il mondo.

E mentre gli spietati criminali oggi al governo con la coscienza macchiata di sangue rimangono impassibili, i responsabili del brutale assassinio di Farkhunda ed i loro protettori continuano a farla franca. Vergognose strategie sono state ideate per coprire uno dei crimini più spietati e selvaggi della storia del nostro paese.

Il ‘processo’ messo in scena sia pubblicamente che dietro le quinte, e che ha visto un paio di pregiudicati condannati per questo orrendo crimine, dimostra ancora una volta come questo tipo di atrocità sia stato possibile grazie al potere di noti criminali appartenenti alla rete di mullah e mafia che governa il paese.
Dietro questo inimmaginabile massacro si celano i responsabili di anni di guerra civile e bagni di sangue che in passato hanno messo in ginocchio la popolazione di Kabul, costretta al silenzio e alla sottomissione.

Ma il sangue della povera Farkhunda ha smascherato la vera identità di questi criminali oscurantisti e per la prima volta in tanti anni ha scosso la coscienza del popolo afghano che ha fatto sentire la propria voce condannando ogni forma di barbarie e fondamentalismo.

Il Solidarity Party of Afghanistan, assieme a gruppi e menti progressiste e democratiche, dinnanzi alle minacce avanzate dai codardi sciacalli responsabili della morte e mutilazione della giovane donna, sono riusciti ad erigere a Kabul un monumento in sua memoria.

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La lotta al fondamentalismo e all’occupazione straniera è il primo passo verso l’emancipazione delle donne afghane!

Dal sito di Hambatagi – Partito della Solidarietà dell’Afghanistan – 8 marzo 2016

spa 8th march 2016Anche quest’anno in Afghanistan abbiamo celebrato la Giornata Internazionale della Donna. Purtroppo, i casi di femminicidio, stupro, mutilazione e violenza nei confronti delle donne afghane sono in aumento nel nostro paese.
I colpevoli del brutale massacro di Farkhunda, di Rukhshana e di tanti altre donne innocenti in Afghanistan continuano a godere dell’impunità e dell’appoggio dei criminali che ad oggi siedono al governo.

Negli ultimi quarant’anni il nostro paese è stato terreno di guerra, governato da forze misogine e antidemocratiche – dai Khalqi ai Parchami, ai fondamentalisti islamici, e ancora dai Talebani ai criminali del governo fantoccio sostenuto dagli Stati Uniti.

In tutti questi anni, le donne afghane hanno vissuto il periodo più buio della storia del nostro paese: innumerevoli i casi di violenza e femminicidio, specialmente negli ultimi quindici anni, durante il governo delle cosiddette forze ‘democratiche’. Il test di verginità obbligatorio per donne e bambine che tutt’oggi viene effettuato sulla popolazione femminile è infatti solo uno dei provvedimenti più umilianti presi dal governo Ghani-Abdullah e dalle forze occidentali alleate.

Ma la crescente consapevolezza delle donne afghane, sempre più consapevoli dei propri diritti, rappresenta una grande minaccia per le forze fondamentaliste e reazionarie al governo, che stanno dunque tentando di reprimere con la forza i movimenti emancipatori delle donne e forzando la popolazione femminile a rinchiudersi tra le mura domestiche. Uno dei primi provvedimenti messi in atto dai partiti fondamentalisti islamici negli anni ’90 in Afghanistan è stata proprio un’offensiva nei confronti delle donne che sono state private della loro libertà e dei loro diritti.
Oggi, criminali e signori della guerra, proprio come i Talebani, continuano a condannare le donne ad una vita di violenze, privazioni e prigionia.

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Inchiesta U.S.A. su morte 17 persone in raid aerei.

Corriere quotidiano – 14 aprile 2015

L’esercito americano ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sui raid aerei Usa del 6 aprile scorso nell’Est dell’Afghanistan che hanno ucciso 17 persone presentate come “ribelli” dalle autorità afgane e come “civili” da alcuni responsabili locali.
Mercoledì 6 aprile “le forze americane hanno compiuto due raid aerei antiterrorismo a Paktika”, una provincia instabile dell’Afghanistan, ha confermato il prortavoce delle truppe americane nel Paese asiatico, il generale Charles Cleveland. “Per il momento non c’è alcuna prova che ci siano state delle vittime civili. In ogni caso, abbiamo aperto un’inchiesta esaustiva”, ha aggiunto, senza fornire ulteriori precisazioni.
Secondo un capo tribale testimone dell’operazione, Hajji Hussain Khan, “tre raid con droni” hanno ucciso 17 persone a Gomal, un distretto difficilmente accessibile. “Ma non si è trattato di ribelli armati. Le vittime sono state tutti civili”, ha spiegato.

Il Partito della Solidarietà incontra l’innovativo scultore che ha dato vita all’evento: “qualcosa da dire?”

Dal sito di Hambastagi – 23 dicembre 2015

obaid with davide dorminoDavide Domino, scultore italiano, insieme con il suo amico Charles Glass, giornalista e scrittore americano, sono i veri ideatori dell’esibizione “qualcosa da dire?”. La mostra si è tenuta per la prima volta nella storia a Berlino e poi è stata riprodotta in città come Ginevra, Parigi e Strasburgo.

Il 27 ottobre 2015 sono andato ad incontrare Davide Dormino nel suo studio. Il suo studio è un po’ alla periferia di Roma, ed è un posto pieno di ispirazioni preziose. Nella prima parte del nostro incontro mi ha mostrato delle immagini e dei disegni della mostra “Qualcosa da dire?» . Non mi bastavano gli occhi per guardare tutte quelle bellissime immagini! Avevamo concordato che avrei potuto fargli delle domande sul progetto.

Gli ho chiesto di raccontarmi come è nato il suo progetto:

“nasce dal concetto di coraggio che ci vuole per alzarsi e stare in piedi sulla sedia. Durante le proteste, coloro che fanno i discorsi all’altoparlante stanno sempre sulle sedie in modo che tutti possano vederli. Questi tre uomini coraggiosi lo hanno fatto. Si sono alzati contro la tirannia “.

Si può definire “arte popolare”:

“L’arte popolare ha la capacità di crescere e di cambiare la visione umana. Le sedie possono avere due significati. Ci si può sedere, ma è fondamentale per salire più in alto, per vedere meglio, e scopriamo che impariamo di più. Tutti loro (Julian Assange e Edward Snowden e Chelsea Manning) hanno deciso di stare in piedi, sulla sedia del coraggio. Nonostante l’evidente pericolo di essere mandati a processo, hanno compiuto questo passo. Alcune persone li considerano traditori. La storia non ha mai avuto un parere positivo sui rivoluzionari contemporanei.
È necessario avere il coraggio di agire, di alzarsi e stare in piedi sulle sedie vuote. “

Dopo abbiamo avuto una lunga conversazione sulla situazione in Afghanistan, sullo stato di insicurezza e sull’impunità dei crimini che vengono commessi. Di come in Afghanistan una delle principali cause di morte dei giovani sia l’omicidio.

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Detenzioni e arresti non possono ostacolare la nostra lotta.

Rete Kurdistan Italia – 13 aprile 2016

hdp 630x325Non passa giorno senza indagini, arresti e detenzioni di membri e dirigenti del nostro partito, delle organizzazioni non governative, di studenti universitari, di accademici, di autorità locali,e lavoratori pubblici in varie città.

Le operazioni illegali, condotte dall’AKP in cooperazione con la comunità Gülen nel 2011, vengono oggi condotte su istruzione del Palazzo. Il Palazzo tenta di marginalizzarci e di metterci al bando dalla sfera politica democratica indicando i deputati del nostro partito come un bersaglio.

Come parte delle citate operazioni,due giorni fa il nostro direttore finanziario Huseyin Yilmaz è stato posto in detenzione e al momento non è ancora stato processato.il Sig. Yilmaz è il nostro secondo direttore finanziario posto in detenzione negli ultimi 3 mesi, a seguito di Zeki Çelik, il precedente direttore finanziario.Le accuse a Yilmaz sono riservate a causa di un ordine di riservatezza nel fascicolo.

Conducendo operazioni quotidiane attraverso istruzioni dirette alla giurisdizione, il Palazzo ed il suo governo proseguono con le loro iniziative illegali.Oggi ci troviamo di fronte ad una mentalità che mette di fatto in vigore ogni modifica inserendola nel codice penale.

Ci appelliamo ancora una volta a tutti i membri della giurisdizione che obbediscono alle istruzioni del Palazzo/governo dell’AKP: A voi dovrà essere chiesto conto di tutte le azioni che violano i codici del diritto universale e democratico,e le convenzioni internazionali sottoscritte in passato dalla Turchia.

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Amnesty lancia una campagna a sostegno degli accademici.

Rete Kurdistan Italia – 12 aprile 2016

images copyAmnesty ha avviato una campagna a sostegno degli accademici arrestati.Amnesty ha chiesto ai funzionari della Turchia di rilasciare Muzaffer Kaya, Esra Mungan, Kıvanç Ersoy, e Meral Camcı, id far cadere le accuse contro di loro, di non tenerli in detenzione durante il loro periodo di arresto, e di fermare le indagini contro di loro.

La dichiarazione è nel quadro della libertà di espressione

Tra i firmatari della dichiarazione intitolata “Non saremo parte di questo crimine” gli accademici Muzaffer Kaya,Esra Mungan,e Kıvanç Ersoy erano stati arrestati il 15 marzo.La Prof. Meral Camcı è stata arrestata il 31 marzo con l’accusa di propaganda terroristica”.I quattro accademici avevano reiterato la loro richiesta di pace il 10 marzo.I procuratori di Ankara e di Istanbul avevano avviato una indagine sui quattro accademici.

Amnesty nella sua petizione indirizzata al Ministro della Giustizia e al Ministro degli Interni ha affermato che l’espressione nella dichiarazione e nel comunicato stampa non promuove la violenza:

“La dichiarazione dei quattro accademici nel comunicato stampa del 10 marzo,e le espressioni nella dichiarazione sottoscritta da 1.128 accademici l’11 gennaio, in nessun modo promuovono il terrorismo e sono in garanzia nell’ambito della libertà di espressione.

“ Vi chiediamo di rilasciare Muzaffer Kaya, Esra Mungan, Kıvanç Ersoy, e Meral Camcı, di lasciar cadere le accuse contro di loro, di non tenerli in detenzione durante l’arresto, e di fermare le indagini su di loro”.

BIA News Desk

Appello “Senza una politica migratoria umana ed un’Europa federale non c’è futuro”

Invitiamo a firmare

APPELLO ALLE ISTITUZIONI ED ALLE CITTADINE E AI CITTADINI EUROPEI * (EN | FR | ES| DE)

migranti mai esistiti excalibur 1Le nostre critiche all’accordo UE-Turchia: perché lo riteniamo illegale ed esigiamo il ritorno dell’Europa ai valori dei Padri fondatori.

Ogni giorno di più le frontiere europee ed il Mediterraneo si macchiano di sangue innocente. Dal 1° gennaio al 24 marzo di quest’anno 531(1) uomini, donne e bambini hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Unione Europea per fuggire da guerre, povertà e trovarvi un futuro migliore.

Vogliamo un’Europa dalle porte aperte, che garantisca ai migranti una via d’accesso sicura e legale senza costringerli a mettere a repentaglio la propria vita.

Purtroppo l’UE reagisce solo in stato di necessità e dà risposte inadeguate, perché non ha una politica comune dell’immigrazione. D’altra parte, la Turchia ha in mano l’innesco di una bomba a orologeria: può in ogni momento aprire i cancelli dei campi profughi e riversare sull’Europa tre milioni di persone.

Contestiamo il contenuto dell’accordo tra UE e Turchia, perché a) basato sulla distinzione tra profughi ed emigranti irregolari, essendo prevista per questi ultimi una vera e propria espulsione dall’UE a fronte dell’accoglimento in Europa di un pari numero di profughi dalla Turchia e b) interessa solo 72.000 persone(2).

Chiediamo all’Unione Europea di sospendere questo discutibile accordo e concordiamo con i dubbi espressi dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati circa la sua legalità. Sulla base di tale accordo la Grecia potrà dichiarare “inammissibili” le richieste di protezione internazionale presentate da:

• Richiedenti asilo siriani, in base al dettato dell’articolo 33(1) e (2)(b) della Direttiva 2013/32/UE, classificando la Turchia come “Paese di primo asilo” ex art. 35 della stessa.

• Richiedenti asilo non siriani, in base al dettato dell’articolo 33(1) e (2)(c) della Dir. 2013/32/UE, attribuendo alla Turchia status di “Paese terzo sicuro” ex art. 38.

La pretesa legittimità dell’accordo appare quindi fondata sull’applicabilità alla Turchia degli status di “Paese di primo asilo” e “Paese terzo sicuro”.

Nutriamo però pesanti dubbi in proposito. In particolare:

• Riteniamo inapplicabile alla Turchia lo status di “Paese di primo asilo”: l’art. 33 della Direttiva 2013/32/UE pone infatti come requisito il godimento, da parte del richiedente asilo, di “protezione sufficiente in detto Paese”(3), intendendo l’UNHCR per “sufficiente” una protezione equivalente a quella garantita dall’applicazione della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951. La Turchia, al contrario, ha finora applicato tale Convenzione ai soli richiedenti asilo provenienti da Paesi europei e non a Siriani, Afghani, Iracheni, Libici ed esseri umani di altre nazionalità. Se a ciò aggiungiamo i casi di violenza e respingimento coatto commessi dalle autorità turche ai danni di persone che fuggivano dal conflitto in Siria, opportunamente segnalati da numerose ONG(4), i nostri dubbi si trasformano in sgomento.

Non possiamo restare sordi alla denuncia(5) con cui il Syrian Observatory for Human Rights ha recentemente segnalato l’uccisione, da parte delle guardie di frontiera turche, di almeno 16 persone in fuga dal conflitto siriano (tra cui 3 bambini) colpite a morte per il solo fatto di aver provato a sconfinare: appare evidente che in Turchia i rifugiati siriani non sempre godono di una protezione sufficiente, e che quindi a tale Stato non può applicarsi la definizione di “Paese di primo asilo” ex art. 33(b) della Dir. 2013/32/UE.

• Riteniamo discutibile l’applicazione alla Turchia dello status di “Paese terzo sicuro” per i richiedenti asilo di nazionalità non siriana, dal momento che essa non pare integrare tutti i requisiti richiesti a tale scopo dall’art. 38 della Dir. 2013/32/UE: partendo dal presupposto che la Turchia ha finora discrezionalmente applicato la Convenzione di Ginevra del 1951 ai soli rifugiati provenienti da Paesi europei, occorrerà assicurarsi che le autorità di Ankara garantiscano ai richiedenti asilo tutele di natura procedurale e sostanziale equivalenti a quelle garantite dalla Convenzione stessa, dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, strumenti giuridici vigenti in Europa, a partire dal garantire un equo esame su base individuale delle domande di asilo pervenute.

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L’AFGHANISTAN E IL BUSINESS DELL’EROINA

blastingnews – 12 aprile 2016, di Ivan Maffei

l oppio e un grosso affare per gli usa 671825Gli Stati Uniti dichiarano di combattere il narcotraffico mentre importano oppio dall’Afghanistan.
Il mese scorso il presidente statunitense Barak Obama ha dichiarato che sarà stanziata l’enorme cifra di un miliardo di dollari per il trattamento dei tossicodipendenti. Secondo alcune analisi però la cifra potrà aiutare solo il dieci per cento di coloro che necessitano delle cure per la dipendenza dalle droghe. Il problema più grave è sicuramente l’enorme quantità di eroina che entra negli Stati Uniti, proveniente soprattutto dall’Afghanistan.

Non solo terrorismo
L’esercito degli Stati Uniti continua il suo impegno in Afghanistan ufficialmente per combattere contro i talebani e ristabilire l’ordine nel paese, ma a quanto pare i motivi sono altri. Nonostante la Casa Bianca abbia espresso la volontà di distruggere tutti i campi di papaveri da oppio nel paese asiatico, al contrario sembra che la produzione di eroina sia addirittura aumentata, a pari passo con l’aumento di tossicodipendenti negli Stati Uniti. I terreni dove viene coltivato l’oppio vengono tassati dai talebani nelle aree da loro conquistate, ma allo stesso modo il governo afgano ha introiti in altre zone del paese. Qualcun altro effettivamente acquista l’oppio, lo converte in eroina, e lo porta negli Stati Uniti, dove si vende per oltre mille volte quello che i talebani ricevono in tasse.

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