Invitiamo a firmare
APPELLO ALLE ISTITUZIONI ED ALLE CITTADINE E AI CITTADINI EUROPEI * (EN | FR | ES| DE)
Le nostre critiche all’accordo UE-Turchia: perché lo riteniamo illegale ed esigiamo il ritorno dell’Europa ai valori dei Padri fondatori.
Ogni giorno di più le frontiere europee ed il Mediterraneo si macchiano di sangue innocente. Dal 1° gennaio al 24 marzo di quest’anno 531(1) uomini, donne e bambini hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Unione Europea per fuggire da guerre, povertà e trovarvi un futuro migliore.
Vogliamo un’Europa dalle porte aperte, che garantisca ai migranti una via d’accesso sicura e legale senza costringerli a mettere a repentaglio la propria vita.
Purtroppo l’UE reagisce solo in stato di necessità e dà risposte inadeguate, perché non ha una politica comune dell’immigrazione. D’altra parte, la Turchia ha in mano l’innesco di una bomba a orologeria: può in ogni momento aprire i cancelli dei campi profughi e riversare sull’Europa tre milioni di persone.
Contestiamo il contenuto dell’accordo tra UE e Turchia, perché a) basato sulla distinzione tra profughi ed emigranti irregolari, essendo prevista per questi ultimi una vera e propria espulsione dall’UE a fronte dell’accoglimento in Europa di un pari numero di profughi dalla Turchia e b) interessa solo 72.000 persone(2).
Chiediamo all’Unione Europea di sospendere questo discutibile accordo e concordiamo con i dubbi espressi dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati circa la sua legalità. Sulla base di tale accordo la Grecia potrà dichiarare “inammissibili” le richieste di protezione internazionale presentate da:
• Richiedenti asilo siriani, in base al dettato dell’articolo 33(1) e (2)(b) della Direttiva 2013/32/UE, classificando la Turchia come “Paese di primo asilo” ex art. 35 della stessa.
• Richiedenti asilo non siriani, in base al dettato dell’articolo 33(1) e (2)(c) della Dir. 2013/32/UE, attribuendo alla Turchia status di “Paese terzo sicuro” ex art. 38.
La pretesa legittimità dell’accordo appare quindi fondata sull’applicabilità alla Turchia degli status di “Paese di primo asilo” e “Paese terzo sicuro”.
Nutriamo però pesanti dubbi in proposito. In particolare:
• Riteniamo inapplicabile alla Turchia lo status di “Paese di primo asilo”: l’art. 33 della Direttiva 2013/32/UE pone infatti come requisito il godimento, da parte del richiedente asilo, di “protezione sufficiente in detto Paese”(3), intendendo l’UNHCR per “sufficiente” una protezione equivalente a quella garantita dall’applicazione della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951. La Turchia, al contrario, ha finora applicato tale Convenzione ai soli richiedenti asilo provenienti da Paesi europei e non a Siriani, Afghani, Iracheni, Libici ed esseri umani di altre nazionalità. Se a ciò aggiungiamo i casi di violenza e respingimento coatto commessi dalle autorità turche ai danni di persone che fuggivano dal conflitto in Siria, opportunamente segnalati da numerose ONG(4), i nostri dubbi si trasformano in sgomento.
Non possiamo restare sordi alla denuncia(5) con cui il Syrian Observatory for Human Rights ha recentemente segnalato l’uccisione, da parte delle guardie di frontiera turche, di almeno 16 persone in fuga dal conflitto siriano (tra cui 3 bambini) colpite a morte per il solo fatto di aver provato a sconfinare: appare evidente che in Turchia i rifugiati siriani non sempre godono di una protezione sufficiente, e che quindi a tale Stato non può applicarsi la definizione di “Paese di primo asilo” ex art. 33(b) della Dir. 2013/32/UE.
• Riteniamo discutibile l’applicazione alla Turchia dello status di “Paese terzo sicuro” per i richiedenti asilo di nazionalità non siriana, dal momento che essa non pare integrare tutti i requisiti richiesti a tale scopo dall’art. 38 della Dir. 2013/32/UE: partendo dal presupposto che la Turchia ha finora discrezionalmente applicato la Convenzione di Ginevra del 1951 ai soli rifugiati provenienti da Paesi europei, occorrerà assicurarsi che le autorità di Ankara garantiscano ai richiedenti asilo tutele di natura procedurale e sostanziale equivalenti a quelle garantite dalla Convenzione stessa, dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, strumenti giuridici vigenti in Europa, a partire dal garantire un equo esame su base individuale delle domande di asilo pervenute.